DI FRANCESCO ERSPAMER
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I cinque punti di Zingaretti, ai quali i giornali (inclusi il “Fatto” e la “Notizia”) hanno dato più risalto che all’intero programma di governo del M5S nell’ultimo anno e mezzo, sono pura propaganda elettorale. Il secondo punto (“pieno riconoscimento della democrazia rappresentativa”) è aria fritta, nel senso che anche Casa Pound partecipa alle elezioni e non le costerebbe nulla affermare a chiacchiere la piena centralità del Parlamento, se avesse la possibilità di accedervi o ancor meglio di controllarlo.
Ancora più vuoto il terzo punto, “sviluppo basato sulla sostenibilità ambientale”, in quanto le due cose sono in contraddizione: o si protegge l’ambiente e si raggiunge il bene comune attraverso l’eguaglianza e la solidarietà, o si continua con il mito capitalista dell’eterno sviluppo. La chiara scelta liberista del Pd è ribadita dal quinto punto, che auspica “una stagione di investimenti”, che non significa altro che ulteriori privatizzazioni e smantellamento dello Stato e delle comunità per favorire le multinazionali e i vincenti.
Da un punto di vista politico i punti fondamentali sono il primo, che chiede +Europa e carta bianca per completare la dissoluzione della sovranità nazionale, e il quarto, in cui si ribadisce il dogma globalista dell’accoglienza indiscriminata di migranti economici per tenere basso il costo del lavoro e alimentare guerre fra poveri.
Ovvio che il M5S non possa accettare neanche uno di questi punti, se non quello che, come ho detto, accetterebbe chiunque e che dunque non è un punto programmatico ma solo pubblicitario. E allora perché sono stati proposti?
Perché i liberisti vogliono che alle urne ci si vada per colpa del M5S; menzogna clamorosa ma si sa che una menzogna ripetuta un numero sufficiente di volte diventa la verità. Che fare? Mantenere il sangue freddo, rifiutando le provocazioni ma anche il dialogo: al Pd non si deve neanche rispondere, figuriamoci trattare: Salvini ha tradito sapendo di tradire, i renziani non sanno la differenza fra lealtà e tradimento.
Che Di Maio ponga le sue condizioni, come deve fare il leader del partito con più rappresentanti in Parlamento: sono gli altri a doverle accettare o rifiutare, non viceversa.
Francesco Erspamer
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22.08.2019