Gli Stati Uniti stanno imitando il Venezuela ?

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DI JOHN PERKINS

johnperkins.org

Di recente, sono tornato al mio bar preferito di Città del Messico. Era metà pomeriggio e, a parte una coppia che amoreggiava in un tavolo all’angolo, ero l’unico avventore. Cercando di dimenticare tutte le orribili notizie provenienti dal mondo, alzo gli occhi sulla partita di calcio che veniva trasmessa alla tv sopra lo specchio. Ed ordino una birra.

Improvvisamente, mi imbatto in un mio amico di vecchia data, che frequenta spesso questo locale. Mi fissa attraverso lo specchio. “Hola Juan,” gli faccio. “Come va la vita?”

Il cameriere mi lancia una tazza spumosa.

Juan ed io brindiamo allo specchio. “Se non fosse per dei paesi idioti, la vita sarebbe grandiosa”, mi risponde.

Oh, oh! Sembrava che mi volesse trascinare sul versante politica – proprio quello che volevo evitare. Ma, non volendo passare per il gringo maleducato, gli rispondo: “Quali paesi, Juan? Cosa intendi?”

Si acciglia. “Stai scherzando, vero, John? Praticamente tutti. Al momento, in modo particolare, il Venezuela ed un altro che lo sta imitando”.

“Imitare il Venezuela? Quale paese sarebbe così folle?”

Mi rivolge un sorriso sardonico. “Sì, bravo”, dice. “Fai il finto tonto”. Beve un sorso di birra. “Il tuo, ovviamente”.

“Pensi che gli Stati Uniti stiano imitando il Venezuela?”

Mi fissa.

“Andiamo Juan. Spiègati meglio”. Lo osservo attentamente attraverso lo specchio.

“Okay”, dice alla fine. “Asseconderò la tua ingenuità, più che altro perché ho voglia di parlarne”. Fa una pausa, beve un paio di boccate. “Come ben sai, il Venezuela era uno dei paesi più ricchi del pianeta. Negli anni ’50 veniva classificato tra le prime cinque nazioni – di tutto il mondo! – per PIL pro capite. Durante la dittatura di Pérez Jiménez, dal ’52 al ’58, la sua economia aumentò vertiginosamente. Pérez divenne, si diceva, l’uomo più ricco dell’America Latina”. Juan mi sorride. “Non sopportava i critici ed attaccava brutalmente chiunque si opponesse a qualsiasi sua politica”.

“Hmmm, come…“

“Esatto, come oggi i presidenti sia di Venezuela che di Stati Uniti”. Alza la sua tazza, prende un altro sorso e si pulisce la bocca col dorso della mano. “L’economia venezuelana ha proseguito ad espandersi per i successivi trent’anni. Negli anni ’80 aveva il più alto tasso di crescita economica dell’America meridionale. Le cose, però, hanno improvvisamente preso un’oscura svolta. Il modello Pérez Jiménez si è bruciato; relativamente poche famiglie hanno ammassato ingenti fortune e sono diventate estremamente benestanti, mentre tutte le altre sono cadute in povertà”.

“Mi suona abbastanza familiare, Juan. Ho letto di recente che negli Stati Uniti l’1% più abbiente ha più ricchezze di tutto il 90% più povero messo assieme”.

“Esattamente. Capisci cosa intendo, John?

“Stai per caso dicendo che…”

“Non sto alludendo ad alcunché, sto solo sottolineando alcuni fatti. Come ben sai, le statistiche sono totalmente distorte a favore dei ricchi. Ad esempio, se da voi l’1% sta guadagnando e la maggior parte del 90% sta perdendo denaro, i dati del PIL mostreranno una buona crescita generale. Quando i dati venezuelani registravano un miracolo nelle ricchezze, in realtà i poveri stavano diventando più poveri e chi apparteneva al ceto medio si è improvvisamente trovato a vivere nelle baraccopoli. Non passò molto tempo prima che le disuguaglianze diventassero sbalorditive”.

“E questo è quel che sta accedendo negli USA?”

“Tu stesso hai citato quell’1% contro il 90%. Ecco un altro dato: sette delle dieci persone più ricche al mondo sono statunitensi. All’estremo opposto, oltre 40 milioni di americani vivono ufficialmente in condizioni di povertà. Sono 10 milioni di persone in più dell’intera popolazione venezuelana”.

“Sembra che gli Stati Uniti stiano…”. Non riuscivo a finire di verbalizzare il mio pensiero.

“… imitando il Venezuela? La lezione è quella. Il popolo venezuelano alla fine si è stancato. Nella sua disperazione, ha votato Chávez, che veniva percepito come diverso, non parte del sistema corrotto”.

“Un po’ come Trump”.

“Interessante analogia. Sebbene rappresentino ideologie molto diverse, entrambi sono stati eletti perché hanno denunciato lo status quo. Apparivano entrambi come dei leader forti, che avrebbero resistito al detestato sistema politico, al clientelismo”. Si prende una pausa e mi fissa allo specchio. “Chávez esercitava carisma – perlomeno su un gruppo abbastanza grande, perlopiù non istruito”.

“Come…“

“Sì. Poi è morto ed è stato rimpiazzato da Maduro”.

“Nessun fascino alcuno”.

“Esatto, nonché molto corrotto. Ha siglato ogni sorta di losco affare, per arricchire amici e parenti. Ma…”, ed alza un dito. “La gente disperata non supporta i politicanti, bensì i leader che vedono come forti, sicuri di sé, ancorché corrotti e dittatoriali”.

“Capisco dove vuoi andare a parare Juan, ma c’è una grossa differenza. Dicono che Maduro abbia truccato le elezioni”.

Mi lancia un’occhiata. “Secondo i racconti ufficiali, la Clinton avrebbe ottenuto circa 2,9 milioni di voti popolari in più rispetto a Trump. Ha vinto lei. Tranne il fatto che esiste il collegio elettorale – che, a quanto ho capito, è un sistema truccato, antidemocratico”. Alza la tazza. “Poi ci sono i militari”.

“I militari? Cosa c’entrano?”

“Maduro ha inviato i soldati al confine con la Colombia per tenere fuori i treni di rifornimento. Trump ha inviato i suoi al confine messicano per tener fuori gli immigrati. Maduro ha detto che i caravan sono una minaccia per la sicurezza nazionale. Trump ha fatto eco alle sue parole – gli immigrati minacciano di infestare gli Stati Uniti con criminalità, droghe e violenza”.

Lo fisso mentre mi fissa tramite lo specchio. Non riuscivo a dargli ragione. “Juan, sai di esagerare. Quel che è successo in Venezuela non potrebbe mai accadere da noi”.

“Forse hai ragione”, dice. “Lo spero davvero. Ma i venezuelani avrebbero potuto dire lo stesso nei primi anni ’80, quando il loro paese era l’icona dell’America Latina”.

Sapevo che era vero. Lavoravo per la World Bank nell’80, e ricordo che avevamo classificato il Venezuela come uno dei quattro “paesi della fascia medio-alta” del continente. Mi sono ritrovato ad aggiungere: “I tedeschi negli anni ’20 non avrebbero mai immaginato che la Germania potesse fare quel che poi ha fatto nei due successivi decenni”.

Juan annuisce col capo. “Ancora una cosa”, aggiunge con quel suo sorriso furbo. “Prima dell’ultima elezione, Trump ha detto che, in caso di sconfitta, non avrebbe accettato il risultato. Cosa pensi farebbe qualora perdesse la prossima?”

Non potevo sopportare altro. Ero venuto in questo bar per dimenticare le notizie. Una delle squadre alla tv stava festeggiando. La partita era finita. Finisco la mia birra, poso la tazza sul bancone e sbatto i pesos che dovevo. “Me ne vado, Juan”. Saluto lo specchio, che mi saluta a propria volta.

Esco. Proprio in fondo alla strada, un altro bar traboccava di gente che si dava il cinque ed urlava. La loro squadra aveva vinto. Mi sono ripromesso: la prossima volta, vai in un bar pieno di fan incollati alla tv, impegnàti a tifare per la propria squadra.

 

John Perkins

Fonte: https://johnperkins.org

Link: https://johnperkins.org/newsletter/is-the-us-imitating-venezuela

14,03.2019

 

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di  HMG

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