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Mike Whitney
unz.com

Osservate attentamente la cartina qui sopra. Cosa vedete?

Vedete lo sviluppo di un sistema ferroviario ad alta velocità che non ha eguali nel mondo. Vedete la realizzazione di un piano per collegare tutte le parti del Paese con infrastrutture moderne che riducono i costi di trasporto, migliorano la mobilità e aumentano la redditività. Vedete una visione del XXI secolo in cui il capitale statale viene usato per collegare le popolazioni rurali con i centri urbani, innalzando gli standard di vita in tutti i settori. Vedete l’espressione di un nuovo modello economico che ha fatto uscire dalla povertà 800 milioni di persone e ha aperto la strada all’integrazione economica globale. Vedete un gigante industriale che si espande in tutte le direzioni, gettando le basi per un nuovo secolo di integrazione economica, uno sviluppo accelerato e una prosperità condivisa.

Esiste un sistema ferroviario ad alta velocità negli Stati Uniti che sia paragonabile a quello che vediamo oggi in Cina?

No, non esiste. Finora negli Stati Uniti sono state costruite meno di 50 miglia di ferrovia ad alta velocità. (“L’Acela di Amtrak, che raggiunge le 150 miglia orarie su 49,9 miglia di binari, è l’unico servizio ferroviario ad alta velocità degli Stati Uniti”). Come tutti sanno, la rete di trasporti americana è obsoleta e allo sfascio.

Ma perché? Perché gli Stati Uniti sono così indietro rispetto alla Cina nello sviluppo di infrastrutture critiche?

Perché il modello cinese a guida statale è di gran lunga superiore al modello americano basato sull’opportunismo finanziario. In Cina, il governo è direttamente coinvolto nel funzionamento dell’economia, il che significa che sovvenziona le industrie che favoriscono la crescita e stimolano lo sviluppo. Al contrario, il capitalismo americano è un selvaggio tutti contro tutti in cui i privati sono in grado di dirottare grandi somme di denaro in improduttivi riacquisti di azioni e altre truffe che non fanno nulla per creare posti di lavoro o rafforzare l’economia. Dal 2009 le aziende statunitensi hanno speso più di 7.000 miliardi di dollari in riacquisti di azioni, un’attività che aumenta i dividendi ai ricchi azionisti, ma che non produce alcun valore materiale. Se quel capitale fosse stato investito in infrastrutture critiche, ogni città americana ora sarebbe collegata ad una gigantesca rete ferroviaria ad alta velocità che si estenderebbe “dal mare al mare splendente”. Ma questo non è accaduto, perché il modello occidentale incentiva l’estrazione di capitale per l’arricchimento personale piuttosto che per lo sviluppo di progetti indirizzati al bene comune. In Cina, vediamo quanto velocemente possano avvenire cambiamenti trasformativi quando la ricchezza di una nazione viene utilizzata per sradicare la povertà, aumentare gli standard di vita, costruire infrastrutture all’avanguardia e gettare le basi per un nuovo secolo.

Ecco altre informazioni tratte da un rapporto del Congressional Research Service su “L’ascesa economica della Cina…”.

Da quando si è aperta al commercio e agli investimenti stranieri e ha attuato le riforme del libero mercato nel 1979, la Cina è stata tra le economie in più rapida espansione al mondo, con una crescita del prodotto interno lordo (PIL) reale annuo in media del 9,5% fino al 2018, un ritmo descritto dalla Banca Mondiale come “la più rapida espansione sostenuta da una grande economia nella storia”. Tale crescita ha permesso alla Cina, in media, di raddoppiare il PIL ogni otto anni e ha contribuito a far uscire dalla povertà circa 800 milioni di persone. La Cina è diventata la più grande economia del mondo (a parità di potere d’acquisto), nella produzione, nel commercio e nel volume di riserve valutarie…. La Cina è il più grande partner commerciale degli Stati Uniti, la più grande fonte di importazioni e il più grande detentore straniero di titoli del Tesoro americano, che contribuiscono a finanziare il debito federale e a mantenere bassi i tassi di interesse degli Stati Uniti.
... China’s Economic Rise: History, Trends, Challenges, and Implications for the United States, Congressional Research Service

Ecco un altro articolo del Center for Strategic and International Studies intitolato Confronting the Challenge of Chinese State Capitalism:

La Cina ha ora più aziende nella lista Fortune Global 500 di quante ne abbiano gli Stati Uniti… e quasi il 75% di queste sono imprese statali (SOE). Tre delle cinque maggiori aziende al mondo sono cinesi (Sinopec Group, State Grid e China National Petroleum). Le maggiori aziende statali cinesi detengono posizioni di mercato dominanti in molti dei settori più critici e strategici, dall’energia alle spedizioni alle terre rare. Secondo i calcoli della Freeman Chair, le attività combinate delle 96 maggiori aziende di Stato cinesi ammontano a più di 63.000 miliardi di dollari, un importo equivalente a quasi l’80% del PIL globale. Confronting the Challenge of Chinese State Capitalism,  Centro per gli Studi Strategici e Internazionali

Ed eccone un’altro, tratto da un rapporto del FMI intitolato “Asia Poised to Drive Global Economic Growth, Boosted by China’s Reopening”:

Si prevede che Cina e India insieme genereranno circa la metà della crescita globale di quest’anno. L’Asia e il Pacifico sono un punto relativamente luminoso nel contesto più cupo della ripresa dell’economia globale.

Come mostra il grafico della settimana, quest’anno la regione contribuirà a circa il 70% della crescita globale, una quota molto maggiore rispetto agli ultimi anni”. Asia Poised to Drive Global Economic Growth, Boosted by China’s Reopening, FMI

 

In breve, il modello cinese a guida statale sta rapidamente superando gli Stati Uniti praticamente in ogni settore dell’industria e del commercio e il suo successo è in gran parte attribuibile al fatto che il governo è libero di allineare la sua strategia di reinvestimento alla propria visione del futuro. Ciò consente allo Stato di ignorare la redditività a breve termine dei vari progetti, purché questi pongano le basi per un’economia più forte ed espansiva negli anni a venire. Il riformatore cinese Chen Yun ha definito questo fenomeno “economia a gabbia”, il che significa che l’economia può “volare liberamente” entro i confini di un sistema politico più ampio. In altre parole, la leadership cinese vede l’economia come uno strumento per realizzare la propria visione collettiva del futuro.

Il successo della Cina è dovuto solo in parte al controllo di industrie essenziali, come quelle bancarie e petrolifere. Si tenga presente che “la quota delle imprese statali (SOE, State-Owned Enterprises) sul totale delle aziende del Paese è scesa ad appena il 5%, anche se la loro quota sulla produzione totale rimane del 26%”. E, anche se il settore statale si è ridotto drasticamente negli ultimi due decenni, il presidente cinese Xi Jinping ha attuato un piano d’azione triennale volto ad aumentare la competitività delle SOE trasformandole in “entità di mercato” gestite da una “proprietà mista”. In poche parole, la Cina rimane impegnata sulla strada della liberalizzazione nonostante le aspre critiche dell’Occidente.

Vale anche la pena notare che il cosiddetto miracolo cinese non sarebbe mai esistito se la Cina avesse attuato i programmi raccomandati dai cosiddetti “esperti occidentali”. Se la Cina avesse imposto riforme radicali ( la “terapia d’urto”), come aveva fatto la Russia dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica nel 1991, sarebbe andata incontro allo stesso esito disastroso. Fortunatamente, i politici cinesi avevano ignorato i consigli degli economisti occidentali e avevano sviluppato un proprio programma di riforme graduali che era stato un successo al di là delle più rosee aspettative. La storia è riassunta in un video su You Tube intitolato “How China (Actually) Got Rich“. Di seguito ho trascritto parte del testo. Gli eventuali errori sono miei:

La storia economica più sorprendente degli ultimi decenni è stata l’ascesa della Cina. Dal 1980 al 2020, l’economia cinese è cresciuta di oltre 75 volte…. È stato il più grande e rapido miglioramento delle condizioni materiali nella storia moderna…. La Cina era uno dei Paesi più poveri del pianeta, ma ora è una potenza economica… Gli economisti prevedono che supererà gli Stati Uniti come maggiore economia del mondo entro la fine del decennio. La gente lo chiama il miracolo cinese. Alcuni descrivono questo miracolo come una semplice storia di “libero mercato”. Dicono che “è una storia semplice. La Cina era povera (ma) poi l’economia è stata liberata dalla morsa dello Stato. Ora la Cina è ricca”. Ma questo è fuorviante. L’ascesa della Cina NON è stata il trionfo del libero mercato. …

A partire dagli anni ’80, le politiche di libero mercato avevano invaso il mondo. Molti Paesi avevano subito trasformazioni di vasta portata, liberalizzando i prezzi, privatizzando intere industrie e aprendosi al libero scambio. Ma molte delle economie che, di colpo, erano state costrette ad aderire al mercato erano poi ristagnate o decadute. Nessuna di esse aveva registrato una crescita simile a quella della Cina. I Paesi africani avevano subito una brutale contrazione economica. I Paesi dell’America Latina avevano vissuto 25 anni di stagnazione. Se confrontiamo la Cina con la Russia, l’altro gigante del comunismo nel XX secolo, il contrasto è ancora più sconcertante.

Sotto il socialismo di Stato, la Russia era una superpotenza industriale, mentre la Cina era ancora un’economia prevalentemente agricola. Tuttavia, nello stesso periodo in cui le riforme cinesi avevano portato ad un’incredibile crescita economica, quelle russe avevano causato un brutale collasso. Sia la Cina che la Russia erano economie che seguivano ampiamente le direttive statali. …. La Russia aveva seguito le raccomandazioni dell’economia più “scientifica” dell’epoca, la politica della cosiddetta “terapia d’urto”. Come principio di base, l’idea era che la vecchia economia pianificata dovesse essere distrutta, per fare spazio all’emergere del mercato…. Ci si aspettava che la Russia emergesse da un giorno all’altro come un’economia a tutti gli effetti. …Quando Boris Eltsin era arrivato al potere, aveva eliminato tutti i controlli sui prezzi, privatizzato le aziende e i beni di proprietà statale e aperto immediatamente la Russia al commercio globale. Il risultato era stato una catastrofe. L’economia russa era già allo sbando, ma la terapia d’urto era stata un colpo mortale. (Gli economisti occidentali) avevano previsto qualche danno a breve termine, ma non avevano preventivato quanto gravi e distruttivi sarebbero stati gli effetti. I prezzi al consumo erano andati fuori controllo,  era arrivata l’iperinflazione, il PIL era sceso del 40%.

In Russia la crisi dovuta alla terapia d’urto era stata stata più profonda e più lunga della Grande Depressione. Era stato un disastro per i russi comuni…. L’alcolismo, la malnutrizione infantile e la criminalità erano saliti alle stelle. L’aspettativa di vita degli uomini russi era diminuita di 7 anni, più di qualsiasi altro Paese industriale in tempo di pace. La Russia non era passata al libero mercato da un giorno all’altro. Al contrario, era passata da un’economia stagnante ad un involucro vuoto gestito dagli oligarchi. Visto che la semplice eliminazione dei controlli sui prezzi e dei posti di lavoro statali non aveva creato prosperità, ma aveva distrutto l’economia e causato la morte di un numero enorme di persone, era diventato chiaro che la rapida transizione al “libero mercato” non era la soluzione….

Per tutti gli anni Ottanta, la Cina aveva preso in considerazione la possibilità di attuare lo stesso tipo di riforme radicali perseguite dalla Russia. L’idea di ripartire da zero era attraente e la terapia d’urto era ampiamente promossa da economisti (rispettati)… Ma, alla fine, la Cina aveva deciso di non attuare la terapia d’urto. …Invece di mettere a soqquadro l’intera (economia) in una volta sola, la Cina si era riformata in modo graduale e sperimentale. Le attività di mercato erano state tollerate o attivamente promosse in settori non essenziali dell’economia. La Cina aveva attuato una politica di prezzi a doppio binario…. La Cina stava imparando dalle nazioni più sviluppate del mondo, come Stati Uniti, Regno Unito, Giappone e Corea del Sud. Ognuna di queste aveva gestito e pianificato lo sviluppo delle proprie economie e dei propri mercati, proteggendo le industrie in fase iniziale e controllando gli investimenti.

Gli economisti occidentali fautori del libero mercato pensavano che questo sistema sarebbe stato un disastro …. Ma i leader cinesi non li avevano ascoltati e, mentre la Russia era crollata dopo aver seguito il programma di “terapia d’urto”, la Cina aveva registrato un notevole successo. Lo Stato aveva mantenuto il controllo sulla spina dorsale dell’economia industriale e sulla proprietà terriera. Man mano che la Cina era cresciuta nelle nuove dinamiche della sua economia, le istituzioni statali non erano state degradate a fossili del passato, ma erano spesso diventate i motori delle nuove industrie, proteggendole e garantendone la crescita. La Cina di oggi non è un’economia di libero mercato in nessun senso. È un’economia di mercato guidata dallo Stato. Il governo possiede di fatto tutti i terreni e la Cina, per guidare l’economia, fa leva sulla proprietà statale attraverso la concorrenza di mercato. L’approccio della terapia d’urto, sostenuto in tutto il mondo, è stato un fallimento. Mentre la Russia era crollata dopo l’improvvisa transizione, le riforme graduali della Cina le avevano permesso di sopravvivere. E questo ha fatto la differenza”. How China (Actually) Got Rich,  You Tube.

Il fatto che le aziende di Stato cinesi siano protette dalla concorrenza straniera e ricevano sussidi governativi ha fatto arrabbiare le aziende straniere che ritengono che la Cina abbia un vantaggio sleale e non giochi secondo le regole. Questa è certamente una critica giusta, ma è anche vero che le sanzioni unilaterali di Washington – che ora sono state imposte a circa un terzo di tutti i Paesi del mondo – sono una chiara violazione delle regole dell’OMC. In ogni caso, sotto Xi l’approccio della Cina al mercato è stato nel migliore dei casi ambivalente. Se da un lato “la quota del settore statale nella produzione industriale è scesa dall’81% nel 1980 al 15% nel 2005″, dall’altro (nello spirito della riforma) Xi ha fatto in modo che il PCC avesse una maggiore influenza nella gestione e nel processo decisionale delle aziende. Naturalmente, tutto ciò non è andato a genio ai titani delle imprese statunitensi e dell’UE, che credono fermamente che gli stakeholder aziendali debbano governare il pollaio. (come avviene in Occidente).

Il problema più grande, tuttavia, non è che la Cina sovvenzioni le sue aziende di Stato o che sia destinata a diventare la più grande economia del mondo entro il prossimo decennio. Non è questo il problema. Il vero problema è che la Cina non si è assoggettata all'”ordine basato sulle regole” guidato da Washington come era stato inizialmente previsto. Il fatto è che i leader cinesi sono fortemente patriottici e non hanno intenzione di trasformare la Cina in uno Stato vassallo dell’impero globale dello zio Sam. Questo è un punto importante che l’analista politico Alfred McCoy mette in luce in un articolo di Counterpunch:

Il crescente controllo della Cina sull’Eurasia rappresenta chiaramente un cambiamento fondamentale nella geopolitica del continente. Nel 2001, convinto che Pechino avrebbe partecipato al gioco globale secondo le regole degli Stati Uniti, l’establishment della politica estera di Washington aveva commesso un grave errore strategico ammettendo la Cina all’Organizzazione mondiale del commercio (OMC). “In tutto lo spettro ideologico, la comunità della politica estera statunitense”, hanno confessato due ex membri dell’amministrazione Obama, “condivideva la convinzione di fondo che il potere e l’egemonia degli Stati Uniti potessero facilmente plasmare la Cina a piacimento degli Stati Uniti… Tutti gli schieramenti del fronte politico avevano commesso un errore”. In poco più di un decennio dall’ingresso nell’OMC, le esportazioni annuali di Pechino verso gli Stati Uniti si erano quasi quintuplicate e le sue riserve di valuta estera erano passate da soli 200 miliardi di dollari alla cifra senza precedenti di 4.000 miliardi di dollari nel 2013. The Rise of China and the Fall of the US, Counterpunch

È chiaro che i mandarini della politica estera statunitense avevano commesso un catastrofico errore di valutazione nei confronti della Cina, ma ora non c’è modo di rimediare al danno. La Cina non solo emergerà come la più grande economia del mondo, ma controllerà anche il proprio destino, a differenza delle nazioni occidentali che sono state assorbite dal sistema guidato dagli oligarchi (WEF) che decide tutto, dalla politica climatica alle vaccinazioni obbligatorie, dai bagni per transgender alla guerra in Ucraina. Queste politiche sono tutte decise dagli oligarchi che controllano i politici, i media e il tentacolare Stato profondo. Ancora una volta, il problema con la Cina non è la dimensione o il denaro, ma il controllo. La Cina attualmente controlla il proprio futuro indipendentemente dall'”ordine basato sulle regole”, il che la rende una minaccia per lo stesso sistema.

Se guardiamo di nuovo al primo grafico (sopra), possiamo capire perché Washington si sia precipitata in una guerra per procura con la Russia. Dopo tutto, se la Cina è riuscita a diffondere la sua rete ferroviaria ad alta velocità in tutto il Paese in soli 12 anni, cosa ci riserveranno i prossimi 12 anni? È questo che preoccupa Washington.

L’emergere della Cina come egemone regionale nel continente asiatico è, a questo punto, praticamente certo. Chi potrebbe fermarla?

Non certo Washington. Gli Stati Uniti e la NATO sono attualmente impantanati in Ucraina, anche se quest’ultima avrebbe dovuto essere un trampolino di lancio per diffondere le basi militari statunitensi in Asia centrale ed (eventualmente) accerchiare, isolare e contenere la Cina. Questo era il piano, ma sembra ogni giorno meno probabile. E ricordate l’importanza che il consigliere per la sicurezza nazionale Zbigniew Brzezinski aveva attribuito all’Eurasia nel suo classico La grande scacchiera, quasi tre decenni fa. Aveva scritto:

“L’Eurasia è il continente più grande del mondo ed è un asse geopolitico. Una potenza che dominasse l’Eurasia controllerebbe due delle tre regioni più avanzate ed economicamente più produttive del mondo”. …. In Eurasia vive circa il 75% della popolazione mondiale e lì si trova anche la maggior parte della ricchezza fisica del mondo, sia nelle sue imprese che nel suo sottosuolo. L’Eurasia rappresenta il 60% del PNL mondiale e circa tre quarti delle risorse energetiche mondiali conosciute”. (La grande scacchiera: American Primacy And Its Geostrategic Imperatives, Zbigniew Brzezinski, p.31)

L’opinione comune tra i mestatori di politica estera è che gli Stati Uniti, se vogliono mantenere la loro attuale posizione di rilievo nell’ordine globale, devono diventare l’attore dominante in Asia centrale. L’ex sottosegretario alla Difesa Paul Wolfowitz si è spinto fino a dire che la “priorità assoluta” di Washington deve essere quella di “impedire il riemergere di un nuovo rivale, sul territorio dell’ex Unione Sovietica o altrove, che rappresenti una minaccia dell’ordine di quella rappresentata in passato dall’Unione Sovietica”. I sentimenti di Wolfowitz sono ancora ribaditi in tutti i recenti documenti sulla sicurezza nazionale degli Stati Uniti. Gli esperti sono tutti d’accordo su una cosa e una sola: gli Stati Uniti devono prevalere nel loro piano di controllo dell’Asia centrale.

Ma quanto è probabile che ciò posa avvenire ora? Quanto è probabile che la Russia sia costretta a lasciare l’Ucraina e che le venga impedito di opporsi agli Stati Uniti in Eurasia? Quanto è probabile che la Belt and Road Initiative cinese non si espanda attraverso l’Asia e in Europa, Medio Oriente, Africa e persino America Latina? Date un’occhiata a questo breve estratto del piano Belt and Road della Cina:

La Cina sta realizzando il più grande progetto di sviluppo economico e di costruzione mai intrapreso al mondo: la Nuova Via della Seta. Il progetto mira ad un cambiamento rivoluzionario nella mappa economica del mondo… L’ambiziosa visione è quella di far rivivere l’antica Via della Seta come un moderno corridoio di transito, commerciale ed economico che va da Shanghai a Berlino. La “Via” attraverserà Cina, Mongolia, Russia, Bielorussia, Polonia e Germania, per una lunghezza di oltre 8.000 miglia, creando una zona economica che si estenderà per un terzo della circonferenza della terra.

Il piano prevede la costruzione di ferrovie ad alta velocità, strade e autostrade, reti di trasmissione e distribuzione dell’energia e reti in fibra ottica. Le città e i porti lungo il percorso saranno destinati allo sviluppo economico.

Una parte altrettanto essenziale del piano è la componente marittima della “Via della Seta Marittima” (MSR), ambiziosa quanto il progetto terrestre, che unirà la Cina al Golfo Persico e al Mar Mediterraneo attraverso l’Asia Centrale e l’Oceano Indiano. Una volta completata, come l’antica Via della Seta, collegherà tre continenti: Asia, Europa e Africa ( e ora anche l’America Latina). La catena di progetti infrastrutturali creerà il più grande corridoio economico del mondo, interessando una popolazione di 4,4 miliardi di persone e una produzione economica di 21.000 miliardi di dollari…

Per il mondo intero, le decisioni prese in merito alla Via sono di portata epocale. L’enorme progetto racchiude il potenziale per una nuova rinascita del commercio, dell’industria, della scoperta, del pensiero, dell’invenzione e della cultura che potrebbe rivaleggiare con l’originale Via della Seta. Inoltre, diventa ogni giorno più chiaro che i conflitti geopolitici sul progetto potrebbero portare ad una nuova guerra fredda tra Oriente e Occidente per il dominio dell’Eurasia. L’esito è tutt’altro che scontato. (“New Silk Road Could Change Global Economics Forever”, Robert Berke, Oil Price)

Il futuro è la Cina

Il “progetto infrastrutturale” di Xi Jinping sta ridisegnando le relazioni commerciali in Asia centrale e nel mondo. La BRI finirà per coinvolgere più di 150 Paesi ed una miriade di organizzazioni internazionali. Si tratta, senza dubbio, del più grande progetto di infrastrutture e investimenti della storia, che coinvolgerà il 65% della popolazione mondiale e il 40% del PIL globale. I miglioramenti apportati alle rotte stradali, ferroviarie e marittime aumenteranno notevolmente la connettività, ridurranno i costi di trasporto, aumenteranno la produttività e favoriranno la prosperità diffusa. La Belt and Road è il tentativo della Cina di sostituire il fatiscente ordine “basato sulle regole” del secondo dopoguerra con un sistema che rispetti la sovranità delle nazioni, rifiuti l’unilateralismo e si affidi ai principi del mercato per una più equa distribuzione della ricchezza.

La BRI è il progetto cinese per un nuovo ordine mondiale. È il volto del capitalismo del XXI secolo ed è destinato a spostare il potere globale verso est, verso Pechino, che diventerà il centro de facto del mondo.

Mike Whitney

Fonte: unz.com
Link: https://www.unz.com/mwhitney/the-one-chart-that-explains-everything-2/
12.07.2023
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org

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