Domande aperte sulla guerra: il Mar Nero e il “conflitto” fuori campo

La disperazione dell'Occidente per le prospettive militari ucraine implica forse una prossima de-escalation della guerra? O, in alternativa, uno spostamento strategico dell'Occidente verso un altro tipo di guerra di logoramento contro la Russia?

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Alastair Crooke
strategic-culture.org

L’offensiva ucraina si è esaurita – lo dice anche la CNN:

“[Gli ucraini stanno] ancora vedendo [se], nelle prossime due settimane, ci sarà la possibilità di fare qualche progresso. Ma che riescano davvero a fare quei progressi che altererebbero l’equilibrio di questo conflitto, credo sia estremamente, altamente improbabile” – ha dichiarato alla CNN un “diplomatico occidentale di alto livello” che ha preferito rimanere anonimo.

Tuttavia, mentre un “fronte di guerra” si spegne, una guerra “fuori vista” che interessa le rotte marittime del Mar Nero ha rialzato la testa.

La “nuova guerra” potrebbe anche essere chiamata “guerra del grano”, in quanto rappresenta il seguito della rinuncia di Mosca all'”accordo sul grano” del mese scorso. Per sottolineare la seria intenzione di Mosca a porre fine a quello che, per la Russia, si era rivelato un affare del tutto insoddisfacente (in mezzo ad un generale rinnegamento dei termini), Mosca ha agito per mettere fuori uso le strutture portuali dei porti del Mar Nero che servono l’Ucraina e che, secondo la Russia, erano state utilizzate per immagazzinare armi (oltre che per esportare grano).

Il 19 luglio, Mosca aveva avvertito che, a partire dal giorno successivo, tutte le navi che si fossero avvicinate all’Ucraina sarebbero state considerate come potenziali vettori di carichi militari e trattate di conseguenza. I costi delle coperture assicurative erano naturalmente saliti alle stelle.

Pochi giorni dopo, il 24 luglio, era stata distrutta l’infrastruttura cerealicola del porto ucraino di Reni. Un “messaggio” all’Occidente della volontà russa di abbandonare l’accordo sul grano.

La Russia aveva poi affermato che, il 31 luglio, l’Ucraina aveva attaccato senza successo nel Mar Nero una nave civile russa e due navi militari (utilizzando tre droni marittimi senza equipaggio). L’Ucraina aveva negato l’attacco e aveva dichiarato che non avrebbe mai attaccato una nave civile. Tuttavia, un mese dopo, l’Ucraina aveva ammesso di aver attaccato una petroliera civile nel porto di Novorossijsk, il 4 agosto.

La “NATO” aveva quindi alzato la posta in gioco: il 1° agosto, tre navi da carico civili erano entrate nel porto ucraino di Izmail. Questo porto – come quello di Reni – si trova sul Danubio, a due passi dalla Romania (Paese della NATO). Era chiaramente una “provocazione” della NATO: il Mar Nero non è un “lago russo”, aveva fatto intendere. E le navi erano attraccate a meno di 500 metri dal “territorio” della NATO. Una nave era di proprietà di una società israeliana, un’altra di una società greca e la terza di una società turco-georgiana, ma tutte erano registrate in Stati come la Liberia.

Il 2 agosto, la Russia aveva distrutto i silos di grano di Izmail, utilizzando droni di precisione.

L’Ucraina cerca disperatamente di mantenere in vita l’accordo sul grano. Rappresenta un “grosso guadagno” per l’industria agroalimentare ucraina che controlla queste esportazioni. Ed è anche un “mucchio di soldi” per l’intermediario, la Turchia, che, prima di venderlo, trasforma il grano in farina (e la commercializza per lo più in Europa, con un forte sovrapprezzo).

Il “primo round” di questa gara è stato quindi “a favore di Mosca”. Poi però la NATO ha “alzato la posta” una seconda volta, con due attacchi marittimi effettuati con droni “ucraini”: uno contro una piccola petroliera civile vuota e l’altro contro una nave da sbarco della Marina Russa all’ancora nel porto di Novorossijsk. Nessuna delle due navi è affondata, ma entrambe sono state gravemente danneggiate.

L’attacco a Novorossijsk, tuttavia, non è di poco conto. Il porto marittimo, situato oltre la penisola di Crimea, è uno dei più grandi della Russia in termini di volume e tra i più grandi d’Europa, fondamentale per l’esportazione di grano, petrolio e altri prodotti russi verso destinazioni in tutto il mondo. È un centro di commercio internazionale per la Russia fin dal XIX secolo.

Si tratta quindi di una sfida seria e di una provocazione rivolta a Mosca. Oleg Ostenko, dell’ufficio di Zelensky, ha rincarato la dose affermando che tutti i porti russi sul Mar Nero saranno d’ora in poi considerati obiettivi militari legittimi per un attacco ucraino.

Le domande da porsi sulla scia di questo evento sono: in che misura questi attacchi sono stati facilitati e diretti dalla NATO? E a quale scopo? Che si tratti di iniziative della NATO è evidente – un indizio è che la petroliera colpita era sulla lista delle sanzioni statunitensi per aver fornito carburante alla Siria. Un “tocco” della CIA piuttosto evidente.

I droni marittimi e subacquei a lungo raggio sono una specialità del Regno Unito (Special Boat Squadron) e degli Stati Uniti (Seals). Non sono armi “comuni”. Sono attrezzature specializzate di cui solo pochi Stati hanno esperienza. La Gran Bretagna o gli Stati Uniti hanno fornito i droni a Kiev? Come sono stati utilizzati?

Le coordinate del bersaglio – in una certa misura – possono essere preimpostate, ma i video rilasciati da Kiev sulle fasi finali dell’attacco mostrerebbero correzioni di rotta dell’ultimo minuto. Sotto l’acqua le trasmissioni radio viaggiano solo a breve distanza. Le correzioni di rotta finali sono forse state fornite da una squadra nelle vicinanze del porto o dall’alto, da un operatore a bordo di un aereo NATO in volo sulla zona? Da dove sono stati lanciati questi droni? Da un “porto amico” sul Danubio? Gran parte delle armi che raggiungono l’Ucraina arrivano attraverso il Danubio. Oppure, c’era una nave madre nelle vicinanze?

Se questa fosse davvero un’operazione portata avanti soprattutto dalla NATO, cosa potrebbe fare la Russia?

Queste domande rimangono “aperte” e Mosca non ha fornito alcuna risposta (finora). Senza dubbio sta indagando e riflettendo se questi attacchi rappresentino una deliberata escalation occidentale, che la NATO intende sostenere con materiale e supporto di intelligence, o, in alternativa, se questi attacchi siano stati solo dei grossolani stimoli per Mosca a riprendere l’accordo per l’esportazione del grano ucraino.

(I rapporti suggeriscono che JP Morgan ha avuto colloqui con la Banca Agricola Russa sulla possibilità che la banca russa utilizzi JP Morgan per condurre transazioni in dollari americani come parte di un redivivo accordo sul grano).

La questione di una presunta “guerra del Mar Nero” potrebbe tuttavia confondersi e coincidere con la più ampia questione delle “prossime mosse” militari della Russia in Ucraina, dal momento che le forze ucraine mostrano sempre più chiaramente l’evidenza di un esaurimento cronico.

I media americani segnalano che, ultimamente, la politica degli Stati Uniti si sta spostando (ma non è ancora definita). Una cosa, tuttavia, è chiara: la colpa del fallimento dell’offensiva viene fatta ricadere dagli Stati Uniti sulle spalle dell’Ucraina e ora, per la prima volta, Kiev ricambia le accuse ridicolizzando l’incapacità occidentale di fornire quanto promesso. Le relazioni si stanno chiaramente inasprendo.

Tuttavia, parallelamente al disconoscimento e alla presa di distanza dell’Occidente dalle tattiche militari messe in atto dall’Ucraina per attaccare le “linee Surovikin”, anche le potenze della NATO sembrano tirarsi indietro da un possibile avvio di negoziati (nonostante le pressioni della lobby statunitense). Forse i responsabili politici occidentali ora considerano un risultato “negoziato” come potenzialmente umiliante per Biden.

In parole povere: questa disperazione occidentale per le prospettive militari ucraine implica forse un imminente ritiro dalla guerra o, in alternativa, un cambiamento strategico occidentale verso un diverso tipo di guerra di logoramento contro la Russia?

In breve, gli attacchi a Novorossijsk fanno forse presagire un passaggio alla “guerra vera”, in cui le infrastrutture di trasporto russe sarebbero considerate un obiettivo prioritario per gli attacchi? Oppure, semplicemente, gli attacchi di Novorossijsk sarebbero solo un rozzo avvertimento alla Russia e un messaggio per dire: “riprendi l’esportazione di grano ucraino!”?

La questione più ampia che questo attacco a Novorossijsk “apre” è se la Russia sia, o meno, in grado di valutare la possibilità di essere stata troppo cauta e incrementale nel perseguire i suoi obiettivi strategici. Gli attacchi missilistici su Reni e Izmail possono essere visti come iniziative molto timide da parte della Russia per sondare il terreno e la voglia della NATO per una “guerra vera”, in cui le infrastrutture di trasporto del nemico sarebbero un obiettivo prioritario per gli attacchi.

Potrebbe essere questo il momento in cui la Russia ritiene di dover passare alla “guerra vera” – in primo luogo, perché gli avvenimenti sul campo in Ucraina suggeriscono che il momento è maturo e, in secondo luogo, perché ad un altro livello c’è la necessità di affrontare il dilemma perenne di tutti i conflitti.

In qualsiasi approccio militare, come dice Sun Tzu: “È il guerriero non emotivo, riservato, calmo e distaccato che vince, non la testa calda“, e il fatto che un guerriero riconosca la debolezza della psiche dell’avversario e la necessità di spingerlo delicatamente ad accettare una realtà nuova e sconosciuta può facilmente essere frainteso come un segnale di debolezza.

In parole povere: è necessaria una dimostrazione di forza da parte della Russia per correggere le percezioni errate dell’Occidente che continua a fantasticare sulla debolezza, sui disordini e sul prossimo crollo politico della Russia? Sun Tzu risponderebbe: “Tratta le persone con ciò che si aspettano. È quello che sono in grado di discernere e conferma le loro proiezioni. Li fa adagiare in schemi di risposta prevedibili e occupa le loro menti – mentre tu attendi il momento straordinario, che loro non possono prevedere“.

Forse si possono dare delle risposte: i falchi della guerra occidentali (per usare una vecchia metafora) possono essere “chiacchieroni, ma la NATO non ha le palle per una guerra vera. L’Occidente, anche ora, con l’interruzione delle linee di approvvigionamento sta lottando sull’orlo della crisi economica: una guerra alle petroliere sarebbe fatale (petrolio alle stelle e inflazione). L’uscita dall’illusione è sempre lenta, come suggerisce Sun Tzu.

Una citazione fin troppo utilizzata dice che la guerra è “l’estensione della politica con altri mezzi“, ma, soprattutto oggi, gli “altri mezzi” possono essere – e spesso sono – l’estensione della politica. Oggi la Russia agisce come “apripista” verso un nuovo blocco globale multipolare. In questa veste, la Russia deve agire politicamente con lo sguardo rivolto al Sud globale, ma anche alle sfumature di un Occidente che vacilla sull’orlo di una metamorfosi radicale.

I comandi militari possono anche disapprovarla, ma il Sud globale ammira la Russia proprio perché non scimmiotta le potenze coloniali. Il mondo rispetta il potere, sì, ma è stanco della sola “potenza di fuoco”. La Russia ora ha un ruolo di primo piano e molti sono gli aspetti politici che devono essere presi in considerazione. Questo aspetto diventerà ancora più importante nei prossimi giorni con l’evolversi degli eventi in Niger e con il vertice dei BRICS, che ha in agenda nuovi accordi per i meccanismi commerciali.

L’uso efficace di “altri mezzi di potere asimmetrico” dipende soprattutto dal tempismo. (Sun Tzu per l’ultima volta): “Occupa le loro menti mentre aspetti il momento giusto“. Sembra che il Presidente Putin conosca molto bene L’arte della guerra.

Alastair Crooke

Fonte: https://strategic-culture.org/
Link: https://strategic-culture.org/news/2023/08/14/open-questions-on-the-war-the-black-sea-out-of-view-war/
14.08.2023
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org


Alastair Crooke CMG, ex diplomatico britannico, è fondatore e direttore del Conflicts Forum di Beirut, un’organizzazione che sostiene l’impegno tra l’Islam politico e l’Occidente. In precedenza è stato una figura di spicco dell’intelligence britannica (MI6) e della diplomazia dell’Unione Europea.

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