Dicembre, impazzavano i Forconi… un movimento nato in modo spontaneo dicevano, lo dicevano i telegiornali, le trasmissioni eccetera. Spontaneamente finiscono nel calderone “Forconi” camionisti incazzati, fascisti, disperati, sindacalisti, ex artigiani, studenti, imprenditori falliti, qualche sbandato del M5S. Il marchio è di un tal Mariano Ferro, un agricoltore di Avola, Siracusa, Sicilia, già compagno di strada del presidente Raffaele Lombardo; al nord il referente è Lucio Chiavegato (verrà arrestato, a primavera, assieme ad altri “secessionisti veneti”: fabbricavano un carro armato…); al centro impazza Danilo Calvani, monociglio verace dell’agro pontino. Sbocciano “presidi” in tutta Italia, le televisioni si affrettano e le dirette fioccano. Si autoproclamano “il vero popolo italiano”: ovviamente “né di destra né di sinistra”: odiano i giornalisti, ma basta il lume di una telecamera per appiccare un mesto falò della vanità… Durante le adunate di piazza, qualche carabiniere si toglie il casco: “I nostri ragazzi stanno con noi”, esultano.
E gli chiedevano Cosa volete?, e loro rispondevano: “Ci riprenderemo la nostra sovranità” – erano contro l’euro; gli chiedevano Con chi ce l’avete, e loro: “Con i politici, parassiti, farabutti e delinquenti, tutti”. Sì, ma Cosa volete? “Faremo un grande sciopero a oltranza, fino a quando non se ne andranno”. Sì, ma dopo? “Un governo presieduto da un componente delle forze dell’ordine, poi nuove elezioni entro sei mesi”; così il capo Calvani, definito oltranzista: indice una grande manifestazione in piazza del Popolo a ridosso del Natale, Ferro e Chiavegato si sfilano all’ultimo, la piazza si riempie per metà della metà, i fascisti di Casapound scendono dal Pincio con cappucci e cappi al collo, e maschere bianche.
Per qualche giorno, una settimana, ho seguito il presidio romano, in piazza dei Partigiani. Mi ci mandavano dal giornale. Due-tre gazebo, cinque-sei tende da campo. Un paio di casse che pompavano in loop l’inno di Mameli, oppure strani documentari sugli Illuminati e sulla Massoneria, voci impersonali perse nella piazza grigia, con le facciate dei palazzi sporche; certe mattine, più in là tra il cemento e i capolinea degli autobus, gruppi di uomini e donne dell’Europa dell’Est improvvisavano un mercato e mangiavano panini. I “Forconi” oscillavano dai trenta ai settanta-ottanta massimo.
C’era un ragazzone alto e magro vestito con una divisa militare color sabbia, che si agitava con smanie da leader, si affrettava con passo marziale; un uomo, sui quaranta, con i capelli rasta, sempre in disparte, che non parlava con nessuno, o quasi, e ti guardava in cagnesco; un paio di vagabondi, senza un tetto dove stare; un signore dall’aria più distinta, con una zazzera grigia, camminava con una stampella; a un certo punto dice “io ho un parente illustre, ma non ti dirò mai chi è”. E c’era un vecchio, il volto nascosto dietro rughe pesanti e occhiali scuri, un millantatore: si spacciava per chirurgo, “un chirurgo che ha curato per anni i malati di strada”; esibiva un lercio tesserino da giornalista; ti seguiva, se ti allontanavi: un paio di ricerche e vien fuori che è un ex fascista di Ordine nuovo… un informatore della polizia. Ma c’erano anche i seguaci del metodo Stamina, e altre persone che in certe ore prendevano il microfono e tenevano piccoli comizi…
Poi ricominciava l’inno di Mameli; in disparte leggevo Hunter Thompson.
Fonte: www.minimaetmoralia.it
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5.05.2014