DI CARLO BERTANI
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Sembra quasi un destino, che tutti i Cesare Battisti debbano finire male: chi impiccato al castello di Trento, e chi marcirà nella patrie galere soltanto perché un ministro dell’Interno – fascista e razzista – ha fatto una telefonata ad un capo di Stato brasiliano, anch’egli fascista e militarista. E’ una storia vomitevole, poiché su tutta la vicenda giudiziaria di Cesare Battisti aleggia un’ombra di dubbio, che si trasforma in certezza quando si leggono le conclusioni cui giunse la Corte di Cassazione nei confronti dell’accusatore di Battisti, Pietro Mutti:
“Questo pentito è uno specialista nei giochi di prestigio tra i suoi diversi complici, come quando introduce Battisti nella rapina di viale Fulvio Testi per salvare Falcone […] o ancora Lavazza o Bergamin in luogo di Marco Masala in due rapine veronesi. Del resto, Pietro Mutti utilizza l’arma della menzogna anche a proprio favore, come quando nega di avere partecipato, con l’impiego di armi da fuoco, al ferimento di Rossanigo o all’omicidio Santoro; per il quale era d’altra parte stato denunciato dalla DIGOS di Milano e dai CC di Udine. Ecco perché le sue confessioni non possono essere considerate spontanee”. (1)
Per le giovani generazioni, per tutti quelli che non sanno nulla di quegli anni, bisogna fornire loro qualche ragguaglio.
Negli anni del “pentitismo” vigeva una regola: tutti quelli che prendiamo – e che non ammazziamo – devono fare un nome, altrimenti li lasciamo al fresco per tutta la vita (o quasi).
Purtroppo, in quegli anni, abbiamo conosciuto in molti (senza saperlo) qualcuno che era nella lotta armata, stupendoci poi come degli allocchi quando leggevamo il nome sul giornale. Ma com’è possibile…ci chiedevamo.
Ma i grandi eroi che sostenevano la lotta allo Stato “fino alla morte” – gloriosa, ovvio – appena messo piede in carcere cantavano come degli usignoli, e non era proprio la Gestapo a torturarli. Quelli che rividi, dopo anni, mi confessarono di non essere mai stati nemmeno picchiati. Io, però, ne conoscevo pochissimi.
Cosicché, parecchi che avevano disgraziatamente creduto come degli allocchi che il problema si risolvesse sparando a qualche giornalista, poliziotto…o quant’altro, finirono per raccontare storie oramai desuete: ossia, gli inquirenti le conoscevano già. E non valevano niente.
Cosicché, per “riveder le stelle” s’inventavano qualsiasi fregnaccia, inguaiando anche gente che non sapevano nemmeno dove stessero le BR, e mai avevano avuto fra le mani una pistola.
Fui fra i molti “sfortunati”, i quali ebbero l’onore di una citazione da parte di qualcuno fra gli sciagurati del girone delle gole profonde: me la cavai con una perquisizione e poi tanti saluti. E se, per caso, non m’avessero trovato, fossi stato in Australia, mi fosse presa la paura di tornare…e così via?
La vicenda di Cesare Battisti mi ricorda qualcosa di simile, perché leggendo le risultanze processuali non c’è nulla che possa incolparlo, se non – appunto – le solite “gole profonde” che non sapevano più chi tirare in ballo.
Domandiamoci: perché non solo la Magistratura brasiliana, ma anche quella francese si rifiutarono di consegnarlo? Erano tutti brigatisti? No.
Perché s’accorsero per tempo che la giustizia (min.) italiana era andata per farfalle: secondo i “ricostruttori di realtà processuali” Battisti avrebbe commesso due delitti, lo stesso giorno, a centinaia di chilometri di distanza! Ma chi è, la Primula Rossa?
Marco Barbone uccise, nel Marzo del 1980, Walter Tobagi (dandogli persino il “colpo di grazia” mentre era a terra). Nel Novembre del 1983 fu condannato ad 8 anni e 6 mesi e contemporaneamente scarcerato per meriti di “pentitismo”. Si pentì, aderì a CL e divenne un responsabile comunicazione della Compagnia delle Opere. La vita di Walter Tobagi – giornalista di razza – valse 3 anni e qualche mese di carcere?
Valerio Fioravanti, pur scontandogli la strage di Bologna (perché fatto ancora oggi assai incerto), uccise 8 persone confessando completamente i fatti (93 con la strage di Bologna) e fu condannato a 134 anni ed 8 mesi di carcere. E’ fuori dal 2009.
Bisognerebbe richiamare in cattedra Cesare Beccaria, perché riscrivesse il suo “Dei delitti e delle pene”: che logica giuridica c’è in tutto questo?!?
Un ministro dell’Interno che si gloria di una giustizia come questa, che s’indora di meriti non suoi – la tratta degli schiavi fu sconfitta da Minniti nel 2017, col penoso accordo con la Libia, tuttora in vigore – e che rigioisce affermando che quel “assassino comunista deve marcire in galera”, non merita altro che disprezzo perché si dimostra un uomo misero, che sa solo ragionare in termini di share e di (futuri?) voti. Un uomo di Stato è di tutt’altra pasta.
Persino un uomo di destra, come il Presidente Francesco Cossiga si chiese, verso la fine del suo mandato, se non fosse il caso di chiudere quella orribile stagione, con un’assoluzione “storica” per quel periodo. Chiediamo a Salvini: il delitto Matteotti fu sanato?
Invece, per miseri conteggi elettorali, quest’uomo non ha remore a sbattere in galera un marziano che viene da un altro mondo, soltanto perché una realtà processuale falsata da un pentito definito dalla stessa Corte di Cassazione italiana uno “specialista nei giochi di prestigio”, a conti fatti, deve scontare non so quanti ergastoli, per i quali si è sempre detto innocente.
Ma già so che i corifei, infima specie fra gli adulatori, non tarderanno a fare schiamazzi di “giustizia”, mentre la vera Giustizia meriterebbe almeno di sentire come si giustifica, cosa ha da dire, come lui ritiene che andarono le cose: un uomo che non ha mai visto un giudice che lo condannasse!
No, va bene così, 8 anni a Barbone perché era di CL, 26 a Fioravanti – contro 134 e rotti – e tanti saluti per Battisti, che crepi in carcere.
Mi dispiace per i figli di chi perse la vita, che hanno perso pure il diritto di sapere chi veramente uccise i loro cari.
Carlo Bertani
Fonte: http://carlobertani.blogspot.com
Link: http://carlobertani.blogspot.com/2019/01/dalla-scaletta-dellaereo-scendera-un.html
13.01.2019