Iniziato il processo di autocoscienza tra gli esponenti democratici
DI MAURIZIO BLONDET
«Che Bush avrebbe conquistato una maggioranza popolare schiacciante si poteva prevedere già guardando le foto di coppie gay festanti dopo le nozze davanti al municipio di San Francisco». Ciò che rende notevole quest’analisi è che non appare su un giornale di destra ma su Counterpunch, il foglio della sinistra Usa più arrabbiata. E la firma il direttore Alex Cockburn, un neomarxista che in Italia starebbe fra Bertinotti e Cossutta. Bruciata dalla disfatta, la sinistra americana riflette sulla storica deriva che le ha fatto perdere il popolo: da forza sociale e operaia, il partito democratico s’è mutato in galassia di interessi libertari. In Usa, essere di sinistra significa mangiare macrobiotico e bere succo di carota, schierarsi con la foca monaca, non battersi per i lavoratori e per i soldati che tornano dall’Iraq e non trovano più il posto. Mentre si bevevano succhi e si partecipava alle marce libertine, sparivano i sindacati e la povertà, da problema sociale, era relegata a problema privato di ogni povero. “Nixon fece passare la legge sulla sicurezza del lavoro, la più socialmente avanzata del secolo”, recrimina amaramente Sarah Anderson su sito progressista Commondreams: “Non che Nixon amasse i lavoratori, ma i sindacati erano potenti”. Kerry il democratico è riuscito a perdere anche nell’Ohio devastato dalla fuga dei lavori verso la Cina? “Ma se proprio lui ha sostenuto tutte le ricette del commercio libero mondiale”, ruggisce Cockburn. Clinton era di famiglia povera e si portava dietro l’odore dell’Arkansas, lo stato delle pollerie. Kerry è piaciuto ai liberal della sua classe ultrachic, quelli delle ville coperte di edera. Ma è anche visivamente lontano “dalla gente col doppio lavoro” che non arriva a fine mese.
Barak Obama è l’unico democratico vincente, e la sinistra se lo addita ad esempio: giovane, colto, nero di prima generazione (il padre pascolava capre in Kenia) è stato il solo negro ad entrare al Senato: senza i flip flop di Kerry (s’è opposto f in da subito alla guerra in Iraq) ha conquistato voti “persino nei distretti bianchi e rurali”, la cosiddetta America profonda, lo zoccolo duro pro-Bush, affrontando i problemi reali delle gente reale.
Con fatica e dolore, i liberal cominciano ad ammettere: la lotta contro il fumo, per l’ambiente e i matrimoni tra persone dello stesso sesso sono stati il surrogato di un disperato vuoto di proposte alternative da fare ai lavoratori, ai reduci e alle ragazze madri, insomma alla società. Peggio: cominciano a intuire che quelle cause sono elitarie quanto il taglio fiscale ai miliardari operato da Bush. Peggio ancora: gli è nato il sospetto che, forse, i diritti degli animalisti non hanno la stessa dignità politica dei diritti dei lavoratori, come basi su cui costruire il vasto consenso sociale perduto.
C’è chi propone di rileggere Marx. Chi cita Simone Weil, per cui la sinistra doveva difendere i “bisogni dell’anima” (libertà, dignità, uguaglianza), ma senza confonderli con “i desideri, i capricci, le fantasie, i vizi”. Intanto, gli strateghi del partito democratico stanno prendendo le misure di Hillary Clinton, che tentò di dare agli Usa il servizio sanitario nazionale, per candidarla nel 2008. I liberal ricchi meditano di emigrare (come da noi quando vinse il Cavaliere) e Harper’s , radical-chic, consiglia: in Canada è freddo, meglio Parigi o la Polinesia. Francese, naturalmente.
Maurizio Blondet
Fonte:www.avvenire.it
5.11.04