Dietro questa inumana e infernale decisione non c’è che una certezza ormai: il rischio che la piccola possa avere qualche sollievo o qualche miglioramento della sua tragica situazione qui in Italia, con la conseguente pessima figura che la sanità inglese potrebbe fare, ha spinto la giustizia inglese a non guardare in faccia nessuno, e a non avere alcuna pietà per uno scricciolo che rappresenta tutto per i suoi disperati genitori.
Non è bastata l’agonia di quattro giorni del piccolo Alfie, che ha subito la stessa sorte prospettata a Indi; la nomea internazionale dei cinici giudici inglesi viene confermata, arrogandosi il diritto di vita o di morte su una piccola creatura a dispetto della volontà di chi l’ha messa al mondo.
Pare che sia certezza a questo punto: in Inghilterra, nascere piccolo e gravemente malato può equivalere automaticamente a una condanna a morte.
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rainews.it, 10 novembre 2023
L’Appello dei genitori di Indi Gregory per impedire il distacco delle macchine che la tengono in vita è stato rifiutato ed è stato negato il ricorso alla Convenzione dell’Aja per il suo trasferimento in Italia. Lo hanno deciso i giudici inglesi al termine dell’udienza di oggi, che ha fissato a lunedì il distacco dei supporti vitali. Il giudice Peter Jackson ha definito l’intervento italiano per il trasferimento a Roma della neonata “non nello spirito della Convenzione dell’Aja“. I giudici hanno inoltre affermato che i tribunali inglesi sono nella posizione migliore per valutare “l’interesse superiore” della bambina; quindi, non è necessario un tribunale italiano.
Ieri, la premier Giorgia Meloni ha scritto urgentemente al Lord Cancelliere e segretario di Stato per la Giustizia del Regno Unito chiedendo di collaborare per permettere il trasferimento di Indi Gregory a Roma. Lunedì scorso il Consiglio dei ministri aveva conferito alla neonata- affetta da una rara malattia degenerativa – la cittadinanza italiana, per permetterle di essere presa in cura dall’ospedale ‘Bambin Gesù’ di Roma. Nella lettera Meloni fa riferimento alla Convenzione dell’Aja per la protezione dei minori, in particolare all’articolo 32 paragrafo 1 lettera b, che recita che
“su richiesta motivata dell’Autorità centrale o di un’altra autorità competente di uno Stato contraente con il quale il minore abbia uno stretto legame, l’Autorità centrale dello Stato contraente in cui il minore ha la sua residenza abituale e in cui si trova” potrà “chiedere all’autorità competente del suo Stato di esaminare l’opportunità di adottare misure volte alla protezione della persona o dei beni del minore“.
I legali della famiglia Gregory fanno sapere che, dopo la pronuncia di oggi, si lavora ad altri percorsi, che valuteranno da qui fino a lunedì. La piccola ha otto mesi ed è affetta da una gravissima patologia mitocondriale che non lascia scampo e per la quale i tribunali d’Oltre Manica avevano disposto lo stop ai sussidi meccanici “nel maggior interesse del minore”, per evitarle ulteriori sofferenze.
Il ricorso
Ieri mattina i legali della famiglia Gregory avevano presentato il ricorso contro la decisione del giudice che aveva stabilito inoltre
“che il supporto vitale di Indi Gregory deve essere rimosso presso il Queen’s Medical Center di Nottingham, dove è ricoverata, o in un ospizio e non a casa, contrariamente alla volontà dei suoi genitori“.
“Non merita di morire, è ancora una bambina che respira e le batte il cuore“,
aveva detto il padre della piccola.
“Lei merita una possibilità“,
ha detto l’uomo alla ‘Bbc’, dopo l’ultima pronuncia del giudice che ha negato ieri anche la possibilità di gestire il fine vita a casa, in quanto ritenuto non nel miglior interesse della bambina e “quasi impossibile” da realizzare al domicilio senza rischi di complicazioni. Ma il papà obietta: “Ha un Paese che si offre di pagare per tutto: dobbiamo solo portarla lì, così non costerà nulla all’ospedale o al governo“.
“Sappiamo che Indi è una combattente, lei vuole vivere, e non merita di morire“,
ha affermato ancora il papà della piccola in un video in cui ringrazia l’Italia.
I medici inglesi si sono arresi
I medici che curano Indi al Queen’s Medical Center di Nottingham avevano ribadito di non poter fare altro per lei. I genitori avevano chiesto che potesse tornare nella loro casa a Ilkeston, nel Derbyshire. Un’opzione che non è stata ritenuta praticabile.
“Tutti pensano: ‘perché non la lasciano andare?’. Non hanno nulla da perdere“,
ha detto Dean Gregory, sicuro del fatto che, se Indi avesse avuto il permesso di viaggiare in Italia, avrebbe potuto essere salvata.
Keith Girling, direttore medico del Nottingham University Hospitals (NUH) Nhs Trust ha dichiarato di essere consapevole del fatto che “è un momento incredibilmente difficile per Indi e la sua famiglia, e i nostri pensieri sono con loro oggi. A seguito della decisione dell’Alta Corte, la nostra priorità – ha assicurato – rimarrà quella di fornire a Indi cure specialistiche adeguate alle sue condizioni e in linea con le indicazioni della Corte, sostenendo la sua famiglia in ogni modo possibile“.
Il caso continua a riscuotere attenzione e scatena polemiche anche in Italia
La Cei richiama al valore della vita e sottolinea come oggi ci siano “troppe vite negate“. “La vita dei malati e disabili gravi viene giudicata indegna di essere vissuta, lesinando i supporti medici e arrivando a presentare come gesto umanitario il suicidio assistito o la morte procurata“, fa sapere.
In prima linea contro la decisione del giudice britannico si schiera anche il Codacons che annuncia la presentazione di una denuncia alla Procura di Roma contro l’Alta Corte di Londra.
“Al di là degli aspetti etici della questione – scrive il Codacons in una nota – si apre un aspetto meramente tecnico-legale che riguarda la possibilità di un giudice straniero di pronunciarsi sulla vita di un cittadino italiano. Come noto, infatti, la neonata ha ottenuto la cittadinanza italiana grazie al Governo che ha emesso misure di emergenza, tramite il console italiano a Manchester, che ne autorizzano il trasferimento all’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma“.
Secondo il Codacons
“la decisione dell’Alta Corte britannica di disporre lo stop ai supporti vitali per Indi potrebbe quindi configurare un’interferenza illecita della giustizia straniera sulla vita di una cittadina italiana, aprendo un caso che non è solo diplomatico ma anche giudiziario. Per tale motivo abbiamo deciso di presentare un formale esposto alla Procura della Repubblica di Roma affinché apra una indagine sul caso, accertando se il comportamento della Corte e del giudice Robert Peel possano configurare ipotesi penalmente rilevanti ai sensi del nostro ordinamento penale“,
conclude l’associazione.