DI NOAM CHOMSKY
Il problema del modo in cui la politica estera viene determinata è fondamentale negli affari del mondo. In queste osservazioni, posso soltanto fornire pochi cenni sul modo in cui penso che l’argomento possa essere esaminato in maniera produttiva, attenendosi agli Stati Uniti per varie ragioni. Primo, gli Stati Uniti sono ineguagliati nella loro importanza e impatto globali. Secondo, sono una società insolitamente aperta, forse straordinariamente aperta, il che significa che ne sappiamo di più in proposito. Infine è semplicemente il motivo più importante per gli americani, che sono in grado di influenzare le scelte politiche negli Stati Uniti – e in realtà per altri, nella misura in cui le loro azioni possono influenzare tali scelte. I principi generali, tuttavia, si estendono ad altre importanti potenze, e ben oltre.
C’è una “versione standard generalmente accettata”, comune al mondo degli eruditi accademici, alle dichiarazioni del governo, e alle discussioni pubbliche. Essa ritiene che il primo impegno dei governi sia assicurare la sicurezza, e che la preoccupazione primaria degli Stati Uniti e dei loro alleati fin dal 1945, è stata la minaccia russa.
Ci sono molti modi di valutare questa dottrina. Un’ovvia domanda da porsi è: che cosa è successo quando la minaccia russa è scomparsa nel 1989? Risposta: tutto è continuato come prima.
Gli Stati Uniti hanno immediatamente invaso Panama, uccidendo forse migliaia di persone e installando un regime cliente. Questa era una pratica normale nei domini dominati dagli Stati Uniti, ma in questo caso non proprio come routine. Per la prima volta un atto importante di politica estera non è stato giustificato da una presunta minaccia russa.
Invece sono stati escogitati una serie di pretesti truffaldini per l’invasione che crollano all’istante a una verifica. I media sono intervenuti entusiasticamente, lodando il magnifico risultato della sconfitta di Panama, non preoccupati del fatto che i pretesti erano ridicoli, che l’atto stesso era una violazione radicale della legge internazionale, e che era stata condannata altrove, in modi durissimi in America Latina. E’ stato anche ignorato il veto degli Stati Uniti a una risoluzione unanime del Consiglio di Sicurezza dell’ONU che ha condannato i crimini compiuti dalle truppe statunitensi durante l’invasione, con la sola astensione della Gran Bretagna.
Tutto normale. E tutto dimenticato (anche questo è normale).
Da El Salvador al confine russo
L’amministrazione di George H.W. Bush ha presentato una nuova politica di sicurezza nazionale e di bilancio della difesa come reazione al crollo del nemico globale. Era sostanzialmente come prima, sebbene con nuovi pretesti. E’ venuto fuori che era necessario mantenere un establishment militare grande quanto il resto del mondo messo insieme e molto più avanzato in quanto a sofisticatezza tecnologica – ma non per difesa contro l’Unione Sovietica ora non più esistente. Invece la scusa era la crescente “sofisticatezza tecnologica” delle potenze del Terzo mondo. Intellettuali disciplinati hanno capito che sarebbe stato inappropriato cadere nel ridicolo, e quindi hanno mantenuto un silenzio appropriato.
Gli Stati Uniti, insisteva il nuovo programma, devono mantenere la loro “base industriale di difesa”. La frase è un eufemismo, dato che si riferisce all’industria di alta tecnologia in generale, che dipende pesantemente da un ampio intervento dello stato per quanto riguarda la ricerca e lo sviluppo, spesso con la copertura del Pentagono, in quello che gli economisti continuano a chiamare la “economia di libero mercato” degli Stati Uniti.
Una delle misure più interessanti dei nuovi piani aveva a che fare con il Medio Oriente. Colà, si dichiarava, Washington deve mantenere le forze di intervento che si concentrano su una regione cruciale dove i maggiori problemi “non potevano essere deposti alla porta del Cremlino.” Malgrado 50 anni di inganni, si è ammesso tranquillamente che la maggiore preoccupazione non erano i russi, ma piuttosto quello che si chiama “nazionalismo radicale”, intendendo il nazionalismo indipendente, non sotto il controllo degli Stati Uniti.
Tutto questo ha un’evidente rilevanza sulla versione standard, ma è passata inosservata – o forse, per questo è passata inosservata.
Sono accaduti altri importanti avvenimenti immediatamente dopo la caduta del Muro di Berlino che ha posto fine alla Guerra Fredda. Uno è stato a El Salvador, il principale destinatario di aiuti militari degli Stati Uniti – a parte Israele-Egitto, una categoria separata – e il paese con il peggior curriculum per i diritti umani rispetto a qualsiasi altro posto. Questa è una correlazione nota e molto stretta.
L’alto comando salvadoregno ha ordinato alla Brigata Atlacatl di invadere l’Università dei Gesuiti di e di uccidere sei importanti intellettuali latino-americani, tutti preti gesuiti, compreso il rettore, Padre Ignazio Ellacuría e qualsiasi testimone, cioè la domestica e sua figlia. La Brigata era appena tornata da un addestramento avanzato di antiguerriglia al Centro e Scuola John F. Kennedy dell’Esercito degli Stati Uniti per Guerre speciali, a Fort Bragg, Carolina del Nord, e aveva già lasciato un sentiero insanguinato di migliaia delle solite vittime nel corso della campagna di terrore di stato condotta dagli Stati Uniti a El Salvador, parte di una più vasta campagna di terrore e tortura in tutta la regione. Tutto normale. Ignorata e praticamente dimenticata negli Stati Uniti e dai loro alleati, di nuovo normale. Però ci dice tantissimo circa i fattori che guidano la politica, se ci preoccupiamo di guardare il mondo reale.
Un altro avvenimento importante è accaduto in Europa. Il presidente sovietico Mikhail Gorbaciov è stato d’accordo sulla riunificazione della Germania e della sua entrata nella NATO, un’alleanza militare ostile. Alla luce della storia recente, questa è stata una concessione sbalorditiva. C’era una contropartita. Il presidente Bush e il Segretario di stato James Baker sono stati d’accordo che la NATO non si espandesse di “un pollice a Est”, intendendo nella Germania Est. All’istante hanno esteso la NATO alla Germania Est.
Naturalmente Gorbaciov si è indignato, ma quando si è lamentato è stato istruito da Washington che quella era stata una promessa soltanto verbale, un accordo tra gentiluomini, e quindi senza effetto. Se è stato abbastanza ingenuo da accettare la parola dei leader americani, è stato problema suo.
Anche tutto questo era normale, come lo era l’accettazione silenziosa e l’approvazione dell’espansione della NATO negli Stati Uniti e in Occidente in generale. Oggi il mondo affronta una grave crisi che non è in scarsa misura una conseguenza di queste politiche.
La richiesta di depredare i poveri
Un’altra fonte di prove è la documentazione storica desegretata. Contiene rapporti rivelatori dei veri motivi della politica statale. Questa storia è ricca e complessa e, ma pochi temi costanti vi hanno un ruolo dominante. Uno è stato espresso chiaramente in una congresso dell’emisfero occidentale indetto dagli Stati Uniti in Messico nel febbraio 1945 durante il quale Washington ha imposto “Una Carta economica delle Americhe” destinata a eliminare il nazionalismo economico “in tutte le sue forme.” C’era una tacita condizione. Il nazionalismo economico sarebbe andato bene per gli Stati Uniti la cui economia dipende fortemente dal massiccio intervento statale.
L’eliminazione del nazionalismo economico per gli altri consisteva in un aspro conflitto con la posizione dell’America Latina in quel momento, che i funzionari del Dipartimento di Staro definivano come “la filosofia del Nuovo Nazionalismo che adotta politiche designate a causare una più ampia distribuzione di ricchezza e ad elevare il livello di vita delle masse.” Come gli analisti della politica statunitense aggiungevano: “I latino-americani sono convinti che i primi beneficiari dello sviluppo delle risorse di un paese dovrebbero essere le persone di quel paese.”
Questo, naturalmente, non andrà bene. Washington comprende che i “primi beneficiari” dovrebbero essere gli investitori statunitensi, mentre l’America Latina svolge la sua funzione di servizio. Non dovrebbe, come avrebbero chiarito entrambe le amministrazioni Truman ed Eisenhower, sperimentare un “eccessivo sviluppo industriale” che potrebbe danneggiare gli interessi degli Stati Uniti. Quindi il Brasile poteva produrre acciaio di bassa qualità di cui non volevano preoccuparsi le grosse imprese statunitensi, ma sarebbe stato “eccessivo”, se avesse dovuto competere con le ditte statunitensi.
Tali preoccupazioni echeggiano in tutto il periodo seguito alla II Guerra Mondiale.
Il sistema globale che doveva essere dominato dagli Stati Uniti, era minacciato da quello che i documenti interni chiamavano “regimi radicali e nazionalisti” che rispondono a pressioni popolari per uno sviluppo indipendente. Questa è stata la preoccupazione che ha motivato il rovesciamento dei governi parlamentari dell’Iran e del Guatemala nel 1953 e 1954, e anche di numerosi altri. Nel caso dell’Iran un’importante preoccupazione è stato il probabile impatto dell’indipendenza iraniana sull’Egitto, allora in tumulto per la conduzione coloniale britannica. In Guatemala, a parte il crimine della nuova democrazia che cercava di dare importanza alla maggioranza contadina, e di violare i beni della United Fruit Company – già abbastanza offensiva – la preoccupazione di Washington era il malcontento dei lavoratori e la mobilitazione popolare nelle vicine dittature appoggiate dagli Stati Uniti.
In entrambi i casi le conseguenze arrivano fino a oggi. Letteralmente, non è passato un giorno fin dal 1993 in cui gli Stati Uniti non abbiano torturato gli iraniani. Il Guatemala rimane una delle peggioro stanze degli orrori nel mondo. Fino a oggi il popolo Maya fugge dagli effetti quasi genocidi delle campagne militari dei governi sugli altipiani, che erano appoggiate dal presidente Ronald Reagan e dai suoi ufficiali di alto livello, come ha riferito di recente il direttore della Oxfam nel paese, un medico guatemalteco.
“C’è un drammatico deterioramento del contesto politico, sociale ed economico. Nello scorso anno gli attacchi contro i difensori dei diritti umani sono aumentati del 300%. Ci sono prove chiare di una strategia molto ben organizzata dal settore privato e dall’esercito. Entrambi hanno preso il controllo del governo allo scopo di mantenere lo status quo e di imporre il modello economico dell’estrazione, cacciando via drammaticamente i popoli indigeni dalla loro propria terra, a causa dell’industria mineraria, e delle piantagioni di palma africana, e di canna da zucchero. Oltre a questo, il movimento sociale che difende la loro terra e i loro diritti è stato criminalizzato, molti loro capi sono in carcere e molti altri sono stati uccisi.” Negli Stati Uniti non si sa nulla di tutto questo, e la causa molto ovvia di esso viene occultata.
Negli anni ’50, il presidente Eisenhower e il Segretario di Stato Foster Dulles, hanno spiegato molto chiaramente il dilemma che dovevano affrontare gli Stati Uniti. Si lamentavano che i comunisti avevano un vantaggio ingiusto. Erano in grado di “rivolgersi direttamente alla masse” e di “ottenere il controllo dei movimenti di massa, una cosa che non abbiamo la capacità di imitare. I poveri sono coloro a cui si rivolgono ed essi hanno voluto sempre depredare i ricchi.”
Questo provoca dei problemi. In qualche modo gli Stati Uniti trovano difficile rivolgersi ai poveri con la loro dottrina secondo cui i ricchi dovrebbero depredare i poveri.”
L’esempio cubano
Una chiara illustrazione del modello generale è stata Cuba, quando ha finalmente ottenuto l’indipendenza nel 1959. Nel giro di mesi, sono iniziati gli attacchi militari all’isola. Poco dopo, l’amministrazione Eisenhower ha preso una decisione segreta di rovesciare il governo. John Fitzgerald Kennedy è allora diventato presidente. Intendeva dedicare più attenzione all’America Latina e quindi, quando ha è entrato in carica, ha creato un gruppo di studio per sviluppare le politiche, che era guidato da Arthur Schlesinger, che ha riassunto le sue conclusioni per il nuovo presidente.
Come ha spiegato Schlesinger, era minacciosa in una Cuba indipendente “l’idea di Castro di prendere le faccende nelle mani di una persona sola.” Era un’idea che sfortunatamente era attraente per la massa della popolazione dell’America Latina dove “la distribuzione della terra e altre forme di ricchezza nazionale favoriscono molto le classi possidenti, e i poveri senza privilegi, stimolati dall’esempio della rivoluzione cubana, chiedono ora opportunità per una vita decente.” Di nuovo, il solito dilemma di Washington.
Come ha spiegato la CIA, “La vasta influenza del ‘Castrismo’ non è una funzione del potere cubano…… l’ombra di Castro incombe perché le condizioni sociali ed economiche in tutta l’America Latina invitano l’opposizione all’autorità che governa e incoraggiano agitazioni per avere un cambiamento radicale,” per il quale la Cuba di Castro fornisce un modello. Kennedy temeva che gli aiuti russi potessero fare di Cuba una “vetrina” dello sviluppo, dando il controllo ai Sovietici in tutta l’America Latina.
Il Consiglio per la pianificazione politica del Dipartimento di stato ha avvertito che “il pericolo primario che affrontiamo con Castro consiste… nell’impatto che proprio l’esistenza del suo regime ha sul movimento di sinistra in molti paesi latino americani… Il semplice fatto è che Castro rappresenta una ribellione ben riuscita verso gli Stati Uniti, una negazione di tutta la nostra linea politica nell’emisfero durata quasi un secolo e mezzo” – cioè fin dalla Dottrina di Monroe del 1823, quando gli Stati Uniti hanno dichiarato la loro intenzione di dominare l’emisfero.
L’obiettivo immediato in quell’epoca era di conquistare Cuba, ma questo non si poteva raggiungere a causa del potere del nemico britannico. Tuttavia il grande stratega John Quincy Adams, il padre intellettuale della Dottrina di Monroe e del Destino Manifesto*, ha informato i suoi colleghi che con il tempo Cuba sarebbe caduta nelle nostre mani per mezzo delle “leggi di gravità politica,” come quando una mela cade da un albero. In breve, il potere degli Stati Uniti sarebbe aumentato e quello della Gran Bretagna sarebbe declinato.
Nel 1898 la prognosi di Adams si è realizzata. Gli Stati Uniti hanno invaso Cuba, facendo sembrare che la liberassero. Infatti hanno impedito che l’isola di si liberasse dalla Spagna e la hanno trasformata in una “colonia virtuale”, per citare gli storici Ernest May e Philip Zelikow. Cuba è rimasta così fino al gennaio 1959 quando ha ottenuto l’indipendenza. Da allora è stata soggetta a importanti guerre terroriste degli Stati Uniti, soprattutto durante gli anni di Kennedy, e a strangolamento economico. Non a causa dei Russi.
La finzione, per tutto il tempo, è stata che noi ci stavamo difendendo dalla minaccia russa – una spiegazione assurda che in generale è rimasta indiscussa. Un semplice test della tesi è stato ciò che è accaduto quando qualsiasi concepibile minaccia russa è scomparsa. La politica degli Stati Uniti verso Cuba è diventata anche più dura, capeggiata dai Democratici liberali, compreso Bill Clinton, che ha aggirato Bush da destra nelle elezioni del 1992. Questi avvenimenti dovrebbero avere una portata considerevole sulla validità della struttura dottrinale per la discussione di politica estera e dei fattori che la guidano. Tuttavia, ancora una volta, l’impatto è stato debole.
Il virus del nazionalismo
Per prendere a prestito la terminologia di Henry Kissinger, il nazionalismo indipendente è un “virus” che può “diffondere il contagio. Kissinger si riferiva al Cile di Allende. Il virus era l’idea che poteva esserci una strada parlamentare verso un certo tipo di democrazia socialista. Il modo di trattare con questa minaccia è di distruggere il virus e inoculare coloro che potrebbero esserne infettati, di solito imponendo stati nazionali assassini per la sicurezza. Questo è stato ottenuto nel caso del Cile, ma è importante riconoscere che questa considerazione è valida in tutto il mondo.
Era, per esempio, il ragionamento che era dietro la decisione di opporsi al nazionalismo vietnamita all’inizio degli anni ’50 e di appoggiare il tentativo della Francia di riconquistare la sua ex colonia. Si temeva che il nazionalismo indipendentista vietnamita potesse essere un virus che avrebbe diffuso il contagio nelle regioni circostanti, compresa l’Indonesia ricca di risorse. Questo poteva anche aver portato il Giappone – chiamato il “superdomino” dallo studioso di Asia John Dower – a diventare il centro commerciale e industriale di un nuovo ordine indipendente del tipo per la cui istituzione il Giappone imperiale aveva così recente combattuto. Questo, a sua volta, avrebbe significato che gli Stati Uniti avrebbero perduto la guerra del Pacifico, un’opzione che non era da considerare nel 1950. Il rimedio era chiaro – e largamente raggiunto. Il Vietnam era praticamente distrutto e circondato da dittature militari che impedivano che il “virus” diffondesse il contagio.
A posteriori, il consigliere per la sicurezza nazionale di Kennedy e Johnson, McGeorge Bundy, rifletteva che Washington avrebbe dovuto porre fine alla Guerra del Vietnam nel 1965, quando venne installata in Indonesia la dittatura di Suharto, con enormi massacri che la CIA paragonava ai crimini di Hitler, Stalin e Mao. Questi sono stati, tuttavia, salutati con euforia negli Stati Uniti e in generale in Occidente perché lo “sconvolgente bagno di sangue” come lo definiva allegramente la stampa, metteva fine a qualsiasi minaccia di contagio e apriva le ricche risorse dell’Indonesia allo sfruttamento occidentale. Dopo di che, la guerra per distruggere il Vietnam era superflua, come Bundy ha riconosciuto a posteriori.
La stessa cosa era vera in America Latina negli stessi anni: un virus dietro l’altro si sono attaccati violentemente e hanno distrutto o indebolito al punto di pura sopravvivenza. Dai primi anni ’60 un’epidemia di repressioni è stata imposta al continente senza alcun precedente nella storia violenta dell’emisfero, estendendosi all’America Centrale con Ronald Reagan, un argomento che non ci sarebbe alcun bisogno di esaminare.
Gran parte di questo era vero in Medio Oriente. Le relazioni uniche degli Stati Uniti con Israele sono state stabilite nella loro forma attuale nel 1967, quando Israele ha assestato un colpo formidabile all’Egitto, il centro del nazionalismo arabo laico. Così facendo, ha protetto l’Arabia Saudita, alleata degli Stati Uniti, allora impegnata in un conflitto militare con l’Egitto in Yemen. L’Arabia Saudita è, naturalmente, lo stato islamico fondamentalista radicale più estremo, ed è anche uno stato missionario, che spende enormi somme per stabilire le sue dottrine Wahhabite-Salafite oltre i propri confini. Vale la pena ricordare che gli Stati Uniti, come l’Inghilterra prima di loro, hanno avuto la tendenza ad appoggiare l’Islam fondamentalista radicale in opposizione al nazionalismo secolare, che di solito è stato percepito come qualcosa che poneva più di una minaccia all’indipendenza e costituiva anche un contagio. C’è molto di più da dire, ma la documentazione storica dimostra molto chiaramente che la dottrina standard ha poco merito. La sicurezza intesa in senso normale non è un fattore preminente nella formazione delle politiche.
Ripeto, in senso normale. Però, valutando la dottrina standard, dobbiamo chiederci che cosa si intende in realtà per “sicurezza”: la sicurezza per chi?
Una risposta è: la sicurezza per il potere dello stato. Ce ne sono molte dimostrazioni. Prendiamone una attuale. In maggio, gli Stati Uniti sono stati d’accordo ad appoggiare una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU che chiedeva alla Corte Penale Internazionale di fare indagini sui crimini di guerra in Siria, ma a una condizione: non poteva esserci alcuna indagine riguardo ai possibili crimini di guerra commessi da Israele, o da Washington, sebbene fosse davvero inutile aggiungere quella ultima condizione. Gli Stati Uniti sono singolarmente auto immunizzati contro il sistema legale internazionale. Infatti c’è perfino una legge del Congresso che autorizza il presidente ad usare la forza delle armi per “soccorrere” qualsiasi americano portato all’Aja per avere un processo – “la legge dell’invasione dell’Olanda,” come viene talvolta chiamata in Europa. Questo dimostra ancora una volta l’importanza di proteggere la sicurezza del potere statale.
Ma proteggerlo da chi? Bisogna infatti sostenere fortemente la tesi che la preoccupazione primaria del governo è la sicurezza del potere di stato dalla popolazione. Come dovrebbero essere consapevoli coloro che hanno passato del tempo a rovistare negli archivi, la segretezza del governo è raramente motivata da una genuina preoccupazione per la sicurezza, per la sicurezza, ma serve certamente a mantenere la popolazione all’oscuro. E per buone ragioni, che sono state spiegate con lucidità dal preminente studioso liberale e consigliere governativo Samuel Huntington, professore di Scienza del governo all’Università di Harvard. Nelle sue parole: “Gli architetti del potere negli Stati Uniti devono creare una forza che può essere sentita ma non vista. Il potere rimane forte quando rimane nell’oscurità; esposto al sole inizia a evaporare.”
Ha scritto queste parole nel 1981, quando la Guerra Fredda si stava di nuovo scaldando. E ha ulteriormente spiegato che “si potrebbe dover vendere [l’intervento militare o un’altra azione militare] in un modo tale da creare l’impressione sbagliata che si stia combattendo contro l’Unione Sovietica. Questo hanno fatto gli Stati Uniti fin dall’epoca della Dottrina di Truman.”
Queste semplici verità sono raramente riconosciute, ma permettono di dare uno sguardo al potere e alla politica dello stato, con ripercussioni fino al momento attuale. Il potere di stato deve essere protetto dal suo nemico interno; con grande contrasto, la popolazione non è sicura dal potere di stato. Uno esempio impressionante di questo è l’attacco radicale alla Costituzione portato dal massiccio programma di sorveglianza dell’Amministrazione Obama che è, naturalmente, giustificato dalla “sicurezza nazionale.” Questo è normale praticamente per tutte le azioni di tutti gli stati e quindi non ha gran valore informativo.
Quando il programma di sorveglianza della NSA è stato esposto dalle rivelazioni di Edward Snowden, gli alti funzionati hanno sostenuto che questo aveva impedito 54 atti terroristici. Dopo un’indagine, quel numero è stato ridotto a una dozzina. Un comitato governativo ad alto livello ha poi scoperto che in realtà c’era stato soltanto un caso: qualcuno aveva inviato 8.500 dollari alla Somalia. Questo è stata la “resa” totale dell’enorme attacco alla Costituzione, e, naturalmente, ad altre in tutto il mondo.
L’atteggiamento della Gran Bretagna è interessante. Nel 2007 il governo britannico ha chiesto alla colossale agenzia di spionaggio di Washington di “analizzare e conservare tutti i numeri di telefonini e di fax, le email, e gli indirizzi di IP (Internet Protocol) raccolti dalla sua rete, ha riferito il Guardian. Questa è un’indicazione utile della relativa importanza, agli occhi del governo, della privacy dei suoi propri cittadini e delle richieste di Washington.
Un’altra preoccupazione è la sicurezza per il potere privato. Un esempio attuale sono gli enormi accordi commerciali che si stanno ora negoziando: il Patto Trans-Pacifico e il Patto Trans-Atlantico. Si tanno negoziando in segreto, ma non completamente in segreto. Non sono segreti per le centinaia di avvocati delle grosse imprese commerciali che stanno redigendo i provvedimenti in dettaglio. Non è difficile indovinare quali saranno i risultati e le poche informazioni che trapelano al riguardo fanno capire che le aspettative sono accurate. Come il NAFTA e altri patti analoghi, non sono accordi di libero commercio. In effetti non sono neanche accordi commerciali, ma principalmente patti per i diritti degli investitori.
Di nuovo, la segretezza è di importanza fondamentale per proteggere l’elettorato primario nazionale dei governi coinvolti, cioè il settore delle grosse imprese.
Il secolo finale della civiltà umana?
Ci sono altri esempi troppo numerosi da citare, fatti che sono ben accertati e che nelle società libere verrebbero insegnate nelle scuole elementari.
Ci sono, in altre parole, ampie prove che rendere sicuri gli stati dalla popolazione domestica e rendere sicuro il potere privato concentrato, sono fattori di spinta nella formazione politica. Naturalmente, non è proprio così semplice. Ci sono casi interessanti, alcuni molto attuali, dove questi impegni sono in conflitto, ma potete considerare questa una prima buona approssimazione e radicalmente opposta alla dottrina standard generalmente accettata.
Passiamo ora a un’altra domanda: e la sicurezza della popolazione? E’ facile dimostrare che è una preoccupazione marginale dei pianificatori della politica. Consideriamo due esempi attuali di spicco: il riscaldamento globale e le armi nucleari. Come è indubbiamente consapevole al riguardo qualsiasi persona alfabetizzata, queste sono terribili minacce alla sicurezza della popolazione. Passando alla politica statale, troviamo che è impegnata ad accelerare ognuna di queste minacce, nell’interesse della preoccupazioni primarie: protezione del potere statale e del potere privato concentrato che determina in gran parte la politica statale.
Considerate il riscaldamento globale. C’è ora negli Stati Uniti molto entusiasmo rispetto ai “cento anni di indipendenza energetica” mentre diventiamo “l’Arabia Saudita del prossimo secolo”, forse il secolo finale della civiltà umana se si persisterà nelle politiche attuali.
Questo dimostra molto chiaramente la natura della preoccupazione per la sicurezza, certamente non per la popolazione. Dimostra anche il calcolo morale del capitalismo contemporaneo Anglo-Americano: il destino dei nostri nipoti non conta nulla se paragonato all’imperativo di profitti maggiori di domani.
Queste conclusioni sono rafforzate da un’occhiata più attenta al sistema di propaganda. C’è un’enorme campagna di pubbliche relazioni negli Stati Uniti, organizzata piuttosto apertamente dalla Grossa Energia e dal mondo degli affari, per cercare di convincere il pubblico che il riscaldamento globale è o irreale oppure non una conseguenza dell’ attività umana. Ed ha avuto un certo impatto. Gli Stati Uniti occupano una posizione più bassa di altre nazioni riguardo al riscaldamento globale e i risultati sono stratificati: tra i Repubblicani, il partito più completamente impegnato per gli interessi della ricchezza e del potere delle grosse imprese, occupa un posto di gran lunga più basso rispetto alla norma globale.
Il numero attuale della rivista premier per la critica dei media, la Columbia Journalism Review, ha un articolo interessante su questo argomento, e attribuisce questo risultato alla dottrina dei media di “giusto ed equilibrato.” In altre parole, se un journal pubblica un editoriale che riflette le conclusioni del 97% degli scienziati, deve anche pubblicare un conto editoriale che esprima il punto di vista delle imprese dell’energia.
Questo in realtà è quello che accade, ma non c’è certo una “dottrina giusta ed equilibrata”. Se quindi un giornale pubblica un editoriale che denuncia il presidente russo Vladimir Putin per l’atto criminale di essersi impossessato della Crimea, certamente non deve pubblicare un pezzo che fa notare che, mentre l’atto è davvero criminale, la Russia ha oggi un motivo più forte oggi rispetto a quello che avevano gli Stati Uniti più di un secolo fa di impossessarsi della parte sudorientale di Cuba, compreso il maggior porto del paese – e rifiutando la richiesta cubana fin dall’indipendenza di ottenerne la restituzione. E lo stesso è vero in molti altri casi.
La vera dottrina dei media è “giusta ed equilibrata” quando sono coinvolte le preoccupazioni del potere privato concentrato, ma sicuramente non altrove.
Circa l’argomento delle armi nucleari, la documentazione è ugualmente interessante e terribile. Rivela molto chiaramente che fino dai primi tempi la sicurezza della popolazione era un non-problema, e così rimane. Non c’è tempo in questa sede di esaminare la documentazione scioccante, ma ci sono scarsi dubbi che queste sostengano con forza la lagnanza del Generale Lee Butler, il più recente comandante del Comando aereo strategico che era fornito di armi nucleari. Secondo le sue parole, siamo sopravvissuti finora all’epoca nucleare “per una certa combinazione di abilità, fortuna e intervento divino, e sospetto che quest’ultimo sia stato nella proporzione maggiore.” E non possiamo certo contare su un intervento divino continuo quando i policy maker giocano alla roulette con il destino delle specie in cerca dei fattori guida nella formazione della politica.
Come siamo tutti sicuramente consapevoli, affrontiamo ora le decisioni più infauste della storia umana. Ci sono molti problemi che devono essere trattati, ma due sono preponderanti nel loro significato: la distruzione dell’ambiente e la guerra nucleare. Per la prima volta nella storia, affrontiamo la probabilità di distruggere le prospettive di un’esistenza decente, e non in un futuro lontano. Per questa ragione soltanto, è essenziale spazzare via le nuvole ideologiche e affrontare onestamente e realisticamente il problema del modo in cui si prendono le decisioni politiche e di che cosa possiamo fare per modificarle prima che sia troppo tardi.
Noam Chomsky è professore di ruolo emerito nel Dipartimento di Linguistica e filosofia all’Istituto di Tecnologia del Massachusetts. Tra i suoi libri più recenti ci sono: Hegemony or Survival [Egemonia o sopravvivenza], Failed States [Stati falliti], Power Systems [Sistemi di potere], Occupy [Occupare], e Hopes and Prospects [Speranze e prospettive]. Il suo libro più recente, Masters of Mankind, [ Padroni dell’umanità], sarà presto pubblicato da Haymarket Books, che sta anche ripubblicando 12 dei suoi libri classici in nuove edizioni nel prossimo anno. Il suo sito web è www.chomsky.info
Questo articolo è stato pubblicato la prima volta su TomDispatch.com, un weblog, del Nation Institute, che offre un flusso continuo di fonti alternative, notizie e opinioni da parte di Tom Engelhardt, da lungo tempo redattore editoriale, co-fondatore dell’American Empire Project, autore di: The End of Victory Culture [La fine della cultura della vittoria], e anche di un romanzo: The last Days of Publishing [Gli ultimi giorni dell’editoria]. Il suo libro più recente è: The American Way of War: How Bush’s Wars Became Obama’s [Lo stile bellico Americano: come le guerre di Bush sono diventate quelle di Obama] (Haymarket Books).
Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo
Fonte: http://zcomm.org/znetarticle/whose-security
Originale: TomDispatch
1.07.2014
Traduzione di Maria Chiara Starace
Traduzione © 2014 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY NC-SA 3.0