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La Redazione

 

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Come l’esercito ha sconfitto Trump

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A cura di Davide
Il 20 Settembre 2017
370 Views

FONTE: MOON OF ALABAMA

Trump era visto come un candidato poco interventista in politica estera. Questa speranza oramai è andata. La rivolta popolare che l’ha portato al potere è stata sconfitta da una campagna uguale e contraria condotta dalle forze armate. I militari hanno preso il controllo della Casa Bianca ed ora anche delle sue politiche.

Trump non era abbastanza globalista e quindi ha dovuto essere rieducato.

Quando è stato informato degli obiettivi diplomatici, militari e di intelligence, il neo-presidente ha messo in dubbio la necessità di tutte quelle risorse dedicate loro. Il Segretario alla Difesa Jim Mattis ed il Segretario di Stato Rex Tillerson hanno organizzato la riunione del 20 luglio per ribadire la necessità di tenere propri avamposti in paesi lontani.

Trump è stato portato in un’aula bunker del Pentagono ed indottrinato dai pluridecorati generali che ammirava sin da ragazzo:

La sessione è stata, in effetti, una lezione sull’American Power, e lo studente era proprio colui che dovrebbe muovere le leve. Fa parte del processo di formazione di un presidente arrivato alla Casa Bianca senza esperienze in campo militare o di governo e che ha portato con sé dei consulenti non “globalisti”. Con sforzi coordinati, altri consiglieri hanno lavorato per mesi per contrastare i primi, sperando di persuadere il presidente a mantenere – se non espandere – l’impronta e l’influenza americane all’estero.

A Trump sono state vendute quelle politiche dell’establishment che egli originariamente disprezzava. Non gli è stato prospettato alcun punto di vista alternativo.

È indiscutibile che i generali stiano ora governando Washington. Sono saliti al potere tramite un lavoro decennale, modellando la cultura attraverso Hollywood, manipolando i media con report “embedded” e formando e mantenendo le infrastrutture dei paesi attraverso l’Army Corps of Engineers. I militari, tramite la NSA, controllano il flusso di informazioni su Internet. Fino a poco tempo fa, l’élite militare governava solo da dietro le quinte. Le altre due parti del  triangolo di potere, i dirigenti delle multinazionali ed il governo, erano più alla luce del sole. Ma alle elezioni 2016 ha scommesso sul candidato repubblicano ed ora, dopo aver inaspettatamente vinto, vuole riscuotere.

Il successo di Trump  come candidato “anti-Hillary”  è stato una protesta anti-establishment. I rappresentanti di quell’insurrezione, Flynn, Bannon e gli elettori seguaci del MAGA, lo hanno accompagnato nei primi mesi in carica. È stata poi però lanciata un’intensa campagna mediatica per contrastarli, e così i militari hanno assunto il controllo della Casa Bianca, licenziando i “ribelli”. Trump è ora ridotto a mero fantoccio di una stratocrazia – una giunta militare che nominalmente rispetta lo stato di diritto.

Stephen Kinzer lo descrive come un lento colpo di stato militare:

Il potere ultimo di formare la politica estera e di sicurezza americane è caduto nelle mani di tre militari […]

Essere governati dai generali sembra preferibile all’alternativa. Non lo è.

Conduce ad una serie distorta di priorità nazionali, con “necessità” militari sempre considerate più importanti di quelle nazionali.

Non è una sorpresa che Trump sia stato condotto verso il pensiero mainstream sulla politica estera; lo stesso accadde ad Obama all’inizio della sua presidenza. Più infausto è che abbia consegnato gran parte del proprio potere ai generali. Peggio ancora, molti americani ritengono rassicurante la cosa. Sono così disgustati dalla corruzione e dalla non lungimiranza della classe politica che si rivolgono ai soldati come alternativa. È una tentazione pericolosa.

Il paese ha ceduto a questa tentazione anche su questioni socio-economiche:

Sulla scia degli episodi di violenza razziale a Charlottesville, cinque dei Joint Chiefs of Staff sono stati molto elogiati per aver condannato l’odio in termini più espliciti di quanto fatto dal commander in chief.

Sui temi sociali, i leader militari sono stati voci moderate.

La giunta comprende altri oltre ai suoi tre ben noti leader:

Kelly, Mattis e McMaster non sono le uniche figure militari che servono ad alti livelli nell’attuale amministrazione. Il Direttore della CIA, Mike Pompeo, il Procuratore Generale Jeff Sessions, il Segretario dell’Energia Rick Perry ed il Segretario agli Interni Ryan Zinke hanno servito ciascuno in vari rami delle forze armate, e Trump ha recentemente designato l’ex generale dell’esercito Mark S. Inch a guidare l’Ufficio Federale delle Prigioni.

il Consiglio di Sicurezza Nazionale […] conta altri due generali nel senior staff.

Oramai non è più un golpe imminente . Il colpo di stato è già accaduto, con pochi ad averlo notato ed ancor meno ad esserne preoccupati. Ogni cosa importante passa ora dalle mani della Giunta:

[Il Capo dello Staff John] Kelly ha avviato un nuovo processo decisionale: solo lui, con un aiutante […], riesamineranno tutti i documenti che attraversano la Resolute desk.

Il nuovo sistema […] è stato progettato per garantire che il presidente non veda documenti di politica estera, memo di politica interna, agenzie ed articoli che non siano stati precedentemente vagliati.

Per controllare Trump la giunta filtra il suo accesso alle informazioni ed elimina ogni punto di vista alternativo:

Chi si oppone ad una data scelta politica non ha più libero accesso all’ufficio ovale, e lo stesso vale per gli alleati esterni […] ora c’è Kelly a controllare. Per uno ossessionato dalla propria immagine come The Donald, un diverso flusso di input può fare tutta la differenza del mondo.

Trump era amato per il suo modo di fare informale. Anche questo è stato distrutto e sostituito:

Preoccupato che il presidente avrebbe potuto tagliare le spese per la guerra, il personale militare senior che gestisce la sua amministrazione ha lanciato un golpe silenzioso.

Il generale Kelly, capo dello staff, lo fa parlare solo coi media mainstream.

In breve, evitando il suo contatto coi social media, i generali hanno distrutto il ciclo OODA dell’insurrezione (osservare, orientare, decidere, agire). Privato di questa linea, il presidente è stato reindirizzato a perseguire gli obiettivi dell’establishment…

I membri della Giunta gli dettano le proprie politiche proponendogli solo alcune alternative. Quella che preferiscono sarà presentata come l’unica desiderabile. “Non ci sono alternative”, gli verrà ripetutamente detto.

Per cui si andrà avanti con la politica fallimentare in Afghanistan e presto vedremo un’escalation verso l’Iran.

Altri paesi hanno notato che il gioco è cambiato. Le vere decisioni sono prese dai generali, Trump viene considerato solo un leader nominale:

Alla domanda se prevede la guerra [con la Corea del Nord], [l’ex ministro della difesa del Giappone, Satoshi] Morimoto ha dichiarato: “Credo che Washington non abbia ancora deciso… Il decisore finale è il [Segretario alla Difesa] signor Mattis… Non il presidente”.

Cambiamento climatico, catastrofi locali e conseguenti problemi infrastrutturali faranno aumentare ulteriormente il potere militare in politica nazionale.

L’indottrinazione nazionalistica, presente già in quote abnormi nella società americana, aumenterà ulteriormente. Il controllo militare sborderà in territori inesplorati (si veda la crescente militarizzazione della polizia).

È l’unico modo per sostenere l’impero.

Probabilmente Trump non riuscirà a resistere alle scelte impostegli. Ogni tentativo in tal senso verrà bloccato. La rivolta popolare che ha permesso la sua elezione, lasciata senza leader, andrà a scemare. Il sistema ha vinto, ancora una volta.

 

Fonte: www.moonofalabama.org

Link: http://www.moonofalabama.org/2017/09/trumps-insurgency.html#more

18.09.2017

Traduzione di HMG per comedonchisciotte.org

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