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Che mangino cemento

Israele non solo sta radendo al suolo Gaza con gli attacchi aerei, ma sta anche impiegando l'arma più antica e crudele di tutte: la fame. Il messaggio di Israele, alla vigilia di un'invasione di terra, è chiaro. Abbandonare Gaza o morire.
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A cura di Markus
Il 24 Ottobre 2023
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Chris Hedges
scheerpost.com

Israele, con l’appoggio dei suoi alleati statunitensi ed europei, si sta preparando a lanciare non solo una campagna di terra bruciata a Gaza, ma la peggiore pulizia etnica dai tempi della guerra nella ex Jugoslavia. L’obiettivo è quello di spingere decine, probabilmente centinaia di migliaia di palestinesi oltre il confine meridionale di Rafah, nei campi profughi in Egitto. Gli effetti saranno catastrofici, non solo per i palestinesi, ma per tutta la regione, perchè, quasi certamente, scateneranno scontri armati a nord di Israele con Hezbollah in Libano e forse anche con Siria e Iran.

L’amministrazione Biden, asservita agli ordini di Israele, sta alimentando la follia. Gli Stati Uniti sono stati l’unico Paese ad aver posto il veto alla risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU che chiedeva una pausa umanitaria, in modo che fosse possibile far arrivare a Gaza cibo, medicine, acqua e carburante. Hanno bloccato le proposte per un cessate il fuoco. Hanno proposto una bozza di risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU che afferma che Israele ha il diritto di difendersi. La risoluzione chiede anche all’Iran di smettere di esportare armi a “milizie e gruppi terroristici che minacciano la pace e la sicurezza nella regione”.

Gli Stati Uniti e i loro alleati occidentali sono moralmente falliti e complici di un genocidio, proprio come coloro che avevano assistito all’Olocausto nazista degli Ebrei senza fare nulla.

Il conflitto, che ha causato la morte di 1.400 israeliani e almeno 4.600 palestinesi a Gaza, si sta allargando. Israele ha effettuato un secondo attacco aereo su due aeroporti in Siria. Ogni giorno ci sono scambi di razzi con le milizie di Hezbollah. Le basi militari statunitensi in Iraq e Siria sono state attaccate dalle milizie sciite. La USS Carney, un cacciatorpediniere missilistico, ha abbattuto giovedì tre missili da crociera, apparentemente lanciati dagli Houthi nello Yemen e diretti verso Israele.

Israele sta anche lottando per sedare i violenti scontri quotidiani nella Cisgiordania occupata. Domenica ha effettuato un attacco aereo su una moschea nel campo profughi di Jenin – il primo attacco aereo in Cisgiordania da due decenni – che ha ucciso almeno 2 persone. I coloni ebrei armati si sono scatenati nelle città palestinesi della Cisgiordania, dove, dall’incursione del 7 ottobre in Israele da parte di Hamas e altri combattenti della resistenza, 90 palestinesi sono stati uccisi da coloni armati o dall’esercito israeliano, secondo l’ufficio umanitario delle Nazioni Unite. Circa 4.000 lavoratori di Gaza e 1.000 palestinesi in Cisgiordania sono stati arrestati nelle ultime due settimane, raddoppiando e facendo arrivare a 10.000 il numero dei palestinesi detenuti da Israele, più della metà dei quali sono prigionieri politici.

“A molti dei prigionieri vengono fratturati gli arti, le mani e le gambe… [ci si rivolge a loro con] espressioni degradanti e ingiuriose, insulti, imprecazioni, hanno le mani bloccate dietro la schiena con le manette, strette fino a provocare forti dolori… [vengono fatte] perquisizioni umilianti e di gruppo con i prigionieri completamente nudi”, ha dichiarato in una conferenza stampa il commissario dell’Autorità palestinese per gli Affari dei detenuti, Qadura Fares.

B’Tselem, l’organizzazione israeliana per i diritti umani, ha dichiarato alla BBC di aver documentato, dopo l’attacco del 7 ottobre, “uno sforzo concertato e organizzato da parte dei coloni per cercare di impossessarsi di ulteriori territori in Cisgiordania, sfruttando il fatto che tutta l’attenzione internazionale e locale è concentrata su Gaza e sul nord di Israele”.

All’interno di Israele, i palestinesi con cittadinanza israeliana e documenti di identità di Gerusalemme vengono molestati, detenuti, arrestati ed espulsi da posti di lavoro e università in quella che viene descritta come una “caccia alle streghe“. Più di 152.000 israeliani sono stati evacuati da città e villaggi vicino ai confini con Gaza e il Libano.

Gli Stati Uniti, nel tentativo di impedire una risposta militare da parte dell’Iran, risposta che potrebbe scatenare una guerra regionale, hanno dispiegato più di 2.000 uomini in Medio Oriente. Dislocheranno uno dei loro gruppi navali d’assalto nel Golfo Persico e invieranno altri sistemi di difesa aerea nella regione. La USS Dwight D. Eisenhower e il suo gruppo d’assalto – che lo scorso fine settimana era stato schierato nel Mediterraneo orientale con l’intento di unirsi alla USS Gerald R. Ford – sono stati reindirizzati nel Golfo Persico. Anche una batteria antimissile THAAD (Terminal High Altitude Area Defense) e battaglioni del sistema di difesa missilistica Patriot sono stati inviati nel Golfo Persico.

Israele ha scatenato i suoi quattro Cavalieri dell’Apocalisse: morte, carestia, guerra e conquista.

Ha dato ai gazesi due scelte. Lasciare Gaza o morire.

I palestinesi saranno uccisi non solo dai bombardamenti, ma, alla fine, dopo l’invasione di terra, anche dai proiettili e dalle granate dei carri armati, dalla fame e dalle epidemie, come il colera. Senza acqua, carburante e medicine e con la distruzione dei servizi igienici, le malattie si diffonderanno rapidamente. Le Nazioni Unite affermano che gli ospedali di Gaza “sono sull’orlo del collasso”. Migliaia di pazienti moriranno una volta esaurito il carburante per i generatori degli ospedali.

Sabato scorso, un medico dell’ospedale al-Shifa di Gaza ha detto in  un’intervista: “Stiamo collassando”. Ha parlato della mancanza di ossigeno, energia elettrica e forniture mediche, dell’assenza di acqua in alcuni reparti, delle preoccupazioni per il colera e dei medici uccisi dagli attacchi aerei israeliani, tra cui un dentista morto nel bombardamento israeliano di una chiesa ortodossa che ha causato almeno 18 morti, tra cui diversi bambini.

Quei pochi camion di aiuti a Gaza, 37 finora, sono un cinico espediente di pubbliche relazioni voluto dall’amministrazione Biden. Faranno ben poco per alleviare la crisi umanitaria provocata da Israele. Le Nazioni Unite affermano di aver bisogno di almeno 100 camion di aiuti al giorno. Domenica, l’ultimo impianto di desalinizzazione dell’acqua di mare funzionante a Gaza ha smesso di funzionare per mancanza di carburante.

Israele non ha intenzione di togliere l’assedio totale su Gaza. Ha annunciato che intensificherà gli attacchi aerei. Continuerà, come ha fatto nelle ultime due settimane, a spegnere le vite dei palestinesi, a terrorizzarli per cercare di costringerli a lasciare Gaza.

L’assalto di terra a Gaza non sarà rapido. Comporterà settimane, forse mesi, di combattimenti strada per strada. Il Segretario alla Difesa Lloyd Austin ha paragonato la battaglia che si profila a Gaza all’assalto statunitense alla città irachena di Mosul, in mano all’ISIS, nel 2014. Gli Stati Uniti avevano impiegato nove mesi per riconquistare Mosul.

Quando Israele dice che questa sarà una “lunga guerra”, una volta tanto dice la verità.

Israele ha chiesto a Washington ulteriori aiuti militari, 14,3 miliardi di dollari, di cui 10,6 per la difesa aerea e missilistica. Li otterrà. Israele sta rapidamente esaurendo le sue scorte [di munizioni] mentre martella Gaza, anche nel sud della Striscia dove sono fuggite centinaia di migliaia di famiglie sfollate dal nord.

Israele non permetterà la distribuzione in Cisgiordania e a Gaza dei 100 milioni di dollari di aiuti statunitensi promessi ai palestinesi, almeno fino a quando la sua campagna di terra bruciata non sarà terminata. Ma, per allora, Gaza sarà irriconoscibile. Israele l’avrà annessa in parte o del tutto. Forse il denaro potrà essere destinato alla costruzione di altri insediamenti ebraici illegali nella Cisgiordania occupata. E promettere aiuti non significa darli. Forse anche questo fa parte dell’illusione.

I funzionari egiziani sono perfettamente consapevoli di ciò che accadrà in seguito. La metà, forse di più, dei 2,3 milioni di palestinesi al confine meridionale di Gaza saranno scacciati da Israele in Egitto e non potranno più tornare.

“Quello che sta accadendo ora a Gaza è un tentativo di costringere i residenti civili ad emigrare e a cercare rifugio in Egitto, cosa che non dovrebbe essere accettata”, ha avvertito il presidente egiziano Abdulfattah al-Sisi.

Secondo notizie provenienti dall’Egitto, Washington avrebbe promesso di condonare gran parte dell‘enorme debito egiziano di 162,9 miliardi di dollari ed altri incentivi economici in cambio dell’acquiescenza dell’Egitto alla pulizia etnica dei palestinesi. I rifugiati, una volta attraversato il confine con l’Egitto, saranno lasciati a marcire nel Sinai.

“C’è il grave pericolo che quello a cui stiamo assistendo possa essere una ripetizione della Nakba del 1948 e della Naksa del 1967, ma su scala più ampia. La comunità internazionale deve fare tutto il possibile per impedire che questo accada di nuovo”, ha dichiarato Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani nei Territori palestinesi occupati dal 1967.

Israele per molto tempo ha usato la guerra per giustificare la pulizia etnica dei palestinesi. I funzionari governativi hanno apertamente invocato un’altra Nakba, o “catastrofe”, il termine si riferisce agli eventi del 1947-1949, quando oltre 750.000 palestinesi, in una vera e propria pulizia etnica, erano stati fatti sfollare dalla Palestina storica e spinti nei campi profughi, in modo che fosse possibile creare lo Stato di Israele. Durante la guerra del 1967, che aveva portato all’occupazione israeliana della Cisgiordania e della Striscia di Gaza, Israele aveva fatto sfollare altri 300.000 palestinesi durante la Naksa, o “giorno della ricaduta”, commemorata ogni anno dai palestinesi.

La pulizia etnica dei palestinesi da parte di Israele, tuttavia, non si limita alle guerre. C’è stata una pulizia etnica al rallentatore, mentre Israele costruiva sempre più colonie per soli Ebrei e si appropriava progressivamente della terra palestinese. I palestinesi, a cui vengono negate le libertà civili di base nello Stato di apartheid israeliano, sono stati derubati dei loro beni, comprese, spesso, le loro case. Hanno dovuto affrontare sempre più restrizioni ai loro movimenti fisici. Sono stati bloccati negli scambi e negli affari, soprattutto nella vendita dei loro prodotti. Si sono trovati sempre più impoveriti e intrappolati dietro i muri e le recinzioni di sicurezza eretti intorno a Gaza e alla Cisgiordania. Allo stesso tempo, hanno subito periodicamente bombardamenti aerei, assassinii mirati e attacchi quasi quotidiani da parte di coloni ebrei armati e dell’esercito israeliano.

Israele, fino alla firma degli Accordi di Oslo nel 1994, aveva impedito il ritorno dei palestinesi che avevano lasciato la Cisgiordania e la Striscia di Gaza al ritmo di circa 9.000 persone all’anno, dopo l’occupazione della Cisgiordania e della Striscia di Gaza nel 1967, secondo il gruppo israeliano per i diritti umani HaMoked. Secondo B’Tselem, Israele ha anche revocato i permessi di residenza a circa 14.000 palestinesi che avevano vissuto a Gerusalemme Est dal 1967 [al 2011].

Israele ha demolito 9.880 strutture, tra cui oltre 2.600 edifici residenziali abitati, facendo sfollare oltre 14.000 persone e lasciandone senza tetto 233.681 nella sola Cisgiordania tra il 1° gennaio 2009 e il 7 ottobre 2023, secondo i dati dell’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari. Dopo l’attacco del 7 ottobre, altre 38 case e diverse strutture sono state demolite in Cisgiordania, cosa che ha comportato disagi per 13.613 persone e lo sfollamento di almeno 73.

Meno del 2,2% delle richieste palestinesi di permessi di costruzione presentate tra il 2009 e il 2020 sono state approvate, secondo i dati di Peace Now e del quotidiano israeliano Haaretz.

Il numero di coloni israeliani nei Territori occupati, invece, è passato da zero prima della guerra del giugno 1967, a 600.000-750.000 distribuiti in almeno 250 insediamenti e avamposti in tutta la Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est, tutti in violazione del diritto internazionale.

Israele non fa mistero delle sue intenzioni.

Il ministro della Difesa israeliano, Yoav Gallant, ha detto alle truppe che si preparano a entrare a Gaza: “Ho sciolto tutti i vincoli”.

Il membro della Knesset Ariel Kallner, appartenente al partito Likud di Benjamin Netanyahu, ha lanciato un appello su X, precedentemente noto come Twitter, per “una Nakba che oscurerà la Nakba del 48”.

L’esercito israeliano ha mobilitato Ezra Yachin, un veterano dell’esercito di 95 anni, per “motivare” le truppe. Yachin era un membro della milizia sionista Lehi macchiatasi di numerosi massacri di civili palestinesi, tra cui quello di Deir Yassin del 9 aprile 1948, in cui erano stati uccisi oltre 100 civili palestinesi, tra cui molte donne e bambini.

“Siate trionfanti, finiteli e non lasciate indietro nessuno. Cancellatene la memoria”, ha detto Yachin rivolgendosi alle truppe israeliane.

“Cancellate loro, le loro famiglie, le loro madri e i loro figli”, ha proseguito. “Questi animali non possono più vivere”.

“Ogni ebreo con un’arma dovrebbe uscire e ucciderli”, ha detto. “Se avete un vicino arabo, non aspettate, andate a casa sua e sparategli”.

Dove sono i nostri interventisti umanitari? Quelli che piangevano lacrime di coccodrillo sui diritti umani di ucraini, iracheni, siriani, libici e afghani per giustificare le enormi spedizioni di armi e le guerre? Dov’è la vecchia ala pacifista del Partito Democratico e della classe liberale? Che fine hanno fatto gli intellettuali che erano soliti denunciare il massacro degli innocenti e la macchina da guerra statunitense? Dove sono i giuristi che sostenevano le regole del diritto internazionale? Perché le poche voci solitarie che parlano del genocidio dei palestinesi da parte di Israele vengono attaccate, censurate e denigrate su Internet?

“Il vecchio presidente voleva bandirci e probabilmente metterci nei campi di concentramento”, ha detto la deputata del Michigan Rashida Tlaib, di origine palestinese, durante una manifestazione a sostegno del cessate il fuoco il 20 ottobre a Washington, davanti al Campidoglio degli Stati Uniti. “Questo vuole che moriamo e basta. Ecco come stanno le cose. Si devono vergognare”.

Israele non fermerà la sua campagna genocida a Gaza contro i palestinesi finché non ci sarà un embargo sulle armi da parte degli Stati Uniti. Sono i nostri sistemi d’arma, le munizioni e gli aerei d’attacco che sostengono il massacro. Dobbiamo porre fine ai 3,8 miliardi di dollari di aiuti militari che gli Stati Uniti danno a Israele ogni anno. Dobbiamo sostenere il movimento Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS) e chiedere la sospensione di tutti gli accordi di libero scambio e di altro tipo tra gli Stati Uniti e Israele. Solo quando a Israele saranno tolti questi puntelli, la leadership israeliana sarà costretta, come il regime di apartheid in Sudafrica, ad integrare i palestinesi in un unico Stato con pari diritti. Finché questi puntelli rimarranno, i palestinesi saranno condannati.

Chris Hedges

Fonte: scheerpost.com
Link: https://scheerpost.com/2023/10/22/chris-hedges-let-them-eat-cement/
22.10.2023
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org

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Chris Hedges è un giornalista vincitore del Premio Pulitzer, è stato corrispondente estero per 15 anni per il New York Times, periodo in cui è stato capo ufficio per il Medio Oriente e capo ufficio per i Balcani. In precedenza aveva lavorato all’estero per il Dallas Morning News, il Christian Science Monitor e la NPR. È il conduttore del programma “The Chris Hedges Report.”

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