FONTE: RT.COM
Un anno dopo il referendum sull’indipendenza della Catalogna e la proclamazione simbolica di una repubblica catalana, il 27 ottobre 2017, la popolazione resta divisa ed un sentimento di delusione predomina. L’analisi di Emanuel Razavi grande reporter.
Basta attraversare i villaggi della Provincia di Girona, il feudo del leader separatista catalano Carles Puigdemont, attualmente rifugiato in Belgio, per constatare le stimmate di una crisi che non smette ancora di dividere la Catalogna.
Nel nord della regione, sulla strada che conduce a Figueres, i pannelli indicatori sono ricoperti con vernice o con nastri gialli in segno di sostegno ai dirigenti indipendentisti imprigionati. All’entrata della maggior parte dei villaggi sono in evidenza dei cartelloni sui quali vi è la scritta “Benvenuti nella repubblica catalana”. Sui campanili delle chiese, le bandiere indipendentiste che qui chiamano esteladas sono agitate dalla Tramontana.
Presso i tabaccai della maggior parte dei villaggi di questa provincia rurale, intrappolata tra il mare e la montagna, si distribuiscono dei volantini che spiegano perché la Catalogna deve avere l’indipendenza e perché questa è desiderata dalla maggioranza dei cittadini. Tanto per entrare nello spirito giusto e pensare che qui, in Catalogna, il problema è risolto.
La realtà però è molto diversa.
Nella realtà la società catalana è ancora profondamente divisa. e non potrebbe d’altra parte essere altrimenti, poiché fin dal suo inizio la volontà indipendentista si è basata su dei dati distorti. Per intanto, se nel referendum dell’ottobre 2017 i voti in favore dell’Indipendenza erano il 90%, solo 2,29 milioni di elettori sono andati a votare su un totale di 5,3 milioni, il che significa una partecipazione del 43%. La ragione dell’astensione da una parte risaliva al fatto che il referendum organizzato era stato fatto a dispetto di tutte le regole giuridiche e di controllo in vigore in Spagna, il che ha indotto il primo ministro dell’epoca Mariano Rajoy a qualificarlo come “illegale”, ma era anche dovuta al fatto che gli indipendentisti avevano instaurato un forte clima di sospetto a fronte di tutti quelli che cercavano di opporsi, impedendo un qualunque tipo di dibattito democratico e dissuadendo da allora questi ultimi (gli oppositori) dall’andare alle urne.
Infine, anche se oggi il gli indipendentisti oppongono a tutti loro critici il fatto che detengono una maggioranza di 70 seggi al Parlamento, questa non rappresenta che il 47,5% dei voti, se facciamo riferimento alle votazioni del 21 dicembre 2017. Una legittimità di fatto contestata, in particolare dagli eletti del partito centrista Ciudadanos e del PP, il partito della destra conservatrice.
Debolezza della visione indipendentista.
Gli indipendentisti sembrano anche aver trascurato numerosi aspetti strategici, giuridici e amministrativi. Intanto la questione essenziale della sicurezza delle frontiere terrestri, marittime e aeree di un futuro stato, e quella di un programma fiscale degno di questo nome che permetta di finanziare l’insieme delle amministrazioni sono state accennate in un modo molto evanescente. lo stesso vale per i problemi di ordine sociale, che hanno finito per dividere una parte della sinistra . S Indubbiamente la Catalogna possiede una cultura ed una lingua ricche, è dotata di confini geografici ben identificati, d’altra parte la sua popolazione non condivide un progetto politico comune, poiché più della metà di essa si dice favorevole al fatto che la regione rimanga parte integrante del regno spagnolo.
Una carenza di prospettiva che non è stata senza conseguenze. 3700 imprese hanno spostato le loro sedi in altre province secondo quanto dice il governo catalano (fino al 31 luglio 2018) e se le cifre della crescita sono restate relativamente stabili (3,1% nel secondo trimestre 2018 contro il 3,2% del 2017), gli operatori turistici hanno il morale in ribasso dopo una stagione estiva molto incerta.
“Non ci prende sul serio nessuno in Europa, perché non abbiamo saputo dimostrare che abbiamo un programma. “
Anche se Pedro Sanchez, il primo ministro socialista spagnolo succeduto a Mariano Rajoy, ha revocato il commissariamento di Madrid sulla Catalogna, le discussioni tra le due parti sembrano infine destinate al fallimento. Sebbene in un tentativo di pacificazione, Sanchez abbia evocato la possibilità di tenere un referendum su un nuovo statuto per l’autonomia della regione, la sua proposta è stata respinta da Qim Torra, il successore di Carles Puigdemont che resta irremovibile, nonostante il rischio di essere sempre più criticato proprio all’interno della sua fazione.
“Il problema è che c’è una carenza di maturità politica del campo indipendentista”, confida un vecchio compagno di strada di Puigdemont, deluso, che chiede l’anonimato.
“Non ci prende sul serio nessuno in Europa, perché non abbiamo saputo dimostrare di avere un programma, e neanche una visione politica o economica di ciò che intendiamo realizzare. Restiamo centrati sul fatto che vogliamo l’indipendenza, ma rifiutiamo di seguire le regole del diritto spagnolo, ed anche quelle del diritto internazionale […] diciamo che vogliamo restare in Europa, ma non vogliamo accettare il fatto che se la Catalogna ottiene l’indipendenza, ne sarà esclusa d’ufficio. Questo modo di fare politica era destinato alla sconfitta […]. Se vogliamo veramente l’indipendenza, dobbiamo accettare che bisogna seguire un processo legale che richiederà degli anni”, conclude.
Gli indipendentisti sono dunque molto lontani dal risultato sperato un anno fa. Il loro colpo di mano secessionista ha avuto l’effetto di dividere profondamente la popolazione e per il momento, di impegnare politicamente ed economicamente la regione su un percorso ancora molto incerto.
Fonte: https://francais.rt.com
Link: https://francais.rt.com/opinions/54975-catalogne-apres-entre-deception-division
20.10.2018
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di GIAKKI49