E uscito da un paio di settimane il suo scritto “In difesa del Venezuela”, che è stato ampiamente condiviso sui social network, in particolare dai sostenitori del governo venezuelano. Ma De Souza Santos non è il tipo di pensatore disposto a firmare assegni in bianco per nessuno e tantomeno a favore di un qualsiasi governo e, lo scorso maggio, il sociologo portoghese ha firmato un manifesto intitolato “per fermare l’escalation della violenza in Venezuela“, molto critico verso il governo di Nicolás Maduro.

In quel documento, quello di Maduro veniva descritto come “un governo segnato da caratteristiche autoritarie” e indicavas’ lo Stato venezuelano come “principale responsabile della situazione in Venezuela”. Cosa che non significa che De Souza Santos abbia girato la schiena alla rivoluzione bolivaria o che abbia completamente squalificato la convocazione di un’Assemblea Costituente, per i motivi che spiega nel suo scritto “In difesa del Venezuela” e approfondito in questa intervista resa a BBC Mundo.

 

Quando Lei scrive “En defensa de Venezuela”, esattamente chi o cosa sta difendendo?

Io sto difendendo le maggioranze del Venezuela, perché finora è evidente che in queste maggioranze abbiano manifestato di essere a favore di una continuazione delle politiche di inclusione sociale e di un miglioramento per le classi più povere.

Come Lei sa, nel 1998  il  60% della popolazione del Venezuela viveva sotto il livello di povertà ed oggi questo livello è molto più basso. Chiaro, ora c’è una crisi nei rifornimenti ed una crisi economica molto grave.

Però finora la maggioranza dei poveri in Venezuela non si è mai schierata contro (il governo attuale), se non in occasione delle elezioni (parlamentari) del 2015, quando vinse l’opposizione, però non per una differenza rilevante.

La società venezuelana è una società polarizzata, con delle differenze e difendere il Venezuela significa difendere la democrazia venezuelana e permettere che le maggioranze possano dimostrare democráticamente.

Se vogliamo guardare, l’opposizione organizza un referendum – anche se non ha nessun valore giuridico – e si parla di 7 milioni, il governo organizza una elezione per una Assemblea Constituente e si parla di 8 milioni.

Poi arriva una certa impresa che dice che veramente sono stati 7 milioni, però questo dimostra che tutta la società è divisa e le divisioni nella nostra società devono essere risolte in modo democratico.

La democrazia venezuelana sta funzionando?

Ciò che è chiaro però è che il Venezuela non è una dittatura, perché se fosse una dittatura non si potrebbe fare ciò che ora sta facendo l’opposizione: bruciare ambulatori, bruciare scuole,  un elicottero che bombarda il Tribunal Supremo, la opposizione e scende in strada per provocare qualsiasi tipo di problema, di provocazioni.

Sulla stampa internazionale sembra che siano provocazioni fatte dal governo mentre è chiaro che non è così, e sappiamo che non è così perché lo abbiamo già visto in altre occasioni.

Se qualcuno di voi, per caso, ha visto il reportage di Sky News sui fatti avvenuti prima delle elezioni (della Assemblea Costituente) – quello che sembrava quasi una guerra civile a Caracas  –  deve ritornare con la mente a quello che ha trasmesso Sky News dalla  Libia, da Trípoli, e anche da Mosul, in Siria, cose che dopo si sono dimostrate essere dei falsi.

C’è una chiara intenzione di non mostrare la verità del Venezuela sulla stampa internazionale e per questo motivo difendere il Venezuela è come difendere un poco la democrazia, è come difendere una via di uscita non-violenta da questa crisi, perché se si troverà una via di uscita violenta ne soffriranno soprattutto i venezuelani, però sarà tutto il mondo, in generale, a soffrirne.

Ma Lei è sicuro che la maggioranza dei venezuelani stia appoggiando il governo attuale? Come Lei stesso ha ricordato, l’ultima volta che l’opposizione si presentò alle elezioni, le vinse…

Si, la maggioranza votò a favore dell’opposizione, non c’è nessun dubbio, se però guardiamo al contesto, oggi ci si trovava nel mezzo di una crisi e ovviamente Maduro non è Chávez. Sappiamo anche che esistono dei problemi, che nessuno può negare – e sappiamo anche che Maduro non è Allende.

Però la verità è che quando si tennero le elezioni del 2015 le maggioranze erano piuttosto scontente per lo la strada che aveva intrapreso la Revolución Bolivariana, però volevano continuare con la Revolución Bolivariana: correggerla e non eliminarla.

Per questo, quando arriva una Assemblea Constituente – nelle difficili condizioni che conosciamo, dove i seggi sono stati messi a fuoco,  dove il voto è stato impedito – otto milioni di persone si sono manifestate a favore.

Mi sembra che la maggioranza dei venezuelani  non vuole esattamente il tipo di politiche che Maduro sta realizzando in questo momento, però vuole che Maduro continui nella realizzazione del progetto di inclusione sociale e che si dia maggior potere alle comuni, ai poveri,  etc.

Non vuole eliminare del tutto le conquiste ottenute dopo il 1998. In questo senso io parlo di maggioranze.

Però Lei crede che le regole previste da questa Constituente possono servire per un esercizio di democrazia e che il suo risultato sia espressione della volontà delle maggioranze?

Sí, è un esercizio democratico, non una dittatura. I processi costituenti possono  avere delle componenti differenti possono avere differenti forme di elezioni e, nell’articolo 348 della Costituzione, si stabilisce che il presidente ha questa prerogativa (di convocarla).

Ora io ho sempre criticato, in modo solidale, alcuni aspetti della politica boliviana e questo non è un fatto di oggi. È chiaro che io personalmente credo – benché non sia venezuelano – che sarebbe stato meglio continuare con la Costituzione del 1998, e c’è molta gente che crede che questo sarebbe stato possibile. Dire che forse l’Assemblea Costituente non sia completamente democratica è una ipocrisia, perché l’Assemblea Nazionale ha tenuto bloccato Maduro fin dall’inizio.

Però quello è stato un processo più simbolico che effettivo, mentre la Constituente ha un suo potere: di fatto una delle sue prime decisioni è stata la destituzione della fiscal general Luisa Ortega. Lei crede che questo tipo di atti possa contribuire alla fiducia e al dialogo a cui il governo vorrebbe dare impulso?

No. Credo veramente che ci sia una polarizzazione crescente è molto preoccupante che le due parti stiano veramente polarizzando la situazione. Per esempio, lei avrà notato che c’è stato un intento di dividere l’esercito, un intento nel quale c’è stata una interferenza nordamericana molto forte, un’interferenza che è stata documentata, perché veramente sta tentando di boicottare l’intero processo bolivariano del Venezuela. E le reazioni mi sembrano essere state molto buone, del resto.

GETTY IMAGES – Una delle prime misure della AC è stata la destinazione della fiscal general   Luisa Ortega.

Ciò che mi sembra interessante, sicuramente, è che l’opposizione ha deciso di partecipare alle elezioni regionali e locali che si terranno prossimamente. E questa è la manifestazione di una volontà che vuole affrontare una votazione e continuare per la strada della democrazia, cosa che per me è un’ottima notizia.

Dall’altro canto, in Venezuela ora esiste una situazione di potere dualistico, con l’Assemblea Nacional da una parte, con un vuoto istituzionale molto forte, perché la fiscal general è stata silurata da Maduro, o con l’Assemblea Constituente, che però l’altra parte non vuole accettare.

E tutto questo crea una situazione  – che non è nuova nella storia, in Russia questo accadde nel 1917-  nella quale c’è una divisione di potere nella società che ogni volta  rende sempre più difficile una soluzione che porti al dialogo. E questo non l’avevamo ancora visto in America Latina.

Quello che abbiamo visto sono le sanguinarie dittature che seguono, la distruzione di tutto e questo è un fatto che deve preoccupare i democratici. E per questo motivo si dovranno perseguire tutti gli intenti atti a fomentare il dialogo.

Purtroppo c’è gente che non ha nessun interesse nel dialogo.

E non so se in realtà ci siano delle forze esterne, in questo momento, interessate ad un Venezuela – un paese che detiene tutti i generi di ricchezze minerali del mondo – che non sia realmente un paese sovrano e che goda di una indipendenza nei confronti degli Stati Uniti, perché sappiamo che tutti gli altri paesi sono stati eliminati, strangolati, distrutti, quando posseggono riserve che vengono considerate strategiche dagli Stati Uniti e che le ritengano  essenziali per la propria sicurezza nazionale.

E ci sono molte forme di intervento. Non possiamo essere ingenui.  Dopo l’ Operazione Cóndor nel  Cono Sud dell’ América Latina nella decade degli anni 70, non possiamo più essere ingenui. Ci sono molte forme in cui si può intervenire negli affari di altri paesi. Credo che senza questo precedente, questa polarizzazione potrebbe risolversi in modo democratico, per come stanno le cose oggi  …. non so. E questo mi lascia piuttosto preoccupato.

Lo chavismo, indubbiamente è al potere da 18 anni. Questa non è una prova che si stia sovradimensionamento il peso di questa supposta cospirazione organizzata da Washington?

Il problema non è realmente da quanti anni si stia al governo ma se si governa bene,  ed in Venezuela c’è stato un problema strutturale molto chiaro: il Venezuela non ha approfittato del periodo di bonaccia del petrolio per ricostruire il paese e trasformarlo in modo da non essere più uno stato-rentier e molto dipendente dagli Stati Uniti e che in effetti Chavez non fece questo cambio ( quando ne avrebbe avuto la possibilità): non colse l’opportunità della “bonanza del petrolio” per cambiare la matrice produttiva dell’economia del Venezuela. Al contrario in un certo modo continuò a restare dipendente dalla produzione del petrolio.

Questo ovviamente è un problema strutturale a cui si deve aggiungere anche il problema della corruzione, che è un problema di sempre. La corruzione è stata assolutamente endemica in Venezuela negli anni 70 e 80. Era diventata addirittura un caso di studio …..

 E oggi non c’è più corruzione in Venezuela?

Certo che si. Come c’è in altri paesi, ma io non ho detto che non ci sia. Il problema è che esiste un doppio standard, quello che per esempio che ha permesso che in Brasile la presidente più onesta della America Latina –  Dilma Rousseff  –  sia stata cacciata dai politici corrotti dell’America Latina. È questo doppio standard, questo peso con due misure che mi indispone.

E dove sta questo doppio standard? essenzialmente è questo: il paese è allineato o non è allineato con le logiche internazionali del neoliberismo, delle privatizzazioni e della consegna delle risorse naturali al mercato internazionale?

Se il paese è allineato, è a favore, si tollera tutto, come si tollera che in Arabia Saudita si giustizino quei giovani che presero parte alla primavera araba, e nessuno si indigna, non succede niente; oppure si prendono a frustate le donne,  per il solo motivo che guidano una automobile.

Negli altri paesi non succede niente ( non ci sono reazioni popolri- non ci si indigna) di tutto ciò, non ha importanza, e questo sistema di due pesi e due misure e quello che mi infastidisce. Però in nessun modo sto cercando di nascondere i problemi strutturali del paese.

Però Lei crede e le preoccupazioni per la qualità della democrazia in Venezuela siano solo un problema di pura facciata?

No, io penso che la lotta debba essere per la qualità della democrazia. Però il tema centrale è cosa si intenda per democrazia.

GETTY IMAGES  –  Ci sono gruppi che cercano di costruire dalla base un potere comunale.

Per esempio, oggi esiste in Venezuela una struttura molto importante che si chiama Poder Comunal, dove si muove gente molto critica con certe politiche di Maduro, gente che sta cercando di costruire dalla base un Poder Comunal che sia una potere partecipativo, non necessariamente un potere rappresentativo in termini di democrazia rappresentativa. Però lei sa bene che esistono altre forme di democrazia.

Ed in Venezuela c’era un sistema elettorale molto sofisticato e  mi sorprende molto che ci sia un‘impresa che venga a dire – non so con quale base, l’unica cosa che so è che questa stessa impresa sta per concludere un contratto milionario con la Colombia – che gli elettori sono stati 7 milioni e non 8 milioni.

Sono delle cose che non comprendiamo,  che mi provocano una certa sorpresa e che mi fanno prendere le distanze, per quello che ho visto altre volte in America Latina e per le conseguenze sono sempre le stesse: la guerra civile, i morti gli omicidi sono sempre di più e questo fatto non sarebbe una sciagura solo per il popolo venezuelano ma anche per i democratici del mondo.

E non le lascia qualche dubbio l’unanimità delle decisioni della Costituente? Fino a che punto un corpo che prende queste decisioni, può considerarsi rappresentativo della Società venezuelana?

Non sono sicuro che le cose continueranno ad andare in questo modo …

Però così è stato fino ad ora …

Chiaro, però  ancora non ha cominciato a lavorare, per così dire, vediamo che cosa succederà.

D’altro canto, in Venezuela già esistono meccanismi democratici molto forti. Quando questa Costituente terminerà il suo lavoro, la nuova Costituzione dovrà essere ratificata e non potrà entrare in vigore in nessun altro modo, bisognerà tenere un referendum. Pertanto i venezuelani potranno avere l’opportunità, in un referendum, di dire se sono contrari.

GETTY IMAGES  – La AC riformerá la Costituzione  del 1998.

In altre parole, mi pare che ci siano già alcuni meccanismi esistenti che permettano di vedere una via di uscita democratica, una via con un minimo di violenza – che purtroppo è già troppo – e con un minimo di intervento internazionale.

Andremo a vedere se questo sarà possibile, però non bisogna mai desistere da questa possibilità. Anche se, per il momento, le due parti non stanno comportandosi nel modo migliore per cercare il dialogo.

E lei crede che la volontà di dialogo del governo sia legittima?

Beh, non dobbiamo dimenticare che tutto cominciò quando l’opposizione vinse le elezioni nel 2015.  Quando vinse le elezioni legislative, non le presidenziale, ma la prima cosa che l’opposizione disse fu: ‘Dobbiamo distruggere la Rivoluzione Bolivariana e abbattere Maduro’.

Cioè, le prime dichiarazioni del nuovo presidente dell’Assemblea  furono dire che si voleva distruggere tutto quello che era stato fatto prima.

Questo non è un modo di agire normale. E non ci si può stupire se quelli che stanno con il presidente o che appoggiano il governo cominciano a pensare al modo con cui difendersi. E sono felice che finora sia stata scelta la carta di una Assemblea Costituente, si sarebbe potuto far ricorso alla lotta armata e sappiamo che ci sono molte armi in Venezuela.

Per questo motivo preferisco in qualche modo essere d’accordo con l’idea di una Assemblea Costituente, di preparare un referendum, di sottoporlo al popolo e se perde, perde.

E se vince, vince. Però bisogna cercare di fare in modo che questo processo continui, anche se si è ad un passo dal caos. Se siamo sul bordo del caos, però molti paesi ci sono già passati – il mio paese, il Portogallo, ha vissuto un momento molto simile a questo nel 1975 – e lo hanno superato. E a quel tempo si diceva che ci doveva essere un intervento americano in Portogallo, dopo la Rivoluzione d’Aprile. Così siamo riusciti a mantenere il sistema democratico.

GETTY IMAGES  –  
In Venezuela le proteste durano da più di 100 giorni.

Ora, il Venezuela non è il Portogallo, sono paesi differenti e contesti differenti.

Però continuo a difendere la possibilità di trovare una soluzione con un dialogo democratico, quello che probabilmente potrebbe accadere se non si esaspererà questa dualitàa di potere con l’assemblea nazionale, lasciando redigere una Costituzione dalla Assemblea Costituente e sottomettendola ad un referendum e soprattutto se si darà il necessario supporto alle elezioni regionali e locali.

Le elezioni regionali e locali non diranno ciò che pensa realmente il popolo. E tutte le informazioni che posso capire dall’interno , dalla gente che sta dalla paerte del popolo,  è che la gente non è contro la  Revolución Bolivariana,  ma vuole solo mangiare e vuole uscirne fuori.

E pensa anche che ci sia stato un boicottaggio che è durato molto a lungo da parte delle forze oligarchiche che hanno bloccato i rifornimenti della società venezuelana, però è chiaro che non ci sono in vista né ricche messi, né medicine e non c’è nessuna tutela della salute, e queste cose sono insostenibili. La gente non è affatto soddisfatta.

Però possiamo spiegare tutto ciò solo con un possibile boicottaggio della oligarchia? Non crede che sia anche il risultato delle politiche dello chavismo? E’ possibile che un boicottaggio possa spiegare che il Venezuela si sia trasformato –  parole di Hausmann –  nel ” país más endeudado del mundo”?

Il Venezuela non è il paese più indebitato del mondo, il paese più indebitato sono gli Stati Uniti: US$23 miliardi  di debito pubblico. Ma questo non è un valore in termini assoluti né in termini relativi: il fatto è che gli Stati Uniti possono stampare quante banconote vogliono ed il valore del dollaro si mantiene stabile…

Però il debito venezuelano è un debito significativo…

Sí, è un debito importantissimo e non le voglio dire che il boicottaggio sia l’unica causa (di questa crisi economica del Venezuela). Non ci sono cause uniche in questa crisi e anzi ci sono errori. Io non sto cercando in nessun modo di difendere o di dire che il povero Maduro sia una vittima innocente di tutta l’opposizione. Non è così.

Il  tema è che , se si fanno errori in una democrazia, poi si perdono le elezioni. E per questo motivo nel 2015 si cominciò a perdere : per degli errori della Revolución Bolivariana. Però, che è successo dopo? E’ il successo che chi ha vinto le elezioni (legislative) decise che l’unico modo per poter conquistare e far valere la sua vittoria era distruggere  la Revolución Bolivariana e non correggerla.

  GETTY IMAGES   –  Dilma Roussef fu destituita a set. 2016 dal Senato del Brasile.

Questo è il problema di oggi, questa è la causa della polarizzazione. Perché quando si pensa che non si devono correggere gli errori ma che si deve distruggere tutto, allora si deve fare qualcosa di più radicale.

Così è stato in Brasile: doveva essere un golpe. Perché se si fosse solo tentato di correggere gli errori di Lula – che sono stati molto grandi e che a suo tempo ho già criticato – si sarebbe potuto trovare una soluzione democratica, si sarebbe potuto attendere le prossime elezioni e in quell’occasione cacciare  Dilma Rousseff. Però la oligarchia era troppo impaziente e doveva fare subito un golpe.

Io penso che in Venezuela succederà lo stesso. O che può succedere. Perché i meccanismi democratici,  che comunque esistono, sono molto fragili e esigerebbero dei grandi leader o la protezione di istituzioni come  la Celac e la Unasur, che se fossero forti potrebbero intervenire e dire: “Amigos, vamos a intentar salvar lo más importante”.

Però questo è quello che manca in questi momenti e ci sono colpe da tutte le parti esterne. La cosa importante ora è mantenere una struttura democratica, perché  le conseguenze potranno essere terribili. E questo è quello che non possiamo tollerare.

Lei è  ottimista o pessimista?

In questo momento divento sempre più pessimista, perché tutti i giorni che passano vedo che le possibilità di dialogo sono sempre meno e vedo che la pressione internazionale e quella pressione degli Stati Uniti, stanno creando una situazione che essenzialmente vuole che si arrivi ad un golpe.

Ma, anche l’opposizione è molto divisa e trova qualche punto d’incontro solo per distruggere la rivoluzione bolivariana, ma per nient’altro. Quindi, cosa faremo dopo? Una grande incertezza, forse  molta violenza e una totale  regressione  delle conquiste sociali.