Attenti al gorilla

In Svizzera un referendum propone di estendere i diritti anche alle scimmie antropomorfe

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Ieri, domenica 13 febbraio 2022, si sono tenuti nella Confederazione Elvetica quattro referendum. Il quesito più sentito era quello che si proponeva di vietare le sperimentazioni sugli animali e sugli esseri umani. In precedenza, queste istanze erano già state fragorosamente bocciate dal Consiglio Nazionale, la camera bassa del parlamento svizzero, con 195 voti contrari e nessuno a favore. Oltre che dalla classe politica, le perplessità sono giunte anche, ça va sans dire, dall’industria farmaceutica, che ha messo in guardia i cittadini sulle limitazioni a cui sarebbero stati soggetti in caso di approvazione della proposta di legge: oltre ad ogni tipo di sperimentazione sul suolo elvetico, infatti, ad essere vietate sarebbero state anche le importazioni di prodotti derivanti da tale pratica. Numerose terapie mediche avrebbero potuto essere interdette agli svizzeri, hanno ammonito i cartelli della chimica, evitando tuttavia di affrontare la questione delle questioni, cioè cosa ne sarebbe stato della terapia delle terapie, del trattamento genico sperimentale che molti si ostinano a chiamare “vaccino”. Dopotutto, in caso di vittoria del Sì, anche la sperimentazione sugli esseri umani avrebbe dovuto essere sottoposta a divieto.  Nel dibattito che ha preceduto le urne, gli stessi promotori dell’iniziativa referendaria hanno fornito chiarimenti in merito: per dispensare dalle atroci sofferenze gli animali da laboratorio, si sarebbe fatto ricorso a nuove tecnologie, come ad esempio il biochip, che evidentemente non è da ritenersi sperimentale, oppure la cui sperimentazione è comunque cosa buona e giusta. In ogni caso, se ne riparlerà alla prossima occasione (è stata la quarta volta in cui si è votato per questa faccenda, la prima fu addirittura nel 1985): il No ha prevalso con quasi l’80%.

Democrazia diretta

L’ordinamento svizzero, com’è risaputo, prevede la possibilità per la cittadinanza di raccogliere un determinato numero di firme (100000 per le votazioni a livello nazionale) per sottoporre al giudizio degli elettori una proposta di legge di iniziativa popolare: è la tanto decantata “democrazia diretta”. Ad ogni tornata referendaria, vengono chiamati alle urne, in base alle stesse modalità, anche i cittadini dei singoli cantoni, i territori, dotati di ampia autonomia anche sul piano legislativo, che assieme compongono la Confederazione Elvetica. Il 13 febbraio i circa 150000 aventi diritto del cantone di Basilea Città sono stati chiamati ad esprimersi su una questione delicata che investe la filosofia, l’etica, i principi profondi che animano l’agire umano su questa Terra: se fosse o meno opportuno estendere ai primati (cioè agli animali più prossimi, sul piano genetico e dello sviluppo del sistema nervoso centrale, all’homo sapiens) i diritti umani “basilari”, affinché potesse essere tutelata a norma di legge la loro “integrità fisica e mentale”. Fine ultimo dell’iniziativa è estendere la sfera dei diritti considerati “inalienabili” in Occidente a tutti gli animali “senzienti”, cioè in grado di provare felicità e sofferenza. Promotore di questa campagna, lanciata già nel 2016, è stato il think tank antispecista “Sentience Politics”, che ha il suo quartier generale proprio a Basilea. Il progetto di estendere alle grandi scimmie i diritti umani risale però agli anni ’90 del secolo scorso, quando nacque il Great Ape Project (Progetto Grande Scimmia)  sulla scia della pubblicazione del testo omonimo, curato da due filosofi animalisti, l’australiano Peter Singer e l’italiana Paola Cavalieri; lo scopo del movimento è quello di persuadere le Nazioni Unite a formulare una Dichiarazione dei Diritti delle Grandi Scimmie in grado di “umanizzare” sul piano legislativo primati particolarmente senzienti come gorilla e scimpanzè.

La proposta di legge sulla quale si sono espressi i cittadini di Basilea Città non riguardava solo le grandi scimmie, ma anche quelle piccole: ad essere investite da una valanga di diritti sarebbero state circa 300 specie. Visto che ad essere interessati sarebbero stati solo i 37 chilometri quadrati del minuscolo cantone, è inevitabile chiedersi quanti mai possano essere i primati che lì trascorrono la loro vita terrena: sarebbero circa 150, tutti loro malgrado reclusi nel giardino zoologico locale, che è il più grande, il più visitato e il più antico di tutta la Svizzera. Stando così le cose, i proprietari dello zoo in questione sono insorti , sostenendo che i primati hanno bisogno di protezione, non di diritti, e che la loro tutela dovrebbe essere affidata a biologi e veterinari, non a giudici e avvocati. Pensando a quest’ultimo quadretto, vengono in mente i versi de Il gorilla di De Andrè:

Se qualcuno di voi dovesse
Costretto con le spalle al muro,
Violare un giudice od una vecchia
Della sua scelta sarei sicuro
Ma si dà il caso che il gorilla
Considerato un grandioso fusto
Da chi l’ha provato però non brilla
Né per lo spirito né per il gusto
Attenti al gorilla
Infatti lui, sdegnata la vecchia
Si dirige sul magistrato
Lo acchiappa forte per un’orecchia
E lo trascina in mezzo ad un prato
Quello che avvenne fra l’erba alta
Non posso dirlo per intero
Ma lo spettacolo fu avvincente
E la “suspence” ci fu davvero

 

Per la cronaca, pure a Basilea Città l’antispecismo ha perso: i tre quarti della cittadinanza hanno ritenuto non fosse opportuno estendere i diritti ai gorilla e agli altri nostri “cugini”.

Queste mobilitazioni animaliste di natura “antispecista”, cioè fondate sulla convinzione che l’uomo non abbia il diritto di dominare sulle altre creature, molte delle quali non sono in alcun modo da considerarsi “inferiori” all’homo sapiens, stanno trovando negli ultimi anni diverse sponde politiche, sia nell’ambito dei partiti tradizionali, sia attraverso la creazione di nuovi movimenti  monotematici. In questo senso, è possibile rilevare che in tutti i paesi dell’Europa Occidentale sono sorti negli ultimi anni, frutto perlopiù di scissioni in seno ai partiti “verdi”, movimenti animalisti in grado di riscuotere crescenti consensi: anche questo, forse, è nel suo piccolo un segnale del tramonto dell’Occidente. Alle ultime elezioni del Parlamento Europeo, di animalisti ne sono stati eletti due, uno in Olanda, dove il Partito per gli Animali ha pure sfiorato il 4% alle politiche dell’anno scorso, e uno in Germania, paese la cui opinione pubblica è particolarmente sensibile a tutto ciò che è “verde”, dove ad essere eletto per il Partito per la Protezione degli Animali  è stato tale Martin Buschmann, cacciato poi con ignominia poiché venne a galla il suo passato di dirigente del Partito Nazionaldemocratico, cioé della forza più storicamente affine al neonazismo. In Italia, invece, il Partito Animalista Italiano ottenne 160000 voti alle ultime europee, riuscendo poi a fare eleggere un consigliere regionale in Campania all’interno della coalizione deluchiana, l’avellinese Livio Petitto, politicante di lungo corso che si era trovato in quella lista dopo essere stato escluso all’ultimo momento da quella del PD.

 

L’essenza della senzienza

Come già detto sopra, a promuovere il controverso quesito referendario di Basilea è statà l’organizzazione Sentience politics. Fondata nel 2014 proprio nella città svizzera, Sentience ha articolato il suo attivismo a favore degli animali in tre direzioni: la lotta contro gli allevamenti intensivi, la campagna per la riduzione del consumo di carne e di altri prodotti di origine animale, la promozione dei “diritti” di specie particolarmente “evolute” in attesa che possano essere estesi a tutti gli esseri definiti come senzienti, cioè in grado di provare emozioni e sentimenti. A primo acchito, tutte le battaglie di Sentience possono apparire condivisibili, almeno in linea di principio. Difficile restare indifferenti davanti alle cifre di un massacro che si consuma lontano dagli occhi e lontano dal cuore: quello di 75 milioni di volatili di allevamento, in larga prevalenza polli, che verrebbero uccisi annualmente nella sola Svizzera. Del resto, Tolstoj ebbe a formulare una massima davanti alla quale è difficile fare obiezioni: Se i macelli avessero le pareti di vetro, saremmo tutti vegetariani. Altre iniziative degli antispecisti elvetici appaiono invece di piccolo cabotaggio, “innocue” e cosmetiche,  da borghesi bohemienne e radical chic , come le raccolte firme per inserire ogni giorno un’opzione vegana nelle mense scolastiche di alcune città svizzere e tedesche. Oltre alla legittima promozione del veganesimo, però,  nell’ottica di ridurre il consumo di carne i volenterosi svizzeri si avventurano in territori (ancora) inesplorati, sostenendo la diffusione della carne sintetica, uno dei tanti cibi di un futuro da morti di fame, che sarebbe a detta loro anche più salubre per il consumo umano. Questi antispecisti radicali, insomma, immaginano una Terra in cui a gran parte degli animali verranno garantiti gli stessi diritti che un tempo si garantivano, almeno sulla carta e almeno  in una parte del mondo, agli esseri umani, e questo movimento sta prendendo piede proprio in un momento storico in cui questi famosi diritti vengono brutalmente conculcati a chi se li era conquistati, senza fondazioni o think tank che si mettono di traverso.

 

Altruisti sì, ma efficaci

Ci sono ben ventuno persone che lavorano, a tempo pieno o parziale, per Sentience, e quindi per i diritti delle grandi scimmie e tutto il resto. Nonostante il think tank sia molto attivo nella raccolta fondi (c’è un’impiegata stipendiata apposta), è chiaro che dietro queste nobili cause ci sono finanziamenti di altra natura. A permettere la nascita della fondazione fu infatti un’altra fondazione, la “Effective Altruism Foundation”, “Fondazione per l’altruismo efficace”, che dalla piccola Basilea ha avuto poi modo di trasferirsi nella grande Londra. Fra i suoi scopi, la riduzione della povertà, la promozione della cooperazione internazionale e, soprattutto, “l’approccio responsabile alle tecnologie future”.  Il motto ufficiale è: “Realizziamo progetti volti a fare il massimo in termini di riduzione della sofferenza”. Fra le sue ulteriori diramazioni, oltre a Sentience (nel cui perimetro rientra pure il Sentience Institute, il cui slogan è “ampliare il circolo morale dell’umanità”), vi sono la REG (Raising for Effective Giving), che raccoglie le donazioni di diversi giocatori professionisti di poker folgorati sulla via dell’altruismo efficace, la genericamente animalista “Wild Animal Initiative” e il futuristico “Center on long-term risk”, che si occupa invece di “ridurre i rischi di sofferenza astronomica derivanti dall’intelligenza artificiale avanzata”.

L’altruismo efficace può essere descritto come la filosofia dei moderni “filantropi”, un complesso di principi e strategie in grado di indicare la strada per migliorare il mondo in modo “scientifico”.  In questo senso, gli altruisti del XXI secolo sono soliti valutare accuratamente il rapporto costi/efficacia di un’azione benefica, in modo da poter poi scegliere in modo ponderato per produrre nella realtà un effetto il più possibile  benefico, calcolabile in base a formule matematiche. In astratto, si tratta di un processo di “massimizzazione del Bene” che assomiglia tanto alla ben più prosaica massimizzazione del profitto. Questi benefattori non hanno tempo da perdere in voli pindarici: gli investimenti, quale sia la loro natura, devono rendere, ed ogni moto altruistico, affinché sia tale, deve avere una sua misurabile efficacia. Così, “guadagnare (di più) per dare (di più)”  diventa la sintesi della vita di ogni altruista efficace che si rispetti. Che tale guadagno derivi da speculazioni finanziarie, produzione di farmaci ammazzapopoli o commercio di armi è irrilevante agli occhi degli altruisti efficaci. Pare ve ne siano pure di quelli che, pur guadagnando milioni come amministratori delegati di qualche multinazionale assassina, conducono vite frugali per poter donare di più al prossimo, in una sorta di calvinismo postmoderno tendente verso la schizofrenia.

Insomma, dietro la storia dei diritti ai gorilla ci sono Loro: i Grandi Resettatori. L’altruismo efficace non è altro che la loro ideologia, o meglio uno dei paraventi dietro i quali provano a nascondere, e in qualche modo a legittimare, il loro dominio infame  sul mondo infame. Il già citato Peter Singer, considerato fra i filosofi di riferimento di questa “religione laica”, ha sostenuto che gli altruisti più efficaci della storia sono Warren Buffet e Bill Gates. A proposito di quest’ultimo, pure la promozione dei  “vaccini” rientrerà nella gamma delle azioni altruisticamente efficaci. Checché ne dicano le malelingue, è tutto finalizzato a lenire la sofferenza del mondo.

 

di Moravagine per Comedonchisciotte

 

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