DI PAOLO ANNONI
ilsussidiario.net
Atlantia ieri ha chiuso in Borsa con un rialzo del 26,6%. Il mercato ha capito che l’accordo non è una vittoria del Governo come dice Conte
Ieri Atlantia ha chiuso la giornata in Borsa con un rialzo del 26%. Una performance che non sembra coerente con una “vittoria del Governo“. La ragione della performance è più o meno questa: il Governo non revoca la concessione e Atlantia accetta la proposta che sembra ricalcare le bozze di accordo che la stessa società aveva comunicato negli ultimi mesi. L’accordo con cui Atlantia accetta di scendere nel capitale ha un’enorme incognita: il prezzo. Il mercato, nella sua rozza semplicità, ha fatto questo ragionamento: se Atlantia ha accettato la proposta significa che c’è un accordo di massima sul prezzo e che questo va bene ad Atlantia. A questo punto si possono fare alcune valutazioni.
Atlantia scambia la partecipazione nella principale concessionaria di un Paese in grande difficoltà finanziaria ed economica con soldi veri che sarà libera di giocarsi sui tavoli dei mercati internazionali in una fase in cui si potrebbero aprire occasioni di acquisto a prezzo di saldo. Atlantia si libera di una partecipazione carica di tante incognite legali perché il ponte di Genova è caduto veramente e quanto emerso dalle indagini, e dalle intercettazioni, consegna uno spaccato problematico. Infine, Atlantia, via Aspi, abbandona la gestione di una rete che forse, o probabilmente, ha bisogno di molti investimenti per essere ammodernata e resa adeguata a esigenze di traffico che non sono certo quelle di 30 anni fa.
In quest’ottica anche un prezzo inferiore a quello pattuito nel 2017 per la cessione di una quota del 12% può essere un affarone. Il prezzo del 2017 non include né gli effetti del coronavirus sull’economia, né le cause relative al crollo del ponte, né un Paese che si avvita su un calo della produzione industriale senza precedenti, né una rete che forse ha bisogno molto di più di un programma di manutenzione ordinaria. Se il prezzo è giusto, magari anche un po’ sacrificato, per Atlantia significa uscire da una situazione spinosissima incassando 20 anni di concessione “sbilanciata” prima che arrivi il redde rationem su rete e rendimenti in una fase economica molto pericolosa.
Ieri Radiocor faceva un’ipotesi di un aumento di capitale basato su una valutazione di Aspi di 8 miliardi di euro (3,9 miliardi di aumento per una quota del 33%): 8 miliardi rispetto ai 14,8 miliardi fissati nelle cessioni del 2017 prima del crollo del ponte, prima delle indagini e delle intercettazioni, prima della peggiore crisi degli ultimi decenni. Atlantia prenderebbe più del 60% (visto che hanno già venduto il 12%) del prezzo più pieno che c’era liberandosi di tutti i problemi legali, di investimento e di manutenzione. In questo schema Atlantia potrebbe incassare circa 5 miliardi di euro e liberarsi per sempre di qualsiasi problema. Questa sarebbe la conclusione del Governo che “spezza le reni” ai Benetton.
Il primo ministro Conte ieri “twittava” il proprio compiacimento perché “è stata scritta una pagina inedita della nostra storia. L’interesse pubblico ha avuto il sopravvento rispetto a un grumo ben consolidato di interessi privati.” Questa frase non può essere indipendente dal dettaglio sul “prezzo” e da quello sullo stato di manutenzione della rete. Se il prezzo fosse “giusto” sarebbe l’esatto contrario: il pubblico liquidirebbe il privato a un prezzo interessante, gli toglierebbe le castagne dal fuoco derivanti dalla presenza in un Paese in cui fare impresa e investimenti è complicato e si accollerebbe gli eventuali extrainvestimenti che si potrebbero rendere necessari nei prossimi anni. Dopo quello che si è visto negli ultimi due anni, il mercato probabilmente non vorrebbe toccare neanche per sbaglio le concessioni italiane. C’è un solo compratore.
Ieri il titolo ha chiuso vicino ai massimi da quando è iniziata l’emergenza Covid. E molto al di sopra del prezzo di chiusura di lunedì quando il primo ministro a mezzo stampa ha fatto intendere che l’unica opzione rimasta era la revoca. Chi si è fidato del primo ministro ha perso un sacco di soldi. Chi ieri ha letto le sibilline parole di Angela Merkel a Conte forse ne ha fatti una marea.
Spacciare questa operazione come il trionfo dello Stato sul privato è davvero troppo. I titoli di giornale sul trionfo del Governo sono stati smentiti dagli investitori che evidentemente non li leggono. Sarà interessante, nei prossimi giorni, monitorare l’evoluzione della vicenda sia dal punto di vista borsistico, sia alla fine nei comunicati stampa in cui si metteranno nero su bianco i conti veri degli annunci di ieri.
16.07.2020