Apoteosi ipocondriaca

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(Tonguessy)

 

Se volessimo spaccare il mondo in due, si potrebbe mettere da una parte chi pensa che la vita sia un’accozzaglia di paurosi eventi da cui bisogna continuamente difendersi e dall’altra chi invece ritiene che gli eventi che la vita ci obbliga ad affrontare servano a temprare il carattere, permettendoci così di consolidare ed accrescere il nostro potere personale, il nostro esserci nel mondo. Nella prima categoria si ammassano individui che trovano solo nella aggregazione il coraggio di fronteggiare gli eventi, mentre nella seconda ci sono tipicamente quegli individui che non hanno mai perso la fiducia nel riuscire a sfangarsela da soli o con limitate forze alleate.

Ammettendo che sia sempre stato così, ci sarebbe il piccolo particolare della demolizione controllata delle ideologie a fare da cornice al quadro appena dipinto. Una volta, quando il mondo era ancora multipolare, le aggregazioni socialmente più significative erano di stampo politico. Ci si aggregava perché esistevano degli ideali che fungevano da faro nei momenti più bui. Ai vertici di tali organizzazioni si trovavano quegli individui che avevano avuto la forza di vincere le sfide che la vita aveva presentato loro. Oggi è venuto meno quell’afflato multipolare, e ciò che resta delle aggregazioni di massa è soltanto un vago ricordo dei tempi in cui la politica era un interesse vero che scatenava discussioni accese. Nell’epoca della disgregazione attuale ogni discussione acquista un significato sinistro di dissoluta precarietà. I fari sono stati spenti e la gente brancola senza più riferimenti, animata solo da un vago sentore di urgenza temperato da altrettante vaghe necessità di immobilità. Come nel processo di Kafka ci si sente sopraffatti da qualcosa di indefinito, e quel qualcosa viene quotidianamente rinvigorito dalla propaganda mediatica.

Lottare contro l’indefinito è davvero una faticaccia. E l’indefinito, ovvero l’indifferenziato postmoderno, è la creazione perfetta per mettere in confusione l’individuo, sbattuto com’è tra reale e virtuale e senza più quei fari del pensiero forte che esistevano nel secolo breve. Ovvero le ideologie. Al loro posto oggi ci sono le idolatrie, ovvero i simulacri. Costruzioni posticce dal senso tanto vago quanto impellente. Il Deus ex machina nasce con l’evidente scopo di confondere e rassicurare al tempo stesso. È il coup de theatre perfetto, il crimine sociale che nessun Poirot riuscirebbe mai a scovare per un semplice motivo: siamo tutti assassini e vittime al tempo stesso.

Succede così di idolatrare quella scienza che invece di sconfiggere il nemico storico (la malattia) impone soluzioni impensabili, appartenenti ad improbabili sfere ontologiche. Come i dottori d’antan si affannavano a proporre salassi e poco più, i moderni azzeccagarbugli si impegnano nel coltivare una visione sempre più distante dalle verifiche. La postverità ha attecchito anche in campo medico al punto che oggi non è più necessario verificare alcuna teoria. Almeno una volta la scienza faceva ideologia, così come il primitivismo. Oggi è assimilata ai tanti pensieri deboli che si affacciano sul mondo sensibile e non.

Questo andazzo causa un fenomeno di estraniamento sociale davvero inquietante. Tutti i fari di una tempo si sono spenti (oppure sono stati spenti) e la navigazione nella notte della ragione ed in assenza di luci rasenta l’impossibile. Viviamo in un sistema altamente instabile, dove il livello di stress ed insicurezza richiedono a viva voce pensieri e maniere forti. Ci si sta avviando verso una schizofrenia sociale prima impensabile, dove per schizofrenia si intende specialmente la dissociazione da ciò che prima ci sosteneva, quindi “deliri paranoidi e pensieri o discorsi disorganizzati” (wiki).

Nel mondo così come lo conoscevamo, ai vertici delle varie strutture sociali c’erano persone di indubbia formazione. C’erano addirittura le scuole di partito, oggi eliminate per favorire una non meglio specificata democrazia diretta, altra invenzione utile a creare il virtuale perfetto, ovvero un altro pensiero debole da aggiungere ai molti altri.

Oggi ai vertici non c’è più Nessuno. Prima avevamo Ulisse. Prima con Ulisse si poteva parlare, ci si poteva anche incazzare. Oggi è tutto inutile. Parlare a Nessuno, ai vari signor Nessuno che popolano i tocsciò, le presidenze e sottopresidenze e tutto il decadente mondo burocratico e dirigenziale postmoderno è solo fatica inutile e fiato sprecato.

E forse questo è davvero l’unico pensiero forte concesso: essere consapevoli dell’inutilità altrui e nostra. Tutto il resto è noia.

Ecco quindi prendere vigore un nuovo stile di pensiero ed un nuovo modello comportamentale: la vigliaccheria asservita diventa virtù, così come Kafka ci ha insegnato ne “Il Processo”: “La menzogna viene elevata a ordine del mondo” e “La giusta comprensione di una cosa e il fraintendimento della stessa cosa non si escludono del tutto a vicenda”, anticipando di molto i paesaggi distopici di Huxley e Orwell. Le tare personali diventano così oggetto di culto sociale, così come dimostrerà il nascituro nazismo e la relativa caccia all’untore (il comunista, l’ebreo, il sindacalista, il socialista etc..) che all’epoca della stesura del libro stava emettendo i suoi primi vagiti.

Oggi le cose non vanno molto diversamente, purtroppo. Comprensione e fraintendimento di concetti cardini quali libertà e verifiche fattuali devono sottostare all’ordine del mondo gestito dal Processo Attuale. Ovvero dalla Nuova Burocrazia, la vera regina della scena. Quella che ordina Verità mentre diffonde Propaganda, quella che ci parla nell’intimo e ci convince di quanto terribile sia il mondo senza la Nuova Burocrazia, quella che enfatizza l’ipocondria per normalizzare il Reale così come a lei piace.

La paura come sistema di vita e l’ipocondria come quintessenza della postmodernità; un fenomeno sociale che vede le masse artefici di un destino che non capiscono, ubbidienti servi che non discutono gli ordini perché troppo occupati a trovare scenari paurosi da evitare. Questi tempi non hanno più significato né futuro: solo l’ipocondria acquista valore d’uso perché permette di vivere sullo stesso piano irreale di qualsiasi altra persona, e in questo sta il significato profondo della libertà digitale, odioso ossimoro.

L’ipocondria è in sintesi un atteggiamento violento di negazione di quelle presunte forze che governano la vita del singolo, è la volontà di ricercare ad ogni costo una salvezza non necessaria: gli ipocondriaci sono mossi da tanto improbabili quanto improrogabili necessità che richiedono una soluzione rapida ad ogni costo, e da questa urgenza scaturisce quel distacco incolmabile tra sé ed il mondo che può sfociare in puro sadismo.

 

“Le forze motivanti sono spesso inconsce. [Un certo uomo] potrebbe essere un aguzzino sadico. In circostanze che glielo permettessero potrebbe manifestare apertamente, e forse anche in maniera estrema, la sua tendenza sadica [che] in certe circostanze potrebbe acquistare un’importanza rilevantissima nel sistema di un certo individuo…, si può predire il comportamento futuro di una massa se conosciamo la struttura del carattere comune a un intero gruppo di persone”

 

(E. Fromm “Programmazione umanistica”)

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