DI GAL LUFT
E’ in corso una guerra economica degli USA contro un decimo dei paesi del mondo, cioè contro una popolazione complessiva di quasi 2 miliardi di persone e contro un Prodotto Interno Lordo (PIL) che tutto insieme supera i 15 trilioni di dollari. Tra questi paesi ci sono Russia, Iran, Venezuela, Cuba, Sudan, Zimbabwe, Myanmar, Repubblica Democratica del Congo, Corea del Nord e altri paesi sui quali Washington ha imposto sanzioni nel corso degli anni, oltre ad altri paesi – come Cina, Pakistan e Turchia – a cui non sono state imposte sanzioni, ma che sono soggetti ad altre misure economiche punitive.
Inoltre, migliaia di persone provenienti da decine di paesi, inclusi nell’elenco dei cittadini con speciale designazione del Dipartimento del Tesoro, vengono effettivamente bloccati dal sistema finanziario globale dominato dagli USA. Molti di questi cittadini designati fanno parte, o sono strettamente collegati alle leadership dei loro paesi.
Da una prospettiva USA, tutte queste entità economiche hanno motivi validi per essere nel loro elenco: violazioni dei diritti umani, terrorismo, reati, commercio nucleare, corruzione o, nel caso della Cina, pratiche commerciali sleali e furto di proprietà intellettuale.
Ma negli ultimi mesi sembra che questo costante impegno dell’America a combattere tutti i flagelli del mondo abbia portato i governi avversati e i loro facoltosi sostenitori a creare una unica massa critica e ad unire le forze per creare un sistema finanziario parallelo che resterebbe fuori dalla portata della longa manu americana. Se dovessero riuscirci, la posizione dell’America nel mondo cambierebbe.
La supremazia globale americana è stata resa possibile non solo grazie alla potenza militare e al suo sistema di alleanze, ma anche grazie al controllo sull’impianto della finanza globale e in particolare sulla generale accettazione del dollaro come valuta di riserva mondiale. Lo stato di unicità della valuta U.S.A ha tenuto fermo il sistema finanziario globale al periodo post-seconda-guerra-mondiale.
Qualsiasi transazione effettuata in dollari USA o che usa una banca degli Stati Uniti fa ricadere automaticamente le parti commerciali sotto la giurisdizione legale americana. Quando gli Stati Uniti decidono di imporre sanzioni unilaterali, come nel caso dell’Iran, in sostanza dicono ai governi, alle società e alla gente del mondo che devono scegliere se vogliono bloccare i loro affari con il paese sanzionato o se venire tagliati fuori dall’economia numero uno al mondo. La scelta è dura.
Non molte aziende o banche possono permettersi di rinunciare al mercato degli Stati Uniti o di vedersi negato l’accesso alle istituzioni finanziarie USA.
I paesi revisionisti che desiderano sfidare questo sistema a guida USA vedono questo comportamento come un affronto alla loro sovranità economica. Ecco perché sia Russia che Cina hanno sviluppato una versione propria dello SWIFT (Society for Worldwide Interbank Financial Telecommunication), la rete globale che consente transazioni finanziarie transfrontaliere tra migliaia di banche. Questi due paesi stanno anche spingendo i loro partner commerciali a sbarazzarsi del dollaro per il commercio bilaterale e di scegliere le loro valute locali.
Questo mese la Russia è stata pronta a reclutare la Turchia ed inserirla nel blocco anti-dollaro, annunciando che avrebbe anche sostenuto il commercio non-dollar, dopo che è scoppiata una faida finanziaria tra Ankara e Washington. La Cina, da parte sua, sta usando la sua trillion-dollar Belt e la sua Road Initiative come strumenti per costringere i paesi a negoziare in yuan, invece che in dollari. Il Pakistan, il primo beneficiario di quel denaro, e l’Iran, hanno già annunciato l’intenzione di aderire alla proposta. Il vertice BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica) del mese scorso a Johannesburg è stato un appello contro l’egemonia del dollaro destinato a paesi come Turchia, Giamaica, Indonesia, Argentina ed Egitto, per unirsi al “BRICS-plus” con l’obiettivo di creare un’economia de-dollarizzata.
Il fronte principale in cui verrà deciso il futuro del dollaro è il mercato globale delle materie prime, in particolare il mercato del petrolio che vale $ 1,7 miliardi. Sin dal 1973, quando il presidente Richard Nixon staccò unilateralmente il dollaro USA dal gold standard e convinse i sauditi e il resto dei paesi OPEC a vendere il loro petrolio solo in dollari, il commercio mondiale di petrolio si è legato alla valuta americana. Questo ha spianato la strada anche al resto delle materie prime che, anch’esse, hanno cominciato ad essere pagate in dollari. Un accordo che ha servito bene l’America, che ha creato una domanda di biglietti-verdi in continua crescita e che, a sua volta, ha permesso a tutti i successivi governi USA di gestire liberamente deficit sempre più alti.
Però non sarà più così, dato che molti dei paesi dell’alleanza anti-dollaro sono esportatori di materie prime e ritengono che i loro prodotti non debbano essere prezzati da un benchmark denominato in dollari come il WTI e il Brent e che non serve scambiarli in una valuta che per loro non va più bene.
Ad esempio, quando la Cina compra petrolio dall’Angola, gas dalla Russia, carbone dalla Mongolia o soia dal Brasile, preferisce farlo nella propria valuta, evitando così di pagare commissioni sui tassi di cambio che non servono a nessuna delle parti della transazione. Questo sta già cominciando ad avvenire. Russia e Cina hanno accettato di pagare parte della energia scambiata in yuans e la Cina sta spingendo i suoi maggiori fornitori di petrolio – Arabia Saudita, Angola e Iran -ad accettare yuan per il loro petrolio. E lo scorso anno la Cina ha introdotto in Asia – nello Shanghai International Energy Exchange – dei contratti futures garantiti in oro, chiamati “petro-yuan”, il primo benchmark del greggio non-in-dollari.
Inoltre la graduale accettazione delle valute digitali, supportata dalla tecnologia blockchain, presenta altri modi per abbandonare il dollaro nel trading. La banca centrale russa ha dichiarato che sta prendendo in considerazione il lancio di una cripto-valuta nazionale chiamata “cripto-rublo” e intanto sta dando un supporto per il lancio di una propria cripto-valuta al Venezuela, il “petro”, sostenuto dalle immense riserve di petrolio del paese. Ora i membri di BRICS stanno discutendo di una cripto-valuta supportata dallo stesso BRICS.
Tutte queste azioni ed altre ancora mostrano la strada: nei prossimi anni il dollaro dovrà affrontare una raffica di attacchi che avranno come obiettivo l’erosione della sua egemonia ed il mercato del trading energetico sarà uno dei principali campi di battaglia, in cui si deciderà il futuro del predominio economico americano. Qualsiasi tentativo di sfilare le materie prime dal mercato del dollaro avrà un impatto a cascata non solo sul sistema economico globale – come lo conosciamo oggi – ma anche sulla posizione dell’America verso il mondo.
Considerando però la buona salute dell’economia americana in generale e la notevole forza del dollaro rispetto alle valute dei paesi-contestatori-del-dollaro, tra cui il rublo, lo yuan, la lira turca e il rial iraniano, potrebbe essere facile farsi prendere dall’autocompiacimento e considerare le azioni che stanno prendendo i revisionisti come delle semplici, piccole, scocciature.
Ma ignorare questa coalizione anti-dollaro che si sta sviluppando sarebbe un danno per l’America. Ad un certo punto il mercato al rialzo potrebbe terminare e con un debito nazionale da 21 trilioni di dollari, che aumenta di un trilione di dollari ogni anno, il risveglio potrebbe essere più violento e molto prima di quanto possa prevedere la maggior parte degli economisti.
Nel bel mezzo di questa bella euforia economica americana, vale la pena ricordare che una persona su quattro vive oggi in un paese il cui governo ha intenzione di mettere fine all’egemonia del dollaro e che contrastare i loro sforzi dovrebbe essere la priorità nazionale di Washington numero uno.
Gal Luft è co-director del Institute for the Analysis of Global Security e senior advisor nel Consiglio del United States Energy Security Council.
Fonte: https://www.cnbc.com
27.08.2018
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