LA LEZIONE DI DUE GUERRE: PERDEREMO IN IRAQ E IN AFGHANISTAN

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DI STEPHEN M. WALT
Foreign Policy

Uno dei modi più appropriati

per realizzare una proficua politica militare nazionale è la riluttanza

nel chiamare le cose col loro nome e di affermare semplicemente quello

che sta davvero accadendo. Se state descrivendo una situazione difficile

in un modo depistante o inaccurato, tantissime persone ricaveranno le

conclusioni sbagliate e continueranno a sostenere politiche che non

hanno granché senso.

Due esempi che fanno al caso: le guerre

in Afghanistan e in Iraq. Ci viene continuamente detto che “la

ricostruzione ha funzionato” in Iraq e che il presidente Obama

ha modo di poter dire che la situazione è tollerabile per poter finalmente

riportare le truppe a casa. Anche se è sempre più evidente che la

ricostruzione ha fallito nel determinare una significativa riconciliazione

politica, che non ha fatto neanche finire l’insurrezione e che tenere

le truppe statunitensi negli ultimi tre anni è riuscito a realizzare

ben poco.
Allo stesso modo, ci viene ripetuto

che stiamo per raggiungere una sorta di “pace onorevole” in

Afghanistan, anche se l’aver mandato ancora più soldati non ha reso

il governo afghano più autorevole, non ha eliminato la capacità dei

talebani di agire con violenza e non ha aumentato la nostra influenza

in Pakistan. Alla fine, quello che succede nell’Asia Centrale verrà

determinato dagli asiatici che vivono nella zona, nel bene e nel male,

e non da noi.

La verità è che gli Stati

Uniti e i suoi alleati hanno perso la guerra in Iraq e perderanno la

guerra in Afghanistan. Proprio così. Per “perdere”, intendo

che ritireremo le nostre forze armate senza aver raggiunto i nostri

obbiettivi fondamentali, e che la nostra posizione strategica sarà

indebolita. Abbiamo preso Osama bin Laden, alla fine, ma si è trattato

di un azione più energica da parte dell’intelligence e delle

iniziative anti-terrorismo del Pakistan e non ha niente a che fare con

la contro-insurrezione che stiamo combattendo. Le truppe degli Stati

Uniti hanno combattuto con coraggio e dedizione, e il popolo americano

ha sostenuto questi sforzi per molti anni. Ma avremo fallito perché

i nostri obbiettivi erano scorretti fin dall’inizio, e perché la

dirigenza nazionale (e specialmente l’amministrazione Bush) ha fatto

alcune analisi strategiche madornali nel corso del tempo.

Specificamente: invadere l’Iraq non

è mai stato necessario, perché Saddam Hussein non aveva alcun collegamento

con Al Qaeda e non aveva armi di distruzione di massa, e perché

non avrebbe mai potuto usare questi armamenti, nel caso un giorno fosse

riuscito a ottenerli, senza dover affrontare una rappresaglia devastante.

È stato un errore marchiano perché distruggere lo stato baathista

ci ha lasciato in dote una nazione profondamente divisa che non abbiamo

mai avuto la più lontana idea di come poter governare. Ha anche distrutto

il bilanciamento di poteri nel Golfo e ha rafforzato la posizione regionale

dell’Iran, non proprio un’idea brillante dal punto di vista americano. Invadere

l’Iraq ha anche distratto risorse e attenzione dall’Afghanistan,

e la cosa ha aiutato a far riguadagnare terreno ai talebani e ha sviato

i nostri sforzi iniziali per assistere il governo Karzai.

Il Presidente Obama ha ereditato queste

due guerre costose, e il suo errore principale è stato di non

riconoscere che non erano vincibili a un costo accettabile. Ha saggiamente

adottato (più o meno) un piano di ritiro dall’Iraq, ma ha stupidamente

deciso di aumentare gli sforzi in Afghanistan, nella speranza di creare

quella stabilità che ci avrebbe permesso di lasciare il paese. Questa

mossa potrebbe essere stata abile politicamente, ma ha solamente comportato

la dissipazione di ancora più risorse senza influire sul risultato

finale.

Da un punto di vista più allargato,

queste guerre sono state perse perché c’è un’enorme differenza

tra lo sconfiggere un esercito convenzionale di terzo piano (quello

che aveva Saddam) e governare una popolazione restìa, profondamente

divisa e ben armata con un’avversione epocale a tutte le forme di

interferenza esterna. Non c’era modo di “vincere” questo

conflitto senza creare istituzioni locali efficaci che avrebbero potuto

governare (per poter andare via), ma era la sola cosa che non sapevamo

fare. Non solo non sapevamo chi mettere al potere, ma una volta che

abbiamo appoggiato qualcuno, la sua legittimazione è decaduta all’istante.

E lo stesso è successo alla nostra influenza, mentre persone come il

presidente Karzai hanno compreso che il nostro prestigio era

in discussione e che non ci saremmo potuti permettere di lasciarlo cadere.

Le buone notizie, comunque, sono che

la sconfitta in Iraq e in Afghanistan – non ci sbagliamo, di questo

si tratta – ci dice relativamente poco sulla posizione di forza degli

Stati Uniti o sulla sua capacità di plasmare gli eventi significativi

in qualsiasi parte del mondo. Ricordate che gli Stati Uniti persero

anche la guerra in Vietnam, ma furono facilitati per il riavvicinamento

con la Cina negli anni ’70 e alla fine rafforzarono la nostra posizione

in Asia. Quattordici anni più tardi l’Unione Sovietica collassò e

gli Stati Uniti vinsero la Guerra Fredda. Ma nessuno dovrà trarre conclusioni

azzardate sulla determinazione degli Stati Uniti; al contrario, queste

due guerre mostrano che gli Stati Uniti dovranno combattere per lungo

tempo in condizioni difficili. Per questo, il solo fatto che stiamo

fallendo in Iraq e in Afghanistan non costituisce di per sé un ulteriore

declino, se riusciremo a prendere decisioni migliori nel futuro.

La vera lezione che si può ottenere

da queste sconfitte è che gli Stati Uniti non sanno come costruire

società democratiche in paesi musulmani grandi e distanti che

sono divisi da fattori settari, etnici o tribali, e specialmente se

questi paesi hanno una storia di instabilità o di violenza interna.

Nessun altro sarebbe comunque in grado di farlo. Ma non è una missione

che dovremmo cercare di realizzare nel futuro, perché potrà solo generare

maggiori rancori per gli Stati Uniti e indebolire ancora la nostra forza.

Gli Stati Uniti sono diventati la potenza

mondiale rimanendo lontani da guerre costose o entrandoci relativamente

tardi per poi vincere la pace. Hanno vinto la Guerra Fredda mantenendo

in essere un’economia che era molto più forte di quella dell’Unione

Sovietica, assemblando una coalizione di alleati che era più affidabile,

stabile e prospera di quello del blocco comunista, e rimanendo ragionevolmente

rispettosi di una serie di ideali politici a cui altri si sono ispirati.

I maggiori passi falsi sono avvenuti quando si sono esagerate le partecipazioni

a conflitti periferici, come in Indocina. Fortunatamente, l’Unione

Sovietica fece ancora più castronerie di noi, e partendo da una base

più debole.

Dal 1992 gli Stati Uniti hanno dilapidato

parte dei margini di superiorità mal gestendo la propria economia,

permettendo all’11 settembre di annebbiare le proprie analisi strategiche,

e indulgendo nella stessa arroganza contro cui gli antichi Greci si

misero in guardia. La questione principale è se impareremo da questi

errori, e avviare una politica militare nazionale basata su un sano

realismo invece che sulle fantasie neo-conservatrici o sullo sfacciato

entusiasmo liberale per l’interventismo. Sfortunatamente, i primi

passi della campagna presidenziale per il 2012 non mi riempiono proprio

di fiducia.

****************************************

Fonte: Lessons of two wars: We will lose in Iraq and Afghanistan

17 agosto 2011

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE

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