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Da oggi Rossella è il direttore del TG5 al posto di Mentana.
Proponiamo un suo articolo di febbraio 2003 che aiuta a capire il futuro dell’informazione in Italia.

Tempo scaduto

di Carlo Rossella

Perché, dopo le prove raccolte dagli Usa, è arrivato il momento di passare all’azione contro l’Iraq.

Anche prima dello stupefacente rapporto (Iraq failing to disarm) del segretario di stato Colin Powell al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite era chiaro che l’Iraq non avesse risposto alla risoluzione 1441. Ovvero che il regime criminale di Saddam Hussein si era ben guardato dal cooperare seriamente con gli ispettori e dal disarmare volontariamente. Già prima di mercoledì 5 febbraio nessuna diplomazia in buona fede poteva sostenere che l’Iraq avesse offerto nei mesi scorsi quella piena collaborazione che il Consiglio di sicurezza aveva chiesto a Saddam con mozione unanime 12 settimane fa. Ma spesso le diplomazie, e ci riferiamo soprattutto alla Francia e alla Germania e alla Cina, non sono in buona fede.

Powell ha dato prove più che fumanti delle bugie di Saddam Hussein, del suo giocare a rimpiattino con gli ispettori, dei legami col terrorismo internazionale e anche con Al Qaeda.
Speriamo che la Francia, la Germania, la Russia, la Cina siano finalmente soddisfatte e che si possa procedere al più presto alla eliminazione del pericolo Iraq. Dopo il viaggio, inutile, di Hans Blix, il capo degli ispettori a Baghdad, dopo la prossima relazione dello stesso Blix al Consiglio di sicurezza, l’intervento degli alleati, alla luce di quanto rivelato da Powell e di quel che gli ispettori hanno già documentato, potrebbe ricevere una unanime autorizzazione. In caso contrario, ovvero se i giochi
Opportunistici al Consiglio di sicurezza dovessero continuare, l’America e i coraggiosi amici che ci staranno potranno procedere da soli. In tal caso sarebbero le Nazioni Unite a fare una pessima figura, a dimostrarsi irrilevanti per dirla con Colin Powell, e non gli Stati Uniti e i loro alleati.

Il regime iracheno, e non ci stancheremo mai di dirlo, è una minaccia non solo per gli interessi americani ma per l’ordine globale dell’umanità. Un esempio da ricordare: l’invasione del Kuwait nel 1990, un attacco diretto a una enorme fonte di approvvigionamento energetico dell’Occidente. La rimozione di Saddam Hussein metterà in guardia tutti quegli stati canaglia che si ostinano a sostenere il terrorismo, a ricercare o a produrre armi non convenzionali. La caduta del regime provocherà un profondo cambiamento in tutta l’area, avvierà un processo di democratizzazione, magari lento ma inesorabile, libererà il povero popolo iracheno dall’oppressione e dalla paura.

L’inazione, la rinuncia, il compromesso con Saddam saranno per i terroristi un messaggio forte, un segno di impotenza dell’Occidente e delle Nazioni Unite, un invito per i terroristi e per gli stati canaglia a produrre e a servirsi di armi non convenzionali.

Non si capisce perché un paese come la Francia abbia tentennato per tutti questi mesi. Saddam Hussein è un piccolo Hitler, responsabile di terribili crimini di guerra, e di ignobili violazioni dei diritti umani. Ha torturato e gasato il suo popolo. E ha aggredito due paesi vicini; l’Iran e il Kuwait. Ma i pacifisti e le sinistre tutto questo se lo sono dimenticato. La loro memoria è corta. Si sono scordati dei ragazzi iraniani uccisi a migliaia con l’iprite nelle paludi dello Shatt el Arab, dei curdi sterminati ad Halabjar, del Kuwait saccheggiato e ridotto in schiavitù, dei missili lanciati contro Israele durante la guerra del Golfo. Il pacifismo è molto tollerante con Saddam e per nulla tollerante con l’America e i suoi alleati. Anzi, per loro l’America ha sempre torto. È davvero frustrante leggere certi articoli, sentire certe prediche, guardare i cartelli dei cortei no global. Vi si legge l’odio per una grande nazione che ha dato all’Italia la libertà, che ha sempre combattuto contro le dittature, in nome della democrazia, della giustizia e del progresso.

Il presidente George W. Bush, uomo di fermi ideali, ha mandato all’Onu, a convincere il mondo, uno dei suoi uomini migliori: il segretario di stato Colin Powell.
Il generale a quattro stelle è stato un soldato valoroso in Vietnam, un consigliere per la sicurezza nazionale molto ascoltato, il comandante in capo durante la guerra del Golfo. È un guerriero riluttante, un moderato, un militare molto razionale e onesto. È toccato a lui fare la requisitoria contro Saddam Hussein e il suo regime. In un tribunale normale l’imputato, con quelle prove a carico, avrebbe ricevuto una severa condanna. Qualcuno, invece, ha detto che le prove di Powell non erano sufficienti. Certo, non è stata presentata la pistola fumante, come fece Adlai Stevenson il 25 ottobre 1962 quando mostrò le foto dei missili russi a Cuba.

Eppure, lo scenario delle prove mette l’Iraq con le spalle al muro. La guerra non è mai stata un divertimento. Ma dieci anni e più di attesa, di sforzi diplomatici falliti, di strategia del contenimento andata a male, di bugie irachene, di falsità e provocazioni mesopotamiche sono troppi. È l’ora dell’azione. Il tempo è davvero scaduto.

da Panorama del 13/2/2003

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