L'OCCIDENTE TESTA LE SUE NUOVE ARMI LETALI

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blank DI JEAN MICHEL VERNOCHET
Mondialisation

Tutti sanno che le guerre sono l’occasione per svuotare di armi gli arsenali e permettere inoltre di avere credito pubblico per il rinnovamento, la ricerca e lo sviluppo. I conflitti in corso servono anche come laboratorio sperimentale per testare l’efficacia o la mortalità dei nuovi ritrovati, o come vetrine per il mercato della morte.

La prima guerra del Golfo del febbraio 1991 si è servita di questa vetrina, dopo il lancio degli Scud in territorio israeliano, per la promozione dei missili Patriot, che sono stati dispiegati sia dallo stato ebraico, che dalle monarchie petrolifere del Golfo e anche dalla Polonia euroatlantica.
Si sa anche che in occasione dell’assedio della città di Falloujah (per vendicare la morte di quattro soldati di ventura, pagati dall’azienda Black Water, avvenuta il 31 marzo 2004), furono utilizzate bombe al fosforo bianco, col pretesto di illuminare la scena e i bersagli. Il fosforo è in effetti di sicura valenza: utilizzato alla fine della Seconda guerra mondiale su Amburgo, Dresda, città e villaggi normanni, era stato detronizzato in Vietnam dal napalm prima del suo ritorno in auge per la purificazione delle città ribelli.
Oggi, secondo le testimonianze, diffuse in seguito dalla Tv Al Jazirah, dell’anziano comandante della Guardia repubblicana (GR, l’élite delle forze baatiste), Taha al-Rawi (ricercato dalle forze americane, ha un taglia di un milione di dollari), il fosforo sarebbe già stato impiegato nell’attacco (nel corso del quale morirono 2.000 uomini della GR) delle infrastrutture aeroportuali di Bagdad, verso il 9 aprile 2003, data dell’assalto finale contro la capitale irachena.

Fatto ancora più grave, secondo Al-Rawi, è che sarebbero state utilizzate anche delle armi neutroniche. Queste armi dette a irraggiamento rinforzato, senza effetti termici né di spostamento d’aria, inventate nel 1958 da Samuel Cohen al Livermore National Laborator, poi testate in Nevada dal 1962, si ritiene che attualmente siano state smantellate. “I corpi erano carbonizzati fino alle ossa, ma le infrastrutture erano rimaste intatte“. Si sa infatti che le radiazioni emesse dalle armi neutroniche possono distruggere gli occupanti di mezzi blindati senza danneggiare la macchina né i suoi strumenti. Il segreto sull’uso di tali armi (cosa che sembra verosimile, la posta in gioco per le forze statunitensi era enorme: un aeroporto operativo subito, indispensabile per il sostegno logistico all’offensiva terrestre) è stato ben conservato e lo sarà ancora per molto. Nel frattempo le notizie relative all’utilizzo di armi segrete o vietate si sono moltiplicate e accompagnano i recenti conflitti nel Medio Oriente.

Come “on ne prête qu’aux riches” [si presta solo ai ricchi], e la logica aiuta, non si può a priori escludere l’ipotesi che il mondo occidentale, povero di combattenti ma detentore di tecnologia realmente avanzata, ricorra a nuovi armamenti, altamente letali.

La questione si è evidenziata in Libano e a Gaza dove numerosi referti medici riportavano ferite senza una causa identificabile, fatti preoccupanti che alimentano abbondantemente speculazioni e ipotesi.

Non è sorprendente che la stessa questione sia stata posta in occasione delle offensive dell’estate scorsa contro il Libano e contro la Striscia di Gaza (la prima ha largamente oscurato la seconda).

Già i proiettili sparati dai blindati israeliani pongono dei problemi. Sono gli stessi anche per le forze della NATO in ragione del principio dell’interoperabilità.

L’uranio impoverito che li compone, in virtù della sua alta densità e malgrado sia radioattivamente debole, costituisce nel tempo un serio pericolo per l’ambiente e la salute umana tramite la sua diffusione sotto forma di micro particelle. Queste inalazioni di un metallo ultrapesante continuano, anche dopo la fine dei combattimenti, ad inquinare a lungo, in particolare la catena alimentare. Il Sud dell’Iraq, zona dove ebbero luogo i maggiori combattimenti nel febbraio 1991, ha così conosciuto una moltiplicazione epidemica (senza nessun’altra plausibile spiegazione) di casi di cancro a partire dal 1995. E’ solamente dopo l’utilizzo intensivo di proiettili all’uranio impoverito impiegato contro la Federazione Jugoslava nel 1999, che il Consiglio d’Europa si è finalmente deciso a chiedere, ma invano, la loro interdizione……

Inoltre, nel corso dei 34 giorni di bombardamenti e di operazioni terrestri in Libano tra il 12 luglio e il 14 agosto 2006, alcuni medici libanesi hanno evidenziato, tra i numerosi feriti e i 1.300 morti, casi inquietanti di ferite inspiegabili secondi gli abituali criteri della traumatologia: visi e corpi anneriti, bruciacchiati, necrosi delle carni e amputazioni. Non sarebbe più dunque solamente l’uranio impoverito da denunciare.

Nei siti di alcuni bombardamenti in Libano (Kiam o d’At Tiri per esempio) sono stati rilevati elevati livelli di radioattività. Nei campioni prelevati, sono stati confermati da diversi laboratori europei forti concentrazioni d’isotopi radioattivi. Questo suggerirebbe la sperimentazioni di nuove armi basate sull’effetto piroforico, cioè un’emanazione termica esplosiva che accompagna l’improvvisa ossidazione dell’uranio nell’impatto del proiettile. In questo caso, l’uranio arricchito (il combustibile delle centrali nucleari) avrebbe sostituito l’uranio impoverito delle bombe anti-bunker.

Pare che l’offensiva di luglio in Libano e le operazioni militari in Iraq, come afferma Taha al Rawi, siano realmente servite da laboratorio per la sperimentazione sul campo della potenza delle nuove armi. Quelle che domani, all’occorrenza, serviranno, sulla scena delle operazioni, nel corso di nuovi scontri regionali.

Il mercato della morte si arricchisce

Il quotidiano italiano Il Manifesto del 12 ottobre scorso evocava l’eventualità di test con armi ad alta letalità, utilizzabili in maniera mirata al fine di limitare i danni collaterali, cioè le perdite della popolazione civile.

Di concezione americana, queste munizioni sarebbero state sviluppate dall’azienda Boeing che si è aggiudicata nel 2003 un appalto relativo allo sviluppo di “Small Diameter Bombs”. Queste bombe sperimentali di piccola taglia (non superano i 90 chili) vengono testate dal maggio 2006.

Questa gamma di micro-munizioni comprenderebbe la “Dense Insert Metal Explosive” (DIME), l’ultimo ritrovato in materia di concentrato di morte. Una carica interna in lega di tungsteno libererebbe una nuvola di metallo incandescente letale a corto raggio. In un certo qual modo l’arma antipersonale ideale per colpire in maniera chirurgica!

Test realizzati dai laboratori militari del Maryland avrebbero messo in evidenza, secondo il New Scientist di febbraio 2005, un tasso di mortalità del 100% nel mese successivo all’esposizione al metallo polverizzato, decessi dovuti ad una rara forma di cancro, il rabdomiosarcoma. A debole distanza, nelle ore che seguono l’esplosione, si constata qualche volta una rapida necrosi delle parti colpite, in particolare degli arti.
L’utilizzo di tali armi, se fosse effettivo, avrebbe come risultato il moltiplicarsi degli invalidi permanenti e l’obiettivo di spezzare la resistenza psicologica della popolazione. Di fronte a questo nuovo tipo di ferite, Il Manifesto riporta che “i medici si trovano impotenti rispetto al deterioramento dei tessuti feriti e nella maggior parte dei casi non possono far altro che amputare“.

Jean-Michel Vernochet
Fonte: http://www.mondialisation.ca
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08.05.2007

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di CLAUDIA

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