Zeffirelli, falso e cattivo: il genio dietro l’immagine perbenista

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DI PAOLO ISOTTA

ilfattoquotiduiano.it

Si fingeva cattolico, ma era una “recchia”. Portava bei ragazzi nella villa a Positano. Poi il cameriere li accompagnava nei negozi e lui prendeva la “stecca” dai commercianti Zeffirelli, falso e cattivo: il genio dietro l’immagine perbenista

Mi odiava. Ho fatto per quarant’anni il critico musicale, e ho attaccato alcune regie liriche sue risibili e demagogiche. Perché era un retore. Si fingeva cattolico, figuriamoci. Si fingeva un adepto di “Dio-Patria-Famiglia”. Figuriamoci. Ha fatto il parlamentare per Berlusconi, disprezzandolo: avevano troppi tratti in comune, e Zeffirelli lo fiutava, essendo più intelligente di lui: con quella antipatica intelligenza dei toscani.
Infine, e qui c’è da scompisciarsi: se c’era una recchia, ma proprio una recchia, non un omosessuale (termine clinico che peraltro mi spiace), era lui. Ma da quando s’era costruito un’immagine perbenista, raccontava panzane del tipo: avrei un’inclinazione spirituale ma, da cattolico, non l’ho mai praticata. Si è fatto i più bei ragazzi italiani, dagli anni Cinquanta in poi, etero e omosessuali, preferibilmente etero, e sposati. Gli ospiti della sua villa di Positano venivano portati dal cameriere Dorino nei negozî: costui gabellava di procurare sconti favolosi, faceva pagare i pezzi il doppio e pigliava la stecca dai negozianti. Però tutti (non io) in quella villa sono stati: era ospite generosissimo.

L’ultima volta che parlò di me, dichiarò al Messaggero: “Isotta è un cretino”.

Peccato sia stato tanto ipocrita. Inutilmente. In questo, vedo un tratto di schizofrenia. Come vedo un tratto di psicopatia il suo aver affidato la sua Fondazione in mani non degne.

Lo considerano un Visconti dei poveri. Visconti era un velleitario, un viziato, che ha fatto qualche buona regia teatrale, pochi films degni di sopravvivere, e quasi solo cose ridicole, ridondanti, frutto di un ricco che si credeva Eisenstein e Stanislavskij. Di lui oggi si può davvero vedere Il gattopardo, per l’altezza del romanzo scelto, per la grandezza degli attori, e perché si era innamorato a tal punto di Alain Delon da andare di là da se stesso, riuscendo a un bellissimo film.

Zeffirelli non era un Visconti dei poveri. Era un grandissimo talento. Aveva fatto la gavetta, e conosceva i meccanismi tecnici della regia cinematografica e teatrale molto meglio di quell’enfant gaté, comunista dall’alto del suo patrimonio d’industriale che si faceva ridere dietro da tutti per il suo conato di dichiararsi discendente dai Signori di Milano mentre era solo rampollo di contadini arricchiti. Zeffirelli, almeno, era nato vero monello fiorentino.

Alcune sue regie sono fra i capolavori del teatro di tutti i tempi. La Bohème della Scala rese palese tutto quanto, nella sua reticenza, Puccini nasconde nel suo capolavoro. L’Otello mostra il divario fra una meravigliosa tragedia di Shakespeare e un’Opera ove il vecchio Verdi riesce a indagare lo stesso mistero del Male, inventando il personaggio di Jago che il Bardo intuisce senza sviluppare. Le due Aide, trionfo mondiale, piene della perversione psicologica che Verdi ha saputo inventare nell’eros inteso solo quale sacrificio, ove il personaggio di Amneris, per la quale l’eros coincide con la volontà di potenza, torreggia. E dove, come pochi altri registi, riesce a render plausibile senza farla stucchevole la ricerca archeologica di Verdi, tradotta in musica come in psicologia. Non parliamo del suo Shakespeare al cinema. La bisbetica domata, Romeo e Giulietta.

Era falso, era cattivo (e anche molto buono), era intelligente: anche se faceva il “cretino”. Tutte le parti negative scompaiono con la sua vita. Resta il genio.

 

Paolo Isotta

Fonte: www.ilfattoquotidiano.it

17.06.2019

 

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