“Ho conosciuto e lavorato con Berlusconi: 2011, ecco perchè fu fatto cadere”

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Di seguito trovate una testimonianza importante, che sicuramente farà discutere molti lettori, meritevole di attenzione. Viene da una persona che, per una fase della propria vita, ha collaborato a stretto contatto con Silvio Berlusconi. CDC l’ha incontrata e ha deciso di pubblicare il suo racconto.

Cosa successe davvero nel 2011? Di chi sono le vere responsabilità di quello che fu un vero e proprio golpe politico e finanziario contro l’Italia?

Ovviamente le opinioni espresse nel seguente articolo, possono non coincidere con quelle della redazione. Ma riteniamo, come sempre, dare spazio ai punti di vista più diversi, soprattutto per ciò che riguarda la nostra storia recente, inclusi gli anni cruciali che l’hanno segnata e che ci hanno gettato in un tunnel, di cui ancora non troviamo l’uscita.

Buona lettura e buon dibattito.

“Ho conosciuto e lavorato con Berlusconi: 2011, ecco perchè fu fatto cadere”

 

Per buona parte del cd “senso comune”, Berlusconi è stato semplicemente un “ricco e potente”.

Sia nella visione cattolica che in quella marxista, il ricco e potente è uno della cui eventuale rovina o essere indifferenti, o gioire a priori. Come se in qualche modo il ricco e potente dovesse essere in quanto tale castigato nell’eventuale caduta, o come se la caduta fosse, in fondo, il castigo alla fine meritato. L’invidia poi – si sa – è da sempre una bruttissima bestia.

Si parte dall’assunto, non dichiarato apertamente, che il ricco e potente non possa cambiare il sistema, e/o che il sistema non possa essere cambiato dal ricco e potente. E soprattutto, grazie ai marxisti, che il sistema non deve essere cambiato dal ricco e potente: solo l’entità denominata popolo-da-loro-organizzato è autorizzata all’opera.

L’assunto è errato ab origine. Il potere è enormemente articolato e stratificato in vari gruppi e classi, ed in un coacervo di interessi pubblici e privati del valore di migliaia di miliardi, assolutamente incontrollabile da nessuno dei tanti ricchi e potenti che lo popolano nelle sue varie sfere (politica, economica, mediatica, tecnologica, etc).

Se uno dei tanti ricchi e potenti decide di dedicarsi alla politica, il fenomeno va evidentemente osservato. Perche’ mai un miliardario con un piccolo impero economico autosostenuto, che potrebbe indubbiamente godersi la vita, tra lavoro o divertimenti e hobbies, dovrebbe entrare nella jungla della politica?

Le ragioni – ci dicono cattolici e marxisti – non possono che essere negative: smania di potere, narcisismo, ulteriore arricchimento personale, etc, etc. Non a caso il Regno dei Cieli appartiene ai poveri! I marxisti aggiungono, inoltre, che un ricco non potrà fare altro che gli interessi dei ricchi – come se la persona non contasse, o scomparisse per incanto nella sua identità di classe.

Così, in buona sostanza, il ricco e potente che entra in politica viene immediatamente osteggiato in termini ideologici e/o moralistici. Quanto più il ricco e potente ha successo in politica e quanto più sembra attentare ad una serie di interessi – quali che essi siano – tanto verrà sempre più osteggiato in quanto ricco e potente: è il punto di partenza condiviso da cattolici e marxisti.

In base a tale forma mentis, si esclude in linea di principio che il ricco e potente entri nella jungla della politica con intenti sinceramente positivi, mirati all’effettivo miglioramento delle condizioni e degli interessi generali di un Paese. Se poi il ricco e potente attenta seriamente agli interessi di varie lobbies, e si mostra, inoltre, assolutamente determinato, non resta che fargli la guerra con tutti i mezzi disponibili.

E’ esattamente quello che è accaduto in Italia per circa 20 anni a Silvio Berlusconi, e quello che sta accadendo a Donald Trump da oltre 7 anni negli Stati Uniti d’ America.

Tangentopoli

Nei primi anni 90, alla fine di un ventennio segnato – attenzione – da una duplice guerra, al terrorismo politico di estrema sinistra e di estrema destra ed alla mafia, l’Italia fu travolta dal ciclone di Tangentopoli. Nel giro di qualche anno, un gruppo di giudici – categoria che era stata esposta in prima linea nella guerra ventennale a terrorismo e mafia, come nessun’altra magistratura (e Paese) in Occidente – decapitò gran parte della classe dirigente italiana, e specificamente la Democrazia Cristiana ed il Partito Socialista. La corruzione emersa oltrepassava le dimensioni già liberali del senso comune italiano, e colse tra sorpresa e nausea gran parte del popolo italiano. Ma dopo neanche un anno, alcuni dubbi iniziarono ad emergere nell’opinione pubblica: perchè i metodi giacobini (le detenzioni indiscriminate per mesi senza interrogatorio a scopo di pressione, vedasi il suicidio di Cagliari)? Perché il linciaggio mediatico prima della sentenza, frequentemente di assoluzione dopo anni e anni di prime pagine? Perchè i filoni di corruzione e finanziamento illecito, indubbiamente minori ma comunque emersi a carico del PCI/PDS, restavano di fatto non perseguiti?

I giudici di Milano avevano una agenda direttamente o indirettamente politica? Molti, tra i quali lo scrivente, pur nauseati dalla corruzione, iniziarono francamente a sospettare che tale fosse il caso: una agenda politica.

Dall’altra, la sinistra politica, mediatica e giudiziaria non perdeva come ovvio l’occasione per presentare la corruzione come intrinseca al sistema, e per presentarsi come unica alternativa: finita la Democrazia Cristiana, la lunga marcia della sinistra italiana verso il potere sembrava finalmente vicina al successo. Il sogno della Resistenza e del 1968….

L’ Italia, in buona sostanza, si apprestava a cadere come una pera matura nelle mani del PCI/PDS guidato da Achille Occhetto, con il vento in poppa. Li si poteva osservare fischiettare felici “Bella Ciao” e “Singing in the rain”……

Il primo Governo

Senonchè sulla scena politica apparve il ricco e potente Silvio Berlusconi, che riuscì nel capolavoro politico di creare un nuovo partito e di allearlo a due formazioni tendenzialmente antagoniste, la Lega Nord federalista e nordista ed Alleanza Nazionale, statalista e meridionalista, vincendo le elezioni del 1994. Il Governo non durò neanche un anno, per la defezione di Bossi, erroneamente convinto dalla sinistra che Berlusconi volesse il nuovo balconcino di Piazza Venezia. Da registrare due eventi: le oceaniche manifestazioni della sinistra e dei sindacati contro la riforma delle pensioni proposta dal Governo Berlusconi: ma quando neanche un anno e mezzo dopo, il nuovo Governo Dini approvò nel 1996 sostanzialmente la stessa riforma, nelle piazze – che strano – non si vide neanche il classico topolino…

Ma soprattutto, la comunicazione giudiziaria per associazione a delinquere notificata al Presidente del Consiglio Berlusconi durante la sua Presidenza del G8 del 1994, uno sputtanamento urbi et orbe di Berlusconi e dell’Italia, ed un apparente tentativo di golpe dei giudici di Milano, guidati dall’onestone Saverio Borrelli. Oggi Mieli del Corsera ci dice di essere “stupito” per non essere mai stato interrogato sulla fuga di notizie – la comunicazione giudiziaria gli fu infatti resa nota more solito con diverse ore di anticipo – ma intanto l’autore del tentato golpe, l’onestone Saverio Borelli – quello del vittimista, ipocrita e patetico “resistere, resistere, resistere”- è nel frattempo deceduto, fortunatamente insieme al sogno eversivo del Governo della Magistratura.

Il secondo Governo

Berlusconi tornò al Governo dal 2001 al 2006, per poi perdere per un soffio le elezioni del 2006, vinte da Romano Prodi. Molti critici argomentano che con la maggioranza di cui disponeva, avrebbe potuto fare molto di più, oltre all’abolizione delle odiate mega tasse sulla prima casa e sulla successione. Vero! Ma come sottovalutare l’ignobile guerra politica, mediatica e soprattutto giudiziaria di cui fu oggetto? Oltre 110 procedimenti penali, dei quali oltre 80 archiviati e circa 30 andati a processo, esitati in due piccole condanne penali, una giuridicamente più opinabile dell’altra. Oltre 15 anni di processi al bunga bunga, un avanspettacolo mediatico di infimo livello che ha coperto l’Italia di ridicolo in tutto il mondo, culminato nel gran finale della legge Severino del 2012, con la quale Berlusconi fu estromesso dal Senato in base ad una disposizione retroattiva, un autentico manifesto di inciviltà giuridica…..

Il linciaggio costante, disfattista ed antinazionale, al quale fu esposto, è esemplificato dal famoso incidente con il deputato socialista tedesco Martin Schulz nel Parlamento Europeo di Strasburgo nel 2003. Il citato, lungi dal rispettare Berlusconi quale Presidente del Consiglio del nostro Paese e Presidente di turno dell’UE, profferì un discorso letteralmente allucinante per il livello infimo delle argomentazioni ed insulti sia verso Berlusconi – diffamato davanti a circa 1000 eurodeputati come, sostanzialmente, un corrotto ed un mafioso – sia nei confronti del nostro Paese, mettendo insieme, sprezzantemente “Garibaldi e Cavour, Totti e Del Piero”. Berlusconi fece non bene, ma benissimo a ricordare indirettamente a Schulz la recente storia del suo Paese, la Germania, ma perfino la nostra stampa sorvolò del tutto sul livello osceno ed in ultima istanza razzista delle argomentazioni e insulti da bettola portuale di Martin Schulz.

Il terzo Governo (2008-2011)

E arriviamo così all’ultimo Governo Berlusconi, dal’8 maggio 2008 alle dimissioni del 16 novembre 2011. L’atmosfera internazionale non era delle migliori.

Gli USA non avevano mai digerito la trappola diplomatica di Pratica di Mare (2002), in cui di fatto Berlusconi aveva costretto Bush alla storica pace con la Russia di Putin, e con l’elezione di Obama (2009), l’amicizia di Berlusconi con Putin fu immediatamente messa sotto stretta osservazione.

La Commissione UE, nel frattempo, non ne poteva più dei veti unilaterali del Governo Berlusconi, veti che la stampa di sinistra (Corsera-Repubblica-La Stampa) nemmeno riportava. Secondo la versione di questa stampa, l’UE non sopportava Berlusconi per via dei bunga-bunga….

Il limite fu oltrepassato con l’accordo strategico firmato con la Libia nell’agosto del 2008.

Per USA, Francia, GB e Commissione UE un accordo del genere avrebbe potuto essere negoziato e firmato solo dalla Commissione UE, e non certo dall’Italia – proprio come se fossimo a sovranità limitata. In particolare, il progetto italiano della costruzione di una autostrada litoranea dalla Tunisia all’ Egitto avrebbe unito la Libia, sempre di fatto divisa tra Cirenaica e Tripolitania, fomentato enormemente lo sviluppo di quel Paese e con esso la presenza italiana. L’accordo, infine, proteggeva l’Italia dalla potenziale invasione migratoria, e conferiva ad entrambi i Paesi condizioni di fatto preferenziali.

Berlusconi non si rese mai conto della valenza esplosiva dell’accordo con la Libia: una sua grave colpa, per ingenuità, distrazione, ed evidente mancanza di adeguati consiglieri in politica estera. I segnali del crescente nervosismo a Washington, Parigi, Bruxelles e Londra furono chiari e molteplici, perfino nelle relative Ambasciate in Italia, e furono anche riportati direttamente ad alcuni dei suoi più diretti consiglieri e ministri. Sarebbe stato necessario andare a spiegarsi francamente sia a Washington che a Bruxelles, ma alcuni decisero di non intervenire ed altri semplicemente se ne infischiarono. Alcuni argomentano che Berlusconi ha spesso sbagliato nella scelta dei suoi collaboratori, per eccesso di ingenuità e fiducia; altri, invece, che si è limitato a scegliere tra quel molto poco che offriva la classe politica e diplomatica del nostro Paese.

Quando la Francia e gli USA decisero di scatenare la guerra alla Libia (alla, non in) – l’ultimo tassello della primavera araba che dopo la guerra in Siria scatenò l’immigrazione di massa in Europa – così tanto voluta dal Presidente USA Obama, che da sempre mal tollerava le società bianche europee – Berlusconi cercò di opporsi, ma fu costretto da Napolitano ed il PD a concedere lo spazio aereo, e non ebbe il coraggio di dare le dimissioni. Poi, come noto, la risoluzione No Fly Zone dell’ONU fu violata dalla Nato, che la utilizzò per bombardare le forze pro Gheddafi, nonostante le proteste della Russia.

I danni della guerra alla Libia sono stati esponenziali per il nostro Paese – vedasi “solo” l’invasione migratoria – ma ancora oggi si fa finta di niente: basta non parlarne, è così semplice!!!!

Soprattutto, anche dopo la guerra, USA, Francia, GB e Commissione UE – con l’aggiunta della Germania della Merkel-– decisero che Berlusconi, tra Putin e Gheddafi aveva passato la misura, e che doveva andarsene, ed approfittarono – in pieno stile Italia dei Secoli Bui – della quinta colonna italiana: il PD del Presidente Giorgio Napolitano, passato da decenni di obbedienza all’URSS all’obbedienza ai Dem USA ed all’UE. Sembra un salto, ma è solo apparente: sempre di obbedienza si tratta, alla fine..

Alla vicenda libica si era infatti nel frattempo sovrapposta la crisi europea del debito, ed al fronte ostile si era ormai purtroppo unita anche la Germania della Merkel. La crisi dello spread fu aperta dalla famosa lettera Trichet – Draghi, un attacco politico del tutto gratuito, e fu poi esacerbata dalla mai preannunciata ed improvvisa svendita di centinaia di miliardi di titoli del debito italiano da parte delle banche tedesche – un atto di estrema ostilità, certamente non da Paese amico. Seguirono le ripetute e petulanti insistenze del duo Sarkozy – Merkel affinchè l’Italia si consegnasse alla Trojka, sotto la quale finirono tutti gli altri Paesi esposti: Grecia, Spagna, Portogallo ed Irlanda, che tutti insieme facevano poco più sia del PIL che del debito della sola Italia, di gran lunga il più grande ma l’unico Paese scampato.

Secondo le successive rivelazioni dell’allora Ministro del Tesoro USA, Timothy Geithner, il fermo NO di Berlusconi e Tremonti alla Trojka fu il fattore che suggellò definitivamente la fine del suo Governo: da Parigi, Berlino e Bruxelles ci fu un continuo pellegrinaggio per chiedere aiuto a Washington.

La solitudine di Berlusconi e le dimissioni

L’aiuto di Washington non può non esserci stato, alla luce delle caratteristiche ossessive e martellanti della campagna mediatica nazionale ed internazionale sullo spread che ha condotto all’isolamento di Silvio Berlusconi, abbandonato da quasi tutti, incluso buona parte del gruppo parlamentare di Forza Italia: sembrava che l’Italia stesse letteralmente per affondare, e che l’unica salvezza fosse rappresentata dalle sue dimissioni, presentate il 16 novembre 2011. Un falso storico e propagandistico ma pazienza, poi come noto, per oltre un decennio a partire da Monti, siamo letteralmente stati governati sotto il rigido controllo autorizzativo preventivo dei burocrati della Commissione UE, eletti – vale la pena ricordarlo – da nessuno, e politicamente responsabili nei confronti di nessuno.

Il Berlusconi post 2011 è stato tutta un’altra figura rispetto al Berlusconi pre 2011, lo sappiamo tutti: il sostegno a Monti, la rielezione di Napolitano…. Francamente, a me dal 2011 in poi è sempre apparso come un uomo segnato e ridimensionato dalla sconfitta. Pregasi astenersi da recenti paragoni storici.. .

La domanda, alla fine, è quanto la sconfitta del 2011 gli sia addebitabile, o se non sia principalmente addebitabile al nostro Paese. In fondo, mutatis mutandis e nonostante il funerale di Stato, Berlusconi ha subito una parabola finale negativa simile a quella degli altri due leaders politici che hanno osato conferire una linea nazionale agli interessi del Paese: Craxi, esiliato ed infine morto in Tunisia, e Andreotti, politicamente sommerso dalla ridicola ma spettacolare, teatralizzata accusa di aver attivamente sostenuto la mafia siciliana.

C’è poco da fare, la Storia è fatta anche dalle grandi personalità politiche, che non appaiono frequentemente. La Francia, per esempio, ha recentemente avuto De Gaulle e Mitterrand, in parte Chirac, e li ha certamente trattati molto meglio.. . La Russia oggi ha Putin, è inutile negarlo.

In Occidente, l’unica grande personalità politica è oggi Donald Trump, e la lobby NeoGlobal gli sta chiaramente infliggendo un trattamento analogo e perfino peggiore di quello inflitto a Silvio Berlusconi: il metodo italiano della persecuzione giudiziaria di un politico (ricco e potente) ha ormai fatto scuola anche negli USA.

C’è da sperare che gli Americani riescano a difendere Donald Trump! Loro non devono ancora fare i conti, come noi Italiani, con il fantasma mai del tutto esorcizzato di.. Benito Mussolini. Anzi, come molti ancora non hanno capito, molto spesso anche loro l’hanno ampiamente utilizzato.. .

17.06.2023

(Le opinioni espresse nel presente articolo non rispecchiano necessariamente quelle di ComeDonChisciotte.org)

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