DMITRY ORLOV
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E’ tempo di elezioni negli Stati Uniti, e sintonizzandosi su un qualsiasi notiziario locale o programma di intrattenimento è facile imbattersi in ogni sorta di commenti, opinioni, supposizioni e congetture selvagge su come si comporteranno i “probabili elettori”.
Permettetemi di togliervi il disturbo: probabilmente andranno a votare. Per chi voteranno non ha importanza: sicuramente andranno a votare per un politico americano, un avvocato o un imprenditore, appartenente a uno degli schieramenti politici in lizza, tutti con nomi fuorvianti per confondere l’opinione pubblica.
Ci sono quelli che si definiscono conservatori, ma in realtà non lo sono affatto perché sono sostenitori del libero mercato. Altri si dicono esponenti del libertarianismo, ma hanno dimenticato le loro radici anarco-socialiste e sono in realtà liberali, sostenitori del libero mercato. Poi ci sono i “liberali”, anch’essi sostenitori del libero mercato, ma che vogliono dimostrarsi gradevoli, mentre gli altri non lo sono. Tuttavia nessuno tra questi vuol’essere chiamato “liberale”, perché in questo universo politico scombinato è diventato quasi un insulto. Spiegare questo nonsense a visitatori stranieri richiede molto tempo e, quando si conclude dicendo che le distinzioni lasciano il tempo che trovano (perché non importa come i politici si autodefiniscono, in realtà sono tutti capitalisti di stato che hanno manifestato qualche tendenza fascista), i visitatori avvertono inevitabilmente di aver perso tempo.Ma se provate a spiegare questo nonsense ad un pubblico statunitense, sarete voi ad aver l’impressione di perdere tempo. Gli elettori statunitensi sono vittime di imbroglioni politici, e per ciò probabilmente non si può far nulla. La truffa più eclatante è il fatto di indurli a votare contro i propri stessi interessi di classe. Qualche generazione fa c’erano i “democratici di Reagan”: gente della classe operaia che ha votato – non una volta, ma due! – per qualcuno contrario alle organizzazioni sindacali. E dopo qualche decade di progresso politico troviamo i “Teabaggers”: obesi di mezza età dal pallore malaticcio che stanno per votare per chi li priverà di scooter elettrici forniti dal governo e di spese mediche altissime.
Quando gli imbroglioni politici falliscono e gli elettori sono effettivamente un po’ turbati, è tempo di inviare i clown, e così recentemente una coppia di comici della tv di tarda sera si è aggiunta al gruppo, tenendo grandi comizi per “riportare il buonsenso”. Questo nuovo buonsenso è esemplificata dal seguente ritratto di famiglia: papà è un “repubblicano conservatore”, mamma è una “liberale di Obama”, il figlio un “esponente del libertarianismo”, la figlia è una “verde” e il cane (l’unico sano di mente) sta cercando di scappare. Ecco i Losers: sono quelli che non hanno la minima idea della classe a cui appartengono, di quali sono i loro interessi di classe, e di quali sono le possibilità di fare un uso proficuo delle politiche democratiche per difendere e promuovere in modo congiunto i propri interessi di classe, bene…questi sono i Loser (perdenti n.d.r.) – e il nome dice tutto, no? Tutto quel sangue versato in nome della libertà e della democrazia, e per poi ritrovarsi un paese di Loser fuori di testa con un cane randagio sano di mente in cerca di una nuova casa…
Ma è tutto una perdita di tempo: i Loser potrebbero votare oppure no, potrebbero incollare il chewing gum al tavolo della colazione oppure correndo su e giù per le strade per manifestare, partecipare a marce pacifiste o farsi colpire da lacrimogeni e spari di delinquenti – il risultato sarebbe lo stesso.
Non importa chi siano, i politici americani rivelano tutti due importanti tendenze in conflitto: la burocratizzazione e la privatizzazione. Tra questi, chi sostiene la burocratizzazione promuove la burocrazia nel settore pubblico creando sistemi politici clientelari e corrotti. Chi tra di loro sostiene la privatizzazione, vuole smantellare le istituzioni pubbliche e privatizzare tutto ciò che è sotto il sole al fine di ridurre all’osso il dominio pubblico e promuovere la concentrazione di ricchezza privata. Queste due idee sono in contrasto, non per ragioni ideologiche, ma semplicemente perchè c’è un inevitabile conflitto tra di esse: le grandi burocrazie pubbliche espandono il settore pubblico, mentre la privatizzazione punta a ridurlo drasticamente. Tutti i politici americani hanno interessi sia nell’espandere il settore pubblico, sia nel privatizzare le sue funzioni. Quando l’economia statunitense è in crescita, le due fazioni vedono i loro interessi garantiti, e procedono espandendo le burocrazie locali e federali e assistendo, di pari passo, ad una concentrazione della ricchezza, e rendono così felici tutti quelli che hanno a cuore – tutti tranne la popolazione costantemente trascinata verso la bancarotta e la miseria; ma questo è solo un problema di percezione, a cui eserciti di consulenti politici, in prossimità delle elezioni, pongono prontamente rimedio. Questo delirio tra pubblico-privato si definisce “bipartisan”. Quando l’economia non è in fase di crescita, le due fazioni sono costrette a fronteggiarsi in ciò che risulta un gioco a somma zero, chiamato “fase di stallo”. Allo stato attuale, l’economia sta crescendo con un tasso così debole da determinare un continuo aumento della disoccupazione (definita come “percentuale di persone abili al lavoro, per età e forma fisica, senza occupazione” – non il falso dato “ufficiale”). Per di più questa debole crescita verrà presumibilmente corretta al ribasso nei prossimi mesi. Il futuro si prospetta ancora più grigio: un buon indicatore di tendenza della crescita economica si trasforma in una “spesa discrezionale per l’acquisto di beni di consumo durevoli”, e le persone che se ne sono accorte ci dicono che la tendenza negativa dura ormai da alcuni mesi e si preannuncia un tasso di crescita per il prodotto interno lordo intorno al –6%, tasso che, se rimane stabile e non peggiora ulteriormente, indurrà nell’economia statunitense un dimezzamento per all’incirca dodici anni. Un’economia in continua contrazione ha come risultato una fase di stallo permanente.
Sebbene buona parte dei commentatori politici (non) definiscano preoccupante questa fase di stallo, è difficile trovare un motivo di accordo con queste dichiarazioni. Considerato il dilemma del paese, cosa scegliere per piegarsi all’apparentemente vantaggiosa logica bipartisan: il risultato di una maggiore burocrazia a livello federale e locale o invece il frutto della privatizzazione selvaggia e della concentrazione della ricchezza nelle mani di una ristretta élite? Supponiamo di essere grandi sostenitori della burocrazia; come possiamo aspettarci che il paese sia in grado di mantenere tutti questi burocrati, se l’economia – e di conseguenza l’erario – si contrae? Immaginando di essere fans dei super ricchi, che non vedono l’ora di entrare a far parte della categoria vincendo la lotteria; come ci aspettiamo che queste ricchezze si concretizzino in qualcosa, visto che la maggior parte si basa su “cambiali a lunga scadenza” – valuta, azioni, bond, proprietà intellettuali o pezzi di carta anche più esotici o tossici con stampati lettere e numeri? Tutti questi strumenti finanziari sono scommesse sulle buone performances future dell’economia statunitense, che, tuttavia, è in recessione. Un’economia in continua recessione manda in fumo questa ricchezza di carta, e questi strumenti cartacei si rivelano effimeri come biglietti di uno spettacolo che sta per essere cancellato.
L’esercito della burocrazia e quello della ricchezza sulla carta hanno entrambi carta a sufficienza per alimentare il fuoco ancora per un po’, ma siamo sicuri che il paese abbia bisogno di un impegno bipartisan per incrementare questo stato di combustione? Se desiderate entrare a far parte del sistema e dimostrare il vostro apprezzamento tramite il voto, potreste votare per lasciare le cose in questa fase di stallo, prolungando così il vostro piacere.
Votate pure così, se lo desiderate; siete liberi di sprecare il vostro tempo. Ma tutti quelli che non sono interessati al voto? La mia indagine informale sugli improbabili elettori rivela che un numero incredibilmente grande di essi sta pensando di lasciare il paese. A volte sembra che tutti quelli con un lampo di genio stiano pensando di andare via. Questo si verifica in particolare per chi ha la doppia nazionalità e possiede un passaporto americano di convenienza (è tra i più facili da ottenere al mondo). Per questi cittadini la questione è piuttosto “quando”? Ciò accade anche per chi è nato all’estero, ha un genitore straniero o ha altro tipo di legami con un altro paese. Tuttavia ci sono molte persone che stanno pensando di partire dopo aver trascorso tutta la vita negli Stati Uniti, non essersi mai avventurati all’estero e non conoscere nemmeno una lingua straniera! Non sanno come integrarsi in un altro paese, ma sono consapevoli di non poter rimaner dove sono. Trovare un’altra patria per queste persone sembra davvero una sfida.
Pare che buona parte delle persone, sufficientemente intelligenti per capire che votare qui (negli USA n.d.r) è roba da pazzi, vogliano lasciare il paese. Ma quanti di loro avranno veramente successo in quest’impresa? La risposta (sempre basata sulla mia assolutamente informale e limitata indagine sugli improbabili elettori) è che la maggior parte non ce la farà. Ciò è piuttosto spiacevole, poiché il pianeta non può assorbire così tanti emigranti dagli Stati Uniti. Se decidete di diventare uno di essi, pensateci molto bene. In molti paesi il clima sta diventando sempre meno favorevole all’immigrazione. Più aspettate, più alto è il rischio di rimanere arenati in ciò che resta degli States.
Avrò sicuramente molte altre cose da dire – una volta cessata la febbre delle elezioni, Washington sarà indubbiamente intrappolata in questa fase di stallo e i falò della grandiosità burocratica e della ricchezza su carta bruceranno vigorosi.
Dmitry Orlov
Fonte: http://cluborlov.blogspot.com/
Link: http://cluborlov.blogspot.com/2010/11/survey-of-unlikely-voters.html
2.11.2010
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di ELENA