Un’analisi geopolitica del conflitto in corso

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Riceviamo e pubblichiamo da Idee&Azione.

Secondo la dottrina Brzezinski, l’espansione atlantista verso l’Eurasia, obiettivo dell’asse egemone globalista (vedi Kennan, Spykman), può essere raggiunta strategicamente purché l’asse atlantista riesca ad aprire corridoi prendendo posizioni strategiche nel territori che comprendono i “5 mari”: (Mar Caspio, Mar Nero, Mar Rosso, Golfo Persico e Mar Mediterraneo).

In questo contesto, gli Stati Uniti hanno svolto un ruolo di normalizzazione delle relazioni e degli accordi di pace perseguiti tra l’Arabia Saudita (con posizione dominante nel Mar Rosso e nel Golfo Persico) e Israele.

L’attacco di Hamas, gruppo sedizioso finanziato dall’Iran, sarebbe un messaggio da parte degli Stati arabi per allertare l’Arabia Saudita sulle conseguenze di una normalizzazione delle sue relazioni bilaterali con Israele, che potrebbe sostanzialmente destabilizzare la fragile pace nell’area.

La conquista dei mari

L’Iran ha visto un’opportunità nelle pretese israelo-saudite. Non c’è dubbio che il conflitto in Ucraina sta diventando la grande sconfitta per gli Stati Uniti e la NATO. Il successo della Russia in Ucraina sta incoraggiando l’Iran a contrastare decenni di politica estera americana ostile in Medio Oriente. L’attacco di Hamas sembra dimostrare che l’Iran punta allo scontro diretto con gli Stati Uniti e Israele.

Se ci atteniamo alla grave crisi finanziaria che Washington sta attraversando, il governo americano in bancarotta è stato appena “invitato” a partecipare ad un’altra guerra. Un nuovo fronte, questa volta in Medio Oriente, strangolerebbe la catena di approvvigionamento militare e accelererebbe il declino finanziario dell’America. Partecipando ad un’altra guerra, il governo degli Stati Uniti sarebbe costretto a stampare trilioni di dollari, aggravando la spirale della crisi finanziaria e del debito. Affrontare un’altra guerra causerebbe un aumento significativo dell’inflazione e un declino economico accelerato di cui il Partito Democratico sarebbe direttamente responsabile.

Notiamo anche che se l’Iran decidesse con una strategia di prendere il controllo dello Stretto di Hormuz, la crisi energetica mondiale peggiorerebbe terribilmente. Ricordiamo che da questa zona passa quasi il 20% del petrolio mondiale e circa il 35% di quello commercializzato via mare. Vediamo anche che l’amministrazione Biden ha messo le mani sulla maggior parte delle riserve petrolifere degli Stati Uniti per stabilizzare i prezzi del petrolio interno. Le azioni guerrafondaie dell’Iran potrebbero aggravare sostanzialmente la crisi per l’amministrazione Biden.

In questo momento, il governo degli Stati Uniti e i suoi partner occidentali non possono permetterselo.

Detto questo, analizziamo un dato allarmante: com’è possibile che l’agenzia segreta più preparata del pianeta e l’esercito meglio addestrato al mondo abbiano permesso che una frontiera, che è in pratica una fortezza, venga colta di sorpresa dai suoi nemici? Per un periodo di quasi sei ore? Ci sono fazioni all’interno dell’amministrazione Biden che avevano bisogno di manovrare in quell’area e intensificare il confronto? In vista di cosa?

Nel frattempo, la Russia – che ha relazioni bilaterali e accordi amichevoli con Palestina e Israele – ha assunto una posizione di attesa poiché sembra comprendere lo scopo delle rivendicazioni israelo-americane riguardo alle sue alleanze con l’Arabia Saudita. È necessario aggiungere che Russia e Cina sarebbero i paesi più rafforzati economicamente da una crisi a Washington.

Nella Grande Scacchiera Geopolitica, l’Iran non farebbe altro che evitare una “presa di posizione” nel corridoio dei 5 mari e a sua volta, come effetto collaterale, aggraverebbe la crisi economica del suo principale e apparentemente irriducibile nemico, gli Stati Uniti.

08.10.2023

Fonte: https://t.me/ideeazione/10972

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