Le microplastiche sono ormai onnipresenti nell’ambiente in cui viviamo e nella catena alimentare con i problemi che ne conseguono, non è una novità. Adesso, però, è appena uscito uno studio che è stato condotto dall’Università di Vrije, ad Amsterdam, nei Paesi Bassi e pubblicato sulla rivista Environment International che, per la prima volta, le ha identificate e quantificate nel sangue umano.
È una notizia preoccupante. Il sangue irriga gli organi del corpo ed è la via di trasporto dell’ossigeno, dei nutrienti e, a questo punto, potenzialmente anche delle particelle di plastica verso altri tessuti e organi. Gli autori scrivono, infatti, esplicitamente: “È scientificamente plausibile che le particelle di plastica possano essere trasportate agli organi attraverso il flusso sanguigno.”
Si legge, inoltre, nello studio: “La dimensione, la forma, la chimica della superficie e la carica di una particella governano le sue interazioni con i sistemi biologici, inclusa la formazione di una corona proteica sulla superficie della particella. È probabile che alcune si vadano a localizzare nelle cellule immunitarie, mentre altre possano aderire a proteine, particelle lipidiche, all’endotelio vascolare o ad altre particelle di plastica.”
Il contatto con le microplastiche avviene attraverso ingestione, inalazione o anche attraverso la pelle. Sono i ricercatori stessi a elencare tutte le potenziali vie di esposizione: “Fonti nell’ambiente di vita che entrano nell’aria, nell’acqua e negli alimenti, ma anche prodotti per la cura della persona che potrebbero essere ingeriti (es. PE nel dentifricio, PET nel lucidalabbra), polimeri dentali , frammenti di impianti polimerici, nanoparticelle polimeriche di rilascio di farmaci (ad es. PMMA, PS), residui di inchiostro per tatuaggi (ad es. particelle di acrilonitrile-butadiene stirene).”
Infine gli autori dello studio precisano che “non si conosce attualmente il tempo di permanenza di queste microplastiche nel flusso sanguigno.” Inoltre: “Resta da determinare se le particelle di plastica sono presenti nel plasma o sono trasportate da tipi di cellule specifiche”. E concludono con una domanda: “Se le particelle di plastica presenti nel flusso sanguigno sono effettivamente trasportate dalle cellule immunitarie, tali esposizioni possono potenzialmente influenzare la regolazione immunitaria o la predisposizione a malattie a base immunologica?”.
Appare urgente approfondire con ulteriori studi, tanto più che il problema delle microplastiche è crescente e che l’esposizione non risparmia nessuno, compresi neonati e bambini (che sono ancora più vulnerabili alle sostanze chimiche rispetto agli adulti).
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VB