DI JEAN-LOUIS ARCAND, ENRICO BERKES E UGO PANIZZA
www.voxueu.org
Negli ultimi tre decenni il settore
finanziario degli Stati Uniti è
cresciuto sei volte più velocemente del PIL nominale. Questo articolo
argomenta che c’è un punto in cui il settore finanziario ha un effetto
negativo sulla crescita, ovvero quando credito il settore privato eccede
il 110% del PIL. Mostra che, nei paesi avanzati che al momento stanno
soffrendo per le ricadute della crisi globale, si era sempre al di sopra
di questa soglia.
L’idea che un sistema finanziario ben
funzionante giochi un ruolo essenziale nel promuovere lo sviluppo economico
risale a Bagehot (1873) e Schumpeter (1911). L’evidenza empirica della
relazione tra finanza e crescita è più recente.
Goldsmith (1969) fu il primo a mostrare
la presenza di una correlazione positiva tra la dimensione del sistema
finanziario e la crescita economica di lungo termine. Affermò che questa
relazione positiva fu guidata dalla mediazione finanziaria, che migliora
l’efficienza più di quanto faccia il volume degli investimenti. Comunque,
Goldsmith non fece alcun tentativo per stabilire se ci fosse un legame
causale dallo sviluppo finanziario alla crescita economica. Molti economisti
rimasero quindi dell’opinione che un grande sistema finanziario è
semplicemente un sottoprodotto del processo complessivo dello sviluppo
economico. Questa posizione è ben rappresentata dalle affermazioni
di Joan Robinson (1952) secondo cui “dove l’impresa va, la finanza
segue“.
Nei primi anni ’90, gli economisti
iniziarono a lavorare verso per identificare un legame causale tra finanza
e crescita. King e Levine (1993) furono i primi a mostrare che lo sviluppo
finanziario è un predittore della crescita economica. Più attesti
in questa direzione venne da Beck et al. (2000) che utilizzarono diversi
tipi di strumenti e di tecniche econometriche per identificare la presenza
di una relazione causale dalla finanza alla crescita. Alla fine, Rajan
e Zingales (1998) hanno fornito prove aggiuntive per un legame causale
che va dallo sviluppo finanziario a quello economico, mostrando che
i settori industriali che, per ragioni tecnologiche sono più dipendenti
dalla finanza, crescono relativamente di più nei paesi con un settore
finanziario più vasto. Ora esiste una letteratura enorme che evidenzia
come finanza gioca davvero un ruolo fattivo nel promuovere lo sviluppo
economico e pochi economisti ora dubitano l’esistenza di questo
legame causale (Levine 2005).
La recente crisi ha comunque destato
la preoccupazione che alcuni paesi possano avere sistemi finanziari
“troppo grandi” rapportati alle dimensioni dell’economia nazionale.
Wold (2009), per esempio, notò che, negli ultimi tre decenni, il settore
finanziario degli Stati Uniti è cresciuto sei volte più velocemente
del PIL nominale, affermando che ci fosse qualcosa di sbagliato in una
situazione in cui “invece di essere un servitore, la finanza
era divenuta il padrone” dell’economia. Da parte sua, Rodrik
(2008) si chiese se ci fossero prove che l’innovazione finanziaria avesse
reso migliori, in modo misurabile e non equivoco, le nostre vite.
L’idea che ci possa essere una soglia
sopra la quale lo sviluppo finanziario ottiene ritorni sociali negativi
non è proprio nuova. Minsky (1974) e Kindleberger (1978) enfatizzarono
la relazione tra finanza e volatilità macroeconomica e scrissero lungamente
riguardo l’instabilità e le follie finanziarie. Più recentemente,
in un articolo che all’uscita sembrò controverso e che ora appare
profetico, Rajan (2005) analizzò i pericoli dello sviluppo finanziario
in cui la presenza di un grande e complicato sistema finanziario aveva
aumentato la probabilità di un “collasso catastrofico“.
In un articolo ancora più recente, Gennaioli et al. (2010) mostrano
che, in presenza di qualche rischio di coda trascurato, l’innovazione
finanziaria può aumentare la fragilità finanziaria, anche in assenza
di speculazione.
Inoltre aumentando la volatilità,
un settore finanziario corposo può portare anche ad un’allocazione
sub-ottimale delle risorse. Tobin (1984), per esempio, suggerì che
i ritorni sociali del settore finanziario sono più basso di quelli
privati e si disse preoccupato che un vasto settore finanziario possa
rubare risorse dai settori produttivi dell’economia e per questo essere
inefficiente dal punto di vista di una società (per un più opinione
più sfumata, vedi Philippon 2010).
La finanza
è andata troppo avanti? Nuovi approfondimenti
In un nuovo articolo (Arcand et al.
2011), abbiamo dato il nostro contributo alla letteratura sullo sviluppo
finanziario e la crescita economica in tre modi distinti.
– per primo, abbiamo costruito un semplice
modello, scoprendo che, anche in presenza di credito razionale, l’aspettativa
di un salvataggio in extremis può portare un settore finanziario
ad essere troppo grande rispetto all’optimum
sociale.
– secondo, abbiamo usati diversi insiemi
di dati (sia a livello dei paesi che a quello delle industrie) e approcci
empirici (incluso stime semi-parametriche) per mostrare che ci potrebbe
essere davvero “troppa” finanza.
I nostri risultati mostrano che l’effetto
marginale dello sviluppo finanziario sulla crescita di produzione diviene
negativo quando il credito concesso al settore privato supera il 110%
del PIL. Questo risultato è sorprendentemente coerente seguendo vari
tipi di stime (semplici regressioni e stime semi-parametriche) e di
dati (a livello paese e livello industria). La soglia per cui abbiamo
rilevato che lo sviluppo finanziario comincia ad avere un effetto negativo
sulla crescita è simile alla soglia in cui Easterly et al. 2000 rilevarono
che lo sviluppo finanziario inizia a incrementare la volatilità. Questa
scoperta è coerente alla letteratura esistente sulla relazione tra
volatilità e crescita (Ramey e Ramey 1995) e sulla persistenza di
shock negativi sulla produzione (Cerra e Saxena 2008).
– terzo, abbiamo discusso come i nostri
risultati si riferiscano alla crisi attuale e mostrano come tutte le
economie avanzate che ora stanno affrontando gravi problemi siano collocate
“troppo” oltre la soglia finanziaria.
Abbiamo anche svolto una serie di test
che mostrano come la dimensione del settore finanziario abbia svolto
un ruolo importante nell’amplificare gli effetti della recessione globale
che ha seguito il crollo di Lehman Brothers nel settembre 2008. Mentre
la maggior parte delle recenti discussioni sugli effetti negativi dello
sviluppo finanziario si è focalizzato sulle economie avanzate, noi
mostriamo che, nella recente crisi, il ruolo amplificatore del settore
finanziario è stato importante anche nei paesi in via di sviluppo.
Conclusioni
Crediamo che i nostri risultati possano
avere implicazioni potenzialmente importanti per la regolamentazione
finanziaria. L’industria finanziaria ha asserito che i requisiti di
capitale di Basilea III avranno un effetto negativo sui profitti bancari
e che porteranno a una contrazione dei prestiti con gravi conseguenze
sulla futura crescita del PIL (Istituto per Finanza Internazionale
2010). Mentre non è assolutamente certo che un rapporto più alto di
capitalizzazione possa ridurre la redditività (Admati et al, 2010),
la nostra analisi suggerisce che ci sono molti paesi per i quali standard
di credito più rigidi sarebbero davvero auspicabili.
Riferimenti:
Admati, A, P DeMarzo,
M Hellwig, and P Pfleiderer (2010), “Fallacies,
irrelevant facts, and myths in the discussion of capital regulation:
Why bank equity is not expensive“, Stanford GSB Research Paper
2063.
Arcand, JL, E Berkes, and U Panizza (2011), “Too Much Finance?”, non pubblicato.
Bagehot, W (1873), Lombard Street: A Description of the Money Market, History of Economic Thought Books, McMaster University Archive for the History of Economic Thought.
Beck, T, R Levine, and N Loayza (2000), “Finance and the sources of growth“, Journal of Financial Economics, 58(1-2):261-300.
Cerra, V and SC Saxena (2008), “Growth Dynamics: The Myth of Economic Recovery“, American Economic Review, 98(1):439-457.
Easterly, W, R Islam, and J Stiglitz (2000), “Shaken and Stirred, Explaining Growth Volatility“, Conferenza Annuale della Banca sull’Economia dello Sviluppo, Banca Mondiale, Washington DC.
Gennaioli, N, A Shleifer, and RW Vishny (2010), “Neglected Risks, Financial Innovation, and Financial Fragility“, NBER Working Papers 16068.
Goldsmith, RW (1969), Financial Structure and Development, Yale University Press, New Haven.
Institute of International Finance (2010), “Interim report on the cumulative impact on the global economy of proposed changes in the banking regulatory framework“, IIF Washington DC.
Kindleberger, CP (1978) Manias, Panics, and Crashes: A History of Financial Crises, Basic Books, New York.
King, RG and R Levine (1993), “Finance and growth: Schumpeter might be right“, The Quarterly Journal of Economics, 108(3):717-137.
Levine, R (2005), “Finance and growth: Theory and evidence“, in P Aghion and S Durlauf (eds.), Handbook of Economic Growth, 1(12):865-834.
Minsky, HP (1974), “The modeling of financial instability: An introduction“, in Modelling and Simulation, 5, Dibattiti della Quinta Conferenza
Annuale di Pittsburgh, Instruments Society of America, 267-272.
Philippon, T (2010), “Engineers vs. Financiers: Should the Financial Sector be Taxed or Subsidized?”, American Economic Journal: Macro.
Rajan, RG and L Zingales (1998), “Financial dependence and growth”, American Economic Review, 88(3):559-586.
Rajan, RG (2005), “Has financial development made the world riskier?”, Dibattiti della Jackson Hole Conference del 2005, organizzata dalla Kansas City Fed.
Ramey, G and VA Ramey (1995), “Cross-Country Evidence on the Link Between Volatility and Growth”, The American Economic Review, 85(5):1138-1151.
Robinson, J (1952), “The Generalization of the General Theory”, The Rate of Interest and Other Essays, Macmillan, Londra.
Rodrik, D (2008), “Now’s the time to sing the praises of financial innovation”, disponibile a http://rodrik.typepad.com
Schumpeter, JA (1911), A Theory of Economic Development, Harvard University Press.
Tobin, J (1984), “On the efficiency of the financial system”, Lloyds Bank Review, 153:1-15.
Wolf, M (2009), “Why dealing with the huge debt overhang is so hard”, Financial Times, 27 gennaio 2011.
Fonte: Too much finance?
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE