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Tre ciechi e una crisi depressiva crescente

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A cura di Davide
Il 9 Luglio 2018
184 Views

DI DMITRY ORLOV

lesakerfrancophone.fr

Abbondano i futurologi mai stanchi di annunciare che un disastro finanziario è dietro l’angolo. Non sono uno di quelli; quello che cerco di fare non è pronosticare ma spiegare. Io prendo il collasso per qualcosa di reale – un fatto che i miei lettori possono constatare da soli, se vogliono guardare – e ciò che mi interessa è il suo funzionamento interno.

Detto questo, quando tre celebri personalità annunciano simultaneamente che il collasso finanziario è imminente, suppongo che dovremmo cominciare a prestarvi attenzione. Per me non è neanche importante sapere se le loro opinioni sono valide o sbagliate, se hanno delle informazioni sicure o se sono persone buone o cattive. Tutto questo è fuori argomento. Ciò che interessa è che se un numero sufficiente di persone molto note dicono che il collasso finanziario è dietro l’angolo, allora considerata la portata e la forza delle loro parole, queste non sono più semplici opinioni, ma discorsi che agiscono per trasformare la realtà del mondo – in questo caso i vari meccanismi di finanza internazionale che funzionavano tranquillamente fino al momento di prepararsi ad essere travolti dagli avvenimenti.(1)

Intanto ascoltiamo Paul Krugman, professore di economia, insignito di un fasullo Premio Nobel dell’economia (senza relazione col premio Nobel ma di fatto assegnato da una banca svedese). Nè la sua carica di accademico di economia, né questo premio insicuro lo qualificano granché. Se volete saperne di più sull’economia, domandate a uno scienziato o a un ingegnere, non a uno sciamano che utilizza delle matematiche di fantasia per operare su quantità senza dimensioni, definite circolarmente: il valore è il prezzo, il valore è misurato in denaro… Il problema di Krugman è esacerbato perché “frigge molta aria”. Ho deciso che aveva abbandonato il suo terreno specifico quando ha annunciato che “ciò di cui noi abbiamo bisogno è, in effetti, l’equivalente finanziario di una guerra”. Potete togliere l’espressione “equivalente finanziario”; è soltanto una perifrasi ipocrita per evitare di passare per guerrafondaio. La guerra è la guerra.

Molta gente tuttavia presta attenzione all’economia guerriera di Krugman e ora egli dice che una guerra commerciale su grande scala tra gli Stati Uniti e altri paesi, produrrà delle barriere doganali in una proporzione variabile dal 30 al 60%, e provocherà di conseguenza un rallentamento significativo del commercio internazionale, forse intorno al 70%, e questo ridurrà la produzione economica mondiale del 2 o del 3%. Davvero? Secondo la banca mondiale il commercio internazionale rappresenta circa il 55% del prodotto lordo mondiale e dunque (100%-70%) x 55% fa 16,5% e non 2% o 3%, e questo senza contare l’effetto di trascinamento sul commercio locale in ogni paese; ma io non sono un economista insignito del premio Nobel, allora che ne so?

Le cifre di Krugman hanno poca importanza; è un economista perbacco, non un matematico! Ma dato che una guerra commerciale tra gli Stati Uniti e la quasi totalità del resto del mondo è già cominciata e non vi è apparentemente un meccanismo per ridurre questo conflitto, è giusto aspettarsene un’estensione globale. In generale ciò che dice Krugman sembra ragionevole ma la ragione per la quale lo dice è in gran parte politica: è un liberale e vuole mettere un dito nell’occhio di Donald Trump… anche questi è un guerrafondaio economico, proprio come Krugman, ma non è liberale.

Ebbene, perlomeno Krugman è ragionevolmente intelligente, mentre Trump sembra essere tanto idiota quanto un palo della luce, e i sicofanti del suo seguito non sembrano migliori. Trump pensa che il deficit commerciale enorme e permanente degli Stati Uniti sia un grosso problema (Ok è così) e che l’imposizione di dazi doganali sulle importazioni stimolerà l’economia nazionale per la sostituzione delle merci d’importazione (con merci nazionali – N.d.T.). È ciò che si dice “una riflessione di prim’ordine” basata sull’ esperienza passata e su regole di base lineari, invariabili nel tempo: soffiate nelle narici di un cavallo e lui agiterà la coda, non vi morderà né partirà al galoppo.

Cerchiamo di pensare con più chiarezza a ciò che può fare Trump. Sicuramente le barriere doganali possono stimolare la produzione nazionale. Ma che cos’è che stimolerà il consumo? Attualmente il deficit commerciale agisce come uno stimolo: gli altri paesi sono obbligati a riciclare tutti i dollari in eccesso che rimangono loro, riacquistando il debito americano, mentre lo guardano crescere. Questo mantiene bassi i tassi di interesse, che permettono al governo degli Stati Uniti di continuare a far crescere indefinitamente il suo debito ed usarlo per stimolare la sua economia. Il suo programma di rilancio dell’economia più importante e più stupido è il budget della difesa. Inoltre, tenete a mente la principale ragione per la quale gli Stati Uniti sono obbligati a importare tanta merce: perché la loro produzione nazionale non è competitiva. Gli affitti elevati, l’educazione sopravvalutata, un sistema di assistenza sanitaria discutibile, un quadro giuridico arzigogolato e un sistema di regole che fanno salire il costo degli affari rendono impossibile fabbricare dei prodotti a prezzi che le persone possano permettersi di comprare.

Penso di essere d’accordo con Krugman nel considerare che l’indebitamento crescente senza sosta sia un affare migliore delle barriere doganali. Il problema che vedo sta nelle parole “senza fine”: tutte le cose buone e cattive, presto o tardi devono finire. Il debito deve essere gonfiato sempre più in fretta di quanto non si accumuli, ma è un gioco pericoloso. Se l’inflazione aumenta e intanto i tassi di interesse restano bassi, il debito diventa estremamente poco attraente; e se i tassi d’interesse crescono (e in questo momento stanno aumentando, anche se lentamente), gli interessi sul debito assorbono tutte le entrate del governo. Chiaramente questo regime di miglioramento della vita per mezzo del deficit e del debito, a un certo punto avrà fine. La domanda è: quando?

Ebbene nei fatti non importa quando, a partire da ora. La crescita economica sembra ristagnare dovunque nel mondo. Sembra che l’eccezione siano gli Stati Uniti, ma in realtà non è così. Questo succede solo perché gli americani hanno cambiato il loro modo di calcolare il Prodotto Interno Lordo (PIL nel seguito- N.d.T.) per esempio, hanno incominciato a conteggiare nel PIL la proprietà intellettuale. Può darsi che debbano anche cominciare a conteggiare cose fantasiose. L’ultima volta che ho visitato la costa ovest, ho notato quantità enormi di fantasie impilate dovunque (il Regno Unito ha cominciato a contare i redditi della prostituzione e della droga, Washington dovrebbe provare a fare lo stesso). Le statistiche dell’inflazione e della disoccupazione sono manipolate allo stesso modo. Se gli Stati Uniti ricominciassero a calcolare tutte le cifre come facevano negli anni ‘70 del secolo scorso, diventerebbe evidente che gli Stati Uniti sono in recessione dal 2008.
Ciò che mette Krugman nel gruppo dei tre ciechi, è che non riesce a vedere per ciò che è un debito senza fine: una bomba sul punto di esplodere, che vi siano delle barriere doganali o no. L’ultimo decennio è stato segnato da una stagnazione e da una crisi finanziaria continua. Il cielo è stato oscurato dall’intervento della banca centrale. Dal 2008 al 2014, la Federal Reserve americana (nel seguito FED) ha stampato la maggior parte del suo denaro; poi le banche centrali europea e giapponese hanno preso anche loro il via. Ma adesso è diventato chiaro che questo non funziona più e la Banca Centrale Europea sta per ridurre il suo intervento di emergenza anche se l’emergenza non è finita.

I tempi difficili arrivano ma nessuno sa quando si manifesteranno, perché il sistema finanziario mondiale è attualmente in uno stato totalmente nuovo e sconosciuto. Non c’è niente a cui paragonarlo e non vi sono modelli per predire il suo comportamento futuro. La predizione di Krugman riguardo l’effetto delle barriere doganali può essere paragonata alla previsione dell’effetto di una ferita di fucile da caccia su un paziente che abbia un cancro allo stadio terminale. Il secondo cieco è George Soros. Un giovanotto malvagio che ha impoverito la gente in tutto il mondo con i suoi raggiri finanziari e che ha lavorato duramente per disturbare e distruggere le culture e le società locali utilizzando i progetti dell’Open Society, la sua ditta. Ma è un f****to bastardo molto ricco e quando questo genere di bastardi parla di finanza, è logico prestare attenzione a ciò che dicono, anche se come nel suo caso è per pensare il contrario di ciò che lui dice.

Soros è davvero cieco perché, ridicolmente, non vede problemi negli Stati Uniti. Invece pensa che la guerra commerciale di Trump innescherà una calamità finanziaria nell’Unione Europea e nelle economie in via di sviluppo. Secondo lui l’Unione Europea è in pericolo di esistere: “tutto quello che poteva andare male è andato male”. Proprio come Krugman, Soros incolpa prima di tutti Trump; non espressamente per le sue barriere doganali, ma per aver distrutto l’alleanza transatlantica e perché si è ritirato dall’accordo nucleare iraniano. Pensa che questi fattori influenzeranno negativamente l’Unione Europea. In più l’Unione Europea aveva già 3 problemi seri: il problema dei migranti, la disintegrazione del territorio (addio alla Gran Bretagna!) e un decennio di austerità che ha marginalizzato economicamente tutta una generazione di giovani. Nel frattempo negli Stati Uniti… nessun problema. Soros non ne vede. Io però posso aiutarlo: la seconda più grande economia del mondo è una Blanche Dubois (2) che dipende dal buon cuore degli stranieri. E che può essere impoverita da un giorno all’altro nel caso di liquidazione massiccia del debito americano.

Il nostro ultimo cieco è una donna: la direttrice del Fondo Monetario Internazionale, Cristina Lagarde, dietro la facciata della quale ho visto un intelletto vivace nascosto dietro il suo aspetto immaginario. In un discorso al Forum economico di San Pietroburgo, Lagarde ha parlato delle tre nuvole che oscurano l’orizzonte economico.

La prima nuvola nera è il debito sovrano complessivo, indubbiamente gargantuesco, di 162.000 miliardi di dollari, vale a dire il 225% del PIL mondiale, un record assoluto. Gli Stati Uniti sono alla testa del plotone, con più di 20.000 miliardi di dollari di debiti, ma l’Unione Europea non è molto indietro con 18.000 miliardi. Il Giappone ha accumulato 11.500 miliardi di dollari e la Gran Bretagna da sola 7.500 miliardi di dollari. È una situazione instabile che provocherà una grandinata di debiti sovrani cattivi che annienteranno la raccolta di fondi. La seconda nuvola nera di Lagarde è la fragilità finanziaria; se gli Stati Uniti riducono l’offerta di dollari alzando i tassi, i capitali saranno drenati dalle economie in via di sviluppo. Nei fatti la FED fa esattamente questo ed ha alzato il tasso dei fondi federali la settimana scorsa; preparatevi perché nevicherà a luglio.

La terza nuvola nera, “la più grande è la più scura” di Lagarde è l’erosione della fiducia dovuta ai tentativi di rimettere in discussione sia il modo in cui è stato governato il commercio sia le relazioni e il funzionamento degli organismi multilaterali. Naturalmente ancora una volta la colpa è di Russeau (1) Trump. Qualunque sia il problema, le barriere doganali, la Brexit, i migranti, l’austerità o un pericoloso calo della fiducia, queste tre grandi personalità sono d’accordo nel dire che bisogna incolpare Trump. Ai miei occhi Lagarde è quella che è più vicina ad avere ragione, e certamente conosce i suoi numeri, ma nessuno dei tre è capace di vedere il vero problema, che riguarda la fisica, non la finanza. Il numero in questione è circa 6 * 1020 (6 x 10 alla ventesima potenza) Joule, ovvero il consumo annuale di energia nel mondo, di cui una gran parte proviene da fonti non rinnovabili. Il problema ha a che vedere col fatto che una parte crescente di questa energia deve essere reimpiegata nella produzione di energia. All’inizio dell’era del petrolio, un barile di petrolio produceva 100 barili; adesso, in media, ne produce meno di 10. Consumare una grande parte di ciò che producono non fa delle Industrie dell’energia un’attività redditizia. Le imprese energetiche non possono più produrre energia a prezzi che i consumatori possono permettersi di pagare e il deficit deve essere compensato con l’indebitamento.

Dato che sempre più denaro viene investito nella produzione di energia, ne rimane sempre meno per il resto dell’economia e da qui la crescita del debito. Se diventa impossibile continuare ad accumulare del debito, bisognerà scegliere tra il fallimento dei produttori di energia e il fallimento di tutti. Questa evidentemente non è affatto una scelta: a quel punto tutto rovinerà. Ma non cadrà tutto contemporaneamente. Certi paesi, come la Russia e l’Iran, saranno in grado di continuare a produrre del petrolio, mentre invece tutta l’industria del fracking idraulico degli Stati Uniti chiuderà i battenti poco tempo dopo aver perso l’accesso al credito a buon mercato. A seconda di dove vi trovate nel mondo, l’effetto della bomba del debito si manifesterà sia come un eccesso temporaneo di liquidità, sia come un deficit permanente, di energia e di tutto ciò che la disponibilità di energia rende possibile.

Dmitri Orlov

Fonte: lesakerfrancophone.fr/

Link: lesakerfrancophone.fr/trois-aveugles-et-une-plus-grande-depression

21.06.2018

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di  GIAKKI49

(testo tradotto in francese per “Le Saker francophone” dall’originale inglese su Club Orlov)

NOTE

(1) Testo originale: “That’s all quite irrelevant. What’s relevant is that if enough high-visibility individuals say that financial collapse is around the corner, then, given the reach and the force of their utterances, they no longer function as mere expressions of opinion but as speech acts that transform the state of the world—of the various mechanisms of international finance, in this case, from humming right along to getting ready to seize up.”
(2) Blanche Dubois: Protagonista della pièce “Un tram che si chiama desiderio” di Tennessee Williams, è una giovane che perde il patrimonio famigliare e si adatta a vivere nella casa della sorella e del cognato, finendo poi malamente i suoi giorni. La più famosa citazione di Blanche Dubois è “I have always depended on the kindness of strangers. “ (Ho sempre dipeso dalla cortesia degli stranieri”), che riassume il discorso di Orlov nel seguito.
(3) “…c’est la faute à Voltaire…, c’est la faute à Rousseau”… come canta Gavroche, il monello personaggio dei “Miserabili” di Victor Hugo

 

 

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