Territorio Libero di Trieste: il segreto che fa tremare Washington

DONA A COMEDONCHISCIOTTE.ORG PER SOSTENERE UN'INFORMAZIONE LIBERA E INDIPENDENTE:
PAYPAL: Clicca qui

STRIPE: Clicca qui

In alternativa, è possibile effettuare un bonifico bancario (SEPA) utilizzando il nostro conto
Titolare del conto: Come Don Chisciotte
IBAN: BE41 9674 3446 7410
BIC: TRWIBEB1XXX
Causale: Raccolta fondi

Riceviamo e pubblichiamo.

Di Adam Bark

 

 

Nel cuore dell’ Europa, in uno dei punti più strategici di tutto il Mar Mediterraneo, si celano ormai da 70 anni retroscena molto spinosi. Si tratta di una storia intrisa di inganni e violazioni, occultata e riscritta per soddisfare l’interesse di chi, da oltreoceano, comanda il nostro Paese: la storia del Territorio Libero di Trieste (TLT). 

Lo status giuridico di Trieste, stabilito dall’art. 21 del Trattato di pace di Parigi del 1947, è quello di un territorio autonomo, neutrale, demilitarizzato e dotato di un porto franco internazionale. 

Riconosciuto dalla risoluzione n. 16 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e recepito dalla legge italiana 3054/52, il TLT venne concepito allora come un equalizzatore geopolitico, ovvero come uno strumento di multipolarità necessario in quell’Europa ancora dilaniata dalla guerra. 

Potendo esso rappresentare ben presto una spina nel fianco per l’ordine atlantista, che all’epoca stava prefigurandosi, il Territorio Libero di Trieste venne dapprima diviso in due zone e successivamente, nel 1954, occupato illegalmente dallo Stato italiano e da quello Jugoslavo. 

Ora, con l’emergere dell’aurora del mondo multipolare, la Questione Triestina può tuttavia assumere nuovamente un ruolo importante, essendo fondamentalmente rimasta sempre aperta. In quest’epoca di riordinamento dell’ assetto geopolitico si presenta l’occasione per smascherare le grandi bugie raccontate su Trieste, il suo porto e il suo territorio. 

Il grande inganno – storia di una simulazione di sovranità

 

Nell’immediato dopoguerra Trieste e l’area inclusa fino al Isontino vennero occupate dall’esercito jugoslavo che, sebbene fosse stato più rapido degli Alleati ad arrivare nella zona, lasciò poi il posto agli angloamericani per attestarsi lungo quella linea che poi segnerà i confini italo-jugoslavi. 

L’istituzione parziale nel 1947 del TLT, comprendente l’attuale Provincia di Trieste e la parte nord-occidentale dell’Istria, vide contemporaneamente il suo frazionamento in due zone e la sua occupazione “temporanea” da parte dei due eserciti vincitori. 

La zona A, ossia la provincia di Trieste, passò formalmente sotto l’amministrazione del G.M.A. (Governo Militare Alleato) mentre la zona B, comprendente tutto il territorio sloveno e croato fino a Cittanova, si venne a trovare sotto l’amministrazione del Governo centrale jugoslavo, con sede a Belgrado.

La “Questione triestina” (questo il nome datogli dalla storiografia) si inserì dunque in pieno in quella contrapposizione tra blocco comunista e occidente, facendo fin da subito di Trieste un punto caldo della geopolitica europea. 

Per le proprie peculiarità strategiche e legali la piena e definitiva istituzione del TLT avrebbe garantito un’apertura verso Est, cosa che gli alleati vollero evitare a tutti i costi. Di converso l’Unione Sovietica, sulle prime, si caricò invece delle istanze del nascente Stato. 

In questa partita a scacchi Stalin non mancò dunque di supportare politicamente il Partito Comunista del Territorio Libero di Trieste, seconda forza politica della zona A per consensi ed influenza. 

Secondo i trattati il passaggio dallo statuto temporaneo a quello permanente e la conseguente piena istituzione del TLT sarebbe dovuta avvenire dopo la nomina di un Governatore da parte del Consiglio di Sicurezza dell’ONU.

La diplomazia sovietica, nel 1953, propose quindi come governatore il colonnello svizzero Hermann Flückinger, tuttavia tale nomina fu boicottata tanto dai Paesi occidentali quanto dalla Jugoslavia, alquanto spaventati dalla prospettiva di un Territorio Libero neutrale, smilitarizzato e accessibile anche ai sovietici. 

La rottura tra Tito e Stalin nel 1948 fu un punto chiave che rivelò agli occhi di tutti l’importanza strategica del TLT, che da quel momento divenne strumento temuto da tutte le realtà dell’area, Jugoslavia compresa.

Fu difatti proprio anche il timore, condiviso con i vicini della neonata NATO, di un TLT effettivo e reale che spinse la Jugoslavia di allora ad un avvicinamento alla sfera d’influenza occidentale. 

La scappatoia, tanto attesa dalle parti in contrasto con l’URSS, arrivò dopo anni di trattative conclusesi con la sigla del Memorandum di Londra.  Il 26 ottobre 1954 il Governo Militare Alleato passò la sub-amministrazione civile e provvisoria della zona A al governo italiano, mentre l’amministrazione della zona B rimase affidata alla Jugoslavia. 

De iure il Memorandum fu uno strumento esecutivo aggiuntivo al Trattato di Pace che non modificò bensì confermò gli obblighi internazionali dei tre Stati – Italia, Territorio Libero di Trieste e Jugoslavia (obblighi che avrebbero dovuto portare alla creazione effettiva del TLT).  

Ai due Stati amministratori sarebbe dovuto spettare il dovere, sancito dal diritto internazionale, di garantire la piena esecuzione del Trattato di pace e, nel mentre, di mantenere provvisoriamente l’ordine e gestire la “cosa pubblica”.

Come tuttavia da consuetudine il diritto internazionale diventa mera opinione quando ad essere calpestati sono i piedi dell’Impero americano, quest’ultimo profondamente interessato a mantenere la sua egemonia su Trieste e l’alto Adriatico e, conseguentemente, intimamente contrario ad un’effettiva nascita del Territorio Libero. La propaganda si diede quindi da fare e il territorio, occupato militarmente prima direttamente dagli angloamericani e poi, appunto dal ’54, dalle loro Troupes coloniales italiane (per quanto riguarda la Zona A), venne di fatto assorbito dalla giovane Repubblica Italiana che per occultare i propri veri doveri giuridici sanciti in sede internazionale e camuffare il suo ruolo su Trieste alimentò fiumi di retorica nazionalista e spacciò al suo popolo un “semplice” cambio di amministrazione come il ritorno definitivo della sovranità di Roma sulla provincia triestina. 

Le contraddizioni tra il de-iure e il de-facto furono palesi. Già il 27 ottobre 1954 nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana decretava infatti il Presidente Einaudi: “Il Prefetto dott. Giovanni Palamara è nominato Commissario generale del Governo, alla diretta dipendenza del Presidente del Consiglio dei Ministri, per il territorio di Trieste posto sotto la responsabilità del Governo Italiano”. 

Il Commissario del Governo doveva insediarsi, de-iure, come un funzionario dello Stato italiano con il dovere legale, almeno sulla carta, di vigilare sul rispetto dello status giuridico del TLT e quello di estendere di volta in volta, con un apposito procedimento, la validità delle leggi italiane sul territorio.

Ulteriore conferma la si ritrova nel decreto del Commissario di Governo dott. Palmara del 29 ottobre:  “Nel Territorio di Trieste posto sotto la responsabilità del Governo Italiano continuano ad avere efficacia le leggi, i regolamenti e gli ordini vigenti nel Territorio stesso, salvo eventuali, successive abrogazioni o modifiche.”

Dopo alcuni decreti pro forma questo dovere del Commissario di Governo (quello di estendere formalmente la validità di ogni nuova legge italiana sul territorio triestino) venne però ben presto meno. La speranza italo-atlantica era, facendo finta di nulla e iniziando a trattare Trieste come una normale provincia d’Italia, quella di far finire definitivamente nel dimenticatoio la “Questione triestina”. 

Sul finire degli anni Sessanta, con il consolidamento della Jugoslavia come Stato c.d. non allineato e il suo avvicinamento sempre più marcato verso Occidente, si presentarono i presupposti che portarono al Trattato di Osimo, ovvero un accordo bilaterale tra Italia e Jugoslavia finalizzato alla “spartizione” delle zone rispettivamente amministrate (A l’Italia e B la Jugoslavia). 

Questa fallace operazione fu fin dal principio illecita, essendo i governi jugoslavo e italiano semplici amministratori delle due zone, appartenenti queste ad un’area extraterritoriale ed internazionale che sarebbe dovuta costituirsi come Stato indipendente. Mancando della sovranità sul TLT gli esecutivi di Roma e Belgrado finirono, stando almeno al diritto internazionale, per inscenare una spartizione di un bene non proprio. 

Tale accordo venne fatto in gran segreto, volendo mettere la comunità internazionale  – e soprattutto i cittadini – dinanzi al fatto compiuto. Alla ratifica del trattato le parti camuffarono il tutto aggiungendo una nota (nella versione ufficiale redatta bilingue in inglese e francese) che esplicava come tale trattato dovesse  esentato, anche in presenza di errori e/o tesi in conflitto con altri trattati, da una valutazione del Consiglio di amministrazione dell’ONU. Con questo escamotage giuridico venne coperta una vera e propria simulazione di sovranità italo-jugoslava sul Territorio Libero di Trieste.

Elemento di Multipolarità

Trieste ha sempre giocato un ruolo di enorme importanza strategica grazie alla sua posizione di sbocco sul mare, fondamentale per il ricco mercato Mitteleuropeo. 

Confinando con il mondo slavo, latino e germanico, la città ha storicamente giocato un ruolo di ponte tra mondi diversi, ma fu tra Sette e Ottocento che Trieste fiorì e si arricchì impetuosamente divenendo il principale porto dell’Impero austro-ungarico, guadagnandosi addirittura il titolo di “Gioiello dell’Impero”. 

Nonostante il passaggio sotto il dominio dell’Italia, successivo alla Prima Guerra Mondiale, abbia ridimensionato la portata commerciale della città (che nell’ottica italiana è solo una delle tante città proiettate sul Mediterraneo) e si sia caratterizzato da una mala gestione endemica (resasi particolarmente acuta nel secondo dopoguerra e responsabile dello smantellamento del possente settore industriale cittadino, ormai definitivamente distrutto), il porto di Trieste rimane tuttora uno snodo dotato di notevoli capacità logistiche, cruciale per il mercato europeo. Attualmente il porto giuliano è il più movimentato scalo commerciale marittimo sotto amministrazione italiana ed è il tredicesimo più trafficato in Europa.

Il Territorio Libero di Trieste (TLT) riveste nondimeno una rilevanza strategica non solo per la sua posizione geografica ma, alla luce della sua storia precedentemente riassunta, anche per la sua costituzione giuridica. A Trieste spetta infatti lo status di porto franco internazionale, secondo quanto stabilito dall’allegato VIII del Trattato di pace del 1947. Ogni Stato del mondo, in linea di principio, avrebbe pertanto diritto al libero accesso allo scalo triestino e, di conseguenza, al ricco mercato centro-europeo. 

Inoltre il Territorio Libero di Trieste è stato concepito dal diritto internazionale come completamente neutrale e demilitarizzato. Per legge nessuno Stato potrebbe, in assenza di un’unanime autorizzazione del Consiglio di Sicurezza ONU, violare i confini terrestri e marittimi del TLT con proprie forze armate. Va da sé come un TLT effettivo rappresenterebbe, nel suo piccolo, uno strumento di equilibrio, confronto e dialogo pacifico tra le nazioni, incarnando l’essenza di quella prospettiva multipolare che sempre più Paesi desiderano e intendono realizzare nella speranza di un mondo più equo e giusto.

La Questione Triestina è ancora aperta

La “Questione triestina” è tornata alla ribalta nel 2011 con la costituzione del “Movimento Trieste Libera”, realtà che si poneva l’obiettivo di lottare per l’affermazione dei diritti dei cittadini del Territorio Libero. Il Movimento riscosse fin da subito notevole supporto popolare, supporto che trovò il suo culmine il 15 settembre 2013 in una imponente manifestazione pro TLT partecipata da più di 8000 persone. L’inatteso successo della manifestazione destò la preoccupazione delle istituzioni e fece suonare un campanello d’allarme nei palazzi del potere. Di lì a poco, infatti, il movimento venne infiltrato e diviso.  

Ma, in quest’era di profondi cambiamenti geopolitici, il ritorno di una questione così importante non passò inosservato a certi Stati avversi all’egemonia occidentale. Il primo e più evidente effetto del fermento filo TLT fu la crescita esponenziale del commercio con il porto franco triestino, derivante soprattutto dall’attività della Repubblica Popolare Cinese. Ingenti capitali cinesi furono infatti attratti dalla possibilità di godere dei  privilegi fiscali garantiti dai punti franchi istituiti grazie all’ allegato VIII del Trattato di Pace di Parigi, quest’ultimo “riscoperto” grazie alla mobilitazione cittadina del periodo 2011-2013. 

Che Pechino guardi con interesse a Trieste non è ormai più un segreto. Il 23 marzo 2019 il governo italiano e il presidente cinese Xi Jinping hanno firmato il Memorandum d’intesa sulla collaborazione nell’ambito della “Via della Seta economica” e della “Via della Seta Marittima del 21° secolo”. Nell’ambito di questo progetto commerciale è infatti proprio la città di Trieste a giocare un ruolo da protagonista.

La firma del Memorandum ha suscitato enorme clamore mediatico, spesso proclive ad insistere su una narrazione allarmata dall’espansionismo economico cinese, nonché le ire dei padroni d’oltreoceano che non hanno mancato di segnalare alla loro colonia il grave disappunto. 

Dopo l’intervento di protesta dell’ambasciata americana gli accordi siglati sono stati infatti prima sospesi e poi, proprio pochi mesi fa, definitivamente cassati dal governo Meloni. E’ da notare il fatto che il governo Lega-Movimento 5 Stelle – che sottoscrisse gli accordi – ritrattò tutto solo pochi mesi dopo. 

Quando  i punti franchi rappresentano una “spina nel fianco” al potere atlantista essi debbono venir immediatamente – per quanto illegalmente – sconfessati. Quando invece essi garantiscono lucro alle multinazionali dell’Impero, come la BAT (British American Tobacco), si deve goderne avvalendosi in sordina del Trattato di Parigi, ossia quel trattato di pace del 1947 che, come scritto, sancì la nascita del TLT.

La Cina comunque, nonostante l’opposizione americana, è riuscita ad entrare nel porto franco di Trieste grazie ad un escamotage finanziario, ovvero comprando per il 24.9 % la tedesca Hamburger Hafen und Logistik AG (Hhla) e  diventando tramite essa il socio di maggioranza (con la proprietà del 50,01% del capitale sociale) del terminal multipurpose “Piattaforma Logistica Trieste” (Plt). Ora, una volta entrata (e finché il Trattato di Parigi rimane in piedi), nessuno può cacciare il gigante asiatico dal porto triestino. 

Nel nuovo mondo che sta sorgendo con quasi profetica esattezza risuonano le parole del diplomatico sovietico Molotov del 12 ottobre 1953: “La ripartizione del Territorio Libero di Trieste è incompatibile con il compito di mantenere la pace e la sicurezza ed è soltanto atta a creare nuove complicazioni”. Oggi, nonostante la propaganda e gli attacchi sistematici, la lotta politica per il Territorio Libero di Trieste resta una partita aperta, guardata e sfruttata con interesse dai grandi attori globali. Il potere reggente conosce l’eccezionale situazione giuridica di Trieste e, proprio per questo, nel corso degli anni ha scagliato ogni sua arma per celare la scomoda verità. Ma esattamente come il dragone cinese, a Trieste, non è stato arrestato dagli interessi occidentali, così il destino di uno spazio di pace e dialogo, Il destino di un Territorio Libero, a Trieste, non verrà schiacciato dall’Occidente collettivo. La questione è aperta, sarà il prossimo futuro a decidere se a vincere sarà la prospettiva di un mondo più giusto e multipolare o quella di un mondo soggiogato all’Impero atlantista. Lo spirito di Trieste però soffia, forte come la Bora, verso il suo destino di libertà, e fermarlo non sarà impresa facile. 

Di Adam Bark

23.03.2024

Adam Bark è il presidente del Fronte della Primavera Triestina, movimento politico per il Territorio Libero di Trieste. Ha partecipato a più forum politici governativi in Russia e relazionato per la TriestNGO all’ ONU di Ginevra per il Minority Forum 2023 portando avanti la propria lotta sia localmente che in sede istituzionale.

ISCRIVETEVI AI NOSTRI CANALI
CANALE YOUTUBE: https://www.youtube.com/@ComeDonChisciotte2003
CANALE RUMBLE: https://rumble.com/user/comedonchisciotte
CANALE ODYSEE: https://odysee.com/@ComeDonChisciotte2003

CANALI UFFICIALI TELEGRAM:
Principale - https://t.me/comedonchisciotteorg
Notizie - https://t.me/comedonchisciotte_notizie
Salute - https://t.me/CDCPiuSalute
Video - https://t.me/comedonchisciotte_video

CANALE UFFICIALE WHATSAPP:
Principale - ComeDonChisciotte.org

Potrebbe piacerti anche
Notifica di
7 Commenti
vecchi
nuovi più votati
Inline Feedbacks
View all comments
7
0
È il momento di condividere le tue opinionix