Di Raffaele Varvara, per ComeDonChisciotte.org
Agli Spedali Civili di Brescia è arrivato il Pronto soccorso “dei privati”. Per ridurre le liste d’attesa e fornire assistenza in tempi brevi, infatti, dal 18 maggio scorso la città lombarda ha deciso di appoggiarsi al privato, seguendo l’esempio di Roma, Torino e Milano.
Il Pronto Soccorso Med – questo il nome della struttura – è aperto, rigorosamente a pagamento, solo a pazienti non “abbastanza gravi”, specificano i promotori dell’iniziativa. Saranno quindi curate le urgenze minori, ma con necessità di valutazione specialistica in tempi rapidi, come sospette polmoniti, flebiti o trombosi venose profonde.
Una scelta in controtendenza rispetto alla sbandierata volontà politica di tutelare la sanità pubblica dall’aggressione di quella privata. Non a caso, come sottolinea il blog del Fatto Quotidiano, Brescia è in testa nel processo di privatizzazione dei servizi sanitari. Dalla metà degli anni novanta al 2018, i posti letto pubblici sono stati più che dimezzati e, nello stesso arco temporale, i posti letto privati sono considerevolmente aumentati.
Ormai sono le stesse strutture pubbliche che cedono davanti agli interessi privati, spinti dallo scopo di lucro e forti delle inefficienze della sanità pubblica. Un processo in atto con la complicità della Regione Lombardia, che autorizza, dietro corrispettivo, ogni tipo di prestazione sanitaria in capo a soggetti privati.
Se poi si aggiunge che oltre metà dei trasferimenti statali alle Regioni finisce nelle tasche dei privati, ecco che ci si trova di fronte a un paradosso: più risorse pubbliche si trasferiscono alla sanità, più si rafforzano i privati. Il tutto mentre il potenziamento delle strutture territoriali (ospedali e case della comunità), previsto dalla Mission 6 del Pnrr dopo la crisi pandemica, resta ancora ferma al palo (1).
Accelera la deriva privatistica del nostro Servizio Sanitario Nazionale che oggi è da considerarsi a tutti gli effetti un “paziente malato terminale”. Il referendum di Mattei e Pennetta proponeva tra i quesiti, il ridimensionamento del potere dei privati in sanità, ma il fallimento politico dei due promotori, sta maturando una nuova consapevolezza: la liberazione dall’oppressione dai colossi privatistici-sovranazionali, non può essere il risultato di un processo lineare che avviene solo tramite referendum o elezioni, con l’ intermediazione di partiti per giunta divisi, bensì sarà la risultante di nuove forme che si daranno i corpi sociali nel dispiegare il nuovo conflitto di classe.
I tecnocrati, dopo aver sventrato un intero stato sociale, stanno utilizzando il post-covid per fagocitare bulimicamente il boccone principale, la fetta di PIL più grande: la sanità pubblica è il campo di battaglia dove si gioca lo scontro diretto con il nemico. Il 15 giugno scorso, infatti, sono scesi in campo ordini, sindacati e associazioni degli esercenti le professioni sanitarie per protestare contro l’accelerazione privatistica della sanità. Si proprio loro: gli stessi che durante la psico-pandemia si prestavano supinamente ad essere i primi complici-collaborazionisti delle misure liberticide del potere, oggi si presentano come paladini della sanità pubblica.
“La sanità non si vende, si difende” deve continuare ad essere il motto di chi ha strenuamente resistito in questi anni, di chi si è guadagnato sul campo la credibilità per difendere la nostra conquista sociale più grande e di chi, non potendo contare su alcun portavoce delle nostre istanze nelle istituzioni, si organizza in un fronte di opposizione sociale extraistituzionale, per incidere e determinare le scelte politiche sanitarie locali e nazionali.
Di Raffaele Varvara, per ComeDonChisciotte.org
13.07.2023
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