Di Alberto Conti, ComeDonChisciotte.org
Con questo titolo intendo parafrasare la poesia del vero Francesco, il Santo di Assisi, come fonte di saggezza e postulato di civiltà superiore.
Dal punto di vista agnostico, che più mi è consono, la riflessione non è tanto di natura religiosa quanto culturale e spirituale, con tutte le relative affinità e distanze dalla fede religiosa, e cristiana in particolare.
Già Eraclito affermò che la vita è guerra, una delle sue più importanti verità rivelatagli dalla sua straordinaria e aristocratica frequentazione del logos. Questo vale sempre nell’esperienza esistenziale, dalla nascita fino ad una morte preceduta spesso da agonia, che altro non è che l’ultima gloriosa battaglia. Certo si preferisce sperimentare battaglie gioiose, da vincitori, e normalmente le occasioni non mancano. Ovvero tendiamo a combattere la nostra guerra personale e sociale anche in letizia e in armonia, ove e quando possibile, nella speranza di un percorso verso la felicità terrena, più che legittimo. Ma questa sacrosanta pulsione si è sempre scontrata col pensiero, sempre latente, della morte intesa come una fine nel nulla, nella non vita, nella interruzione irreversibile della speranza di cui sopra.
A questa contraddizione esistenziale rispondono tutte le religioni, sorgenti di cultura e civiltà, con le loro diverse interpretazioni di una realtà ultraterrena. Ma una si differenzia grandemente da tutte le altre, la nostra religione cristiana, unica tra le grandi religioni monoteiste.
Padre perdona loro, perché non sanno quello che fanno
Con questo messaggio estremo il nostro Dio fatto uomo ci offre la chiave per quel salto di qualità del vivere civile divenuto oggi improcrastinabile per la sopravvivenza stessa degli umani, con 2 millenni di anticipo sui tempi evolutivi.
Infatti il dolore e il male sono effetti connaturati alle più comuni forme di guerra, per quanto li si voglia evitare. Ed è fin troppo facile, per quanto illusorio, attribuirne la responsabilità all’avversario dell’agone in quel particolare momento storico, trasformandolo nell’oggetto di un odio emotivamente irreparabile, in un nemico da annientare, possibilmente nel segno della vendetta. È una logica binaria semplicistica e riduttiva, della quale peraltro abbiamo un osceno esempio attualissimo nella propaganda di guerra di matrice anglofona, che vorrebbe trasformarci in branco di cani, istintualmente pronti a sbranare il nemico quanto a leccare riconoscenti e sottomessi l’amico, individuati con criteri alquanto dicutibili, se non paradossali.
Questo è sempre accaduto nella storia dell’uomo, prima e dopo la nascita di Cristo, il cui messaggio è stato disatteso il più delle volte, spesso anche con grande sfoggio di ipocrisia da parte degli stessi protagonisti cristiani, quelli che non intendono rinunciare alla salvezza eterna della loro anima, per macchiata che sia dalle loro responsabilità oggettive nella ricerca del privilegio terreno.
La domanda che sorge spontanea a questo punto è: ma sarà mai possibile vivere il nostro destino di guerrieri ripudiando nei fatti la spirale dell’odio reciproco, superandola verso la realizzazione di una civiltà spiritualmente avanzata, veramente superiore al modello canino?
La risposta è sicuramente sì, se penso agli orizzonti che si aprono con la conoscenza, quella stessa qualità umana che ha prodotto un evoluzione tecnologica che ci terminerà se non gestita consapevolmente e saggiamente. Non si tratta di diventare tutti scienziati e tuttologi ai massimi livelli, quanto piuttosto di coltivare la spiritualità più autentica che ci è connaturata, la sola che ci consente di volta in volta di distinguere il bene dal male, per relativi che siano. Alcuni la chiamano morale, altri amore, altri semplicemente buon senso, ma sta di fatto che è presente, o latente, nella quasi totalità del genere umano. Che avendo la ragione se ne deve fare una ragione, elevandola a scelta.
D’altro canto la risposta è sicuramente no, se penso all’ideologia strisciante e dominante che si è affermata nel nostro mondo, plagiandolo e condizionandolo con mille forme di propaganda subdola e strumentale, ma supportata dal potere completamente comprato e corrotto dalla ricchezza materiale concentrata, esaltata e perseguita nel nome di una malintesa libertà.
Anche il confronto, la lotta tra ricchezza materiale e povertà spirituale, cioè tra elite dominanti e masse dominate, è un esempio di guerra, al quale in questo momento non possiamo sottrarci.
Guarda caso gli opposti atteggiamenti esistenziali si differenziano nell’accettazione o nel rifiuto della morte fisica, che è il fatto naturale più evidente che ci sia, parte integrante della naturale concezione della vita, il fatto che ci rende umani nell’accezione più elevata del termine.
La logica liberista della massimizzazione del profitto, con obiettivi transitati dal diffuso desiderio del lusso e del privilegio materiale alla perversione elitaria di un potere assoluto e totalitario, è l’esito implicito nell’atteggiamento nichilista e materialista di cui sopra, del rifiuto dell’umanità che è in noi, che finisce (o comincia?) dal rifiuto della morte, ingannevolmente equiparata alla tragica sconfitta finale della guerra condotta da ciascuno, in prima persona.
Ecco il senso dell’evocazione francescana riguardo la morte stessa, nostra sorella e compagna di vita.
Quanto alla povertà il discorso è ancora più semplice, per quanto meritevole della massima attenzione per non essere travisato, alla Schwab tanto per fare un esempio in negativo.
Innanzitutto occorre tener presente la relatività del concetto: è la differenza tra gli individui che permette la distinzione tra poveri e ricchi, non gli averi in assoluto ed il loro valore, a sua volta relativo. Creso se lo sarebbe sognato il possesso di uno smartphone con tutte le sue funzioni. Cosa oggi alla portata anche dei più diseredati. Con questo banale esempio entriamo a piedi pari nella questione tecnologica, che fa la grande differenza dell’attualità e del futuro prossimo da ogni altro passato storico.
Non tutti quanti gli 8 miliardi di umani potranno mai permettersi il costo dei più moderni ritrovati tecnologici, dai salvavita sanitari alle comodità del lusso, oltre naturalmente ai beni di prima necessità, che già di per sé oggi sono anch’essi un problema per molti. Ogni frontiera della ricerca tecnologica schiude meraviglie applicative sempre più complesse e costose, anche solo banalmente nell’utilizzo delle limitate risorse naturali. Parimenti proliferano le applicazioni dannose e distruttive dei più recenti prodotti a tecnologia avanzata, armamenti in primis ma non solo.
E guai se l’umanità avesse già raggiunto la potenzialità di invadere l’universo per superare le limitazioni ambientali; sarebbe l’apoteosi del delirio di onnipotenza e della ricchezza illimitata, con tutte le conseguenze nefaste di quella che è già qui ed ora una chiara tendenza autodistruttiva del corpo fisico, e prima ancora dell’anima.
Al contrario la limitatezza delle risorse personali induce a fare scelte ragionate, a riconoscere i valori più autentici, pur senza dover scivolare in una miseria estrema che impedisca di condurre una vita dignitosa. E soprattutto insegna il senso della giustizia sociale e della vera libertà, che è soprattutto interiore. Di fronte all’evoluzione tecnologica siamo tutti relativamente poveri, allo stesso modo di come siamo tutti assolutamente mortali. Per affrontare questa realtà c’è un grande spazio di maturazione davanti a noi, ed ognuno dovrà percorrerlo a grandi passi, con le proprie gambe, per raggiungere luoghi inesplorati da un umanità ancora infantile e spesso viziata, che ha popolato la nostra storia traghettandoci fino a qui.
Di Alberto Conti, ComeDonChisciotte.org