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La Redazione

 

I piu' letti degli ultimi 7 giorni

SCENARI PER UN DEFAULT ITALIANO

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A cura di supervice
Il 24 Novembre 2011
110 Views
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DI EDWARD HARRISON
Naked Capitalism

La discussione più importante

della nostra vita è ora in corso. Per molti, la risposta sarà

esistenziale. Subito, la domanda: “Deve la Banca Centrale Europea

(BCE) “staccare un assegno” per i governi nazionali dell’Eurozona?”

Nel pensare la risposta a questa domanda fondamentale, preferisco spostare

l’attenzione cambiando il verbo “deve” con “vuole”.

Rispondere a questa domanda un pò

diversamente impostata, per voi investitori, uomini d’affari e lavoratori,

è molto più importante che rispondere alla domanda nella sua prima

formulazione. Se la BCE decide di staccare l’assegno, i risultati

economici e di mercato saranno molto diversi se non lo “dovesse”

fare. La vostra prospettiva personale in qualità di investitore, uomo

d’affari o lavoratore cambierà drasticamente nei prossimi decenni

sulla base di questa unica scelta politica e sulla vostra buona preparazione

a riguardo. Allora, la domanda giusta da porsi è: “La BCE vuole

“staccare l’assegno” per i governi nazionali dell’Eurozona?
Fino ad oggi, la mia risposta a questa

domanda è stata “sì”. Si vedano, ad esempio, le mie considerazioni

sul perché porre

in discussione la solvibilità dell’Italia conduce inevitabilmente

alla monetizzazione e perché gli investitori

acquisteranno titoli italiani dopo la monetizzazione della BCE. Ma cosa succederebbe se la BCE non staccasse

l’assegno? Ancora, cosa succederebbe se la BCE permettesse il default

dell’Italia?

Ecco il mio pensiero su questo punto.

L’Italia

in una stretta mortale

Mi sia concesso partire da quello che

ho scritto in precedenza in due articoli messi in diffusione dal 7 novembre.

La periferia dell’Eurozona

è divenuta un’attrazione. La faccenda con l’Italia

è la vera questione. Con rendimenti al

6,7%, e in aumento, i giochi sono finiti per l’Eurozona.

E se voi siete un investitore, questo

è il momento della verità.

Ogni cosa – ogni categoria attiva – dipende da come l’Eurozona

si comporta nella “faccenda italiana”. A questo punto, ci sono solo

due esiti. Se salta l’Italia la depressione

è alle porte, le banche sarebbero insolventi, i

“cds” come fattori scatenanti farebbero implodere il sistema, avrebbero

inizio le corse agli sportelli, i mercati azionari potrebbero schiantarsi,

e si vedrebbero i rendimenti del debito sovrano crollare a valori increbibilmente

bassi per nazioni soggiacenti a condizioni da usura. Se l’Italia sopravvive,

ci si dovrebbe aspettare un recupero colossale del debito periferico,

dei mercati azionari e dei titoli bancari e una messa in liquidazione

al minimo dei “cds”. Tuttavia, l’Eurozona

è già in recessione, e questo recupero non sarà

sostenuto.

Dimenticatevi di Berlusconi e dell’austerità

in Italia. Si tratta di un baraccone da circo eccessivo. L’austerità

non riuscirà a riportare i rendimenti italiani ai valori precedenti.

Gente, sono finiti quei giorni!

Ecco il vero problema: l’Italia

ha bisogno di un avanzo primario di bilancio (al netto degli interessi)

di circa il 5 per cento del PIL, solo per mantenere il suo indice di

indebitamento costante a rendimenti attuali. Questo non

è possibile che succeda. Allora, o i rendimenti dei titoli italiani

devono scendere, o l’Italia diventa insolvente. Più

di questo, un’Italia sottoposta a pressione significa un’Eurozona

sottoposta a pressione, e una recessione sempre più

profonda con tutti i guai che si possono aspettare significa questo:

l’Irlanda comincerebbe improvvisamente a non raggiungere i suoi obiettivi

di disavanzo, per esempio. I titoli azionari bancari andrebbero sotto

stress, scatenando situazioni peggiori di quella bancaria di Dexia.

Quindi, se l’Italia procedesse in sofferenza lungo sentieri di resa

del 7 per cento, assisteremo ad una sgradevole recessione in doppia

picchiata e a fallimenti bancari. E sappiamo che i rendimenti saliranno!

Lo scorso novembre, stavamo discutendo sull’Irlanda che si trovava

nelle stesse condizioni con i suoi rendimenti a questi livelli. Tosto,

i rendimenti balzavano al 9% e l’Irlanda veniva costretta ad un piano

di salvataggio finanziario – un piano che per l’Italia sarebbe decisamente

notevole.

Quindi siamo sicuramente di fronte

ad un vero e proprio scenario da Apocalisse finanziaria.

Italy! Italy! Italy!

Ecco quello che voglio ribadire.

1. L’Italia ha bisogno di esercitare

un avanzo primario di bilancio (al netto degli interessi) di circa il

5 per cento del PIL, solo per mantenere il suo indice di indebitamento

costante a rendimenti attuali. Non sarà mai in grado di farlo!

2. Pertanto, i rendimenti per i titoli

di Stato italiani devono scendere, o l’Italia risulterà insolvente

quando dovrà

onorare oltre 300 miliardi di euro di debito,

solo nel prossimo anno.

3. L’austerità non tende a riportare

i rendimenti italiani ai valori precedenti. In primo luogo, ora è in

questione la solvibilità dell’Italia e gli scoraggiati venderanno.

Inoltre, gli investitori nei debiti

sovrani ora temono di essere senza

copertura a causa del piano non mandare in default la Grecia elaborato a Bruxelles il mese scorso. Come

mi ha detto Marshall Auerback, dopo questo piano qualsiasi gestore di

denaro con responsabilità fiduciaria non può comprare debito italiano

o un qualsiasi debito sovrano di un membro dell’Eurozona.

Conclusione: senza l’intervento

della banca centrale, l’Italia dovrà

affrontare una insolvenza per crisi di liquidità. Gli investitori

venderanno i titoli di Stato italiani e i rendimenti saliranno quando

la crisi di liquidità diventerà parte di una spirale che tende ad

auto-riprodursi: rendimenti più elevati generano un peggioramento dei

fondamentali macro, che provoca un rischio di insolvenza più elevato,

e quindi rendimenti ancora più elevati.

Depressione

“morbida”

Credo che l’economia globale sia

in una fase di ripresa ciclica all’interno di una depressione di più

larga scala. Due anni fa, ho scritto:

[…] tutti i paesi che mettono

in circolazione la maggior parte del debito nella propria valuta (Stati

Uniti, Eurozona, Gran Bretagna, Svizzera, Giappone) inflazioneranno.

Essi stamperanno più soldi possibili in ragione di farla franca. Mentre

l’economia vive una ripresa, questo creerà

un falso boom, basato sugli aumenti dei prezzi delle risorse e delle

materie prime. Si produrranno enormi dividendi per materie prime

come l’oro, platino o argento. Tuttavia, quando il

puntello della spesa pubblica sarà

sottratto, l’economia globale ricadrà

nella recessione.” Credit

Writedowns, ottobre

2009

La settimana scorsa ho scritto che

l’attuale è “uno scenario di depressione morbida, in cui i paesi

con un vero finanziatore di ultima istanza possono godere di misure

di sostegno senza problemi.” Il problema, tuttavia, è che la

BCE non è un vero prestatore di ultima istanza, come andremo ora ad

analizzare. La BCE dovrebbe puntare tutto, o no? Non ci sono molte opzioni.

Nessuno sta andando a comprare obbligazioni

italiane ad una bassa resa senza contropartita, a prescindere dalla

austerità, ora che il genio dell’insolvenza

è uscito dalla bottiglia. Con misure di sostegno, alcune persone lo

potrebbero fare.

Un default italiano equivale all’insolvenza

del sistema bancario italiano. Un default italiano significa perdite

massicce per le banche tedesche e olandesi ed altre. Qualsiasi scenario

che presenta un default italiano provoca una Depressione, con la

“D” maiuscola! La questione è

solo politica e, quindi, imprevedibile.

I Tedeschi (e gli Olandesi), o consentono

misure di sostegno, o devono affrontare la Depressione. La questione

è del tutto semplice.

Italy’s debt woes and Germany’s intransigence lead to Depression

Si delinea uno scenario apocalittico

Questo è il punto centrale per

comprendere come proteggersi nel caso in cui la BCE decida di non comportarsi

da prestatore di ultima istanza in favore dei governi nazionali dell’Eurozona.

Si tratterebbe di un vero Armageddon, di un’autentica Apocalisse

e lo scenario sarebbe la Grande Depressione.

La ragione per cui nessuna reale alternativa

all’azione della BCE come prestatore di ultima istanza è offerta

da parte della classe dei falchi è perché la sola alternativa è il

collasso economico – e il riconoscere questo non è politicamente gradevole.

Sappiamo che l’Italia dichiarerà

bancarotta senza il sostegno della banca centrale, sulla base dell’analisi

di cui sopra. Il default in Italia scatenerebbe una cascata di fallimenti

di banche tutte interconnesse, come è successo a causa dell’insolvenza del Creditanstalt

nel 1931. L’Italia potrebbe

uscire unilateralmente dall’Eurozona e ridefinire i suoi debiti, ora

quantificati in euro, nominalmente in una nuova valuta, la Lira, per

prevenire il default? Forse. Questo è un fatto da considerare in un

secondo momento. Per ora, ecco cosa accadrà in caso di insolvenza dell’Italia.

1. Evento di credito: un default

italiano comporterebbe un evento di credito, il che significa che il

default non potrebbe verificarsi secondo un concordato volontario, che

l’Unione Europea sta cercando di strappare nel caso della Grecia,

perché l’Italia è semplicemente troppo grande perché le banche

possano assumersi spontaneamente il carico degli ammortamenti necessari

a far fronte alla sua insolvenza. In questo modo si renderebbero insolventi

molte istituzioni finanziarie. Anche nel caso greco, dubito che riceveranno

la partecipazione da parte del settore privato sufficiente per ridurre

significativamente il carico del debito sovrano greco. Così, un default

italiano sarebbe incontrollato, e subito cristallizzerebbe le perdite

che dovranno essere iscritte nei bilanci di esercizio di coloro che

detengono le obbligazioni italiane.

2. Assalto agli sportelli

bancari: una volta si verificasse il default in Italia, le

banche italiane sarebbero insolventi come risultato di queste perdite,

poiché sono le più grandi detentrici del debito sovrano italiano.

Dati i dieci

miliardi di euro persi ieri dal deprezzamento delle azioni di Unicredit, possiamo già constatare la debolezza

di queste banche. Pertanto, dovremmo prevedere in Italia corse agli

sportelli bancari in generale, e non solo a quelli delle banche più

deboli.

3.

Insolvenza della Spagna e della Slovenia: altri creditori

sovrani più deboli all’interno dell’Eurozona, in assenza di stanziamenti

da parte del Fondo Monetario Internazionale, si troverebbero sotto pressione

di vendite pesanti. Questi paesi includono primariamente la Spagna e

la Slovenia, ma sarebbero coinvolti anche il Belgio e poi forse l’Austria

a causa della sua esposizione bancaria verso l’Europa orientale.

I rendimenti della Spagna hanno già

oltrepassato il 6% e quelli della Slovenia hanno superato già il 7%.

Questi governi andrebbero in default, e poi le perdite si riverberanno

a cascata sui loro sistemi bancari. I fallimenti porterebbero all’insolvenza

delle banche nazionali e alla corsa agli sportelli bancari come in Italia.

Paesi come Irlanda, Portogallo e Grecia potrebbero predefinire il default

(default controllato) per sfuggire alle restrizioni soffocanti di austerità,

dato che il percorso di solvibilità ora insostenibile potrebbe causare

una profonda depressione. Verosimilmente, anche questi paesi andrebbero

in default. Gli analisti come Sean Egan stimano eventuali perdite in

Grecia attorno al 90%.

Nello scenario di default italiano, queste perdite andranno a cristallizzarsi

da un giorno all’altro.

4.

Contagio verso l’Europa dell’Est: le perdite

di Unicredit hanno incluso deprezzamenti significativi in Europa orientale

e nell’Asia centrale (Kazakistan e Ucraina). Un’area di contagio

potrebbe coinvolgere altre banche altrove con l’esposizione di economie

deboli in Europa orientale, come l’Ungheria e la Slovenia. Banche

greche, tedesche e austriache

sarebbero più vulnerabili

a causa della loro esposizione verso l’Europa centrale e i Balcani.

L’Ungheria, già sotto la minaccia di un declassamento del debito

sovrano ad alto rischio, nel mezzo di una diminuzione record del tasso

di cambio fiorino/euro, soffrirebbe del contagio: la sua moneta sarebbe

sottoposta a pressioni di vendite pesanti. Altri debitori sovrani più

deboli ne sarebbero influenzati.

5. Euro insolvenza

delle banche: altri debitori con una significativa esposizione

verso l’Italia soffrirebbero di svalutazioni enormi. L’esposizione della

banca centrale verso il debito italiano

è di un ordine di grandezza più grande di quella periferica nel suo

insieme. Comunque,

gli istituti finanziari esposti potrebbero essere ricapitalizzati dallo

Stato. Le domande che si pongono per paesi del calibro di Germania,

Francia e Paesi Bassi sono a) come esplicitare una contropartita da

ottenersi da queste banche? gli obbligazionisti avrebbero delle perdite;

b) come questo andrebbe a influenzare il livello del debito sovrano

e la valutazione del credito? c) come potrebbe questa mancanza di capitale

incidere sulla disponibilità del credito e sulla crescita economica?

6.

Credit default swaps: visto che il default italiano sarebbe

un evento di credito, si innescherebbe l’azione dei credit default

swap, molti dei quali sono stati venduti da istituti finanziari statunitensi.

Sarebbero queste istituzioni a pagare? Potrebbero farlo? Quanto le perdite

italiane incideranno sul loro capitale di base? Le stesse domande per

i paesi dell’euro diventano applicabili anche per le banche statunitensi,

che potrebbero anch’esse essere ricapitalizzate dallo Stato. (Gli

Statunitensi permetterebbero un altro piano di salvataggio?): a)

come esplicitare una contropartita da ottenersi da queste banche? gli

obbligazionisti avrebbero delle perdite; b) come questo andrebbe a influenzare

il livello del debito sovrano degli Stati Uniti e la valutazione del

credito? c) come potrebbe questa mancanza di capitale incidere sulla

disponibilità del credito e sulla crescita economica negli Stati Uniti?

Esistono un buon numero di altri potenziali

eventi per cui potrebbero avvenire controlli sui capitali, disordini

civili, disgregazione dell’Eurozona, colpi di stato di governi, ecc,

ecc. Tutto questo è speculazione.

Ma soprattutto sono sei gli eventi

che prevedo come una cosa certa: evento di credito, corsa agli sportelli

bancari italiani, la Spagna e la Slovenia insolventi, contagio in Europa

orientale, euro insolvenza bancaria, e innesco dei credit default

swap. Chiaramente, ciò significherebbe una recessione economica

di almeno pari grandezza della Grande Depressione.

Tendo a pensare che il contagio si

diffonderà in tutta l’Eurozona, fino a quando questa non andrà in

frantumi, e prendiamo in considerazione proprio gli attuali rendimenti

in aumento in tutta la zona euro, oggi in Francia, Austria e anche in

Olanda:

Si tratta di un’ondata di

di crisi travolgente che attraversa l’Eurozona e che va ad infettare

sempre più paesi, sempre più vicino al cuore dell’Europa.

Come Marshall ha scritto di recente, questo è un problema strutturale. Tutti i paesi dell’Eurozona

devono affrontare vincoli e restrizioni di liquidità e tutti alla fine soccomberanno all’onda

travolgente dei picchi di rendimento, uno per uno, fino ad arrivare

ad una soluzione sistemica:la

monetizzazione e l’unione completa, o l’andare in pezzi.

Felix

Zulauf on the inevitability of further crisis in Europe, luglio 2011

Mettete al riparo il vostro patrimonio

Mettersi al riparo contro questo esito

significa prepararsi ad uno scenario a tinte fosche per azioni, titoli

di Stato, valute, materie prime e metalli preziosi. Questo è un mondo

di percorsi politici imprevedibili che certamente scateneranno disordini

civili, repressioni governative e nazionalismo economico, ma che potranno

comportare anche svalutazioni di monete competitive, controlli valutari,

e guerre commerciali.

La mia opinione è che un tale

scenario significherà assoluta perdita di peso economico a causa

di dinamiche di deflazione del debito. La produzione economica dovrebbe

diminuire in modo significativo, quanto i valori dei titoli e del debito

ad alto rendimento. Anche i prezzi delle materie prime potrebbero abbattersi.

Ma dipendendo dalla risposta politica dei governi, le obbligazioni e

i metalli preziosi hanno andamenti di quotazioni dal carattere imprevedibile.

I governi come la Norvegia sono protetti

a causa di un debito basso, e perché sono ricchi di risorse naturali.

D’altra parte, i governi come l’Australia e il Canada sono esposti

a causa del significativo indebitamento del settore delle famiglie e

dall’alta valutazione dei beni immobili.

In buona sostanza, non esiste un posto

dove trovare riparo nella zona dei titoli sovrani di Stato.

Se un investitore straniero in titoli

di Stato vuole sapere dove stanno andando le valute e i tassi di interesse,

non è nemmeno prevedibile in questo corso di eventi.

Se i governi cercano di inflazionare

per cercare una via d’uscita, i metalli preziosi potrebbero

essere un buon rifugio sicuro, anche se l’oro finanziario o cartaceo

presenta un problema di affidabilità e l’oro

fisico è soggetto a confisca.

Sul fronte dei terreni agricoli, come testimonia Jim Grant, i rendimenti sono già molto bassi, quindi

bisogna chiedersi quanto di utile ci si possa ricavare da questo commercio.

Ovviamente, in un mondo di repressione finanziaria e di deprezzamento

delle valute competitive, tali investimenti non necessariamente perdono

di valore. Obbligazioni societarie ad alta quotazione e titoli di alta

qualità che pagano dividendi possono attualmente costituire il rifugio

migliore.

Queste sono le mie considerazioni

su ciò che un default italiano potrebbe significare. Gli argomenti

nel complesso portano a concludere che un default sarebbe economicamente

catastrofico e metterebbe in campo una serie di scenari insostenibili.

Il potenziale di perdite di grandi dimensioni sarebbe significativo,

e, quindi vale la pena di pensare come mettere al riparo i risparmi

in un ambiente del genere, dato che i responsabili politici seri credono

che abbandonare l’Italia al default possa essere una scelta politica

giustificabile.

P.S. Dopo aver scritto questo articolo,

ho letto un articolo di David McWilliams, un noto economista irlandese,

che prende in considerazione uno scenario di uscita dall’euro dell’Irlanda,

come quello che ho ipotizzato per l’Italia qui sopra. Vedi il mio

articolo che

evidenzia in molti punti i concetti di McWilliams.

**********************************************

Fonte: Italian default scenarios

23.11.2011

Traduzione di Curzio Bettio di Soccorso Popolare di Padova

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