di Francesco Cappello
«Moltissimo di ciò che ci dicono su virus e vaccini è sbagliato. Il resto è nascosto.»
La scoperta che il Sars Cov 2 sia un virus batterico ha enormi conseguenze. Il rischio tra i vaccinati di potenziamento fatale della malattia è accertato da tempo. Il fenomeno della vaccino-resistenza causa la diffusione di mutanti del virus più pericolosi e contagiosi. Quale ruolo virtuoso avrebbero avuto gli asintomatici, in condizioni normali, se non fossero stati messi in quarantena? Di tutto questo e di molto altro parliamo con la dott.ssa Loretta Bolgan.
Potresti imbatterti in Loretta Bolgan se, preso da dubbi, perplessità e preoccupazioni per la pressante richiesta di adesione alla campagna vaccinale, ti decidi a percorrere la rete in lungo e in largo, cercando di saperne di più. Ti stai chiedendo se sia la cosa giusta da fare, se sia l’unica scelta possibile per te, le persone che ami, per tutti noi.
Chi ha avuto la fortuna di incontrarla, sente e comprende immediatamente che ciò che intuiva, seppure oscuramente, era più che fondato. Ascoltandola si percepisce che ciò che la muove è autentico desiderio di informare e avvertire il suo prossimo sui grandi temi della salute. Del tutto scevra da qualsiasi conflitto di interesse, si comprende facilmente come mai gli organi ufficiali di informazione la evitino scrupolosamente.
In Studi e Salute , il suo sito personale, Loretta si è posta l’obiettivo di rendere disponibile a tutti noi «una banca dati in cui raccoglie materiali di carattere scientifico e divulgativo (articoli, dossier, ebook ecc.) nelle principali aree tematiche – la salute umana e l’ambiente, con lo scopo di informare e mantenere aggiornato il lettore su temi sempre più complessi, in modo da aiutarlo a discernere in maniera consapevole, per il benessere individuale e collettivo, tra le molteplici possibilità di scelta che il progresso ci offre». Basta visitare la sezione salute del suo sito per rendersi conto della qualità e quantità di materiali documentali scritti, pubblicati e messi a disposizione gratuitamente di chiunque sia interessato alla loro consultazione.
Parla di se stessa con estrema sintesi, definendosi un consulente scientifico. Si è laureata in Chimica e tecnologie farmaceutiche a Padova, dove ha conseguito il dottorato di ricerca in Scienze farmaceutiche. Durante il dottorato ha lavorato come Research fellowal of the Massachusetts General Hospital (Boston). Dopo il suo primo percorso di studi, che le ha permesso di acquisire competenze in ambito farmaceutico, della biologia molecolare e cellulare, ha lavorato come ricercatrice industriale nello sviluppo di kit diagnostici di biologia molecolare e nell’allestimento di dossier di registrazione di farmaci galenici. Nel settore dell’industria farmaceutica si è occupata di registrazione e sviluppo di progetti di ricerca in ambito oncologico. È stata consulente di parte in merito alla legge 210/92, inquinamento ambientale e malattie professionali, ha partecipato all’ultima Commissione parlamentare d’inchiesta sull’uranio impoverito nel gruppo vaccini. Ha collaborato come consulente per l’Ordine Nazionale dei Biologi per la tossicologia dei farmaci e dei vaccini, si occupa anche di medicina funzionale, nutrigenomica, terapie nutrizionali. Da oltre 20 anni Loretta collabora, nel ruolo di consulente scientifico, con associazioni no-profit, movimenti civici e comitati scientifici che hanno come obiettivo la tutela del consumatore, della salute umana e ambientale, la difesa della libertà vaccinale e terapeutica e la salvaguardia dell’ambiente.
Non lasciatevi fuorviare dal suo sorriso gentile. In lei generosità, determinazione, forza, coraggio, competenza si integrano alla perfezione, facendone una combattente per le cause della Vita e le istanze del benessere psicofisico.
Chi ha provato ad esorcizzare la potenza dirompente del suo messaggio nei confronti della narrativa dominante, attaccandola personalmente o sulla base di presunti errori nella presentazione delle evidenze tecno-scientifiche a supporto delle sue avvertenze, ha fatto tutt’altro che una bella figura. La maggior parte di esperti sbiadirebbero difronte alla consapevolezza della molteplicità dei suoi interessi e delle sue attività e collaborazioni. Loretta è protagonista di associazioni dello spessore di Corvelva e RinascimentoItalia. Con la prima ha collaborato per le analisi sui vaccini. Fa parte del boarding di FRI che, insieme alla consultazione del suo CV, permette di soppesare adeguatamente l’eccelsa qualità della sua formazione e della sua esperienza, ma solo leggendola e ascoltandola che si può apprezzare il carattere di forte rottura con le spiegazioni circolanti delle verità scientifiche, di cui la scienziata si fa ambasciatrice contro la propaganda dilagante che diffonde e usa la paura del contagio e la concomitante improrogabile necessità di reclusioni coatte e vaccinazioni di massa come l’unica arma utilizzabile.
Un virus batterico
La tesi sostenuta dalla Bolgan, sin da luglio scorso, che il virus che provoca il Covid fosse un virus batterico, ha trovato recente conferma nei risultati della ricerca del dott. Carlo Brogna e del suo team con cui la dott.ssa Bolgan ha recentemente iniziato a collaborare; Il team di Brogna è stato il primo al mondo a fotografare e ‘guardare in faccia’ il virus. La sua natura batterica spiega come mai risultino efficaci contro il virus gli antibiotici, utilizzati tra l’altro da quei medici che hanno individuato sul campo la terapia domiciliare precoce, al cui successo, praticamente totale, nel trattamento tempestivo dei malati Covid al proprio domicilio non hanno fatto seguito la promozione e la diffusione della stessa da parte del governo e del CTS che continuano inspiegabilmente ad ignorarla.
La natura batterica del virus è coerente, inoltre, con la constatazione che gli immuno probiotici siano efficaci nel suo controllo. A questa domanda la dott.ssa specifica che la consapevolezza della natura del virus ha grande importanza per la individuazione della corretta terapia e prevenzione, avendo un impatto notevole in tutte quelle che sono le conoscenze relative alla sua modalità di trasmissione, mettendo in discussione tutta la procedura che è stata messa in opera per il suo contenimento quali lockdown, mascherine, distanziamento ecc., perché presuppongono una diffusione via aerea del virus, come se si trovasse libero nell’ambiente, diversa da quella effettiva, avendo questo virus un comportamento più simile a un fago. I batteri fanno da veicolo al virus facilitando l’infezione delle cellule anche eucariote. Il virus, questo è documentato, entra quindi anche nelle cellule epiteliali così come nei macrofagi. Principalmente però è un virus che infetta i batteri attraverso i quali stimola la grande tempesta di citochine insieme ad una forte produzione di tossine batteriche responsabili tra l’altro di tutte le manifestazioni neurologiche del Covid.
L.B.: Parlando di un virus che ha caratteristiche più da enterovirus, il contagio avviene per ingestione e non per inalazione; si mette perciò in discussione il fatto che questo sia un virus tipicamente respiratorio, cioè che infetta le vie aeree inferiori, quelle polmonari. Esso infetta naso e gola ma poi viene ingerito, non viene respirato, a meno che non ci sia un’autoinalazione che è quella che succede quando indossiamo la mascherina… Tutte queste cose andavano verificate da subito. Tutte le misure che noi stiamo prendendo sono del tutto inutili nei confronti di un virus come questo, perché non abbiamo ancora capito o non abbiamo voluto capire quale è la reale via di trasmissione e come va trattato il paziente da subito, al primo manifestarsi della sintomatologia. Questo virus colonizza i batteri iniettando al loro interno il suo genoma. Tende inoltre a integrarsi nel DNA dell’ospite. Non sappiamo ancora se si integra completamente o parzialmente. Se si integrasse parzialmente, nel momento in cui viene stimolata la sua produzione, non sappiamo se si producono solo parti del virus, non infettive, o se si attivi tutto il virus, provocando una ripartenza dell’infezione. Mi sono arrivate numerose segnalazioni che le persone che si sono vaccinate con l’antinfluenzale e poi per il Covid, dopo circa una settimana sviluppano il Covid! I test tampone indicano che c’è una replicazione virale e questo ci dice che il virus si è riattivato.
Per riattivarsi ci sono due modalità. Nella prima essa è dovuta alla persistenza del virus nelle cellule batteriche (non dannosa – semplicemente viene riattivata la sua presenza a livello dei batteri), nella seconda la riattivazione avverrebbe proprio perché si sarebbe integrato nel DNA esattamente come fanno i retrovirus (tipico l’esempio dell’herpes che è un retrovirus integrato). Questo presuppone che l’RNA del virus dev’essere retrotrascritto e integrato. Tale comportamento è stato dimostrato per questo virus a livello delle cellule; per il momento si è visto che l’integrazione è parziale, tuttavia le evidenze delle persone che si ammalano dopo la vaccinazione mi fanno pensare che il virus si integri completamente. Il fatto che si produca una cronicizzazione della malattia si è capito già dopo qualche mese, perché le persone continuavano a produrre proteine virali anche dopo mesi, cosa che è stata appurata facendo l’analisi delle feci. Anche qui abbiamo sbagliato. Il campione più corretto per studiare questo virus sono le feci, non il tampone salivare!
– Quella a cui faceva riferimento prima è il fenomeno della cross-reattività tra influenza e Covid?
L.B.: Sì, perché ci sono delle omologie di sequenza tra virus influenzali e Covid che condividono proteine assai simili, per cui se si formano degli anticorpi contro il virus dell’influenza, gli stessi anticorpi si legano debolmente al Sars Cov-2. Il problema è che gli anticorpi che si formano in seguito alla vaccinazione antinfluenzale si legano al Covid, ma poiché lo fanno in maniera debole, accade che più anticorpi si legano allo stesso virus. Quando si forma questo complesso formato da più anticorpi col virus, il virus entra nelle cellule attraverso un recettore diverso dall’ACE2. In questo caso il complesso si serve del recettore Fc-gamma che è presente nelle cellule del sistema immunitario, in particolare nei macrofagi, nei mastociti e in altre cellule di questo tipo. Quando il virus entra nei macrofagi attraverso questa via, esso blocca la risposta antivirale del macrofago e quindi gli interferoni antivirali, cominciando così a replicarsi in maniera incontrollata all’interno delle cellule del sistema immunitario. Da qui la stimolazione della produzione di citochine. Ecco il meccanismo con cui si innesca la complicanza. Questo è quello che chiamiamo il potenziamento della malattia che si produce in maniera molto rapida e incontrollata.
– Una versione amplificata della recidiva dell’influenza?
L.B.: Esattamente. Sì, anche con il virus dell’influenza succede la stessa cosa. Il potenziamento della malattia nel caso dell’influenza è possibile dopo la vaccinazione antinfluenzale. Soprattutto negli over 65 si manifesta questo fenomeno molto pericoloso. Teniamo conto, infatti, che soprattutto tra gli anziani la percentuale dei vaccinati che manifestano un potenziamento è alta, aggirandosi intorno al 50%. La vaccinazione li predispone alla complicazione fatale soprattutto se sono compresenti più patologie. Di conseguenza il fenomeno del potenziamento è un fenomeno che va evitato, cercando di fermare l’infezione nella prima fase, quella virale. Quando il sistema immunitario non riesce a bloccare il virus nella prima fase, può succedere che si inneschi la complicazione perché, nel tentativo di bloccare il virus, esso ha tutto il tempo di andare ad infettare le cellule del sistema immunitario ed è questa infezione a provocare la complicazione grave fatale. Quest’ultima è quindi conseguenza di un potenziamento della malattia che si attiva con gli stessi anticorpi che la persona sta producendo contro il virus perché, se c’è una produzione precoce di anticorpi che non sono molto affini ed efficaci per il virus, essi purtroppo sono in grado di legarsi al virus e causare di per sé il potenziamento. Se la persona avesse anticorpi provenienti dal vaccino antinfluenzale, da un vaccino anti-Covid o anche da infezioni Covid pregresse, essa corre un rischio maggiore di sviluppare il potenziamento, anche da subito.
– Dottoressa, se non ho interpretato male, la letteratura scientifica riporta che la sperimentazione di vaccini contro le prime forme di Sars e di Mers, all’inizio del secolo, condott in fase preclinica sugli animali, quando quest’ultimi venivano reinfettati con il virus selvatico, dopo essere stati vaccinati, manifestavano il fenomeno del potenziamento e della complicazione fatale tanto da causare il blocco della sperimentazione di quei vaccini. È così?
L.B.: Sì, è proprio così.
– Come mai allora è stata ripresa, e proprio sugli umani?
L.B.: Ho documentato già nel primo libro che ho scritto sui vaccini, questa problematica, peraltro ben nota, sin dall’inizio, anche alle agenzie regolatorie e ai produttori. Se si va a leggere quello che ho scritto, vi si trova documentato che – nella prima riunione con le agenzie regolatorie e i produttori per decidere cosa fare nel pieno della pandemia – l’argomento centrale a quel tempo era proprio il rischio di potenziamento della malattia. Ne erano, quindi, perfettamente a conoscenza, ma hanno comunque utilizzato la procedura accelerata (fast track) prevista per situazioni di estrema gravità. Non si sapeva ancora bene che tipo di andamento la pandemia avrebbe manifestato nel corso del tempo, se sarebbe potuta diventare qualcosa di catastrofico. Davanti a tale incognita hanno deciso comunque di prendersi il rischio di fare il vaccino, sperimentandolo direttamente sull’umano, in parallelo con gli studi preclinici. Questa scelta in una valutazione beneficio/rischio risulta nettamente sbilanciata verso il rischio.
Negli studi preclinici che a un’occhiata anche superficiale appaiono strutturati nello stesso modo – io per ora ne ho approfondito solo uno e attualmente sto approfondendo quelli della Pfizer – si può constatare che gli animali vengono vaccinati per poi infettarli successivamente con il virus contagioso con la stessa sequenza del vaccino, e non con virus circolanti. È evidente che con questa modalità non siamo assolutamente in grado di sapere se il vaccino protegge o meno dall’infezione o se può provocare un potenziamento della malattia. Tutti gli studi sulla SARS sono stati fatti con virus ingegnerizzati, quindi con una sequenza modificata rispetto al virus della SARS originale. Questo ha permesso di constatare il potenziamento della malattia. Teniamo conto che in questo caso il potenziamento della malattia non è trascurabile perché impatta gran parte dei vaccinati. Se si considera ad esempio il caso ben conosciuto del virus sinciziale respiratorio, il relativo vaccino è stato testato sui bambini con problemi di bronchiti, broncheoliti e simili. Hanno riscontrato che l’80% dei bambini, rispetto ai non vaccinati, ha sviluppato il potenziamento della malattia e molti di loro sono anche morti. Il vaccino contro la dengue, che ha la stessa problematica, è stato ritirato e la ditta produttrice è stata denunciata per non aver preso in considerazione il problema del potenziamento pur conoscendolo, con la conseguenza di aver causato la morte di bambini vaccinati. La precauzione sarebbe stata d’obbligo, soprattutto non è accettabile che sia stata data un’autorizzazione seppure condizionale per un vaccino per il quale non si è escluso, in maniera chiara e definitiva, il rischio di causare il potenziamento. Grandi riviste, quali Science, Nature e altre, anche recentemente hanno lamentato il fatto che non ci sono ancora dati su quest’aspetto, ed ecco, tutto questo è inaccettabile!
– Ho letto, credo sul suo e-book, che gli studi preclinici sugli animali, fatti per gli attuali vaccini anti Covid, sono stati svolti in fretta e furia e in parallelo alla sperimentazione sull’uomo grazie alla concessione della procedura fast track, ma su modelli animali che non sviluppano complicanze da Covid, con la conseguenza che non è stato possibile verificare se questi vaccini possano o meno causare potenziamento della malattia.
L.B.: Sì, a breve analizzerò gli studi che la Pfizer ha presentato all’EMA come prova della sicurezza e dell’efficacia di questo vaccino. Attenzione che i primati non sono la specie animale adatta per testare il vaccino, proprio perché non sviluppano complicazioni gravi e fatali. Non possiamo sapere quindi se il vaccino funziona nello stesso modo sull’uomo. La sua funzione sarebbe propriamente quella di evitare che le persone sviluppino questo genere di complicazioni! Se, infatti, dovessimo proteggere le persone da un semplice raffreddore, è del tutto evidente che del vaccino potremmo farne tutti a meno.
Dagli studi preclinici sappiamo che non è sterilizzante, ossia che non impedisce la trasmissione del contagio. Il vaccinato può comunque prendersi l’infezione e sviluppare la malattia – sintomatica o asintomatica non sappiamo, ma è noto che può infettare gli altri. L’infezione si contrae perché se la persona dovesse venire a contatto con il virus circolante, essa è esposta a tutti gli effetti, alla stregua di una persona non vaccinata, al contagio e la trasmissione del virus. In definitiva, il vaccino non interrompe la catena della trasmissione del virus.
– Pensare che c’è chi parla di dare un patentino di immunità a chi si sottopone alla vaccinazione, un patentino di immunità per un vaccino che non garantisce nessuna immunità…
L.B.: Il patentino non ha senso a priori. Non trovo corretta questa strategia in ogni caso. A mio avviso queste infezioni stagionali hanno modalità di diffusione assai simili. Come con l’influenza l’unica cosa che possiamo fare è curare a casa la persona sintomatica finché non sta bene; anche nella fase di convalescenza dovrebbe starsene a casa almeno quindici giorni finché non recupera completamente. Questo andrebbe fatto per qualsiasi tipo di malattia infettiva. Di solito, invece, quando una persona è influenzata, passati i consueti tre giorni di febbre torna al lavoro, ma il tempo necessario al sistema immunitario di risolvere l’infiammazione e fare i ripari del danno richiederebbe che la persona se ne stesse a casa tranquilla, a curarsi e a riposare. È questa la cosiddetta quarantena inversa. Tengo a casa il malato, lo curo, cerco di isolarlo, mantenendo con lui un contatto minimo indispensabile; tutti gli altri si lasciano liberi di uscire, soprattutto la fascia maggiore della popolazione che è quella che non manifesta sintomi e se li manifesta sono in ogni caso nella fascia dei sintomi influenzali che si risolvono senza che si abbia la complicazione grave. Precauzione e monitoraggio stretto degli anziani a rischio, che vanno curati in maniera tempestiva appena si manifestano i primi sintomi. Prevenzione per tutto il resto della popolazione. Fare quindi un investimento importante e sostanziale sulla prevenzione e sulla cura della fase influenzale ed evitare il tracciamento dei positivi a base di tamponi che strategicamente non è così fondamentale, viste oltretutto le problematiche di gestione del poco personale e delle risorse finanziarie di cui disponiamo. D’altra parte, teniamo conto del fatto che ci sono degli studi che ci stanno dando l’informazione che gli asintomatici, per loro caratteristica, hanno selezionato all’interno del loro organismo, dei virus attenuati. Gli asintomatici, quindi, selezionano dei mutanti che in realtà non sono in grado di causare la malattia. Questo il motivo per cui sono asintomatici. Essi sono potenzialmente infettivi, però infettano a basso grado. In definitiva è come se fossero dei vaccini naturali perché infettano le persone a basso grado attraverso virus attenuati in modo naturale attraverso il loro organismo.
– Una vaccinazione naturale. Bisognerebbe abbracciarsele queste persone quando si incontrano.
L.B.: In teoria sì, in teoria sono quelli che fanno finire prima l’epidemia perché permettono la diffusione rapida del virus in forma di mutante non pericoloso, diverso da quello che può causare la malattia; finendo prima la malattia, essi impediscono anche la selezione di mutanti più aggressivi e pericolosi. Hanno quindi varie finalità. Una parte consistente della letteratura e degli studi che non sono stati fatti a sufficienza per vedere perché l’asintomatico è asintomatico e perché l’asintomatico è tale rispetto a uno che si prende la malattia; sembra che la ragione stia nei mutanti che si stanno replicando nel loro organismo. Teniamo conto, infatti, che una persona che ha un sistema immunitario efficace, seleziona – tra i vari mutanti che si formano durante la replicazione del virus, quelli che sono meno pericolosi, se il sistema immunitario è robusto, perché riesce a eliminare quelli che possono creare un danno all’organismo. Viceversa, quelli che sono attenuati sono quelli che rendono la persona asintomatica. In chi, invece, ha un sistema immunitario depresso o intossicato dall’uso di troppi farmaci, come nel caso degli anziani o delle persone che hanno patologie che causano l’immunodepressione, il virus sfonda una porta aperta, per cui si replica in maniera incontrollata anche con mutanti più pericolosi che si replicano più rapidamente e sono più aggressivi. Ecco, bisognerebbe aver studiato con molta più attenzione questi fenomeni. Si sarebbe potuto capire molto se si fosse fatto un lavoro approfondito sul sequenziamento. Se avessimo sequenziato fin dall’inizio i virus sia nelle persone che hanno sviluppato la patologia grave fatale, sia in quelli sintomatici che non sviluppano la patologia grave e negli asintomatici, forse saremmo riusciti a capire un po’ meglio la dinamica di questa infezione. Soprattutto bisognava andare a studiare nel dettaglio la diffusione ambientale del virus. Di recente cominciano a venire fuori studi cinesi molto importanti che ci dicono che il virus si trova nell’acqua, si trova nella verdura annaffiata, si trova nella carne macellata, addirittura nell’acqua dei prodotti congelati! Questo vuol dire che siamo in presenza di una diffusione ormai capillare che rende del tutto inutile il contenimento attuato attraverso il distanziamento se il virus si trova ormai dappertutto.
– Quindi gli asintomatici, piuttosto che tenerli in quarantena, avremmo dovuto lasciarli circolare… Le chiedo allora, pensando all’altra faccia della medaglia, se può essere che il vaccino possa contribuire a indurre una selezione di mutanti più contagiosi e più pericolosi?
L.B.: Certo che sì! Fa vaccino-resistenza. Sì, dobbiamo tener conto che i virus a RNA, a singolo filamento come questi, formano rapidamente mutanti, soprattutto nella parte della Spike che è immunogenica, riuscendo così a sfuggire rapidamente a quello che è l’attacco del sistema immunitario, soprattutto adattativo. C’è, infatti, un Rna polimerasi Rna-dipendente che introduce molti errori nella sua replicazione, formando, quindi, molto rapidamente mutanti con mutazioni che sono presenti in tutti i virus del nuovo mutante, ossia in tutte le copie al 100%. Può però formare anche una popolazione di mutanti minori, presenti in una percentuale che varia dal 20 all’80% del mutante maggiore che si chiamano quasispecie. Quindi, accanto al mutante maggiore si hanno anche centinaia di questi mutanti minori, tutti in equilibrio competitivo tra di loro. Quando si vaccina, si producono degli anticorpi specifici per l’antigene vaccinale, ma questi anticorpi prodotti attraverso il vaccino non sono in grado di legarsi a tutti i mutanti minori, quindi i mutanti minori che sfuggono dal legame con l’anticorpo vaccinale sono propriamente quelli che si replicano e fanno la resistenza, perché godono di un vantaggio selettivo. Essi vengono quindi selezionati proprio dalla vaccinazione ed ecco la vaccino-resistenza! Ed ecco che la famosa variante di Londra, così come quelle che si sono manifestate in Francia o altrove potrebbero avere questa origine. Facile presupporre che siano state causate dalla vaccinazione.
Bisognerebbe fare uno studio per vedere se le mutazioni cadono nel sito di legame degli anticorpi vaccinali perché, se così fosse, allora è stato effettivamente il vaccino a creare le varianti. In ogni caso, dal punto di vista della plausibilità biologica è assai probabile che si originino mutanti da vaccino-resistenza. Più vacciniamo la popolazione, più rapidamente creiamo vaccino-resistenza. Il risultato sarà che invece di avere un effetto gregge (loro dicono che bisogna vaccinare il 75% della popolazione perché si riesca ad interrompere il contagio), in questo caso saremo di fronte a un virus che il vaccino non potrà contenere, perché la trasmissione non si interrompe vaccinando e non ha alcun senso parlare di effetto gregge. Si otterrà, viceversa, l’effetto contrario, ossia la vaccino-resistenza, e anche molto rapidamente!
(fine prima parte)
fonte originale:
pubblicato da Zory Petzova