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La Redazione

 

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Profondità

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A cura di Tonguessy
Il 17 Settembre 2020
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Tonguessy

 

Lo scoglio dista qualche centinaio di metri da riva. La parete rocciosa da cui mi tuffo scende a piombo verso un fondale biancastro per le rocce carsiche. La decina di metri di acqua mi permette ancora di distinguerne i lineamenti. Via via che nuoto verso lo scoglio il fondale si inabissa, rendendone i contorni sempre più indistinti fino a sparire del tutto. Sto nuotando nel blu. Un blu infinito potrei dire, se credessi che la parola “infinito” avesse per me qualche significato. Il braccio destro si inabissa trascinando una scia di bollicine verso il blu profondo che prontamente risalgono. Poi tocca al braccio sinistro, altre bollicine nel blu. Poi ancora il destro, e ancora il sinistro. Giro la testa alzandola quanto basta per respirare e la ributto sott’acqua, mentre le braccia continuano a generare scie di bollicine. Attorno a me è tutto blu. Una volta questa situazione mi spaventava: pretendevo di avere qualche riferimento visivo. Ma lì, a metà strada tra la riva rocciosa e lo scoglio, mentre nuotavo non c’era alcun riferimento, se non alzavo la testa per vedere dov’ero. Poi è successo qualcosa. Per qualche oscuro motivo quel “blu inconscio” non mi sembrava più una presenza angosciante, nonostante avessi schivato meduse e visto pesci di stazza preoccupante. Il canto delle sirene dell’ignoto forse mi stava ammaliando, mentre prima mi spaventava. Questo credo sia dovuto alla mia nuova consapevolezza: il destino non lo controlli consciamente. Tanto vale lasciarsi andare. L’universo indeterministico trova sempre nuovi modi per esprimere e realizzare la propria esistenza, che tu ci creda oppure no.

Se tu scruterai a lungo in un abisso, anche l’abisso scruterà dentro di te” scriveva Nietzsche. La profondità ha un senso che per noi umani è inquietante, perché non offre appigli, ragioni o interpretazioni. Offre solo paure. La profondità vive ex-ante ed ex-post, e non chiede la nostra approvazione. Siamo noi che vogliamo una qualche approvazione per meritarci di vivere. L’abisso, la profondità, non ne hanno bisogno. “Se guardi a lungo nell’abisso, l’abisso guarderà te”, ammoniva il filosofo. Il problema è che l’abisso non vede, ed è indifferente al nostro vedere. La nostra idea di abisso e profondità delimita solamente la nostra percezione. Per un ecoscandaglio quel blu infinito è soltanto un tratto di mare profondo poche decine di metri, esplorabili anche da un normale sub. Questo mi toglie tutta la tensione e la poesia di essere sospeso nel blu: le moltiplicazioni tecnologiche ampliano (spesso senza consenso) le nostre percezioni sensoriali. L’LSD no, per carità. Ma ben venga l’ecoscandaglio. Oppure il radiotelescopio. In ambiente scientifico non esiste la modica quantità e tutto, diversamente dal mondo percettivo ampliabile con pochi ma stupefacenti euro, è ampiamente concesso. Mi chiedo cosa me ne possa fregare dell’uno e dell’altro, dato che non ho ecoscandagli o radiotelescopi, né faccio uso di droghe. Lo dico solo per equanimità, diciamo. A proposito di telescopi: l’altra esperienza di profondità che ricordo con uguale intensità è il cielo senza luna del deserto. Un nero intenso invece di un blu intenso, zeppo di puntini scintillanti. E la Via Lattea, stupenda.

La profondità percettiva, diversamente dalla profondità mediata dalla tecnologia, ti mette a nudo. Non hai scuse. O l’accetti e ti fidi oppure te ne stai tranquillo nei confortevoli ranghi del conosciuto, zeppo com’è di dettagli arcinoti. Amo pensare che un grande pensatore come Gödel abbia guardato a lungo l’abisso (solo matematico?) e ne abbia fissato i limiti: puoi descriverlo solo se non ci vivi dentro. Insomma, siamo attorniati da affermazioni sulla profondità di cui non si può dimostrare né la verità né la falsità, formalmente chiamati enunciati indecidibili. Certo, tutta colpa del relativismo così odiato da papi e prelati. L’oltreumano non appartiene a noi se non come mistero, mentre le macchine che ne svelano i dettagli distruggono la profondità del significato. Nelle parole di Jean Baudrillard: “Ogni significato presuppone una profondità, una dimensione nascosta che l’uomo postmoderno (cioè noi) ignora, abituato com’è alla mancanza di significati per eccesso di significati stessi.

Un altro passo verso il dominio delle macchine. Mentre noi restiamo affascinati dalla profondità, le macchine la smantellano pezzo dopo pezzo, rendendola un inutile orpello umanistico. Forse è per questo che oggi ci si affeziona di più alle macchine che alle persone. Nietzsche descriveva le implicazioni umane di questa tragedia: abbiamo delegato le macchine ad osservare l’abisso, razionalizzandolo. Abbiamo perso il significato della profondità, i cui limiti sono ormai scivolati oltre l’orizzonte umano. Ne è convinto Erich Fromm quando scrive: “Il progresso umano conduce necessariamente alla repressione e alla nevrosi. L’uomo non può avere contemporaneamente felicità e progresso.” [1]

Descrive quindi “una borghesia per la quale la vita ha perso significato… eppure sono in cerca di un significato”[2], una ricerca che, secondo Baudrillard, rappresenta un’impresa a dir poco difficile data l’insignificanza dei significati.

Il braccio scende nel blu assieme alla serie di bollicine. Lentamente appaiono i primi bagliori dovuti al riverbero delle rocce sottostanti. Il fondo da indistinto comincia a delinearsi. Mi sto avvicinando allo scoglio e miriadi di pesciolini neri mi avvisano dell’imminente incontro. Lentamente dalle profondità emergono i contorni della roccia. Una sua parte sfiora il mare tranquillo che la ricopre appena. Ci nuoto sopra. Un polpo, accortosi della mia presenza, tenta di entrare in una cavità ma il pesce che la occupa non è d’accordo. Ne nasce un battibecco che osservo divertito. Oltre quel crinale si dipana un altro misterioso ed intenso blu. Le pareti scendono a picco ed io osservo cefali, saraghi e branchi di salpe scorrazzare senza preoccuparsi troppo della mia presenza. Nuoto attorno allo scoglio e alla fine il blu mi si para davanti, parzialmente nascosto da una cresta: è ora di tornare a riva. Accarezzo quel crinale e poi inizio a nuotare con vigore verso il blu. Per quest’anno sarà l’ultima volta che affronto la profondità di quell’azzurro, lasciando che il mio occhio si posi in quel colore che mi avvolge senza tentare di razionalizzare quella magia.

“I colori dell’acqua marina e del firmamento sono veramente straordinari per la varietà e la profondità” A. Gramsci- Lettere dal carcere

[1] E. Fromm “La crisi della psicanalisi”

[2] E. Fromm “Personalità, libertà, amore. La missione di Sigmund Freud”

Tonguessy per ComeDonChisciotte

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