DI GEORGIOS
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“Il patriottismo è l’ultimo rifugio di una canaglia.”
Questa dichiarazione era stata fatta dal famoso poeta, saggista e lessicografo inglese Samuel Johnson nel 1775 e si può tranquillamente affermare che generalmente e’ più probabile che uno abbia sentito parlare di questa citazione che dello stesso Johnson. (1)
Quello che e’ meno noto invece e’ che Samuel Johnson nella prima edizione del suo famoso Dizionario della Lingua Inglese del 1755, descrisse nel lemma corrispondente il “patriota” come “uno di cui la passione primaria è il suo amore per la patria”. Ed è ancora meno nota l’aggiunta che introdusse nella quarta edizione di questa sua opera nel 1773, secondo la quale “il patriottismo può essere un eufemismo per un fazioso disturbatore del governo”. (2)
Nella foto: Un ritratto di Lord Byron in Grecia, realizzato da un artista sconosciuto verso il 1930, Atene, Museo Benaki
La causa di queste “correzioni” da parte di Johnson (un fervente patriota lui stesso fino al punto del sciovinismo) era stata una serie di eventi che ebbero luogo tra il 1775 ed il 1783 nella più importante colonia inglese di oltre oceano: la guerra di indipendenza americana. (3)
Ma, per ragioni di maggior chiarezza, facciamo un breve passo nel passato.
La storia degli uomini, nel senso del racconto di loro stessi, comincia quando abbandonano la vita da nomadi e si stabiliscono in un determinato luogo. Questo risale a circa 10,000 anni fa, cioè al periodo durante il quale l’uomo scopre l’agricoltura e da cacciatore-raccoglitore diventa produttore. (4)
Lo stesso non si può affermare circa il senso di appartenenza ad un insieme di cose di carattere sociale, linguistico, culturale ed economico che lega l’uomo al luogo e che comunemente si chiama patria. Infatti, il sentimento patriottico richiede qualche cosa in più: richiede l’acquisizione del concetto della libertà.
I primi riferimenti alla patria appaiono nelle poesie di Omero, nell’Iliade e nell’Odissea. Nella prima, Ettore, il famoso guerriero di Troia, afferma che “Augurio ottimo e solo è il pugnar per la patria”, mentre nella seconda e nei primi versi del poema, Omero mette in rilievo un giorno molto particolare nella vita di ognuno di noi scrivendo “del ritorno il dì”, il “νόστιμον ήμαρ”, cioè il giorno del ritorno in patria. (5), (6)
L’acquisizione del senso della patria fu un fatto molto importante che è andato di pari passo con le lotte per l’emancipazione sociale nella Grecia classica. Queste lotte, come descritto in un articolo pubblicato in questo sito, vennero interrotte bruscamente dalla globalizzazione delle società antiche ad opera delle conquiste degli imperi di Alessandro il Magno e degli imperatori romani. (7)
Con un ritardo di molti secoli e rivendicando di nuovo la libertà, le masse popolari diventano ancora una volta popolo e riscoprono il senso di appartenenza ad una patria. Ciò accade con le rivoluzioni americana e francese del 18° secolo quando il popolo come nuovo soggetto politico e non più come massa di individui isolati, i servi della gleba difficilmente distinguibili dagli animali, pretende l’esercizio del potere a suo nome e non più a nome di Dio. Infatti, i rivoluzionari si chiamano tra loro “cittadino” o “patriota” della nazione e si battono per liberare la società dal giogo monarchico, cioè si battono per la democrazia.
In Francia, la patria viene prima “adottata” e difesa dagli ascendenti strati dei girondini (borghesia moderata) che inizialmente controllano l’esercito il quale non è altro che il popolo in armi (come i polites/oplites cioè i cittadini/combattenti dell’antica polis greca). Presto però ed appunto perché il popolo ha preso coscienza del proprio ruolo come popolo in armi, questo controllo passa nelle mani delle masse degli strati sociali più bassi, i cosiddetti giacobini (piccoli borghesi e proletari germinali). Fino al 1793 la Rivoluzione trionfa ma allo stesso tempo sanguina a causa della reazione nobiliare e la violenta contro-reazione rivoluzionaria.
La Rivoluzione anche se ha avuto grandissimi successi nei suoi obbiettivi militari, politici, culturali e sociali, non ha però minimamente toccato il punto chiave della patria che stava costruendo, cioè non ha toccato il problema classista. Il problema della spartizione della torta, il problema economico è rimasto, forse per mancanza di prospettiva o di momento rivoluzionario, irrisolto. Per cui, anche se qualcuno dei cittadini-patrioti, con le parole “patria” e “nazione” intendesse riferirsi ad una società equa e giusta anche sotto il profilo economico, non era affatto scontato che il suo prossimo commilitone rivoluzionario intendesse la stessa cosa.
Alla fine, dopo un periodo turbolento detto del terrore, al quale è seguito un nuovo periodo turbolento ed un nuovo terrore non tanto storicamente reclamizzato come il primo, la borghesia moderata (nel senso rivoluzionario) ha avuto finalmente il controllo della patria rivoluzionaria. Questa patria, non dimentichiamo, frutto della lotta rivoluzionaria di tutto il popolo, si è subito dimostrata un grosso problema per la nuova classe al potere, la classe dei borghesi. Perché era una società classista e perché essendo forte della sua esperienza recente aveva delle pretese sull’esercizio del potere. E’ a questo punto che la nuova classe dominante inventa il trucco della riassegnazione della rappresentanza: separa il senso dello stato-nazione che era stato creato dalla lotta del popolo, dal senso del popolo stesso. Gli eletti, i suoi rappresentanti in parlamento, non seguiranno gli interessi del popolo ma quelli della “nazione”, una nazione che cosi acquista un secondo significato molto più facilmente adattabile ai progetti capitalistici.
Inutile dire che alla mutazione della parola “nazione” ne seguì una analoga anche per la parola “patria” nel senso che, nell’ambito della lotta di classe, chi si oppone alla classe dominante cioè la classe borghese nella società capitalistica, considera la patria soltanto come uno strumento inventato dalla borghesia per attenuare lo scontro di classe e “pacificare” la società, servendo meglio i propri interessi. Niente di più sbagliato e niente di più pericoloso specialmente nella fase attuale dello scontro di classe:
Patria è l’ambiente sociale, politico e culturale dentro il quale si sviluppano le diverse classi che provengono dal popolo come anche le lotte per la libertà, la democrazia e i diritti di queste classi , e quindi, è anche l’ambiente nel quale vengono maturate le loro prospettive storiche. Se questo ambiente sparisce, se la patria sparisce, sparisce anche il contenitore sociale dentro il quale queste prospettive storiche possono realizzarsi. Sparisce ogni prospettiva di progresso sociale. Il degrado, la povertà e la perdita di ogni valore sono a senso unico.
Patria, dunque, possono avere soltanto quelli che posseggono la possibilità di poter rivendicare libertà e democrazia pur essendo divisi in classi sociali. Se queste condizioni non vengono soddisfatte, allora soltanto una di due cose possono accadere:
O la società ha raggiunto il livello massimo di progresso sociale con assoluta democrazia e uguaglianza economica e sociale, livello nel quale la parola “patria” può solo riferirsi a delle descrizioni strettamente culturali.
Oppure la società ha perso la sua patria e di conseguenza è sottomessa ad un regime di occupazione e di schiavitù. Se una società cosi duramente colpita non si ricompone come popolo per rivendicare il recupero della patria perduta, cioè la sua indipendenza e la sua autodeterminazione nazionale, non potrà mai ambire a nessuna specie di progresso sociale, politico od economico.
Georgios
Fonte: www.comedonchisciotte.org
26.10.2014
Note
(1) http://it.wikipedia.org/wiki/Samuel_Johnson#Ultime_opere
(2) http://www.samueljohnson.com/patrioti.html
(3) http://it.wikipedia.org/wiki/Guerra_di_indipendenza_americana
(4) http://www.silab.it/storia/?pageurl=06-le-origini-dell-uomo
(5) http://it.wikisource.org/wiki/Iliade/Libro_XII
(6) https://it.wikisource.org/wiki/Odissea/Libro_I