Non vendicarsi, ma ricordare

In Russia demoliscono i monumenti ai fascisti italiani.

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Di Vladimir Malyshev, stoletie.ru

Nella regione di Belgorod è stata smantellata una stele in memoria dei soldati italiani di Mussolini, morti durante la Grande Guerra Patriottica. Come comunicato dal canale telegram “Mash”[1], ciò è opera di “sconosciuti”, in quanto le autorità locali da tempo non davano risposta alle richieste dei residenti di rimuovere questo vergognoso monumento.

Le organizzazioni patriottiche hanno scritto appelli a tutte le autorità, ma nessuno ha mai toccato la stele di granito, anzi alcuni “volontari sconosciuti” si sono persino presi cura del monumento dedicato ai fascisti. Nell’agosto 2023, a dire il vero, dei “cittadini anonimi”, secondo quanto riportato dai media, vi hanno accostato un escavatore, hanno avvolto un cavo attorno alla stele e l’hanno portata via in direzione sconosciuta.

Il monumento, da tempo soprannominato dalla popolazione “monumento agli italiani, invasori fascisti”, fu costruito tra la fattoria Pokladov e il villaggio di Garbuzovo, dove le truppe sovietiche sconfissero tre divisioni italiane durante la Grande Guerra Patriottica. Tale monumento venne eretto dai discendenti di quegli italiani all’inizio degli anni Novanta.

Tuttavia quello non era l’unico monumento dedicato ai fascisti italiani sul suolo russo. L’anno scorso, nella città di Rossosh, nella regione di Voronezh, è stato smantellato un monumento ai “Bersaglieri e ai tiratori Alpini italiani”[2]. O, come lo chiamavano i locali, “un monumento al fascista sconosciuto”. Era un piedistallo in mattoni coronato da una struttura metallica che univa un elmo sovietico con la stella e un copricapo italiano da alpino con la piuma.

Il monumento è stato eretto nel 2003, ma, intorno alla questione ci sono sempre state aspre polemiche, come già riportato su “Stoletie”[3]. I residenti locali attivamente hanno chiesto di rimuovere questo monumento vergognoso, che insulta la memoria delle vittime del fascismo. Tuttavia, le autorità locali, proprio come nella regione di Belgorod, si sono ostinate a non volerlo fare.

Ricordiamo che il copricapo, nella forma rappresentata dal monumento, è il copricapo militare degli Alpini, che durante gli anni della guerra erano un’unità d’assalto dei fascisti italiani.

In totale, come parte del “Corpo di spedizione italiano in Russia” (CSIR inviato nell’estate del 1941 ndr.), dalla soleggiata Italia, 62.000 militari furono spediti sul fronte orientale. Nell’estate del 1942 l’Esercito Italiano in Russia contava già 7.000 ufficiali e 220.000 soldati (8ª Armata Italiana in Russia – ARMIR ndr.). Queste truppe, per tutta l’estate e l’autunno condussero scontri cruenti contro le unità sovietiche nell’Alto Don. Nel dicembre 1942 l’8ª Armata Italiana fu sconfitta: complessivamente 43.910 soldati e ufficiali italiani persero la vita, altri 48.957 furono catturati.

Non vendicarsi, ma ricordare
Alpino durante la guerra in posa a Rossosh, dove è stato costruito il monumento

Dopo l’inizio dell’Operazione Speciale Militare, quando l’Italia, insieme ad altri paesi della NATO, in modo effettivo ha preso nuovamente parte alla guerra contro la Russia, con la fornitura di armi all’Ucraina, la gente non è riuscita a trattenersi. Nella primavera del 2022 il piedistallo è stato ritrovato rovesciato, la struttura metallica con il copricapo è sparita. Secondo alcune indiscrezioni, i residenti di Rossosh, furibondi, l’hanno gettata nel fiume.

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Monumento agli Alpini a Rossosh abbattuto

Questa storia vergognosa è finalmente giunta a termine. Tuttavia, rimangono delle domande. Come tali monumenti abbiano potuto apparire sulla nostra terra, intrisa dal sangue delle vittime delle orde di Hitler e dei suoi complici di paesi attualmente membri della NATO e dell’UE, che invasero l’URSS?

Dopotutto, questo è stato fatto a livello ufficiale, per decisione delle autorità locali. Ancora oggi alcuni media moscoviti reagiscono in modo strano alla demolizione del monumento nella regione di Belgorod. Così, ad esempio, “Moskovskij Komsomolets”[4], scrive che sarebbe stato “rubato”, come per condannare coloro che hanno demolito il monumento dedicato ai fascisti. Sì, il giornale non li chiama “fascisti”, ma scrive che “hanno rubato un monumento ai soldati italiani caduti”.

A Rossosh il monumento agli Alpini italiani è stato solennemente inaugurato nel 2003, quando nel nostro Paese si credeva ingenuamente nell’“amicizia e nella cooperazione” con l’Europa. I luoghi delle battaglie, a cui presero parte i soldati del Corpo di Spedizione Italiano in Russia, sono stati spesso visitati dai loro discendenti, così come dalle delegazioni ufficiali italiane, militari compresi. Il loro denaro è stato utilizzato per erigere monumenti, organizzare ogni sorta di eventi “all’amicizia”, ecc. I capi locali sono stati costantemente invitati in Italia per le “vacanze” e ricoperti di regali. Pertanto, si sospetta che sia questo il motivo per cui abbiano resistito così ostinatamente alle richieste del pubblico di rimuovere tali vergognosi monumenti.

Non vendicarsi, ma ricordare
Protesta davanti al monumento dedicato agli Alpini a Rossosh

Eppure coloro a cui tali monumenti sono stati eretti non erano solo “soldati”, bensì spudorati invasori, fascisti che invasero il nostro Paese per saccheggiare e uccidere. I discendenti di coloro che vissero nei territori occupati dai soldati di Hitler e di Mussolini lo ricordano bene.

Anche i documenti di guerra ne parlano. Testimoniano in modo eloquente ciò che hanno commesso sulla nostra terra gli europei “civilizzati”, le cui granate e bombe stanno nuovamente esplodendo sulla nostra terra.

Ecco una cartella ingiallita. Sulla copertina c’è un’iscrizione a mano: “Comitato esecutivo del Consiglio distrettuale dei deputati dei lavoratori di Olkhovatka della regione di Voronezh, villaggio Olchovatka. Fascicolo di calcolo dei danni causati dagli invasori fascisti al distretto Olkhovatskij. Protocolli, atti, storie. Per il 1943”. Nella pagina successiva – “Elenco dei fucilati dai fascisti durante la ritirata”.

In questo triste elenco ci sono 12 cognomi di abitanti del pacifico villaggio di Olkhovatka: 1. Zhuk Ivan Sergeevich, kolchoziano (contadino del kolchoz ndr.). 2. Zhuk Vitalij Panteleevich, trattorista. 3. Pokujko Gerasim Obmeletovich, kolchoziano… Di seguito altre sette persone con lo stesso cognome – Savchenko, un’intera famiglia uccisa…

Furono brutalmente uccisi. Alla giovane Savchenko Anna, i fascisti tagliarono il seno e bruciarono i capelli. A Sashenka Savchenko, di due anni, i nemici spezzarono braccia e gambe, la sua testa venne sbattuta contro un palo e, dopo molte sevizie, fu ucciso con un colpo d’arma da fuoco. Dopo aver sterminato la famiglia Savchenko, i fascisti ammucchiarono i cadaveri, li cosparsero di cherosene e li bruciarono.. .

Il crimine fu commesso su ordine del comando del Corpo degli Alpini italiani. “La commissione ha accertato”, si legge nel documento sopra citato, “che le efferate fucilazioni di civili furono attuate su disposizione del comando gendarmeria del Corpo degli Alpini, colonnello Andilfo Bindo, del capo zona, colonnello Marconi, del capo del quartier generale, colonnello Volinari, del capo del presidio, tenente colonnello Anton Isalveti, del capo per gli affari civili, colonnello Francesco Bolleste”[5].

Ma questo non è affatto l’unico episodio di crimini dei fascisti italiani in terra russa. Ci sono prove documentali, in base alle quali furono proprio gli italiani a seppellire vive una giovane insegnante e sua figlia di cinque anni. Come raccontato da Lyubov Ivanovna Adonkina, figlia dell’infermiera di prima linea Evdokia Vasilevna Adonkina, sua madre fu colpita alla gamba da un cecchino italiano mentre usciva nell’orto a prendere le patate, mentre il padre si vide il braccio destro strappato via da una granata italiana. I fascisti deliberatamente le sparpagliarono come giocattoli sgargianti, molti bambini saltarono in aria su di esse, morirono o rimasero feriti.

I soldati italiani trattarono brutalmente i prigionieri di guerra sovietici. Ecco una testimonianza delle “avventure degli italiani in Russia” dall’Archivio Centrale del Ministero della Difesa della Federazione Russa (Fondo 334. Elenco 5259. Fascicolo 2. Foglio 150):

“Nel villaggio di Belij Kolodets, distretto di Bogucharskij, regione di Voronezh, dopo la battaglia del 15 dicembre 1942, fu catturato un gruppo di krasnoarmejtsy (soldati dell’Armata Rossa ndr.) feriti per un totale di 12 persone. Furono gettati dietro un recinto di filo spinato all’aria aperta, nella neve. Gli italiani tolsero loro i valenki (stivali invernali di feltro ndr.) e li lasciarono completamente senza calzature nel forte gelo, ai prigionieri non diedero nulla da mangiare, li percossero e, per umiliare ancora di più i militari feriti, di tanto in tanto gettavano loro ossa da rosicchiare. Il 17 dicembre, di giorno, gli italiani fecero uscire i prigionieri da dietro la recinzione per iniziare a picchiarli duramente coi bastoni e coi calci dei fucili. I fascisti percossero i krasnoarmejtsy disarmati e feriti, coi calci dei fucili e bastoni, su tutto il corpo, sulle gambe, sulle braccia e sul viso insanguinati. Poi i krasnoarmejtsy torturati e duramente picchiati furono portati via per essere fucilati. Gli italiani, rendendosi conto dell’avvicinarsi al villaggio di unità dell’Armata Rossa, avevano fretta di sistemare il più rapidamente possibile i krasnoarmejtsy prigionieri. Alle 18 del 17 dicembre, i krasnoarmejtsy furono fucilati a bruciapelo con mitragliatrici e fucili, quelli che davano ancora segni di vita furono finiti dai fascisti coi calci dei fucili”.

A questi mostri abbiamo poi eretto monumenti? Com’è potuto accadere? Per molto tempo dopo la fine della guerra in URSS, e soprattutto dopo il suo crollo, in un certo qual modo, non era ammesso menzionare le atrocità dei complici e degli alleati di Hitler, che, insieme alle sue orde, irruppero nel nostro Paese, derubando, uccidendo e stuprando.

In effetti, insieme ai tedeschi, anche: ungheresi, italiani, rumeni, francesi, finlandesi e altri partecipanti a questa “campagna europea nell’Est” agirono allo stesso modo. Ma dei crimini di questi complici di Hitler abbiamo cercato di non parlare per non oscurare “l’amicizia dei popoli”. Persino abbiamo cercato di non menzionare le atrocità di Bandera nell’Ucraina occidentale.

Negli anni Novanta, quando nel nostro Paese iniziò a fiorire la “tolleranza”, falsamente intesa, abbiamo cominciato a riscrivere la storia della guerra, trasformando l’Armata Rossa da liberatori in “occupanti”. Di conseguenza, oggi abbiamo ragazzi del tipo “Kolya di Urengoj”[6], o scrittori come Dmitrij Bykov, fuggiti negli Stati Uniti, che definiscono Hitler un “liberatore”.

Il poeta Mikhail Svetlov a quei tempi scrisse una poesia dedicata agli italiani mandati a combattere in Russia[7]:

Croce nera sul petto di un italiano,

Nessun intaglio, né rabesco, né lucentezza, –

Da una famiglia povera conservata

E dall’unico figlio portata…

Giovane nativo di Napoli!

Cos’hai lasciato in Russia in un campo?

Perché non potesti essere felice?

Sul celebre golfo nativo?

Io, che ti ho ucciso vicino a Mozdok,

Ho tanto sognato un vulcano lontano!

Come ho fantasticato la vastità del Volga

Almeno per una volta un giro in gondola!

Ma io non sono venuto con la pistola

A portar via l’estate italiana,

Ma i miei proiettili non hanno fischiato

Sulla sacra terra di Raffaello!

Qui ho sparato! Qui dove sono nato,

Dov’ero orgoglioso di me stesso e degli amici,

Dove le epopee della nostra gente

Non risuonano mai nelle traduzioni.

Forse l’ansa del medio Don

Lo studioso straniero ha mai studiato?

La nostra terra – la Russia, la Raseya –

Forse tu hai arato e seminato?

No! Ti hanno portato su una tradotta

Per la conquista di colonie lontane,

Affinché la croce dallo scrigno di famiglia

Crescesse fino alle dimensioni di tomba…

Non lascerò che la mia patria sia portata via

Oltre la distesa di mari stranieri!

Io sparo – e non c’è giustizia

Più giusta della mia pallottola!

Qui tu non hai mai vissuto né sei stato!..

Ma sparso in campi innevati

Il cielo azzurro italiano

È vitreo in occhi inanimati…

No, noi non chiediamo affatto vendetta per i mostruosi crimini commessi sulla nostra terra dagli europei. Ma non dobbiamo dimenticare. Dobbiamo ricordare.

Quando dopo il crollo dell’URSS le frontiere si aprirono e i russi iniziarono a viaggiare liberamente all’estero, rimasero affascinati dall’Italia: i suoi monumenti storici, le sue antiche città e musei, le sue meravigliose canzoni. Ingenuamente credevano, così pacificamente e felicemente, che ora avremmo vissuto, in un’unica “famiglia europea di popoli”. Ahimè, dall’altra parte del confine la pensavano diversamente.

La NATO si è avvicinata a noi. Nella stessa Italia sono apparse bombe nucleari destinate ad attaccare il nostro Paese, che gli americani hanno collocato con il consenso dei discendenti degli Alpini. Ci siamo svegliati dal miraggio solo dopo che hanno iniziato a uccidere i russi nel Donbass, quando in Ucraina hanno iniziato a vietare la lingua russa, quando gli Stati Uniti e la NATO, accanto a noi, hanno creato e armato fino ai denti un malvagio stato nazista per distruggere la Russia, quando in Polonia e negli Stati baltici hanno iniziato a demolire i monumenti ai nostri soldati che liberarono l’Europa dal nazismo.

Il 18 agosto il quotidiano italiano “il Giornale”[8] ha pubblicato una nota di risentimento in cui definisce la demolizione in Russia dei monumenti ai propri “Alpini” (ma di fatto, semplicemente, fascisti), un atto “vandalico”.

“Quei monumenti”, cita indignandosi, “sono sempre stati un ricordo, ma anche un gesto di rispetto nei confronti di ragazzi morti a migliaia di chilometri dalle proprie case, in una campagna militare disperata. Un rispetto che, a ogni latitudine, viene oggi sommerso dalla guerra e dalla propaganda”.

Sì, è vero, i monumenti ai soldati caduti sono un “gesto di rispetto” verso i caduti. Ma così non può essere, quando si tratta di fascisti, che hanno derubato, torturato e martoriato persone innocenti, giunti in Russia come ladri e assassini.

Nei confronti dei nazisti non ci può essere alcuna “riconciliazione”. Come adesso non ci può essere pace coi nazisti banderisti (seguaci di Stepan Bandera ndr), che si sono impossessati dell’Ucraina.

Di Vladimir Malyshev, stoletie.ru

21.08.2023

Vladimir Malyshev. Filologo, scrittore, giornalista, esperto di Italia e Grecia. È direttore della “Casa degli Scrittori” di San Pietroburgo, membro dell’Unione degli Scrittori Russi (sezione di San Pietroburgo) e dell’Unione Scrittori di San Pietroburgo. Redattore capo del mensile letterario “Knizhnaya lavka pisatelej”.

Eliseo Bertolasi. Dottore di ricerca in Antropologia culturale, russista, interprete di lingua russa, corrispondente stampa estera.

NOTE DEL REDATTORE

[1] https://bel.ru/news/2023-08-19/mash-pamyatnik-italyanskim-soldatam-ukrali-v-belgorodskoy-oblasti-3017159

[2] Nonostante si parli anche di Bersaglieri in effetti il monumento rappresenta solo gli Alpini. Con “tiratori Alpini” in questo contesto s’intendono semplicemente gli Alpini.

[3] http://www.stoletie.ru/obschestvo/kto_postavil_pamatnik_fashistam_v_rossii_583.htm

http://www.stoletie.ru/obschestvo/koshhunstvo_v_gorode_voinskoj_doblesti_113.htm

[4] https://www.mk.ru/social/2023/08/18/v-belgorodskoy-oblasti-ukrali-pamyatnik-pogibshim-italyanskim-soldatam.html

[5] In altra fonte russa alcuni nominativi degli ufficiali italiani appaiono diversi: Atdilvo Bindo, Volicari, Anton Sciulgo-Isalveti, tenente colonnello Francesco Bemeste Jacco, alcune variazioni si notano anche nei gradi https://www.kp.ru/daily/28368.5/4517698/ . L’incongruenza è dovuta alle difficoltà da parte degli scriventi russi di trascrivere in caratteri cirillici i nomi italiani.

[6] Il 19 novembre 2017 Nikolaj (Kolya) Desyatnichenko uno studente di Novij Urengoj al Bundestag ha detto che non tutti i soldati tedeschi volevano combattere. In Russia è stato accusato di giustificare il nazismo. https://meduza.io/feature/2017/11/20/shkolnik-iz-novogo-urengoya-rasskazal-v-bundestage-chto-ne-vse-nemetskie-soldaty-hoteli-voevat-v-rossii-ego-obvinili-v-opravdanii-natsizma

[7] La poesia s’intitola “Italiano” (Ital’yanets), versione di Eliseo Bertolasi.

[8] https://www.ilgiornale.it/news/politica-estera/guerra-non-risparmia-i-caduti-abbattuto-monumento-agli-2198367.html

Fonte: https://www.stoletie.ru/zarubejie/ne_mstit_no_pomnit_824.htm

Traduzione e lavoro redazionale di Eliseo Bertolasi per ComeDonChisciotte.org

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