Stephen Karganovic
strategic-culture.su
Il ballottaggio delle elezioni presidenziali argentine ha prodotto un risultato che molti di coloro che hanno ancora a cuore l’Argentina considereranno deplorevole. Ma ci saranno anche non pochi osservatori attenti che considereranno il risultato in qualche modo sospetto.
Il vincitore, Javier Milei, è una strana sorta di politico “libertario”. Essendo un eccentrico e una mina vagante, Milei è difficile da classificare ideologicamente. Sembra entusiasta di voler clonare i suoi cani defunti e lui stesso sembra essere un clone degli aspetti più odiosi del movimento libertario americano. Il libertarismo nella sua ispirazione è campanilisticamente nordamericano, come i Mormoni in campo religioso, e altrettanto superficiale in termini di sostanza filosofica. Resta da vedere se Milei si dimostrerà un coerente ideologo delle nebulose dottrine libertarie da lui stesso professate, nel qual caso il Requiem per l’Argentina dovrebbe iniziare ad essere composto senza indugio.
Tuttavia, se a Milei rimarrà anche solo un residuo di pragmatismo, sarà costretto, subito dopo il suo insediamento a dicembre, a ingranare la retromarcia o ad affrontare l’ira del pubblico, che aveva illuso con le sue irresponsabili promesse messianiche.
Peggio ancora per lui, a causa delle sue buffonate politiche potrebbe essere costretto ad affrontare anche la punizione delle ancora vivaci forze armate argentine, che hanno un rispettabile record di interventi per tenere a freno i politici civili capricciosi, anche se non sempre i militari hanno dimostrato di avere le capacità necessarie per raddrizzare i pasticci combinati da leader irresponsabili.
Non c’è dubbio che l’Argentina sia attualmente nel pieno di uno di quegli imbrogli in cui ciclicamente si ritrova. Le soluzioni offerte dal ciarlatano erano state saggiamente respinte dai cittadini al primo turno delle elezioni, che avevano limitato Milei a circa il 30% dei voti. Ma, al ballottaggio, la retorica di Milei deve essere stata irresistibilmente persuasiva. Al secondo turno ha raccolto un ragguardevole 55% dei voti (facendo sorgere la ragionevole domanda se per caso fossero finite in Argentina le macchine contavoti Dominion, dopo la loro stellare performance del 2020 [nelle elezioni americane]).
Una delle brillanti soluzioni di Milei, l’abolizione del peso argentino e la sua sostituzione con il dollaro americano, potrebbe presto ritorcersi contro il popolo argentino. Sarebbe interessante ascoltare la spiegazione di Milei su come l’eliminazione della moneta nazionale, per quanto fragile ma sempre in grado di riprendersi con l’applicazione di corrette politiche finanziarie e sotto il controllo del governo emittente, e la sua sostituzione con una moneta straniera in declino sotto il controllo di interessi esterni, potrebbe risolvere i problemi dell’Argentina. L’ideologia libertaria consente la sovranità nazionale? Milei è informato del fatto che, non molto tempo fa, l’Ecuador aveva abbandonato la sua moneta nazionale a favore del dollaro, ma che per il popolo ecuadoregno l’esperimento aveva comportato, nel complesso, più disagi economici che benefici? Perché ora, in Argentina, il risultato dovrebbe essere diverso e per giunta in un momento in cui il dollaro sta perdendo il suo status di valuta di riserva e sta rapidamente diminuendo di valore, molto più velocemente di quando era stato illuso l’Ecuador?
Inoltre, Milei, che ha fama di essere un economista, dovrebbe aver notato una tendenza finanziaria globale, che un pentito Jeffrey Sachs ha chiamato con il suo nome corretto, “dedollarizzazione“, e dovrebbe anche aver capito che questa evidente tendenza avrà di certo un qualche impatto sulle sue teorie per curare i mali finanziari dell’Argentina. Purtroppo non ci sono prove che sia così o che gli avvertimenti di esperti di economia con la testa sulle spalle abbiano influenzato la formulazione delle politiche proposte da Milei. Dopo tutto, con la nuova moneta spazzatura in mano, gli argentini potrebbero ricordare con nostalgia l’attuale inflazione del 143%. Altrettanto probabilmente, potrebbero considerare con stizza il pifferaio magico per cui molti di loro avevano votato.
Milei non sembra nemmeno essere consapevole dell’altro grande crollo che sta avvenendo nel mondo contemporaneo, quello del sistema unipolare, alla cui traballante moneta vuole legare le sorti del suo Paese, e questo fa capire che, in effetti, El Clarín potrebbe essere la sua principale fonte di informazioni politiche. Contrariamente a ogni postulato di prudenza (e, secondo alcuni, anche di buon senso), Milei ha annunciato che, da Presidente, intende annullare l’adesione dell’Argentina ai BRICS. L’impegno pubblico verso questo obiettivo politico, contrario a ogni logica, suggerisce che Milei potrebbe essere qualcosa di più di un eccentrico entusiasta libertario e che, in realtà, potrebbe essere una figura inserita di proposito nel gioco globale per promuovere un’agenda geopolitica molto più seria e dirompente.
Oggi sono in pochi a ricordare che l’Argentina non è sempre stata il malato della Pampa e che, più di cento anni fa, per forza economica e capacità attrattiva, rivaleggiava con gli Stati Uniti come meta preferita dagli emigranti europei. Le sue prospettive, un tempo brillanti, erano naufragate a causa della combinazione tra la corruzione e la stupidità della sua élite e l’idiozia della sua popolazione viziata.
Il declino e la caduta dell’Argentina, per molti versi, hanno rispecchiato il declino dell’Ucraina, un tempo una delle repubbliche più progressiste e prospere dell’Unione Sovietica. L’Argentina, come l’Ucraina, è stata rovinata dalla sua avida élite, che ha agito per motivi egoistici di guadagno materiale a breve termine e che si è posta in una condizione di volontaria sottomissione a mecenati stranieri, nel caso dell’Argentina soprattutto britannici, e alla loro sfolgorante cultura. La popolazione, ingannata, ne ha seguito l’esempio a modo suo, da ignorante.
Le tribolazioni di entrambi i Paesi, lungi dall’essere il risultato di una necessità oggettiva, sono il risultato, evitabile, di scelte insensate fatte congiuntamente dalle élite al potere e dai loro sudditi altrettanto irresponsabili.
A prescindere dalle macchine per il conteggio dei voti utilizzate, l’Argentina ha apparentemente fatto la sua scelta e ora deve coraggiosamente affrontarne le conseguenze. Non c’è alcun motivo particolare per versare lacrime per l’Argentina, così come non c’è da piangere per il tragico destino della sua immagine speculare e suicida nell’Europa dell’Est.
Stephen Karganovic
Fonte: strategic-culture.su
Link: https://strategic-culture.su/news/2023/11/22/dont-cry-for-argentina-it-is-not-worthy-of-your-tears/
22.11.2023
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org
Stephen Karganovic è uno scrittore serbo, particolarmente attento alle distorsioni storiche relative alle guerre nell’ex Jugoslavia. È presidente dello Srebrenica Historical Project, che mira a correggere la narrazione, politicamente creata, del genocidio di Srebrenica durante la Guerra di Bosnia.