DI ADAM DI KIRSCH
nytimes.com
Quando in aprile Alek Minassian ha guidato un furgone su un marciapiede di Toronto, uccidendo 10 persone, si è unito ad una crescente lista di giovani assassini di massa maschi. Aveva lasciato una serie di post su internet che portano a pensare che il movente avesse a che fare col suo status di “incel”, cioè celibe involontario – un’etichetta adottata da uomini che non sono in grado di formare relazioni sessuali con donne e che spesso rispondono con violenta misoginia. Otto delle vittime di Minassian erano donne. Pochi minuti prima che iniziasse la sua furia, aveva pubblicato su Facebook: “La Rivolta degli Incel è cominciata!… Salutino tutti il Supremo Signore Elliot Rodger!”. Rodger, che aveva ucciso sei persone e poi sé stesso in California nel 2014, era un altro autodefinitosi incel. Aveva lasciato un video monografico su YouTube lamentando la propria solitudine e la propria storia di rifiuti.
Dopo la morte, Rodger è diventato un eroe per altri incel, lodato in gruppi di discussione online in cui minacce di stupro ed incitamento all’odio sono comuni (uno di questi gruppi, su Reddit, aveva 40.000 membri, prima di essere definitivamente bandito lo scorso autunno). Diversi altri giovani assassini maschi, tra cui Nikolas Cruz, che nel febbraio scorso ha ucciso 17 persone alla Marjory Stoneman Douglas High School di Parkland, in Florida, e William Atchison, che lo scorso anno ha ucciso due persone e poi si è ucciso alla Aztec High School di Aztec, New Mexico, sembra che ammirassero Rodger e che ci si fossero identificati. Fino a quando Minassian non ha commesso il suo crimine, le rimostranze degli incel avevano però ricevuto poca attenzione da parte del pubblico. A maggio, Jordan Peterson, lo psicologo canadese amato ed odiato per le sue opinioni sulla società, ha fatto discutere dopo aver dichiarato al New York Times che “la monogamia forzata” potrebbe essere l’unico modo per placare la rabbia di queste persone. Insieme ad altri conservatori sociali, Peterson crede che la rivoluzione sessuale, come quella del libero mercato, abbia creato classi di vincitori e vinti, e che i perdenti abbiano un legittimo risentimento. “Nessuno si preoccupa degli uomini che falliscono”, osserva.
Ai lettori di Michel Houellebecq questo lamento suonerà familiare. Negli ultimi 25 anni, in un romanzo dopo l’altro, lo scrittore francese ha avanzato una critica simile ai costumi sessuali contemporanei. Ed ancorché sia sempre stato una figura polarizzante – ammirato per le sue provocazioni, disprezzato per la sua crudezza – si è rivelato uno scrittore di incredibile preveggenza. In un momento in cui la letteratura è sempre più emarginata nella vita pubblica, ci ricorda che i romanzieri possono fornire intuizioni sulla società che agli esperti sfuggono. Houellebecq, il cui lavoro è saturo di brutalità, risentimento e sentimentalismo, ha capito cosa significasse essere un incel ben prima che il termine diventasse comune.
Il nucleo della sua posizione contro la sessualità moderna si può già trovare nel suo primo romanzo, “Extension du domaine de la lutte”, malamente tradotto in inglese con il titolo “Whatever”. Il narratore del libro riassume lo schema di tutti gli antieroi di Houellebecq: uomini depressi e misantropi che, proprio perché non riescono a raggiungere la soddisfazione romantica o sessuale, credono che il sesso sia la cosa più importante nella vita. “Brutto sia dentro che fuori, soggetto a frequenti attacchi di depressione, è il contrario di quel che le donne cercano in un uomo”, dice il narratore. Houellebecq ha sempre parlato per e con tali uomini; le donne figurano nei suoi romanzi quasi esclusivamente come loro tormentatrici o salvatrici. “Potrebbe essere, caro lettore ed amico, che sia una donna tu stessa”, scrive Houellebecq. “Non preoccuparti, queste cose accadono”.
Il titolo francese del romanzo, che si traduce letteralmente come “Estensione del dominio della lotta”, incapsula la sua teoria della sessualità (è tipicamente francese nel suo amore per l’astrazione e la teoria). La rivoluzione sessuale degli anni ’60, considerata come un movimento di liberazione, è meglio compresa se vista come l’intrusione dei valori capitalistici nel regno precedentemente sacrosanto della vita intima. “Proprio come il liberalismo economico sfrenato… anche quello sessuale produce fenomeni di pauperizzazione assoluta”, scrive. “Alcuni uomini fanno l’amore ogni giorno; altri cinque o sei volte nella propria vita, altri ancora mai”. L’ultimo gruppo – i perdenti – sono rappresentati in “Whatever” da Raphaël Tisserand, così ripugnante da non aver mai fatto sesso con una donna, nonostante gli strenui sforzi per sedurne una. È un proto-incel, e la sua storia arriva al punto in cui il narratore lo esorta ad uccidere una donna che lo aveva respinto.
Alla fine, però, Raphaël non lo fa: “Spargere sangue non cambia nulla”, osserva fatalisticamente. E questa è una differenza fondamentale tra i personaggi di Houellebecq e criminali come Rodger e Minassian: riconoscono che la violenza non cambierà la propria situazione. Sono vittime delle tendenze generazionali che secondo lo scrittore hanno fatto precipitare l’Occidente, e la Francia in particolare, in una miseria incurabile. Il secondo (e migliore) libro di Houellebecq, “Le particelle elementari”, ribadisce la sua posizione contro il “liberalismo sessuale”, aggiungendo una serie di nuovi colpevoli, dalla New Age alle riviste femminili, dall’atomizzazione sociale al declino del cristianesimo. “Nel mezzo del suicidio dell’Occidente, era chiaro che non avessero alcuna possibilità”, scrive dei personaggi del romanzo, in quello che potrebbe essere uno slogan per tutta la sua narrativa.
Suona come un tipico caso di pessimismo reazionario. Non è però del tutto corretto chiamare Houellebecq un reazionario, visto che non crede sia possibile tornare ai regimi sessuali del passato – in particolare, i matrimoni combinati – che a suo parere erano più efficaci nel fornire compagne agli uomini indesiderabili. Nel suo romanzo “Sottomissione”, scherza ma non troppo dicendo che un tale ritorno potrebbe realizzarsi tramite una conversione di massa all’Islam. Dopotutto, una società in cui le donne si sottomettono agli uomini, che a propria volta si sottomettono al divino, può essere vista come la versione dell’utopia di Houellebecq. “Al diavolo l’autonomia”, dice il narratore; l’autonomia è la radice dell’alienazione.
Quando è più serio – come in “Le particelle elementari” o “La possibilità di un’isola” – immagina una soluzione più radicale al problema della disuguaglianza sessuale. Invece di tornare ad uno stadio precedente dell’umanità, questi libri spingono verso un futuro postumano, in cui gli umani sono sostituiti da una specie che ha abolito la riproduzione sessuale, e che quindi è immune ai tormenti del desiderio e della solitudine. Questa specie perfezionata ci vede come una “razza vile, infelice, poco diversa dalle scimmie”. Allo scrittore piace lanciare i propri romanzi come testimonianza del presente davanti al tribunale del futuro. Per capire perché eravamo così miserabili, i posteri dovranno leggerlo.
Ed è in questo senso, come diagnosi e prova, che i romanzi di Houellebecq sono ora più urgenti che mai. La rappresentazione dell’odio è parte del mandato della narrativa di dare un resoconto veritiero del mondo; in Dostoevskij ci sono personaggi altrettanto rivoltanti (forse anche di più, essendo il russo uno scrittore migliore). Houellebecq è in grado di fornire un ritratto così convincente del modo di pensare incel perché per certi aspetti sembra condividere il suo assunto fondamentale, cioè che il sesso è una cosa che le donne devono agli uomini. Questa misoginia potrebbe rendere un calvario la lettura dei suoi libri, che dovrebbero essere letti col sospetto e la resistenza che le sue idee meritano. Ma, nonostante tutto, dovrebbero essere letti.
Adam Kirsch
Fonte: /www.nytimes.com
Link: https://www.nytimes.com/2018/07/12/books/review/michael-houellebecqs-sexual-distopia.html
12.06.2018
Traduzione pervwww,comedonchisciuotte.org a cura di HMG