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Di Maurizio Martucci, 08.01.2024
Non è bastato il pericolosissimo, contestato e controverso aumento dei limiti sogli d’inquinamento elettromagnetico diventato legge il 31 Dicembre 2023. Con un nuovo decreto legislativo sul Codice delle Comunicazioni elettroniche, già approvato in via preliminare a Palazzo Chigi nel Consiglio dei Ministri, adesso Giorgia Meloni, Adolfo Urso e Raffaele Fitto vogliono pure passare all’incontrollata predazione dei territori per velocizzare senza più freni l’installazione di antenne 5G in tutti i Comuni d’Italia. La scusa è quella di velocizzare i tempi nell’agevolazione burocratica della posa di nuove stazioni radio base che, col wireless, irraggiano agenti possibili cancerogeni nell’aria. Niente più vincoli, deroghe al controllo delle Arpa regionali, addio ai regolamenti municipali, addio ai Piani per la localizzazione delle antenne (quelli che individuano siti sensibili come scuole, ospedali, case di cura). Insomma, ipersemplificazione massima delle procedure come una vera e propria deregolamentazione legalizzata, l’assalto finale alla diligenza di un Paese svenduto nell’aria pubblica e nel proprio suolo: dopo aver aumentato i livelli di esposizione per la popolazione, ora si aumentano le antenne e ripetitori, ovunque, mentre con Starlink Elon Musk – in trattiva con Open Fiber e Governo – sta pianificando l’assalto dal cielo per inondarci di radiofrequenze 5G sopra le nostre teste. Una manovra particolarmente insidiosa, quella dell’ennesimo decreto legislativo, visto che entro la fine di Aprile proprio Regioni e Comuni saranno chiamati ad esprimersi sulla legge che fa schizzare l’elettrosmog. Ma a quanto pare, evidentemente in una botte di ferro tra opposizione assente, maggioranza parlamentare compiacente e municipi poco graffianti e incisivi, il Governo Meloni dimostra apertamente di non temere affatto l’ipotizzata impuntatura degli enti locali, anzi, e con quest’ulteriore decreto ad esclusivo appannaggio delle richieste della lobby del 5G, se ancora ce ne fosse bisogno chiarisce inequivocabilmente di volersi assumere una gravissima responsabilità politica nella predazione dei territori, fregandosene di vincoli ambientali, paesaggistici e di appelli sanitari alla prevenzione del danno. Il vero volto della transizione digitale è questo. Totalitario e distopico.
“Il testo aggiorna e adegua le disposizioni vigenti all’evoluzione, veloce e incisiva negli ultimi anni, della tecnologia relativa ai servizi di comunicazione elettronica (connessione 5G) – recita il comunicato stampa del Consiglio dei Ministri diffuso il 19 Dicembre 2023 – in particolare l’innovazione e la realizzazione delle infrastrutture digitali (ripetitori per le connessioni 5G; cavi in fibra ottica), sostenute anche dal PNRR. A tal fine sono apportati correttivi anche alle disposizioni procedurali in un’ottica di semplificazione e riduzione dei tempi burocratici”. La proposta arriva dal Ministro per gli Affari europei, il Sud, le Politiche di coesione e il PNRR Raffaele Fitto e dal solito Ministro delle imprese e del Made in Italy Adolfo Urso.
Per capirne di più, abbiamo ascoltato il parere di Giuseppe Teodoro, tecnico, vice-presidente di Ecoland, già intervenuto nel teatro d’inchiesta FUORI ONDA per denunciare i pericoli del 5G. Più che un’intervista, quelli che seguono sono commenti di Teodoro ad ogni passaggio del decreto legislativo di riforma del Codice delle Comunicazioni elettroniche, così come già approvato in sede preliminare dal Governo Meloni.
I punti incriminati, sono maggiormente tre, eccoli in esclusiva su OASI SANA:
- Art. 1, comma 6. Viene aggiunto all’art. 8 del D.lgs. 259/2003 il comma 2-bis, che dispone che: “Le Regioni e gli Enti locali favoriscono la realizzazione delle reti di comunicazione elettronica non limitando a particolari aree del territorio la possibilità di installazione”.
COMMENTO di GIUSEPPE TEODORO: “Tale disposizione mira a sottrarre ai comuni il potere regolamentare di gestire la localizzazione degli impianti attraverso una analitica pianificazione, secondo i criteri indicati dall’art. 8, comma 6 della Legge 36/2001. E poiché esso e l’unico strumento a disposizione degli enti locali per razionalizzare nel proprio territorio le infrastrutture, secondo criteri di composizione delle esigenze di copertura del servizio radioelettrico e di tutela della popolazione dalla esposizione ai campi elettromagnetici e di salvaguardia dell’ambiente, non e opportuno accogliere una disposizione che estende illimitatamente la disponibilità dei territori ad accogliere sorgenti di emissione elettromagnetica”.
- Art. 1, comma 18. Vengono apportate modifiche all’art. 43 del D.lgs. 259/2003, in particolare all’art. 4 e sostituito dal seguente: “L’autorizzazione all’installazione delle reti pubbliche di comunicazione elettronica comprende la valutazione di compatibilità delle relative opere infrastrutturali con la disciplina urbanistica ed edilizia e costituisce titolo unico per la loro installazione”.
COMMENTO di GIUSEPPE TEODORO: “Tale disposizione, in un’ottica di eccessiva semplificazione, tende ad accorpare la valutazione dell’autorizzazione alla installazione di infrastrutture con quella relativa alla disciplina urbanistica delle stesse. Essa rappresenta una pericolosa forzatura, in quanto rischia di privare l’ente locale del suo potere di verificare la compatibilità urbanistica dell’impianto ai sensi del D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 (cfr. in tal senso ex multis: Corte Costituzionale, Sentenze: n. 129 del 23 marzo 2006; n. 265 del 21 giugno 2006 e Ord. n. 203 del 18 maggio 2006; Corte di Cassazione Penale, sez. III, n. 12318, del 23 marzo 2007; Consiglio di Stato sez. VI n. 1768 del 2008; Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 3534 del 15 giugno 2006; Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 4000 del 26 luglio 2005)”.
- Art. 1, comma 20. Modifiche all’art. 45 del D.lgs. 259/2003, con l’inserimento di un nuovo
comma 4-bis: “…sono soggette ad autocertificazione di attivazione […] le installazioni e le modificazioni, ivi comprese le modificazioni delle caratteristiche trasmissive degli impianti di cui al presente articolo, degli impianti radioelettrici per trasmissione punto-punto e punto-multipunto e degli impianti radioelettrici per l’accesso a reti di comunicazione ad uso pubblico con potenza massima al connettore d’antenna inferiore o uguale a 10 watt e con dimensione della superficie radiante non superiore a 0,5 metri quadrati”.
Comma 4-ter: “…l’installazione e l’attivazione di apparati di rete caratterizzati da una potenza massima trasmessa in uplink inferiore o uguale a 100mW, e da una potenza massima di connettore di antenna, in dowlink, inferiore o uguale a 5 W, e aventi un ingombro fisico non superiore a 20 litri, possono essere effettuate senza alcuna comunicazione all’ente locale e agli organismi competenti ad effettuare i controlli di cui all’art. 14 L. 36/2001”.
COMMENTO di GIUSEPPE TEODORO: “Tale disposizione introduce l’ennesima procedura semplificativa per le tipologie di impianti che raggiungono una potenza di 10 watt, derogando ai vincoli di controllo che spetterebbero agli enti locali, ma anche alle Arpa regionali”.
- Art. 1, comma 26. Modifiche all’art. 54-bis del D.lgs. 259/2003: “nei casi di installazione delle infrastrutture di cui agli articoli 44, 45, 46, 47 e 49…”.
COMMENTO di GIUSEPPE TEODORO: “Con tale disposizione si apportano modifiche alla norma che fa eludere l’applicazione del vincolo paesaggistico di cui all’art. 142, comma 1, lett. h) d.lgs. 42/2004 ad alcune tipologie di impianti radioelettrici, estendendo tale deroga anche agli impianti temporanei (art. 47) e a quelli per il cui impatto e contemplata l’autorizzazione dell’ente locale (art. 44). Si tratta di una disposizione irricevibile, poiché , estendendo la deroga per il controllo del vincolo paesaggistico ad ogni tipologia di impianto, consente, di fatto, la localizzazione delle infrastrutture di comunicazione elettronica in ogni ambito del territorio, senza alcun limite di carattere ambientale”.
Di Maurizio Martucci