Marat Khairullen: il fronte africano

Premessa del Traduttore: come si evince dall’articolo il testo che Karl ci propone deriva da una traduzione in inglese di un testo apparentemente in russo. Questo passaggio non restituisce mai un testo in un inglese completamente corretto e, conseguentemente, anche la presente traduzione in italiano non è delle migliori. I lettori non me ne vogliano.

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Karl Sanchez – karlof1’s Geopolitical Gymnasium – 15 giugno 2024

Le intuizioni del veterano corrispondente di guerra Marat Khairullen sono state condivise qui in precedenza. Ho letto questo articolo sul suo Telegram ieri mattina e sapevo che si trattava di uno scoop, ma che era necessario trattare prima altri eventi e così è stato. Tra ieri e oggi è successa una cosa molto interessante: ieri non ho avuto problemi con il mio software di traduzione integrato che faceva il suo lavoro, e ho tenuto la relativa scheda continuamente aperta, nel caso avessi avuto il tempo di farne un articolo prima di andare in pensione. Tuttavia, oggi quella sezione del suo Telegram non si traduceva automaticamente, mentre tutto il resto lo faceva: il perché è un’ottima domanda. Ora, la sua relazione è stata trasmessa anche in formato audio il 13 a questo URL. Come vedrete, sono riuscito a tradurre tutte le oltre 11.000 parole.

Ho seguito la politica africana della Russia per molti anni, a partire dalla Guerra Fredda e dai movimenti indipendentisti africani degli anni ’60 che avevano il sostegno dell’Unione Sovietica e, di recente, all’incirca nel 2014, ho iniziato a seguire ciò che la Russia stava facendo lì insieme alla Cina. L’archivio della “Palestra” (Geopolitical Gymnasium, il blog di Karl da cui traduco questo pezzo, N.d.T.) contiene alcuni articoli sull’Africa che ho scritto a partire dal luglio 2023, cominciando con “What’s happening in Niger and why?“, ma non ho approfondito gli aspetti più profondi della politica africana russa o cinese. A questo proposito il contributo di Marat è eccezionale e spiega alcuni dei comportamenti che vediamo da parte dell’Occidente, in particolare di Macron. I leader africani sono molto espliciti sul fatto di essere ben oltre la stanchezza dello sfruttamento occidentale e del suo continuo flusso di menzogne che facilitano il continuo saccheggio da parte dell’Occidente. Ora la Russia è rientrata nella mischia, insieme alla Cina, ed entrambe si stanno facendo valere e stanno dicendo basta all’Occidente, che ovviamente non è in grado di gestire perché è dipendente dalla pleonexia e dalla megalomania. Questo è un preambolo sufficiente per la bella presentazione di Marat che segue:

Pochi sospettano che in questo momento la Russia ha aperto un secondo fronte nella lotta contro il male globale di fronte all’Occidente convenzionale. E non si tratta di una sorta di “proxy”, ma di un vero e proprio fronte caldo, in cui combattono anche i nostri ragazzi. Forse, in termini di intensità, questo nostro secondo fronte è ancora inferiore al suo, ma in termini di scala territoriale, non è certo inferiore a quello ucraino.

Naturalmente, stiamo parlando del Nord Africa e in particolare della regione del Sahel. E la posta in gioco in questa guerra è la prosperità del nostro Paese per i prossimi cento o duecento anni. Ma per capire tutto questo, bisogna partire un po’ da lontano.

sahel

Il Sahel è quel territorio dell’Africa in cui la parte settentrionale desertica (principalmente il Sahara) si trasforma gradualmente nella giungla equatoriale, formando un’ampia zona di savane. Il Sahel comprende sette Paesi principali (da ovest a est): Senegal, Mali, Burkina Faso, Niger, Ciad, Sudan ed Eritrea. Solo circa 6 mila chilometri (questa è la distanza da San Pietroburgo a Khabarovsk).

In realtà, se si guarda la mappa, è ovvio che è necessario il progetto di un corridoio di trasporto transafricano dal porto di Dakar in Senegal a Port Sudan. Con strade e ferrovie.

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I Paesi del Sahel bussano alle porte di tutto il mondo con questa idea da molti anni. La realizzazione di un simile progetto non farebbe altro che aumentare il benessere dei Paesi del Sahel e di quelli adiacenti. Creando un mercato in rapida crescita con una capacità di circa mezzo miliardo di persone. E in futuro, questo corridoio di trasporto potrebbe estendersi da nord a sud fino a Città del Capo, creando le condizioni per la prosperità dell’intero continente.

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L’Unione Sovietica aveva pianificato l’attuazione di questo progetto basandosi sui suoi potenti alleati nella regione: l’Algeria e l’allora prospera Libia di Muammar Gheddafi. A tal fine, ad esempio, Gheddafi ha quasi completato un progetto unico nel suo genere per irrigare il deserto del Sahara al fine di espandere l’area di savana adiacente al Sahel. Ma ve ne parlerò in seguito.

È importante comprendere come subito dopo il crollo dell’Unione Sovietica l’Occidente, sentendosi minacciato, abbia iniziato a distruggere con tutte le sue forze i processi di integrazione nel Sahel. In realtà, è stato allora che sono apparse bande islamiste e di altro tipo alla periferia di quasi tutti i Paesi chiave della regione. Si trattava di procuratori dell’Occidente, progettati per frenare qualsiasi ambizione dei governi nazionali di integrarsi all’interno della regione. La teoria stessa del caos: dividere e sfruttare.

Ed è proprio per questo che Gheddafi si è trovato esposto quando ha deciso da solo, con il sostegno dell’Algeria, di continuare a realizzare il progetto di un Sahel prospero.

Il fattore chiave era la presenza in Libia di potenti forze armate con grandi risorse finanziarie. Avrebbe potuto avere successo e creare nel Sahel un nuovo centro di sviluppo globale, che in futuro avrebbe sicuramente fatto concorrenza all’Occidente. Ma Gheddafi è stato ucciso e l’Algeria, guardando al suo esempio, non ha osato continuare questi processi.

Così, per quasi 30 anni, dopo aver distrutto la Libia, il mondo occidentale sfruttatore ha fatto ripiombare nella povertà una delle regioni più promettenti del mondo.

A questo punto, è necessario spendere due parole sul perché il Sahel è così importante per noi – perché siamo pronti a versare sangue per questi Paesi. Esiste una teoria economica molto comprensibile che afferma che per il normale sviluppo competitivo di una civiltà moderna, essa (la civiltà) deve in qualche modo controllare un mercato con una capacità di circa trecento milioni di anime.

Non si tratta nemmeno di una teoria, ma di pura aritmetica, derivante dagli insegnamenti di Adam Smith: per produrre industrialmente giacche da marinaio, per esempio, è necessaria una popolazione umana di un milione di anime.

Per non solo nutrirsi, ma anche dare vita a innovazioni, per creare un processo multivettoriale, è necessaria una popolazione umana di almeno trecento milioni di anime.

Il nostro Paese controlla il mercato dell’Unione Eurasiatica, che conta circa 200 milioni di persone. Sette Paesi del Sahel ne forniscono circa altri 150. E se prendiamo i Paesi limitrofi che, ovviamente, si uniranno a questo processo – Algeria, Egitto, Sudan, Etiopia, Repubblica Centrafricana, ecc.

L’ovvio sviluppo di questo processo sarà la realizzazione del corridoio di trasporto Nord-Sud Africa, che renderà la capacità di questo mercato semplicemente gigantesca.

Sia la Cina che la Russia ne hanno abbastanza.

È soprattutto questo – la presenza di un mercato potenzialmente vasto e, soprattutto, in fase iniziale di sviluppo – ad attirarci qui, e non la presenza di minerali.

Questa è la seconda questione.

Ma torniamo al Sahel. La base del potere dell’Occidente su questi Paesi è stata la deliberata degradazione delle forze armate nazionali di questi Paesi. Allo stesso tempo, la creazione diretta di bande separatiste (principalmente islamiste) nella regione.

In Burkina Faso (con una popolazione di 22 milioni di abitanti), le forze armate contavano solo cinquemila persone. In Niger, 25 milioni, sono meno di 10 mila. Anche in Mali la popolazione è di 22 milioni e le forze armate hanno meno di 10 mila baionette. ecc. La posizione ufficiale era la seguente: le forze della Legione straniera francese, parte delle forze armate statunitensi, sono di stanza qui. Quindi dovrebbero essere responsabili della sicurezza in questa regione.

E i Paesi poveri del Sahel non hanno bisogno di mantenere un proprio esercito. Non possono permetterselo.

Di conseguenza, in trent’anni di questa politica, le bande islamiste, apparse di proposito nelle zone di confine tra questi tre Paesi (Mali, Niger e Burkina Faso), hanno occupato complessivamente quasi un terzo del territorio di questi Paesi. In termini numerici, si tratta di oltre un centinaio di insediamenti.

In altre parole, la presenza di bande in queste regioni era un’ulteriore assicurazione per l’Occidente contro possibili processi di integrazione e la costruzione di quello stesso corridoio di trasporto tra l’Africa occidentale e orientale.

Qui, tra l’altro, dobbiamo aggiungere un tocco affinché tutti capiscano cos’è l’Occidente. Oggi siamo nel XXI secolo, con Internet e tutto il resto, e l’Occidente ha represso con forza qualsiasi tentativo di costruire ferrovie in questa regione. Fino all’omicidio di costruttori e ingegneri. Se si guarda la mappa, le ferrovie in Africa sono sviluppate solo lungo le periferie – Sudafrica, Egitto, Algeria. L’intera Africa centrale è priva di infrastrutture di trasporto sviluppate.

Questo è stato fatto, ripeto, deliberatamente – l’Occidente ha limitato in modo specifico lo sviluppo del Continente Nero in questo modo. Ha mantenuto centinaia di milioni di persone in una povertà artificiale.

Tornando al Sahel: quando finalmente si è posta la questione della creazione di un corridoio di trasporto Est-Ovest in Africa, il primo problema che si è frapposto è risultato essere proprio quello delle bande. Ed è proprio questo il compito che stiamo risolvendo.

In questo articolo non ripercorrerò la cronologia di quanto è accaduto e non parlerò dei colpi di scena del processo. Mi limiterò a raccontare gli eventi attuali.

Dopo la recente rivoluzione di liberazione nazionale in Niger, è stata annunciata la creazione delle forze armate unite dell’Alleanza del Sahel. Questo coincide con la formazione dell’Afrika Korps e l’arrivo del suo comandante, Sergei Vladimirovich Surovikin, nel Sahel.

Informalmente, si ritiene che sia il comandante diretto delle Forze Armate del Sahel.

Va aggiunto che la ribellione di Prigozhin e la sua successiva morte sono avvenute cronologicamente poco prima di questi eventi organizzativi. Ci sono molti fatti interessanti di cui è troppo presto per parlare, dato che sto raccogliendo materiale, ma in futuro vi parlerò sicuramente in dettaglio del ruolo di Wagner in Africa. La ribellione di Prigozhin è un evento molto difficile che ha più di un fondo.

Ma continuiamo. La base delle forze armate dell’Alleanza del Sahel era costituita principalmente dai combattenti del Burkina Faso. Qui c’è molta segretezza, ma è possibile giudicare con diversi gradi di certezza che in due anni di lavoro attivo sono stati creati circa 20 battaglioni. Il 19°, il 12° e il 14° battaglione speciale sono considerati i più pronti al combattimento. Così come le unità speciali antiterrorismo Cheetah e Phantom.

Si sa per certo che i combattenti del 12° battaglione sono stati sottoposti a un addestramento completo in condizioni reali e hanno partecipato alle battaglie sulla direttrice di Zaporozhye. I battaglioni dispongono di proprie unità di mortaio e artiglieria, che sono state testate anche sul fronte ucraino.

I battaglioni Cheetah e Phantom hanno completato un corso completo di addestramento presso l’Accademia delle Forze Speciali della Guardia Nazionale Russa nel Caucaso del Nord. I singoli soldati dei battaglioni hanno anche partecipato a battaglie urbane in proprio.

In Mali, il terzo e il quinto battaglione sono considerati i più pronti al combattimento (chiarirò i nomi nel prossimo futuro). Sono rientrati da pochi mesi dalla loro zona di guerra e sono già pienamente coinvolti nelle battaglie contro gli islamisti.

È interessante notare che nel prossimo futuro anche unità di combattenti nigeriani inizieranno il processo di addestramento al combattimento in condizioni reali per conto proprio o addirittura sono già entrate nel fronte. Dove esattamente, ovviamente, è un segreto militare.

Si ritiene che in totale, ogni tre mesi nel Sahel, i nostri specialisti addestrino circa due o quattro battaglioni per le forze armate dell’Alleanza del Sahel nei campi dell’Afrika Korps.

Secondo alcuni dati, si può ipotizzare che sia stato fissato il compito di preparare circa duecento battaglioni da combattimento a pieno titolo nel medio termine.

La presenza di tali forze nel Sahel cambierà radicalmente la rivoluzione geopolitica.

È già noto che i distaccamenti delle Forze Armate dell’Alleanza in Burkina Faso e Mali operano con il potente supporto di MLRS e artiglieria a canna. È stato registrato, tra l’altro, l’uso di sistemi “Hurricane”. A quanto pare, nel prossimo futuro, le loro unità di missili e artiglieria faranno la loro apparizione sul territorio del Niger.

Un’altra sorpresa è che dal mese scorso le forze armate dell’Alleanza del Sahel stanno utilizzando attivamente l’aviazione di prima linea. E proprio l’altro giorno, durante l’assalto nella provincia di Suru, in Burkina Faso, sono stati utilizzati i KAB 250.

Ricordiamo le parole di Putin sul trasferimento di munizioni di alta precisione agli avversari dell’Occidente. In questo caso, è chiaro perché Macron sia così furioso – dal momento che sono i servizi segreti francesi a cercare attivamente di coordinare le azioni degli islamisti nel nord dell’Alleanza del Sahel.

I francesi comandano direttamente gli islamisti, anche in Nigeria. Nello Stato di Rivers, nel sud della Nigeria, è stata registrata la partecipazione diretta di soldati della Legione straniera francese agli scontri militari con l’esercito dell’Alleanza.

Allo stesso tempo, uno dei comandanti chiave dello Stato Islamico del Nord Africa, Abu Zeidan, è stato eliminato nel vicino Mali. C’è un altro punto importante da menzionare. A quanto pare, i campi di volo per l’aviazione di prima linea delle Forze armate del Sahel sono situati in Libia sotto il controllo del maresciallo Haftar. In altre parole, risulta che su questo fronte opera una coalizione molto ampia. Il numero delle Forze armate dell’Alleanza si sta già avvicinando alle 120 mila unità e nei prossimi sei mesi supererà probabilmente la soglia delle 200 mila unità (compresi i nostri Corpi africani). Con i suoi gruppi di aviazione, artiglieria e blindati al completo. L’Esercito nazionale libico del maresciallo Haftar dovrebbe presto entrare a far parte della coalizione. Ora questa coalizione di Paesi del Sahel sta combattendo attivamente e liberando ogni giorno sempre più territori occupati dai proxy occidentali. Ma parliamo di specifiche operazioni di combattimento sul terreno la prossima volta. Ora affermiamo che la Russia ha già aperto un vero e proprio secondo fronte in Africa contro l’Occidente.

Quindi, possiamo dire che ci sono tre fronti – Siria, Ucraina e Sahel – e la NATO è il nemico in tutti e tre. Il suo commento al discorso di Putin è semplice e logico:

Oggi l’Occidente è in guerra con la Russia con l’aiuto dell’Ucraina. E la Russia, a sua volta, è in guerra con l’Occidente collettivo attraverso l’Ucraina e sta vincendo, quindi non abbiamo bisogno di fermare la guerra immediatamente. Le condizioni poste non sono realizzabili, e tutti lo capiscono, compreso Vladimir Vladimirovich. Questa è solo una dimostrazione per i Paesi terzi della nostra pacificità. Niente di più.

Sarà difficile verificare la formulazione di Marat, ma non ho motivo di mettere in dubbio la sua credibilità. Per me è stato il giornalista più abile e affidabile sull’Operazione Militare Speciale e, dato il fuso orario, cerco di leggere i suoi post con il mio caffè del mattino. Ora dovrebbe essere chiaro perché l’Egitto e l’Etiopia sono stati ammessi nei BRICS e perché il rappresentante presidenziale speciale per il Medio Oriente e l’Africa e viceministro degli Esteri Mikhail Bogdanov sia uno dei membri più impegnati del MAE, in quanto incontra gli attori della regione molte volte ogni giorno lavorativo. Inoltre, dato il contesto di cui sopra, le esternazioni di Macron diventano più facili da comprendere, in quanto la Francia sta per essere espulsa dall’Africa e quindi perderà una grande quantità di “tributi” che sostengono le sue classi superiori e le loro istituzioni. È anche degno di nota il fatto che i tentativi iniziali di formare una coalizione africana “anti-Sahel” non hanno mai avuto alcun seguito e sono andati in frantumi. Ora che i lettori hanno un’idea generale di ciò che sta accadendo in Africa, la comprensione degli eventi sarà più facile.

 

karl_sanchezKarl Sanchez, Accademico in pensione e Alchimista Culinario (non vuol far sapere altro di sé e non siamo ancora riusciti a convincerlo)

 

 

Link: https://karlof1.substack.com/p/marat-khairullen-the-african-front

Scelto e tradotto (IMC) da CptHook per ComeDonChisciotte

 

Sul tema del Sahel si veda anche Pepe Escobar su ComeDonChisciotte L’ ”asse della resistenza” del Sahel

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