L’ossessione dell’identità digitale

DONA A COMEDONCHISCIOTTE.ORG PER SOSTENERE UN'INFORMAZIONE LIBERA E INDIPENDENTE:
PAYPAL: Clicca qui

STRIPE: Clicca qui

In alternativa, è possibile effettuare un bonifico bancario (SEPA) utilizzando il nostro conto
Titolare del conto: Come Don Chisciotte
IBAN: BE41 9674 3446 7410
BIC: TRWIBEB1XXX
Causale: Raccolta fondi

Karen Hunt
off-guardian.org

Nella serie televisiva degli anni Sessanta Il prigioniero, il personaggio di Patrick McGoohan è un non meglio specificato agente dei servizi segreti britannici che lascia si dimette dall’incarico per ragioni sconosciute, viene addormentato con il gas e si risveglia imprigionato in un luogo apparentemente incantevole chiamato “Il Villaggio.”

Qui gli viene assegnato il nome di Numero Sei. Nel primo episodio, incontra, un altro personaggio, Numero Due, che gli dice: “Le informazioni che hai in testa non hanno prezzo. Non so se ti rendi conto di quanto sei prezioso.”

In quel primo incontro, Numero Sei scopre che “loro” lo avevano tenuto sotto controllo per tutta la sua vita. Numero Due gli dice: “Non c’è molto che non sappiamo di te, vedi, a noi piace sapere tutto.”

Questa ossessione per il “sapere” dura da migliaia di anni. Essere ridotti ad un numero per poter essere più facilmente studiati e categorizzati. Perdere la nostra individualità e, allo stesso tempo, sentirsi dire che siamo importanti per le informazioni che portiamo dentro di noi. Cosa fa tutto questo al nostro senso di autopercezione?

Sembra che più “sappiamo” di noi stessi, meno diventiamo reali. Forse gli indigeni avevano ragione quando rifiutavano di farsi fotografare, credendo che le macchine fotografiche rubassero loro l’anima. È possibile che ogni volta che offriamo ai dispositivi tecnologici qualcosa di più di noi stessi, diventiamo un po’ meno persone nel mondo “reale”? Che cosa è reale? Lo sappiamo ancora? Una volta si diceva che “un’immagine vale più di mille parole.” Ma le immagini possono rendere reale la fantasia e falsa la realtà.

L’identificazione si è evoluta nel corso di migliaia di anni, passando dai simboli fisici e dai tatuaggi, alla parola scritta ed ora alla verifica biometrica. Si potrebbe dire che gli esseri umani sono sempre stati ossessionati dalle statistiche e dal raccogliere dati.

La parola “statistica” deriva dal termine tedesco del XVIII secolo Statistik, che significa “analisi dei dati riguardanti lo Stato.” Per i governi, la raccolta dei dati ha un valore speciale.

Il primo caso noto di un governo che aveva raccolto dati sui propri cittadini è quello di Babilonia, nel 3.800 a.C. circa. I governi babilonesi avevano bisogno di conoscere la consistenza della popolazione per poter capire quanto cibo era necessario a sfamarla. Un calcolo basilare e indispensabile.

Nella Bibbia c’è un libro chiamato Il Libro dei Numeri, in cui Dio ordina a Mosè, che era nel deserto del Sinai, di contare tutti quelli in grado di combattere. L’esempio biblico più noto è quello in cui Maria e Giuseppe si recano a Betlemme, dove nascerà Gesù, per essere contati.

Nell’Impero Romano aveva una grande importanza il ruolo dei censori, magistrati a cui era affidato il compito di tenere aggiornato il census (gli elenchi nominativi dei cittadini e dei relativi averi), la supervisione delle finanze governative e il controllo della moralità pubblica.

Era stato Re Enrico V d’Inghilterra che, nel 1414, aveva introdotto i primi “passaporti” per coloro che viaggiavano all’estero per conto del re.

Il Metropolitan Police Act del 1829 aveva riconosciuto la necessità per la polizia inglese di tenere dei registri, in modo da avere dati aggiornati sugli individui, identificati in base ad un sistema numerico.

Nel 1849, i Paesi Bassi avevano sviluppato il primo sistema decentralizzato di numeri personali (PN). Nel 1936, gli Stati Uniti avevano emesso le prime tessere di sicurezza sociale.

A partire dalla metà dell’Ottocento, anche le foto e le impronte digitali erano diventate importanti all’interno del sistema di identificazione.

Era stato intorno al 1977 che tutte queste informazioni avevano iniziato ad essere inserite nei computer. Era stato anche il momento in cui era iniziata l’ossessione per l’identificazione. I computer avevano reso possibile la raccolta e l’archiviazione di una enorme massa di informazioni personali.

Nel 2004, negli Stati Uniti era stato creato il primo database di impronte palmari automatizzato a livello statale, utilizzato principalmente dall’FBI per l’identificazione dei criminali.

Nel 2010 in India aveva fatto il suo debutto Aadhaar, il più grande sistema di identificazione digitale biometrica del mondo. Il sistema “cattura le impronte digitali e/o le scansioni dell’iride delle persone e assegna un unico ‘numero Aadhaar’ di 12 cifre.” Nel 2019, quasi 1,2 miliardi di persone erano entrate volontariamente nel sistema, il cui scopo dovrebbeessere quello di semplificare e accelerare la verifica dei programmi governativi, riducendo al contempo le frodi.”

La verifica biometrica “aveva fatto il suo ingresso nel mercato al consumo nel 2013, quando Apple aveva inserito un sensore di impronte digitali nell’iPhone 5S. Altri produttori di smartphone avevano poi seguito l’esempio. Il Touch ID di Apple era stato integrato con Face ID nell’iPhone X nel 2017.”

Il computer avrebbe dovuto rendere la nostra vita più facile, più comoda. Non saremmo più stati sommersi dalle scartoffie. Ogni persona sarebbe stata facilmente identificabile. Ma non è stato così.

In quanti modi dobbiamo ora dimostrare chi siamo? Una volta si trattava del nostro aspetto fisico, della nostra altezza e del nostro peso, del colore dei nostri occhi, del fatto che eravamo conosciuti nel villaggio in cui eravamo nati. Le persone non avevano “crisi di identità.” Le persone non erano ossessionate dall’idea di categorizzarsi in cento modi diversi, di fare l’elenco dei propri pronomi o di convalidare la propria esistenza in base al numero di “mi piace” ricevuti sui social media.

Questo è ciò che ci sta accadendo ora. L’ossessione di dover dimostrare l’identità è come una palla di neve che rotola giù da una montagna, aumentando di dimensioni e velocità, senza possibilità di fermarsi. Tutti i modi possibili in cui il governo può identificare i cittadini e appropriarsi loro dati sono stati utilizzati, ma non è mai abbastanza. Riconoscimento vocale, riconoscimento dell’iride, riconoscimento facciale, sequenziamento del DNA, geometria delle mani e riconoscimento dei modelli vascolari, basato sulla geometria dei vasi sanguigni delle mani, e sono persino arrivati a monitorare il battito cardiaco, diverso da persona a persona.

A volte mi chiedo se i “malati di mente” che vagano per le strade e parlano da soli abbiano riescano davvero ad attingere a tutte le informazioni in circolazione. Dove sono tutte queste informazioni? Dove vanno a finire? Sono intrappolate in qualche altra dimensione al di là della nostra comprensione? Forse quell’enorme accumulo di chiacchiere senza fine su tutto e su niente riesce in qualche modo a penetrare nella coscienza di coloro che sentono le voci, ma solo a pezzi e bocconi.

In queste circostanze sarebbe difficile non impazzire. Siamo tutti un po’ (o forse tanto) impazziti a causa di questo peso di informazioni che vengono risucchiate da noi, immesse nella Vasta Macchina dove vengono elaborate e poi rigurgitate nei nostri cervelli e nei nostri corpi. Una Macchina utilizzata non solo per raccogliere informazioni, come avveniva un tempo, ma usata per controllarci con quelle informazioni.

Chiunque voglia influenzare e manipolare i cittadini, sia esso un governo, un’azienda farmaceutica, un’azienda di marketing – qualsiasi tipo di azienda – o un individuo, un partito politico, un ladro, un individuo con inclinazioni perverse, un ricattatore, un assassino, e così via…

conosce dove vivete, i vostri numeri di telefono, la vostra descrizione fisica, le vostre fotografie, la vostra età, i vostri problemi medici, i reati di tutta la vostra vita, crimini gravi o infrazioni minori, i nomi dei vostri genitori, dei vostri figli e dei vostri coniugi, le vostre affiliazioni politiche, dove lavorate e cosa fate, le vostre proprietà e il loro valore e, a volte, anche le note riservate dei vostri psicoterapeuti, le cartelle cliniche e le informazioni finanziarie.”

Possono scoprire cosa vi piace fare nel tempo libero, le vostre debolezze e i vostri punti di forza, se possedete un cane, tutti i Paesi in cui avete viaggiato e quando, se siete sensibili, dolci, arrabbiati, al limite della violenza. Possono sapere se siete religiosi, bugiardi, ipocriti, se siete dei divulgatori di disinformazione, degli arruffapopolo. Se ci tenete ai vostri pronomi, quanti farmaci prendete, se siete tossicodipendenti. L’elenco è infinito.

Tutto era iniziato in modo così semplice. Solo un modo per contare quante persone vivevano in un certo luogo, o per dimostrare la proprietà di una terra, o che si viaggiava per conto del re.

Ora, invece di essere voi la prova definitiva di chi siete, la Vasta Macchina ha cento modi diversi per identificarvi e, se non andate d’accordo con lei, allora siete nei guai. Non c’è nemmeno più una persona dietro una scrivania da cui poter andare, guardarla negli occhi e protestare con disappunto: “Guardate, eccomi, sono io!”

Se si cessa di esistere nella Vasta Macchina, si cessa di esistere anche al di fuori di essa. È quasi impossibile sfuggire alla Macchina che ci sta assorbendo. Ogni parte del nostro essere. È come se la Macchina avesse fatta sua la nostra ossessione per l’identità. Insiste a farci dimostrare chi siamo, in continuazione, e più lo facciamo, meno sembra essere soddisfatta.

IBM Quantum Computer

Naturalmente, a questo punto, è in grado di eseguire solo quel calcolo specifico, il che significa che siamo ancora a qualche anno di distanza dal momento in cui l‘informatica quantistica conquisterà il mondo.

Qualche anno? Non è molto tempo. Sembra preoccupante. Allora perché continuiamo a farlo?

I computer digitali raggiungeranno presto i limiti fisici delle tecnologie più sofisticate, come l’Intelligenza Artificiale. Consideriamo solo l’impatto di queste due proiezioni: entro il 2025 le sole auto senza conducente potrebbero produrre una quantità di dati pari a quella esistente oggi nel mondo intero; la digitalizzazione completa di ogni cellula del corpo umano supererebbe di dieci volte tutti i dati memorizzati oggi a livello globale. In questi e in molti altri casi dobbiamo trovare il modo di gestire quantità di dati e complessità senza precedenti. Ecco che entra in gioco l’informatica quantistica.

Ma perché? Perché è necessaria?

Non credo che si riesca a capire cosa spinga questa insaziabile ossessione di raccogliere ogni singolo dato immagazzinato nella mente di miliardi di esseri umani, ogni singolo dettaglio intimo, dalle abitudini sessuali ai programmi televisivi preferiti, dal bambino più povero che chiede l’elemosina per le strade di Mumbai all’adolescente più ricco di Beverly Hills, che si lamenta con la madre di dover avere l’ultimo I-phone perchè altrimenti ne andrebbe di mezzo la sua stessa vita.

Non può trattarsi solo di farci comprare più cose o dell’ego dei miliardari che fanno a gara per vedere chi può “dominare il mondo.”

Deve esserci qualcosa di più.

Nonostante tutti i modi in cui abbiamo imparato a raccogliere informazioni, nonostante tutte le macchine che abbiamo costruito per aiutarci a organizzarle, elaborarle e usarle per controllare la popolazione, il controllo sembra sfuggirci sempre più dalle mani. Naturalmente, chi è ai vertici non lo ammetterà mai. Pensano di dover fare solo qualche altro aggiustamento.

MICROSOFT È SICURA DI POTER “FARE LE COSE PER BENE.” A TAL FINE STA FINANZIANDO ID2020

Giustificano il loro ID digitale dicendoci che “la possibilità di dimostrare chi sei è un diritto umano fondamentale e universale. Poiché viviamo in un’era digitale, abbiamo bisogno di un modo affidabile e fidato per farlo, sia nel mondo fisico che online.”

Se è un mio diritto intrinseco, perché Microsoft deve darmelo? In realtà, questo diritto me lo sta togliendo.

La crisi Covid era stata la giustificazione ultima per la raccolta di dati sempre più intrusivi con il pretesto della salute e della sicurezza. A tal fine, Microsoft aveva creato un team di partner globali. Eccone quattro:

GAVI: l’Alleanza per i Vaccini. Fondata e finanziata dalla Bill & Melinda Gates Foundation per un ammontare di 4,1 miliardi di dollari, fino ad oggi.

Accenture. Si occupa di cybersicurezza, intelligenza artificiale e sostenibilità. Non sorprende che i primi tre finanziatori di Accenture siano Vanguard Group, BlackRock e State Street Corporation.

Fondazione Rockefeller. Lavorando per “incrementare i tassi di vaccinazione e migliorare l’equità sanitaria globale, la Fondazione Rockefeller collabora con partner locali per acquisire conoscenze, condividere intuizioni e creare una maggiore domanda di vaccini nelle comunità con bassi tassi di vaccinazione.”

E il pezzo grosso, Microsoft. Un articolo di The Intercept denuncia “Lo Stato di polizia di Microsoft”:

I collegamenti di Microsoft con le forze dell’ordine sono stati nascosti dall’azienda… Microsoft ha collaborato con decine di fornitori di servizi di sorveglianza utilizzati dalla polizia, che pubblicizzano i loro prodotti in un “Cloud governativo” fornito dalla divisione Azure dell’azienda, che sta promuovendo le piattaforme digitali per gestire le operazioni di pubblica sicurezza, inclusi droni, robot e altri dispositivi.

Sulla scia dell’11 settembre, Microsoft aveva fornito importanti contributi ai centri di intelligence  delle forze dell’ordine.

Alla fine del 2016, il sistema aveva fagocitato 2 miliardi di immagini di targhe provenienti dalle telecamere ALPR [Automatic Licence Plate Recognition] (3 milioni di letture al giorno, archiviate per cinque anni), 15 milioni di contravvenzioni, più di 33 miliardi di registrazioni pubbliche, oltre 9.000 feed di telecamere private o gestite dal Dipartimento di Polizia di New York, video da più 20.000 body cam e altro ancora. Per dare un senso a tutto ciò, gli algoritmi di analisi selezionano i dati rilevanti, anche per azioni di polizia predittiva.

MICROSOFT POSSIEDE UN BREVETTO PER UN SISTEMA DI CRIPTOVALUTE CHE UTILIZZA I DATI DELL’ATTIVITÀ CORPOREA

La Fondazione Bill & Melinda Gates e Microsoft stanno spendendo miliardi per identificare tutti gli abitanti del pianeta in modo da poter vaccinare ogni singolo essere umano, impiantare un dispositivo sottopelle per poter comprare e vendere utilizzando criptovalute e inserire il tutto in un documento d’identità digitale, in modo da poter “dimostrare” chi si è.

ICC, MASTERCARD, IBM SI UNISCONO ALL’INIZIATIVA ID2020 DEL PASS PER LA BUONA SALUTE

ID2020 ha lanciato la Good Health Pass Collaborative per incoraggiare l’interoperabilità tra i vari tipi di credenziali sanitarie COVID-19 sviluppate da numerose organizzazioni.

Tra i membri della nuova iniziativa figurano l’Airports Council International (ACI), Hyperledger, COVID-19 Credentials Initiative, la Camera di Commercio Internazionale (ICC), Mastercard e numerosi altri.

Potete leggere l’intero articolo qui.

IL MIT E I SUOI TATUAGGI VACCINALI “A BASE DI INCHIOSTRO INVISIBILE

I ricercatori hanno sviluppato un nuovo modo di registrare la storia vaccinale di un paziente: memorizzare i dati in un tatuaggio, invisibile ad occhio nudo, che viene applicato sotto la pelle contemporaneamente al vaccino.

La ricerca è stata ovviamente finanziata dalla Bill and Melinda Gates Foundation e dal Koch Institute.

Tutto era iniziato, molto tempo fa, con simboli e segni sulla nostra pelle. Ed eccoci di nuovo qui, a fare la stessa cosa. Stiamo davvero progredendo o stiamo regredendo al punto di partenza? Siamo ritornati a dover dimostrare la nostra identità incidendo numeri e simboli sulla nostra pelle.

Ho rivisto Il prigioniero. Ricordo che lo guardavo da bambina. Era strano e avvincente. Non lo capivo. Ora leggo con una risatina che McGoohan l’aveva fatta per un “piccolo pubblico – persone intelligenti.”

L’ultimo episodio della serie è esattamente uguale al primo. Numero Sei non può essere liberato dalla prigionia. Deve continuamente lottare contro forze sconosciute che cercano di carpire i suoi segreti più profondi e di rubare le sue storie, cercando di trasformarlo in un guscio vuoto e obbediente.

McGoohan aveva detto che la scena finale ha lo scopo di mostrare come “la libertà sia un mito.” Non c’è una conclusione alla serie perché “continuiamo ad essere prigionieri.”

Chi ci ha messo in questa prigione? È una forza esterna o siamo stati noi?

Come possiamo liberarci dall’ossessione di dimostrare chi siamo, quando, più ci proviamo, più ci perdiamo all’interno della Vasta Macchina [*]?

Karen Hunt

[*] Ho ripreso il termine “Vasta Macchina” da “The Traveler,” un libro di uno dei miei autori preferiti, Jonathan Twelve Hawks.

Fonte: off-guardian.org
Link: https://off-guardian.org/2022/12/09/digital-id-and-our-obsession-with-identity/
09.12.2022
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org

Karen Hunt [alias KH Mesek] è autrice e illustratrice di 19 libri per bambini, della serie YA Night Angels Chronicles e del romanzo di fantascienza LUMINARIA: Tales of Earth & Oran, Love & Revenge.

ISCRIVETEVI AI NOSTRI CANALI
CANALE YOUTUBE: https://www.youtube.com/@ComeDonChisciotte2003
CANALE RUMBLE: https://rumble.com/user/comedonchisciotte
CANALE ODYSEE: https://odysee.com/@ComeDonChisciotte2003

CANALI UFFICIALI TELEGRAM:
Principale - https://t.me/comedonchisciotteorg
Notizie - https://t.me/comedonchisciotte_notizie
Salute - https://t.me/CDCPiuSalute
Video - https://t.me/comedonchisciotte_video

CANALE UFFICIALE WHATSAPP:
Principale - ComeDonChisciotte.org

Potrebbe piacerti anche
Notifica di
13 Commenti
vecchi
nuovi più votati
Inline Feedbacks
View all comments
13
0
È il momento di condividere le tue opinionix