UN ESEMPIO DELLA PERDITA DI SENSO DELLA COOPERAZIONE SPAGNOLA
DI CARLO GOMEZ GIL
Rebelion.org
In piena crisi di debito la Spagna
accoglie la Cumbre Mundial del Microcrèdito (Vertice Mondiale
del Microcredito), un autentico sarcasmo se non fosse per la fuga in
avanti che sta vivendo la cooperazione spagnola da diverso tempo e che
prende corpo nello spettacolo che l’Agenzia Spagnola di Cooperazione
Internazionale per lo Sviluppo (AECID) finanzia a Valladolid
in questi giorni, di spalle alla realtà del microcredito e al proprio
senso comune.
Infatti, nell’ultimo anno i microcrediti
sono stati scossi da un certo numero di casi che hanno evidenziato la
sua fragilità strumentale insieme ai rischi derivati dal suo utilizzo
indiscriminato. Così, dopo esser venuti a conoscenza di molti suicidi
in Bangladesh e in India di persone disperate che non riuscivano a pagare
i debiti contratti, alcune indagini sul campo hanno iniziato a mettere
in discussione buona parte delle cifre false che venivano diffuse per
confermare il suo successo. Intanto, si sono scoperti importanti movimenti
speculativi da parte di alcune istituzioni di microfinanza che hanno
ottenuto benefici milionari dalle loro supposte attività filantropiche
a favore dei poveri, e così, nello stato indiano di Andhra Pradesh,
si sono visti costretti a legiferare in modo molto restrittivo contro
le pratiche indiscriminate vincolate ai microcrediti, proprio mentre
cresceva in paesi come Bangladesh, India, Nicaragua, Pakistan e Bolivia
un movimento contro la restituzione di prestiti inadeguati. E, come
culmine di tutto ciò, il governo del Bangladesh ha deciso di radiare
immediatamente Muhammad Yunus dalla Grameen Bank per pratiche irregolari
scoperte dalla Agenzia Norvegese dello Sviluppo (NORAD), avendo deviato
somme per un valore di circa 100 milioni di dollari, che erano stati
donate da varie agenzie internazionali per lo sviluppo per concedere
microcrediti ai poveri del Bangladesh, verso un paradiso fiscale. Ciò
che salta all’occhio è che questa specie di falso messia ha dichiarato
in sua difesa di averlo fatto per evitare il pagamento delle imposte
nel suo paese: è riuscito a ottenere il premio Nobel per la Pace nel
2006 per i presunti sforzi a favore dello sviluppo economico e sociale
dei poveri, ma non nasconde di frodare il fisco dello stato in cui lavora
e di impadronirsi di risorse altrui. Insomma, è proprio tutta una metafora
dei tempi in cui viviamo.
Però la stessa Cumbre del
Microcrèdito che si celebra a Valladolid, inaugurata dalla regina
e dalle massime autorità del Ministero degli Esteri e dalla nostra
cooperazione, è un’autentica assurdità organizzativa con dettagli
ai confini del ridicolo, che dimostrano sino a che punto le politiche
di cooperazione si siano potute convertire in un grottesco spettacolo
mediatico. Per cominciare, la scelta di Valladolid come sede della
Cumbre si deve a qualcosa di totalmente prosaico, visto che è il
luogo di riferimento della responsabile della Segreteria di Stato della
Cooperazione Internazionale, la socialista Soraya Rodrìguez, che qui
si candidò quattro anni fa per il PSOE alla carica di sindaco,
perdendo contro il popolare Leòn de la Riva (candidato del Partito
Popolare). Anni dopo la Rodrìguez ritiene che la sua città debba ancora
sentire la forza del suo potere, scegliendola quindi per lo spettacolo
della Cumbre. Anche se l’Agenzia della Cooperazione Spagnola
(AECID) è la principale finanziatrice del Vertice con cifre
che si aggirano sul milione di euro, chi realmente possiede la proprietà
del marchio della Cumbre e che la gestisce in tutti i suoi aspetti è
una impresa nordamericana, alla quale la AECID manda i soldi
senza che possa però “muovere foglia” se non dietro sua autorizzazione.
Destano l’attenzione la traiettoria professionale di alcuni dirigenti
nordamericani responsabili di questo vertice, che hanno lavorato anche
per Goldman Sachs o JP Morgan, istituzioni con un trascorso agli antipodi
rispetto a quello che apparentemente rappresentano i microcrediti.
Molti altri dettagli su questo vertice
dimostrano la perdita di senso della realtà che hanno raggiunto
i responsabili della cooperazione spagnola. Basti pensare che ne fa
parte il citato Yunus, un personaggio che ha commesso gravissime pratiche
durante il suo incarico alla Grameen Bank prima di venirne espulso,
idolatrato come un santo fino al punto da organizzare un raduno di massa
in una polisportiva di Valladolid, al quale sono stati portati migliaia
di giovani durante l’orario scolastico per vedere e ascoltare questo
personaggio, come se si trattasse di un pellegrinaggio per vedere il
Santo Padre. Non poteva mancare un allestimento di una grande mostra
di fotografia, il cui costo si aggira alle 60 mila euro, anche se è
stato pagato dalla cooperazione spagnola, per la gloria di Yunus. Probabilmente,
sono questi fatti che portato il rappresentante nominato dal Governo
spagnolo per partecipare al Vertice del Microcredito, Carmelo Angulo,
a dimettersi poche settimane prima dall’inaugurazione a causa di profonde
“discrepanze” con la Segreteria di Stato di Cooperazione e
l’AECID, un fatto assolutamente insolito.
Tuttavia, in tutto questo Vertice non
si riesce a sentire una sola parola, ascoltare un solo ricercatore o
leggere un solo studio empirico che osi menzionare uno dei falsi principi
sui quali si è costruita la religione del microcredito, che si basa
su una fede davvero peculiare, ma ben lontana dalla ragione, dalla conoscenza
e da molte delle loro discutibili pratiche. È bene, quindi, insistere
sulla necessità di sottoporre a un esame approfondito alcuni degli
assi portanti su cui il microcredito si è poggiato, per conoscere meglio
le sue potenzialità, ma soprattutto i suoi rischi.
L’ideologia del microcredito si è
basata sul fornire una notevole mole di prestiti alla popolazione più
vulnerabile come soluzione ai problemi di povertà e di sottosviluppo
del mondo, un esempio radicale di libertà e progresso, come sottolineano
spesso i suoi difensori. Tuttavia, sembra che si assista sempre più
a un processo di estensione dell’economia bancaria e finanziaria nei
due settori più poveri del pianeta, ovvero quelli che ne erano stati
curiosamente esclusi fino ad ora. Promuovendo l’idea che i poveri
possono spendere indefinitamente più di quanto realmente possiedono,
si genera una falsa comprensione delle vere cause degli squilibri sociali
ed economici nel mondo e della maniera più adatta per superarli, ma
anche della complessa architettura globale che si intende favorire.
Così, i microcrediti si sono fondati sull’idea che il mercato – in
questo caso, il mercato bancario – quello che deve farsi carico della
povertà, essendo il miglior strumento per riallocare le condizioni
ottimali di vita per i poveri del mondo. Così si trasformano le politiche
mondiali di cooperazione in una semplice integrazione dei paesi in sviluppo
all’interno di un liberismo economico asimmetrico, che ha generato
enormi disuguaglianze nella distribuzione del reddito e dei beni essenziali.
Alla luce di queste basi teoriche è
stata costruita una morfologia dei microcrediti in molti casi discutibile,
che genera non pochi problemi nel suo utilizzo indiscriminato come strumento
di sviluppo. Sostenere, come si fa, che contro la povertà non c’è
niente di meglio del credito, rompe il compromesso politico e morale
dell’aiuto allo sviluppo, cercando di nascondere le vere cause che
stanno alla base della povertà e del sottosviluppo del mondo, convertendo
i poveri in responsabili ultimi della loro situazione. Allo stesso tempo,
serve a cancellare le politiche di cooperazione internazionale, trasformandole
in politiche bancarie e mutando la povertà eterna in immenso debito,
e tanto maggiore è il numero di poveri, tanto più alto sarà il numero
di crediti concessi, assicurandosi così una clientela praticamente
illimitata.
La trasformazione della povertà
in debito, come non pochi difensori del microcredito sostengono, si
appoggia su un darwinismo sociale in cui quelli che vivono una situazione
più precaria e vulnerabile subiscono questa condizione, perché
non hanno voluto o potuto indebitarsi. È l’avanzare di una cultura
basata sul denaro in cui tutto ha un prezzo, generando una “monetizzazione
della povertà” che rompe le reti di solidarietà tradizionale. È
l’essenza del neoliberismo, che auspica una situazione immaginaria
in cui tutti coloro che vogliono, possano avere successo e prosperare
in un’economia di mercato costruita per gli imprenditori e per i coraggiosi.
È naturale che questo principio non serve in una società profondamente
disuguale, dove le condizioni di partenza non sono le stesse per tutti,
e tanto meno lo sono i mezzi disponibili, ancora meno per i due terzi
della popolazione mondiale che vivono in una situazione di povertà
estrema, senza accesso ai bisogni più elementari.
Al contrario l’indebitamento rende
molto più vulnerabili coloro che possiedono di meno, aggravando la
loro precarietà e le urgenti necessità di cibo, istruzione, sanità
e assistenza sociale, poiché pretendono un credito che espone a una
maggiore instabilità. Senza soddisfare le necessità basilari, un credito
porta a sottomettersi ancora di più alle inclemenze sociali e al dedicare
la propria vita a rimborsare i debiti contratti per non finire stigmatizzato
e rifiutato dalla propria comunità.
Molto più delicato è l’impatto
sul sesso femminile. Pretendere che le donne siano clienti privilegiate
dei microcrediti significa aumentare le responsabilità che già hanno
sulle spalle e intensificare le situazioni di abuso che ancora avvengono
in molte società, mentre sono loro che con lo sforzo, il lavoro e le
loro preoccupazioni lottano per mantenere i familiari e i compagni.
Per molte donne, contrarre microcrediti comporta un sovraccarico aggiuntivo
alle proprie occupazioni domestiche, già di per sé enormi, aumentando
così le pressioni per seguire e per educare i figli, indebitandole
solo per nutrire, per prendersi cura, per dare un alloggio, educare
e vestire loro stesse, la loro discendenza, i loro compagni, mariti,
sposi, inclusa la loro famiglia e quella del compagno. Non è casuale
che buona parte dei microcrediti concessi alle donne povere comporti
un incremento delle attività domestiche e familiari, e ciò si riflette
nella natura dei progetti da loro realizzati, essenzialmente vincolati
alla cucina, al cucito e ai lavori domestici. Viene così a trasmettersi
un elemento di dominazione di genere.
Spesso i microcrediti vengono presentati
come strumenti pieni di virtù e di successi, nonostante tutto
questo sia ancora da dimostrare. È vero che il maggior successo
del microcredito è stato individuato, finora, nell’articolazione
di proposte alternative che permettono di fornire nuovi meccanismi finanziari
ai settori più svantaggiati del Sud del mondo. Tuttavia, è necessario
un lavoro più grande nella realizzazione di formule solidali, avanzate
e realmente capaci di dare un sostegno alle aree lontane dall’accesso
ai finanziamenti, senza il pesante carico del debito che questi gruppi
sociali non possono permettersi vista la loro esistenza già difficoltosa.
Forse si dovrebbero esplorare nuove formule di economia sociale, forme
comuni di produzione, sistemi avanzati di cooperazione e società produttive,
misure per favorire l’occupazione da parte dei comuni, dei borghi
e delle comunità rurali nei paesi del Sud. In breve, nuove formule
per generare sviluppo che non debba passare necessariamente per l’indebitamento
e l’impoverimento generalizzato, verso i quali tutti sembrano avanzare
inesorabilmente.
15.11.2011
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di YLENIA LAI