DI MAURO BOTTARELLI
ilsussidiario.net
I gilet gialli sono serviti alla fine ad aiutare Macron. E anche in Italia le forze anti-sistema sembrano poi finire per sorreggerlo
Quale piazza farà più rumore oggi? Quella di Milano, dove il ministro Salvini ha chiamato a raccolta i militanti per la chiusura pubblica della campagna elettorale in vista delle europee o quella di Parigi, simbolo di ogni città francese che scenderà in strada per il 27mo sabato di protesta contro il Governo? Non è una domanda polemica, né retorica. È sostanziale. E dirimente. Perché, piaccia o meno, fra millantarsi e autoproclamarsi testa d’ariete contro il sistema e scoprirsi avanguardia sotto copertura dello stesso, il passo è breve di questi tempi. E il caso francese è di scuola, in tal senso. Come sapete, ho denunciato la natura strumentale e destabilizzante in senso di perpetuazione dello status quo del movimento dei “gilet gialli” fin da principio, non temo smentite al riguardo. Oggi è ora di tirare le somme, visto che, come dicono i francesi, le jeux sont faits. Vi invito a dare un’occhiata a questo link, tratto dalla versione on-line di Le Monde, perché è davvero istruttivo.
Primo, ci mostra come anche Oltralpe la passione per la scissione politica dell’atomo sia ormai inarrestabile: sono infatti ben 34 le liste presenti, un guazzabuglio informe e incredibile di istanze spesso al limite del ridicolo. Ovviamente, con due temi preponderanti, declinati in varie sfumature e accenti: la lotta alla povertà e per l’ambiente e quella contro Bruxelles, spesso intesa come palese sostegno al cosiddetto Frexit, l’uscita della Francia dall’Ue. Sapete chi manca? I “gilet gialli”. O meglio, qualcuno di loro – più furbo – si è inventato la sua listarella semi-personale o si è arrabattato per una sorta di esistenza dentro liste già esistenti. Ma non esiste il “Partito della protesta” ufficiale, l’emanazione politica del movimento che da novembre scorso infiamma ogni sabato francese che Dio mandi in terra.
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