La vera ragione dietro il ‘porto’ statunitense a Gaza

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Di Tom Fowdy, almayadeen.net

Recentemente, il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha annunciato che le forze americane prenderanno l’iniziativa di costruire un porto “temporaneo” nella Striscia di Gaza. Secondo la Casa Bianca, questo porto avrà il ruolo di consegnare aiuti umanitari alla popolazione assediata e bombardata della Striscia, di cui si stima che circa 30.000 siano morti a causa dell’implacabile invasione di ‘Israele’. Sebbene, ovviamente, lo scopo di un porto di questo tipo distragga dalla realtà che “Tel Aviv” ha sempre sottoposto la regione a un blocco navale, non bisogna credere alla premessa che l’America si spinga a costruire un’infrastruttura di questo tipo per pura benevolenza. Piuttosto, c’è un’altra agenda in gioco.

Nell’offrire a ‘Israele’ un sostegno incondizionato per invadere e occupare di fatto l’intera Striscia di Gaza, nonostante quanto possano dire i funzionari, gli Stati Uniti hanno da tempo intravisto l’opportunità di dare a ‘Tel Aviv’ il controllo delle risorse di gas naturale offshore, che, per diritto legale, appartengono allo Stato palestinese. Quest’area, nota come “Gaza Marine”, ospita 1.000 miliardi di piedi cubi di risorse di gas naturale. Sebbene sia stata scoperta nel 2000, “Israele” non ha mai permesso all’Autorità Palestinese di accedervi e, allo stesso modo, la Striscia di Gaza è stata a lungo sottoposta a un efficace blocco marittimo ed economico, che ne ha impedito lo sviluppo al di fuori del controllo israeliano.

Alcuni eventi mondiali degli ultimi due anni hanno notevolmente amplificato il valore strategico del gas naturale. In particolare, la guerra in Ucraina ha spinto i Paesi occidentali a cercare risorse energetiche alternative per ridurre la dipendenza da Mosca, in particolare quelle controllate da Paesi ‘amici’ che si allineano agli obiettivi strategici degli Stati Uniti. A tal fine, è aumentato l’interesse politico più ampio per la Marina di Gaza e, nel giugno 2023, il governo di “Israele” ha deciso di “approvare” l’idea di svilupparla in collaborazione con le autorità palestinesi, che secondo Hamas hanno anche dato alla Striscia di Gaza “diritti su di essa”.

Tuttavia, lo scoppio della guerra israeliana contro Gaza ha chiaramente portato a un cambiamento di piano. In questo frangente, Benjamin Netanyahu ha preso la decisione politica di invadere con l’obiettivo di occupare completamente la Striscia di Gaza, dichiarando il bluff delle linee rosse occidentali e affermando di fatto il controllo politico della Striscia, che è codificato come “sotto il pieno controllo di sicurezza di Israele”. Ciò significa, per estensione, che “Israele” otterrà anche il pieno controllo sull’economia e sulle risorse della Striscia, e quindi non dovrà trattare il sistema istituito nella Striscia come una co-parte in qualsiasi negoziato per utilizzare di conseguenza le sue risorse di gas naturale. Dopo tutto, l’Autorità palestinese in Cisgiordania si trova in un territorio senza sbocco sul mare e non ha alcuna leva per controllare le risorse di gas naturale che sono legalmente proprie.

Alla luce di ciò, sembra sospetto che gli Stati Uniti decidano di costruire un porto ‘temporaneo umanitario’ a Gaza questa volta. L’obiettivo non è ovviamente quello di fornire aiuti umanitari; dopo tutto, chi costruisce un intero porto solo per uno sforzo a breve termine? Inoltre, un tale impegno di aiuti marittimi fa davvero tanta differenza quando gli Stati Uniti continuano a dare il via libera e a consentire i bombardamenti israeliani indiscriminati sul territorio? Piuttosto, il vero obiettivo a lungo termine è quello di aiutare a preparare strategicamente la Striscia per quella che già immaginano essere la prossima fase di piena occupazione militare israeliana, una premessa alla quale l’amministrazione Biden e altri hanno dichiarato di opporsi, ma non hanno mai fatto nulla al riguardo.

Hisham Khreisat, esperto giordano di affari militari e strategici, ha dichiarato all’Agenzia Anadolu della Turchia che ci sono “obiettivi nascosti” dietro la costruzione di questo porto e che si tratta di una “facciata umanitaria che nasconde la migrazione volontaria verso l’Europa”. In altre parole, sarà utilizzato per consentire “lo spostamento degli abitanti di Gaza e la loro fuga verso l’Europa”. Oltre a questo, consentirà a “Israele” di controllare ogni singolo punto di ingresso alla Striscia, e nota, a sua volta, che “Israele” chiuderà infine il valico di Rafah con l’Egitto quando invaderà la città, dandogli così il controllo al 100% dei confini di Gaza, fondamentale per porre fine alla sovranità palestinese.

A livello nazionale, si tratta anche di una trovata di pubbliche relazioni per consentire all’amministrazione Biden di dare l’impressione di fare qualcosa per sviare alcune critiche, permettendo a Netanyahu di continuare a spingersi verso sud e invadere Rafah e quindi procedere con i suoi piani, senza essere contrastato. Pertanto, anche se viene presentato al mondo come un atto di benevolenza umanitaria, in realtà la costruzione di questo “porto temporaneo” fa parte della più ampia strategia sostenuta dagli Stati Uniti per porre fine alla sovranità palestinese sulla Striscia di Gaza, creare un nuovo sbocco per i flussi di rifugiati e spianare la strada a “Israele” per impadronirsi delle sue risorse di gas naturale e completare le politiche di concorrenza energetica degli Stati Uniti con la Russia. È un classico caso di “dare con una mano e togliere con l’altra”. Il porto sarà una risorsa efficace in quella che diventerà la piena occupazione israeliana di Gaza.

Di Tom Fowdy, almayadeen.net

15.03.2024

Tom Fowdy. Giornalista, editorialista e analista politico britannico, con un’attenzione particolare ai temi dell’Asia. Risiede in Corea del Sud.

Fonte: https://english.almayadeen.net/articles/opinion/the-real-reason-behind-the-us–port–in-gaza 

Traduzione a cura della Redazione di ComeDonChisciotte.org

 

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