La marina americana non è pronta a una guerra prolungata con lo Yemen

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Larry Johnson
sonar21.com

Sembra che gli Stati Uniti, insieme a 9 alleati – Gran Bretagna, Italia, Bahrein, Canada, Francia, Paesi Bassi, Norvegia, Seychelles e Spagna – stiano per impelagarsi in un nuovo pantano mediorientale, quando un’armata internazionale si riunirà nelle acque internazionali di fronte allo Yemen. La missione? Impedire allo Yemen di minacciare le navi cargo e le petroliere dirette in Israele.

Il piccolo Yemen ha sorpreso l’Occidente con la sua tenacia e ferocia nell’attaccare le navi che cercano di trasportare container e carburante verso Israele. Sì, questa è una violazione del diritto internazionale e l’Occidente è pienamente giustificato nel cercare di ostacolare lo Yemen. Sulla carta sembrerebbe che lo Yemen sia in inferiorità numerica e in armamenti. Sicuramente destinato a perdere? Non così in fretta. La Marina statunitense, che costituisce la maggior parte della flotta che dovrebbe opporsi allo Yemen, ha alcune vulnerabilità reali che limiteranno le sue azioni.

Prima di spiegare i rischi, è necessario capire che la Marina statunitense è attualmente configurata come una “Forward-Based Navy” [Marina supportata da basi avanzate] e non è una “Expeditionary Navy” [Marina da spedizione]. Anthony Cowden, scrivendo per il Center for International Maritime Security a settembre, ha esaminato questo problema nel suo articolo, REBALANCE THE FLEET TOWARDING A TRULY EXPEDITIONARY NAVY [RIEQUILIBRARE LA FLOTTA VERSO UNA VERA E PROPRIA MARINA DA SPEDIZIONE].

Oggi abbiamo una Marina da basi avanzate, non una Marina da spedizione. Questa distinzione è importante per rimanere competitivi contro le minacce moderne e per una corretta progettazione delle forze.

Grazie alla posizione geografica unica degli Stati Uniti, la Marina ha la fortunata possibilità di difendere gli interessi della nazione “fin laggiù”. Fin dalla Seconda Guerra Mondiale, gli USA avevano sviluppato e mantenuto una Marina in grado di proiettare potenza oltreoceano, di ricostituire la propria forza di combattimento mentre era ancora in mare o comunque lontano dalle coste nazionali e di rimanere costantemente in prossimità degli avversari. Questo caratteristica della forza di spedizione aveva ridotto al minimo la dipendenza della flotta dalle infrastrutture a terra e in patria, consentendo alla flotta di essere logisticamente più autosufficiente in mare aperto.

Tuttavia, alla fine della Guerra Fredda, la Marina statunitense aveva iniziato a diminuire la sua capacità di spedizione e a diventare sempre più dipendente dalle basi alleate e amiche. Uno sviluppo chiave era stato impercettibile, ma consequenziale: il sistema di lancio verticale (VLS) per le principali armi antiaeree, antisommergibile e di attacco al suolo della flotta di superficie. Pur essendo un sistema molto efficiente, la ricarica in mare del VLS era problematica ed era stata presto abbandonata. Mentre una portaerei può essere riarmata in mare, le navi da guerra di superficie non possono farlo, il che limita la capacità dei gruppi d’attacco delle portaerei di sostenere le operazioni offensive senza dover tornare frequentemente alle infrastrutture fisse. La Marina sta riesaminando la questione del riarmo dei VLS in mare e questi sforzi dovrebbero essere intensificati.

Il passo successivo fatto dalla Marina per diminuire la propria capacità di spedizione era stato negli anni ’90, quando aveva dismesso la maggior parte dei tender per sottomarini (AS), tutte le navi di riparazione (AR) e i tender per cacciatorpediniere (AD) e aveva abbandonato i centri di manutenzione intermedia a terra (SIMA) gestiti direttamente dal personale della Marina. Questo non solo aveva eliminato la capacità di condurre la manutenzione intermedia “laggiù”, ma aveva distrutto la progressione apprendista-operaio qualificato-tecnico esperto che che aveva fatto dei marinai della Marina degli Stati Uniti una delle principali risorse di manutenzione nel mondo militare. La ricerca e il salvataggio in combattimento, il salvataggio e la riparazione dei danni di battaglia sono altri settori in cui la Marina non ha più capacità sufficienti per sostenere le operazioni di spedizione.

Cosa significa in realtà tutto questo? I cacciatorpedinieri statunitensi trasportano circa 90 missili (forse qualcuno in più). La loro missione principale è scortare e proteggere le portaerei. Cosa succede se lo Yemen lancia 100 droni/razzi/missili contro una portaerei statunitense? Il cacciatorpediniere americano, o più cacciatorpediniere, spareranno i loro missili per eliminare la minaccia. Ottimo. Missione compiuta! C’è solo un piccolo problema, come descritto nella citazione precedente: la Marina statunitense si è sbarazzata degli ship tender, cioè di quelle navi in grado di rifornire i cacciatorpediniere con nuovi missili per sostituire i proiettili lanciati. Per ricaricare, il cacciatorpediniere deve navigare fino al più vicino porto amico dove gli Stati Uniti hanno immagazzinato scorte di missili.

Capito il quadro? Se il cacciatorpediniere deve invertire la rotta, la portaerei statunitense deve seguirlo. Non può rimanere in mare aperto senza il suo schermo difensivo di navi. La capacità di resistenza di una flotta statunitense in una zona di combattimento, come lo Yemen, dipenderà dal numero di missili che gli yemeniti potranno lanciare contro le navi statunitensi.

Ma i problemi non si fermano qui. Ciascuno dei missili Aegis, come ho notato nel mio precedente post, costa almeno 500.000 dollari. Un funzionario in pensione del Dipartimento della Difesa statunitense mi ha detto oggi che il costo effettivo è di 2 milioni di dollari. Se lo Yemen sceglierà di utilizzare sciami di droni per saturare lo spazio di battaglia intorno ad una portaerei, gli Stati Uniti saranno costretti ad utilizzare missili molto costosi per distruggere droni relativamente economici. Questo mette in luce un’altra vulnerabilità critica: gli Stati Uniti hanno solo una fornitura limitata di questi missili da difesa aerea e non hanno la capacità industriale di produrne rapidamente di nuovi per colmare il deficit.

Capite ora il quadro della situazione? La Marina statunitense potrebbe trovarsi a dover tornare indietro senza aver terminato il lavoro di eliminazione della minaccia dei droni/missili dallo Yemen. Come pensate che andrà a finire nel resto del mondo? La potente superpotenza che deve ritirarsi per riarmarsi perché non può sostenere operazioni di combattimento intense. Queste non sono informazioni riservate. È tutto su Internet. Se riesco a capirlo io, sono certo che gli avversari degli Stati Uniti, non solo nello Yemen, si renderanno conto di avere un modo per far sanguinare il naso agli Stati Uniti in termini di prestigio danneggiato.

Cosa succederà se lo Yemen sarà in grado di affondare una o due navi della Marina statunitense? In questo caso la situazione si farebbe davvero critica. Gli Stati Uniti non hanno una scorta magica di missili per far fronte a questa eventualità. Le navi statunitensi dovrebbero allontanarsi per riarmarsi dopo aver raccolto i superstiti della nave affondata.

C’è poi il problema di localizzare le piattaforme missilistiche mobili dello Yemen. Ricordate i problemi che gli Stati Uniti avevano avuto in Iraq nel 1991 per trovare e distruggere i sistemi di lancio dei missili SCUD? Anche se oggi i sistemi ISR sono migliorati, non c’è ancora alcuna garanzia di riuscire a localizzare e distruggere in modo tempestivo [delle piattaforme mobili su autocarri]. Gli yemeniti hanno più di 8 anni di esperienza nell’affrontare gli attacchi ISR e dei droni statunitensi. Il 9 novembre gli yemeniti avevano abbattuto un drone MQ-9 Reaper. Questo gioiellino costa poco più di 30 milioni di dollari.

Ecco il nocciolo della questione. La flotta statunitense, insieme ai suoi alleati, può arrecare qualche danno allo Yemen, ma è improbabile che ottenga una vittoria decisiva. Lo Yemen, da parte sua, può infliggere seri danni ad alcune navi della flotta – forse anche affondarne una o due – e, così facendo, segnare una vittoria morale che alimenterà i dubbi sulle capacità navali e sulla capacità di resistenza dell’America. Forse questo spiega perché gli Stati Uniti sono stati così lenti a rispondere agli attacchi lanciati dallo Yemen.

Larry Johnson

Fonte: sonar21.com
Link: https://sonar21.com/the-u-s-navy-is-unprepared-for-a-prolonged-war-with-yemen/
19.12.2023
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org

Sono un vero e proprio figlio di rivoluzionari americani. Almeno 24 dei miei antenati, uomini e donne, hanno combattuto per liberare le colonie americane dal dominio britannico. Alcuni sono morti per la causa della libertà. Sebbene siano passati due secoli e mezzo da quando i miei bisnonni e le mie nonne avevano imbracciato le armi, i principi per i quali avevano combattuto rimangono validi e rilevanti anche nel XXI secolo.

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