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La Redazione

 

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La lotta palestinese ci crea imbarazzo: noi popolo zombie occidentale non riusciamo a comprenderla

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A cura di Redazione CDC
Il 24 Ottobre 2023
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La lotta palestinese ci crea imbarazzo: noi popolo zombie occidentale non riusciamo a comprenderla

Foto Getty

Di Konrad Nobile per ComeDonChisciotte.org

L’attacco di Hamas del 7 ottobre rappresenta un fatto veramente importante che avrà enormi ripercussioni, non solo a livello regionale.

Il fatto eclatante è che siano state le forze palestinesi a dare avvio a questa escalation, ed è questo aspetto che credo sia stato determinante nel galvanizzare milioni di persone, di riaccenderle e di portarle alla mobilitazione, così come penso che sia sempre questo aspetto ad aver reso particolarmente isterico tutto il blocco occidental-imperialista, che ora trema di fronte al fermento delle masse mediorientali e arabe. L’offensiva ha infatti acceso gli animi delle masse arabe e islamiche, le ha portate a scendere nelle strade e nelle piazze, gli ha dato voce e forza.

Manifestazioni oceaniche hanno avuto luogo infatti in tutti paesi musulmani, ed in particolare in Giordania, Libano, Iran e Turchia. Una vampata di sdegno, forza e coraggio imperversa in quella parte di mondo, che vede i pressati governi locali impegnati a contenere l’assai temuto e pericoloso vigore popolare, assecondandolo (per quanto possibile) nell’intento di gestirlo.

Penso che nei confronti della disperata lotta palestinese contro l’oppressione sionista le masse islamiche dei paesi limitrofi (e non solo) non si limitano a nutrire mera solidarietà, ma più o meno inconsciamente si identificano in questa disperata lotta, in questa rivolta degli oppressi contro gli oppressori. Una rivolta che ora non vede gli “sfigati” sempre e solo subire, ma che li vede capaci di passare all’attacco (seppur disperato) e di prendere l’iniziativa. E così le popolazioni di quella parte di mondo si sono ricordate che anche gli sfigati possono far male e che l’attacco non è una prerogativa dei forti.

La violenta offensiva dei ghettizzati di Gaza contro l’imperialismo israeliano (caposaldo dell’Occidente e dei suoi interessi nel Medio Oriente) diventa così una questione ancor più collettiva, una lotta dei popoli di quella “periferia” del mondo, asservita, schiacciata, umiliata o minacciata dalla macchina imperialista della “metropoli”, ossia il cuore dell’Impero: Stati Uniti e i suoi fedeli e privilegiati alleati.

Ed infatti trema il Libano (dove peraltro ci sono circa 1.100 militari italiani), paese dove opera Hezbollah e dove nella capitale Beirut l’ambasciata americana è stata presa d’assalto, in Iraq e Siria basi americane sono state attaccate e, stando a certe notizie che ho letto online (sulla quale veridicità non assicuro), pure in Libia (dove si sono registrate manifestazioni filo palestinesi) il gruppo armato “Fronte Samoud” avrebbe lanciato un ultimatum ai militari italiani stanziati a Misurata, promettendo di attaccare le truppe tricolori qualora esse non lascino il paese (non è da escludere che dietro a questo ci sia pure lo zampino del concorrente turco). In Turchia, governata dal machiavellico e doppiogiochista Erdogan, che pressato dalla massa deve prendere una posizione di critica ad Israele, la folla ha assediato una base americana a Kurecik, al grido di “Americani dovete andarvene”, e ad Istanbul ha tentato di fare irruzione nel consolato americano, dove è intervenuta la polizia che per scacciare i manifestanti ha dovuto ricorrere agli idranti.

Insomma l’operazione “Tempesta Al-Aqsa” è stata una vera tempesta capace di scaldare le masse islamiche e di trasformare il Medio Oriente in una pericolosissima polveriera, che ora irrita e contemporaneamente preoccupa gravemente un Occidente che si ritrova a fare i conti con una colossale crisi e con il mutamento in atto dell’ordine internazionale.

Gli entusiasmi anticoloniali e di rivincita del “terzo mondo” accesisi dopo l’altro grande oltraggio subito dall’imperialismo occidentale, ossia l’avvio della cosiddetta Operazione Militare Speciale, trovano ulteriore conferma. Lo storico attacco della “sfigata” Russia contro il blocco USA/NATO si sta riverberando e ora l’energia investe gli “ultrasfigati”, gli ultra oppressi, dall’Africa sub sahariana al Medio Oriente. Gli esclusi del mondo ora sono pronti a farsi sentire e a battersi per il loro riconoscimento, per la loro autonomia e, in alcuni casi (come quello palestinese), per la propria sopravvivenza.

Penso che la Tempesta Al-Aqsa sia intimamente correlata con il cambio di ordine internazionale in corso, che essa sia un elemento di questa nuova fase di alba multipolare aperta ufficialmente il 24 febbraio 2022, che ha entusiasmato e mosso i popoli delle periferie globali.

Emblematica questa canzone palestinese:

Nei nostri paesi occidentali, invece, l’azione russa ha creato grande isteria istituzionale, la stessa che ora imperversa dopo che i miliziani di Hamas hanno attaccato l’intoccabile e potentissima Israele. Alle bandiere ucraine ora si sostituiscono quelle israeliane, proiettate sui nostri monumenti e nelle nostre città. La manipolazione mediatica continua a colpire ferocemente e chi dissente incontra un muro fatto di censura e screditamento.

Figure istituzionali, politici, giornalisti, professori e signori vari sbraitano rabbiosi, si ergono a difensori dell’oppressione sionista ed imperialista resa vittima, offesa dall’incursione dei barbari, degli “animali umani” (così ha definito i Palestinesi il ministro della difesa israeliano Yoav Gallant).

Oltre a questa scontata reazione ufficiale, istituzionale e mainstream, registro un certo silenzio in alcune aree e ambienti che espressero opinioni controcorrente, sia rispetto alla gestione pandemica che sulla narrazione ufficiale dei fatti in Ucraina. Questo silenzio credo possa in alcuni casi essere ricondotto ad un certo imbarazzo, che ho registrato anche tra chi sulla crisi in corso in Palestina si è espresso.

Un imbarazzo derivante dal fatto che, sostanzialmente, noi non riusciamo a concepire il non essere soggetti passivi e vediamo il bene in chi è attaccato, in chi è sempre e solo vittima. D’altronde se da noi la lotta è vista quasi esclusivamente come fare riscorsi al TAR, promuovere referendum o depositare alle urne schede elettorali e se al primo segno di resistenza attiva o decisa si grida agli “infiltrati” e ai “violenti”, guidati dal potere, allora non stupisce come le azioni della resistenza Palestinese facciano rabbrividire.

In quest’ottica il fatto che forze palestinesi abbiano preso l’iniziativa e avanzato un violento attacco crea un imbarazzo fortissimo, difficile da comprendere ed accettare mediante il nostro sguardo sul mondo, che è quello dei privilegiati occidentali, intrisi di una morale che altri popoli non hanno il lusso di avere o di rispettare, date le immani vessazioni materiali e spirituali di cui sono oggetto e date le loro dure condizioni di vita.

Lo stridore tra noi e quei popoli che ora si infiammano e si mobilitano è fortissimo. Viviamo sì nello stesso mondo, ma in dimensioni totalmente diverse.

Noi marciamo nel “benessere” che ci affoga nella passività, nella paura e nei buonismi mentre gli altri, pur nella loro condizione di “arretrata” miseria, non si danno per vinti e sono disposti a dar battaglia, a mobilitarsi contro chi ferisce il loro orgoglio, chi attacca la loro identità e chi deruba le loro terre. Costi quel che costi. Loro intanto, a differenza nostra, non hanno nulla (o quasi) da perdere.

Questa fiammata, questa volontà di rivolta noi non la comprendiamo, siamo spenti dentro, addomesticati ed incapaci di difenderci (figuriamoci di attaccare) da quegli stessi oppressori che oltre a devastare e depredare le periferie del mondo sfruttano e schiacciano noi stessi. A noi zombie sociali le fiamme della rivolta creano imbarazzo, fanno paura, sono una realtà sideralmente distante dalla nostra scialba vita quotidiana, che fluisce tra un richiamo vaccinale e un hamburger, tra un film su Netflix e una sega davanti a un porno, tra un aperitivo e ore di schifoso lavoro, tra una merdosa lezione universitaria e un allenamento in una umida palestra.

Come ho già avuto modo di esprimere in altri testi ribadisco il mio auspicio che tutto ciò venga messo in crisi, che tutto ciò crolli e che dunque gli oppressi che pagano per mantenere la nostra opulenza si rivoltino.

Questo processo passa anche dalla lotta palestinese, araba, persiana e islamica contro l’oppressione e l’apartheid imposta dallo Stato sionista, roccaforte imperialista e tutore dell’occidente nell’area mediorientale, ora tornata ad essere una polveriera esplosiva.

Nel mio intimo sogno anche che siano i cittadini dello stesso Stato d’Israele (che ricordo essere stato Paese avanguardia nelle vaccinazioni Covid e nell’uso del Green Pass sulla sua popolazione) a rivoltarsi, a cessare di sostenere il sionismo e l’apartheid e a non dare il proprio contributo alla persecuzione e all’oppressione del popolo palestinese. Solo se il popolo israeliano sarà capace di rompere con il proprio ceto dirigente, solo se gli stessi sfruttati israeliani si rivolteranno contro il loro Stato oppressore e daranno in massa un concreto segno di solidarietà con i vicini arabi, cosa che fino ad ora non è mai accaduta, solo in questo caso ci sarà la possibilità di dare una vera svolta, solo in questo caso si potrà costruire veramente un percorso rivoluzionario di pace, di convivenza e di liberazione scevro da grandi eccidi, da nuovi e più grandi odi e da stragi reciproche.

Purtroppo tutto lascia intendere che questa mia speranza sia vana, ma io voglio continuare a sperare intimamente che le cose possano presto cambiare e che possa diffondersi la solidarietà tra i ceti popolari israeliani e le più grandi vittime del regime razzista, classista e guerrafondaio di Tel Aviv, ossia i Palestinesi che ora legittimamente devono combattere il mostro sionista e agire per resistere. Che possano assieme ebrei, cristiani e musulmani di quelle terre unirsi e fare fronte comune per ribaltare i rapporti di forza verso l’entità sionista, tappa necessaria per avviare una fase di riconciliazione e di possibile convivenza tra le diverse etnie.

Che all’insegna delle lotta contro l’ imperialismo inizi a cambiare il mondo. Noi occidentali storditi, quando lo shock ci toccherà, forse capiremo e ci uniremo. Nel frattempo stiamo vigili e facciamo il possibile per dare il nostro contributo, prendendo purtroppo atto che qua da noi, il “cambiamento” crea addirittura imbarazzo.

Di Konrad Nobile per ComeDonChisciotte.org

19/10/2023

Konrad Nobile è un giovane studente, al tempo attivo nel movimento Contro Il Green Pass e membro della rete Studenti Contro Il Green Pass. Ora continua la sua militanza in alcune delle realtà giovanili reduci del movimento.

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