Michael Ledeen, Il “Principe” dei neocons. Un Machiavelli per il XXI secolo, Nuove Idee, Roma 2004
Appunti sull’ultimo libro di uno dei consiglieri più prestigiosi di Bush. Esponente dell’American Enterpise Institute ed è uno dei falchi neoconservatori più intransigenti.
DI CLAUDIO MUTTI
“I soldati della élite della Delta Force statunitense sono quasi dei
superuomini. (.) Giorno per giorno vengono loro imposte lunghissime
marce con zaini pesanti, soli, avendo a disposizione solo una mappa
ed un compasso per trovare la strada” (p.17). Ci si potrebbe
chiedere, di fronte a questo incipit del libro di Michael Ledeen
(noto collaboratore dei servizi spionistici americani), quale sia
l’utilità di un compasso nella ricerca di una strada. Se fosse
incline a nutrire sospetti cospirazionisti, il lettore potrebbe
pensare che “mappa e compasso” è un’espressione in codice che sta
per “squadra e compasso”, tanto più che la forza d’élite in
questione è stata battezzata col nome di un simbolo caro ai liberi
muratori: il Delta, per l’appunto.
Nulla di tutto ciò. Quel “compasso” è il risultato di un banale
errore di traduzione: nel testo americano si legge infatti compass,
che non significa “compasso”, ma “bussola”. Non nascono invece da
errori di traduzione altre frasi straordinarie che si possono
trovare in questo libro, apparso nella collana “La Destra nel Mondo”
diretta da Andrea Marcigliano. Ne citiamo qualcuna.A pagina 55: “Kofi Annan (.) diede a Saddam il tempo di spostare le
sue armi di distruzione di massa dai siti che gli americani volevano
ispezionare”. Ecco perché non le hanno trovate, queste diaboliche
armi! Saddam le ha spostate. Chissà che prima o poi i marines o i
carabinieri non riescano a trovare qualcosa.
A pagina 124 scopriamo che “gli italiani del nord” sono in
rivolta. “Guidati da figure carismatiche” (presumibilmente Bossi e
Borghezio), “enormi masse di popolazione si muovono al grido di
vendetta per antiche offese, reali o immaginarie”. Sic.
A pagina 180 apprendiamo che Atatürk avrebbe potuto rivendicare “la
guida legittima del mondo islamico”. Chi abbia avuto occasione di
leggere nel n. 1 di “Eurasia” l’articolo di Martin Schwarz su
L’eredità di Shabbetay Zevi troverà assurda questa affermazione di
Ledeen. Come avrebbe potuto, un dönme, avanzare legittimamente la
pretesa di essere un capo islamico, o addirittura di guidare “il
mondo islamico”??? La spiegazione di questo wishful thinking del
pensatore della Destra americana ci viene in qualche modo fornita da
lui stesso, nel paragrafo di Ringraziamenti che conclude il
volume: “La mia comprensione di Mosè deve molto a Rabbi Augusto
Segre, un eroe della resistenza italiana, uno dei rari professori
incaricati in Vaticano, l’autore di una profonda biografia di Mosè,
e l’uomo che ha unito in matrimonio me e Barbara a Roma venticinque
anni fa, davvero una benedizione! Il nostro terzo figlio nacque il
giorno in cui morì Augusto, ed io l’ho chiamato come lui. Il mio
libro, con l’espressione di tutta la mia gratitudine, è dedicato
alla sua memoria” (pp. 187-188).
A questo punto, e alla luce delle relazioni dell’Autore, potrà
essere istruttivo considerare alcune prese di posizione di
quest’ultimo. Se per lui Atatürk è stato un eroe della prima metà
del Novecento (“trasformò completamente la sua patria, portandola
lungo la strada della libertà”, p. 180), nella seconda metà del
secolo appena trascorso gli eroi abbondano: sono “Ronald Reagan,
Margaret Thatcher, re Juan Carlos, Lech Walesa, Lee Kwan Yu, Deng
Xiaoping, Nelson mandela e Vaclav Havel” (p. 184). Ma il più grande
degli eroi del nostro tempo merita una menzione a parte: “L’ultimo
rappresentante della generazione eroica del 1970/’80, papa Giovanni
Paolo II, è prossimo alla fine della sua missione politica e
religiosa” (ibidem).
Per comprendere il particolare concetto che Ledeen ha dell’eroismo,
è fondamentale sapere che per lui il paradigma dell’eroe
novecentesco è rappresentato da Sir Winston Churchill, difensore
della libertà dell’Europa contro la barbarie nazista. Ecco un brano
edificante al proposito: “A volte devi anche sacrificare la tua
stessa gente per sostenere un inganno necessario. Gli inglesi
decifrarono il più segreto codice militare nazista, e appresero che
i Tedeschi avevano in programma il bombardamento della città di
Coventry. Se Churchill avesse salvato la vita degli abitanti di
quella città, i Tedeschi avrebbero potuto capire che le loro
comunicazioni non erano sicure, e avrebbero potuto cambiare il
codice. Churchill a bella posta non prese alcuna precauzione per
proteggere gli abitanti di Coventry, nascondendo quanto era venuto a
sapere dai generali nazisti, anche a costo di vite inglesi” (p.
109). D’altronde, “tutto è lecito in guerra. e in amore” (ibidem).
Non si avanzino obiezioni di carattere morale, poiché il criterio
fondamentale del libro è proprio la totale estraneità della morale
all’agire politico. D’altra parte il concetto che l’Autore ha della
morale è molto originale, dal momento che egli riconosce un grado
elevato di moralità alle bande criminali sioniste: le forze armate
israeliane, scrive infatti Ledeen, sono “le migliori al mondo, non
da ultimo per la loro eccezionale moralità” (p. 98). Certo, i
delinquenti sionisti spaccano le braccia ai ragazzini e giocano a
palla con le teste dei prigionieri decapitati, però il loro esercito
ha “una cura particolare nella separazione dei sessi” (ibidem).
A proposito dei sionisti, un’affermazione interessante si trova a p.
78: “Israele liquidò i Rumeni per la fuoriuscita di Ebrei dalla dura
tirannide di Ceausescu”. Quando i Romeni dicono che il Mossad fu tra
gli artefici del colpo di stato del Natale 1989, allora si tratta di
antisemitismo. Se la stessa cosa la dice Ledeen, nulla da eccepire.
Quod licet Jovi, non licet bovi.
Claudio Mutti
Fonte:http://www.eurasia-rivista.org/
Novembre 2004