Intervista a Khanbiev, emissario in Europa di Maskhadov

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Beslan, l’altra verità
di Enrico Piovesana / Maso Notarianni
peacereporter.net
14/10
storie e reportage, CECENIA: Intervista a Umar Khanbiev, emissario del leader indipendentista ceceno Aslan Maskhadov.
“Quei terroristi agivano al soldo di Putin che ha organizzato tutto con Basayev per riguadagnare il sostegno del mondo alla guerra contro il nostro popolo”. La lettera di una sopravvissuta confermerebbe questa tesi.

14 ottobre 2004 – Il dottor Umar Khanbiev, uomo dalla corporatura imponente e dalle maniere eleganti, è il rappresentante in Europa del leader indipendentista ceceno Aslan Maskhadov, l’ex presidente della Repubblica cecena legittimamente eletto nel 1997 e spodestato dai russi con l’invasione militare del 1999. Quando Maskhadov era presidente, Khanbiev (medico chirurgo che prima della guerra dirigeva il principale ospedale di Grozny) fu nominato ministro della Sanità del governo indipendente ceceno. Dopo essere stato catturato e torturato dai servizi segreti russi e più volte minacciato di morte, Khanbiev si è rifugiato in Europa, dove vive in esilio conducendo un’intensa attività di sensibilizzazione presso le istituzioni comunitarie sulla situazione in cui versa il suo paese. In questi giorni si trova in Italia per una serie di incontri.

Come ha reagito la popolazione cecena ai tragici fatti di Beslan?

Nessuno meglio del mio popolo può comprendere la sofferenza di chi vede morire in maniera così terribile i propri bambini. La nostra gente ha provato una grande compassione per le vittime della scuola di Beslan perché sa bene cosa significano simili tragedie. Per anni abbiamo celebrato i funerali dei nostri bambini morti sotto le bombe, abbiamo visto i loro piccoli corpi feriti e insanguinati, i loro volti terrorizzati, impietriti per la paura. In dieci anni di guerra quarantaduemila bambini ceceni sono morti per mano delle forze d’occupazione russe. Quindi, purtroppo, sappiamo cosa significa la morte di bambini innocenti. Numerose sono state le manifestazioni di solidarietà popolari con le vittime di Beslan e le iniziative concrete intraprese in favore dei sopravvissuti. (L’8 settembre centinaia di persone hanno manifestato in Piazza Neftyanika scandendo slogan e mostrando cartelli di condanna al terrorismo e di solidarietà ai parenti delle vittime e all’intera popolazione osseta. Fin dal giorno del massacro, centinaia di residenti della capitale cecena, soprattutto giovani, hanno fatto la fila alla clinica universitaria di Grozny per donare il proprio sangue a favore dei bambini feriti di Beslan. E gli alunni delle scuole della città stanno raccogliendo giocattoli e libri da mandare ai loro coetanei osseti sopravvissuti al massacro. ndr)

E qual è stata la reazione dei vertici della resistenza indipendentista cecena?

Noi tutti siamo rimasti scioccati quando è giunta la notizia del sequestro di Beslan e il presidente Maskhadov si è subito attivato per recarsi personalmente in Ossezia al fine di trattare con i terroristi la loro resa incondizionata e il rilascio di tutti i bambini e le altre persone tenute in ostaggio nella scuola. Ma la notizia di questa sua iniziativa è subito giunta all’orecchio dei russi, per i quali risultava ovviamente disastroso che colui che loro indicavano come mandante politico del sequestro divenisse invece il mediatore e il risolutore della crisi. Quindi, per questo motivo, è scattato immediatamente il blitz delle forze speciali russe, al fine di impedire un simile epilogo della storia.

Quindi lei sostiene la versione del blitz militare russo premeditato?

Non sono io a sostenerlo. Sono tutte le testimonianze delle persone che erano lì, ostaggi, loro parenti e giornalisti, che hanno visto bene come sono andate le cose ma a cui i russi hanno vietato di parlare. I civili sono stati minacciati. I giornalisti indipendenti, come è noto, tenuti lontani o arrestati. Ma qualcosa alla fine è trapelata. Il muro della scuola, ad esempio, non è crollato per un’esplosione dall’interno bensì per una cannonata dall’esterno. Lo stesso per il tetto della palestra: sono stati i razzi lanciati dagli elicotteri militari russi ad abbatterlo. Due giornalisti georgiani erano riusciti a fotografare le lamiere di due razzi: sono stati arrestati, narcotizzati e derubati delle loro macchine fotografiche. Non dico che i terroristi non abbiano sparato, ma di certo il numero degli ostaggi morti per il ‘fuoco amico’ dei russi è molti più alto di quello che si dice.

Lei ha parlato nei giorni scorsi di ‘connivenze’ tra i terroristi di Beslan e i servizi segreti russi. Può spiegare meglio cosa intende?

Innanzitutto una constatazione politica imprescindibile. Queste tragedie, quella di Beslan come quella del teatro Dubrovka del 2002, queste orrende azioni terroristiche imputate a noi ceceni capitano sempre, guarda caso, in momenti in cui la Russia di Putin si trova in un momento di seria difficoltà diplomatica per la questione cecena. Cioè, ogni volta che la comunità internazionale, in particolare l’Unione europea, pone sotto esame la politica cecena di Putin intimandogli il rispetto dei diritti umani e chiedendo una soluzione pacifica del conflitto, si verificano fatti che poi hanno l’effetto di far cadere ogni critica esterna e di garantire anzi a Putin il completo e solidale sostegno di tutti i governi stranieri in nome della lotta al terrorismo.

E non pensa di tratti solo di tragiche coincidenze?

Assolutamente no. I potentissimi servizi segreti russi, l’ex Kgb oggi Fsb (di cui Putin faceva parte), sanno bene come fare il loro lavoro e come ottenere i risultati prestabiliti. Essi gestiscono e manipolano gruppi terroristici che si spacciano per difensori della causa cecena ma che in realtà non sono altro che criminali al servizio delle strategie di potere di Putin. Una strategia tanto semplice quanto cinica: mostrare al mondo che i ceceni sono dei barbari terroristi con cui non si può trattare e che vanno solo combattuti con le armi. Il commando terroristico di Beslan non ha nulla a che fare con la resistenza cecena guidata dal presidente Maskhadov. Quella gente era stata reclutata dalla Russia per lavorare contro la nostra causa.

Ma come? La rivendicazione di Basayev? Lui, per quanto ambiguo e fanatico, è il principale comandante militare della guerriglia cecena.

No. Questo è quello che la sapiente propaganda del Cremlino vuol far credere al mondo. Basayev è sempre stato un personaggio di cui Maskhadov si fidava poco per i suoi passati rapporti con i servizi segreti militari russi. Oggi, nonostante le sue dichiarazioni indipendentiste, possiamo dire con certezza che Basayev sta facendo, coscientemente o no, il gioco di Putin. Il fatto che sia Putin a trarre vantaggio delle sue azioni è un dato di fatto. Maskhadov ruppe con Basayev nel 2002 dopo il sequestro del teatro Dubrovka. Il nostro presidente sollevò Basayev dall’incarico di comandante militare della resistenza. Da allora i due si sono rivisti solo una volta, in occasione di un’azione anti-russa congiunta in Inguscezia: quell’incontro ci è costato caro. Le foto e i video di loro in mimetica, seduti uno accanto all’altro, sono state riproposte dai media russi per provare che Basayev e Maskhadov sono ancora stretti alleati. Ripeto: non è più così. Già lo sapevamo, ma dopo Beslan abbiamo capito senza dubbio che Basayev è solo un pazzo criminale fanatico con cui è meglio non avere nulla a che fare e che, come il presidente Maskhadov ha pubblicamente dichiarato, alla fine della guerra dovrà essere processato da un tribunale per tutto quello che ha fatto.

Diceva che i componenti del commando terroristico di Beslan sono stati reclutati dai russi? Può spiegare meglio?

Sì. Dalle indagini indipendenti che abbiamo condotto sui nomi dei terroristi della scuola è emersa una realtà inquietante. Basandosi semplicemente sulle notizie della stampa russa e sui comunicati ufficiali delle autorità russe di questi ultimi anni e mettendo semplicemente insieme tutte le tessere del mosaico, è venuto fuori che almeno quattro membri del commando erano ceceni arrestati dai russi vari anni fa e condannati a lunghissimi periodi di detenzione, dieci, venti anni. Come mai queste persone, che adesso dovrebbero essere rinchiuse in qualche galera militare russa, si sono ritrovate in quella scuola? Non sono evase. Sono state reclutate dai militari e dai servizi segreti russi, magari in cambio di qualche promessa o magari senza che venisse detto loro nulla, per partecipare all’operazione di Beslan.

Quindi secondo lei potrebbe essere vero quello che ha raccontato in una lettera una sopravvissuta di Beslan riguardo alle sconvolgenti confidenze che una terrorista le avrebbe fatto subito prima del blitz russo?

Ne ho sentito parlare. Sì, certo che potrebbe essere vero. Quella terrorista ha affermato che lei era in una prigione russa dal 1999 e che i russi un giorno le hanno offerto di partecipare a una non meglio specificata operazione in una scuola. Le era stato detto che sarebbe servita per fornire a Putin un preteso per non porre fine alla guerra in Cecenia per motivi umanitari. Ha raccontato di essere stata portata assieme ad altri in un luogo che solo dopo ha scoperto essere Beslan, e di non aver saputo quello che doveva fare fino al momento in cui si è trovata dentro la scuola.

Quindi secondo voi la strage di Beslan non sarebbe stata altro che una cinica operazione organizzata dai servizi segreti di Putin per poter poi giustificare di fronte al mondo la prosecuzione della guerra in Cecenia?

Può sembrare incredibile, ma purtroppo è proprio così. Me lo ha confermato anche un mio ex amico, un politico ceceno che ha tradito la nostra causa e che ora lavora per i russi. Mi ha detto che tutto è stato pianificato dal Cremlino.

Ora qual è la situazione in Cecenia? Cos’è cambiato dopo Beslan? Quali sono gli effetti delle operazioni antiterrorismo avviate da Putin per catturare i presunti responsabili della strage della scuola?

Mi verrebbe da rispondere che non è cambiato nulla. Che la situazione in cui vive la popolazione cecena è catastrofica ora come prima. Solo chi non conosce quello che stiamo patendo da dieci anni può pensare che oggi la situazione sia diversa. Continuano i bombardamenti sui villaggi, i rastrellamenti, i saccheggi, le violenze, gli stupri, le sparizioni, le torture, i campi di filtraggio, le esecuzioni extragiudiziali. L’unica differenza è che dopo Beslan questo accade con più frequenza in tutto il territorio ceceno e con alcune inquietanti novità. Nelle ultime settimane le sparizioni di civili e il ritrovamento di cadaveri di civili arrestati si sono moltiplicate. Ma ciò che è più grave è che adesso anche le donne vengono portate via dai villaggi durante le zachistka, i rastrellamenti. Prima solo i maschi in ‘età militare’ venivano arrestati. Le donne subivano violenze di ogni genere ma venivano lasciate. Ora invece portano via anche loro. E poi, un’altra cosa nuova, è che i russi conducono azioni di rappresaglia contro tutti i familiari dei presunti terroristi, distruggendo le loro case e arrestandoli in massa, donne, vecchi e bambini.
Enrico Piovesana

Basta
Non dice delle cose da poco, il ministro della Sanità ceceno, portavoce del Presidente in esilio.
Spesso, in questo periodo, sentiamo delle versioni contrastanti di quanto accade nel mondo. Versioni contrastanti e contrapposte. Incredibili anche se verosimili nella versione degli uni e degli altri.
In Egitto, in questi giorni, si sta sostenendo in trasmissioni televisive di prima serata, tipo la nostra Porta a Porta, che gli autori della strage costata la vita alle due italiane lì in vacanza sia da attribuire al Mossad, il servizio segreto di Israele.
In Afghanistan ci raccontano, d’altra parte, che si sono svolte elezioni legali e legittime, quando nemmeno si ha idea di quanti siano gli afgani e quando invece si sa benissimo che fuori da Kabul non esistono autorità riconosciute.
Versioni dello stesso fatto, apparentemente anche facile da raccontare, ci vengono propinate dall’una o dall’altra parte.
Ma che in Iraq le brigate della morte siano guidate da forsennati integralisti islamici o da funzionari dello Stato occupante cresciuti nelle scuole degli squadroni della morte che in America Latina hanno fatto centinaia di migliaia di vittime, poco importa. Il conteggio finale, il risultato ottenuto è lo stesso.
Chi soffre alla fine sono sempre i poveracci. Quello che sparisce è il senso della vita, l’essenza dell’umanità.
Questa è la guerra. Una follia.
Che appresso si porta altre follie.
A cui non possiamo che dire basta.
Maso Notarianni

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