Il 17 novembre anche lo sciopero va in sciopero

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Di Sara

 

Oggi è il 17 novembre e i dipendenti italiani sono in sciopero per gridare il proprio no alla riforma delle pensioni e del sistema contributivo proposta dall’attuale governo Meloni. I tagli per chi andrà in pensione dal 2024 oscillano dal 5 al 25% in meno al mese. Mai si erano viste cifre simili, da saldi di fine stagione od oggetti in esposizione all’Ikea. Un Primo Ministro di Destra quale Giorgia Meloni, per giunta sovranista – ovvero per la difesa degli Stati nazionali contro l’imperante galoppata della globalizzazione – sferra l’ennesimo attacco al Welfare, nome inglese tanto cool con cui designare lo Stato Sociale, questo sconosciuto. Dopo il via libera alla caccia di questa estate e il nulla osta per il taglio indiscriminato dei boschi d’Italia, questa pagliacciata politica continua indisturbata, sui nostri grandi e piccoli schermi digitali, mentre le nostre vite sembrano ridursi sempre più ad un gioco delle parti di pirandelliana memoria!

Dovendo grattare dal buco di bilancio grosso come una capanna, dopo l’indebitamento coatto per le vaccinazioni degli anni passati o le azioni belliche antidemocratiche ecco che a fare da capro espiatorio questa volta sono nuovamente le categorie dei “fannulloni” (così li chiamò Brunetta nel luglio 2008 con grande intelligenza mediatica). Lo si sa da sempre, dai tempi illustri dell’Antica Roma, che non c’è modo migliore per rendere grande e coeso un gruppo che inventare un nemico da maledire: il vucumprà, il no-global, lo statale, il no-tav, l’immigrato, il no-vax. Tutte varianti sul tema: la minoranza che la dittatura della maggioranza fa di ogni erba un fascio.

Insegnanti, personale ata, medici, personale sanitario, forze dell’ordine, enti locali…“Ciò che è di pubblica utilità costa, già non fanno un cazzo nelle ore lavorative, pretendono anche di avere una pensione?” Meglio disincentivare il pubblico impiego, così il futuro sarà del libero mercato e della corruzione dilagante e della logica clientelare del “ti faccio lavorare perché ti faccio io un favore, e tu devi pertanto sottostare ad ogni mio ordine o decisione, per quanto irrazionale che sia”.

I dialoghi degni del teatro dell’assurdo sono quelli. Tali e quali.

A pensarci meglio non c’è logica demagogica e machiavellica migliore del mettere alla berlina una categoria già alla deriva per poi così poter sparare sulla Croce Rossa senza il minimo riserbo. “Qual è il problema dell’Italia? Gli statali! Parassiti attaccati alla mammella del Pubblica Amministrazione. Andassero a lavorare davvero”.

Una società che non rispetta i suoi cittadini è una società senza speranza.
Una città che non ha ospedali funzionanti né scuole per tutti è destinata a ripiegarsi su se stessa.
Una classe politica che tiene saldi i propri privilegi di mensa parlamentare a 3 euro a pasto può solo fare strada al più bieco dei meccanismi sociologici: il partito qualunquista dell’uomo comune, del buon senso! Sono corsi e ricorsi storici, abusati.

Chi avrebbe voluto scioperare non lo fa, perché anche il decurtamento dello stipendio, in tempi di magra, ha reso questo diritto un lusso per single. Le insegnanti vanno a fare la spesa al discount e poi sviluppano gastriti croniche che dopo la sperimentazione vaccinale di massa certo non giovano. Chi ha quattro figli a carico, chi non crede al teatrino mediatico dei numeri statistici, chi odia Landini…“Chi vince agli ’80” e così via. Ma il cielo non è sempre più blu, ahi noi, una coltre di argento, bario, stronzio e alluminio aleggia sulle nostre atmosfere già vessate dai voli turistici che intossicano l’aria e le acque italiane. Eppure di certe cose in televisione non si vede nemmeno l’ombra. Guai a parlare! “Vuoi passar mica per complottista?” Eppure i cieli sono a portata di tutti, ma i comunisti – che credevano anche agli asini che volano, se lo diceva il partito – continuano ad avere le fette di prosciutto sugli occhi (oh meglio la mortadella, come tributo al cinema di Nuti).

Infine, per quanto riguarda questa subdola manovra sulle pensioni, la nuova data spartiacque è il 1996, anno a partire dal quale si conteggiano i contributi previdenziali versati: chi ha maturato più di quindici anni precedenti a quella data passa la scatola cinese al grido di “Mai dire Banzai!” e scampa l’affilata spada di Damocle che pesa sulla testa del fedele contribuente statale, l’unica categoria in Italia per cui, peraltro, l’evasione fiscale è qualcosa di praticamente “inespungibile”. Quest’ultimo aggettivo è ripreso da un’ironica poesia dell’ultimo Montale, dove “gli angeli resteranno inespungibili refusi”, unici esseri rimasti a salvaguardia di un mondo che si è ormai sfarinato come il legno di un mobile tarlato, perduto nei meandri epistemologici di un progresso che ha fatto del Moderno una merce da inventario, una rete a strascico.

Tornando alle ragioni della Storia odierna, si tratta di una misura legislativa a dir poco draconiana che, se si realizzasse, vedrebbe sorpassare in crudeltà il momento tristemente epico della Riforma Fornero, ovvero quando la professoressa Elsa, con il suo pianto in diretta, si scaricò la coscienza dal senso di colpa per aver allungato l’età pensionabile, per allinearci con il diktat tecnocratico di Bruxelles, baluardo riformista d’Europa. Era inizio dicembre del 2011, la Ministra, alla presenza dell’allora capo del governo tecnico Mario Monti, non trattenne le lacrime di coccodrillo, anche pensando ai futuri “esodati”, cioè coloro che, avendo già ottenuto l’indennità provvisoria in attesa di raggiungere l’età pensionabile, vedevano protrarsi à jamais il momento della pensione, senza ricevere stipendio né ammortizzatore sociale.

Super-pensioni… Te reggae chiù….” recitava in un suo testo il genio musicale di Rino Gaetano – il cantautore di Crotone reso celebre dalla dissacrante canzone Gianna Gianna, lanciata a Sanremo nel 1978. Altro che ladri di polli! Lo spirito di Rino – il ragazzino chiamato affettuosamente Salvatorino e cresciuto all’ombra del seminario del Sacro Cuore di Narni – se potesse vederci adesso proverebbe certo un moto di rivalsa. Lui, che è morto in un incidente d’auto anomalo all’età di trentanni, dopo aver cantato in codice, a più riprese, i misfatti di certa Massoneria deviata italiana: “Oggi ho incontrato Rosita perciò questa vita valore non ha” (Rosita), se “Il marchese di La Fayette ritorna dall’America importando la Rivoluzione e un cappello nuovo (Aida)” e “Berta filava con Mario [Tanassi] e Gino [Gui]” coinvolti nell’inchiesta dello scandalo Lockheed.

Buono sciopero a chi ancora crede nello Stato, nelle Istituzioni e al cielo sempre più blu. Viva anche chi non ci crede, chi è “dimagrito, declassato, sottomesso, disgregato…malpagato, derubato” (Mio fratello è figlio unico) perché la sua forza sopravviverà al sopruso. Al di là di ogni retorica.

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