JAMES PETRAS
Petras.lahaine.org
Il governo degli Stati Uniti (Casa Bianca e Congresso) spendono dieci miliardi di dollari al
mese, 120 in un anno, per combattere circa “50 -75 ‘soggetti di Al Qaeda’ in Afghanistan”, secondo una frase della CIA citata nel Financial Times londinese (25 giugno 2011, pag. 5). Nel corso
dei trenta mesi della presidenza Obama, Washington ha speso 300 miliardi di dollari in Afghanistan, in pratica circa quattro miliardi di dollari
per ogni presunto ‘soggetto di Al Qaeda’.
Se moltiplichiamo questo per le due
dozzine e più luoghi e paesi dove la Casa Bianca crede di aver
individuato i terroristi di “Al Qaeda”, cominciamo a capire
perché il deficit federale statunitense è cresciuto astronomicamente
fino a più di 1,6 trilioni di dollari nel corrente anno fiscale.
Durante la presidenza Obama, gli adeguamenti
al costo della vita della Social Security sono stati congelati,
provocando un calo netto di più dell’8 per cento, che è esattamente
il totale speso per cercare solo cinque dozzine di “terroristi di
Al Qaeda” nelle montagne che confinano col Pakistan.
È assurdo credere che il Pentagono
e la Casa Bianca spendano dieci miliardi di dollaro l’anno per andare
a caccia di una manciata di terroristi nascosti nelle montagne afghane.
E allora a cosa serve la guerra in Afghanistan? Una delle risposte più
lette e udite è che la guerra è in realtà contro i Talebani, un movimento
di guerriglia islamista e nazionalista con decine di migliaia di attivisti.
I Talebani, comunque, non hanno mai realizzato un atto terroristico
contro il territorio degli Stati Uniti o nelle sue sedi oltre oceano.
I Talebani hanno sempre asserito che la loro lotta era per l’espulsione
delle forze straniere che occupano l’Afghanistan. Di conseguenza,
i Talebani non fanno parte di una qualsiasi “rete internazionale di
terroristi”. Se la guerra USA in Afghanistan non è per sconfiggere
il terrorismo, allora perché tutta questo incredibile impiego di fondi
e forza lavoro per più di un decennio?
Mi vengono in mente alcune ipotesi.
La prima è la geopolitica dell’Afghanistan:
gli Stati Uniti stanno attivamente realizzando basi militari avanzate,
per circondare e limitare la Cina.
In secondo luogo, le basi USA
in Afghanistan servono come postazioni di lancio per fomentare
i conflitti etnici armati dei “dissidenti separatisti” e per applicare
le tattiche del “divide et impera” contro Iran, Cina, Russia
e le repubbliche dell’Asia Centrale.
In terzo luogo, il lancio di
Washington della guerra afghana (2001) e la facile conquista iniziale
incoraggiarono il Pentagono a credere che una vittoria militare, semplice
e a basso costo, fosse a portata di mano, una vittoria che avrebbe
rafforzato l’immagine degli Stati Uniti come potenza invincibile,
capace di imporre le sue regole ovunque nel mondo, in modo differente
dalla disastrosa esperienza dell’URSS.
Quarto, l’iniziale successo
nella guerra afgana fu visto come un preludio all’avvio di una
sequenza di guerre di successo, prima contro l’Iraq per essere
seguita poi all’Iran, alla Siria e oltre. Sarebbero servite al triplice
proposito di rafforzare il potere regionale di Israele, di controllare
le risorse petrolifere strategiche e per allargare l’arco delle basi
militari USA dal Sud e dal Centro Asia, attraverso il Golfo Persico
fino al Mediterraneo.
Le politiche strategiche, formulate
dai militaristi e dai sionisti nelle amministrazioni Bush e Obama, hanno
creduto che i fucili, i soldi, la forza e la corruzione potessero costruire
stabili paesi satelliti all’interno dell’orbita dell’impero post-sovietico
statunitense. L’Afghanistan fu visto come una facile conquista e il
passo iniziale alle guerre conseguenti. Ogni vittoria, avrebbe indebolito
le opposizioni interne e quelle alleate (in Europa). I costi iniziali
della guerra imperiale, come chiamata dai Neo-Con, sarebbe stata
ripagata dal capitale ottenuto dai paesi occupati, specialmente nelle
regione produttrici di petrolio.
La rapida sconfitta USA del governo
talebano dette conferma al credo degli strateghi militari che gli “arretrati”,
scarsamente armati popoli islamici non potevano niente contro la superpotenza
americana e i suoi leader astuti.
Presupposti sbagliati, strategie
errate: il disastro da un trilione di dollari
Ogni presupposto formulato da questi
strateghi civili e dalle controparti militari si è dimostrato sbagliato.
Al Qaeda era ed è un avversario marginale; la vera forza che
è capace di sostenere una guerra popolare prolungata contro una potenza
occupante, infliggendo pesanti perdite, mettendo in pericolo qualsiasi
regime fantoccio e accumulando sostegno di massa è quella dei movimenti
di resistenza nazionalisti collegati ai Talebani.
I think-tank statunitensi influenzati
da Israele, gli esperti e i consiglieri che hanno descritto l’avversario
islamico come inetto, inefficace e codardo, hanno mal valutato la resistenza
afghana. Accecati da un’antipatia ideologica, questi consiglieri di
alto livello e i gestori degli uffici civili della Casa Bianca e del
Pentagono hanno fallito nel riconoscere l’acume tattico e strategico,
militare e politico dei leader nazionalisti e islamisti di medio
e alto livello e della loro potente riserve di supporto popolare nel
vicino Pakistan e in altri paesi.
La Casa Bianca di Obama, tanto dipendente
dagli esperti islamofobi pro-Israele hanno isolato ancora di più le
truppe USA e hanno ancora di più allontanato la popolazione afghana
triplicando il numero dei soldati, dando ancora più credibilità ai
Talebani come autentica alternativa all’occupazione straniera.
Per quanto riguarda le pie illusioni
dei neo-conservatori sui conflitti sequenziali e vittoriosi – cotte
a puntino dai vari Paul Wolfowitz, Feith, Abrams, Libby e altri con
l’intenzione di eliminare gli avversari di Israele e di trasformare
il Golfo Persico in un lago ebraico -, le guerre prolungate in Iraq,
Afghanistan e Pakistan hanno invece rafforzato l’influenza regionale
dell’Iran, messo l’intera popolazione pakistana contro gli Stati
Uniti e dato forza ai movimenti di massa contro i referenti degli USA
in tutto il Medio Oriente.
Le sconfitte imperiali consequenziali
hanno provocato una forte emorragia delle finanze USA, invece della
promessa alluvione di capitali petroliferi provenienti dai paesi affluenti.
Secondo un recente studio di ricerca, i costi militari della guerre
in Iraq, Afghanistan e Pakistan hanno superato i 3,2 triliardi di dollari
(“The Costs of War Since 2001”, Eisenhower Study Group, giugno
2011) e stanno crescendo di circa dieci miliardi al mese. Nel frattempo
i Talebani “hanno aumentato la presa psicologica” sull’Afghanistan
(FT 30 giugno 2011, p. 8). In base agli ultimi resoconti, anche
il più controllato hotel a 5 stelle nel centro di Kabul, l’Intercontinental,
era vulnerabile a un attacco sostenuto ed è stato sequestrato dai militanti,
perché si erano infiltrate “forze di sicurezza afghane” e i Talebani
operano ovunque, avendo stabilito governi “ombra” in gran parte
delle città, delle cittadine e dei villaggi (FT 30 giugno 2011,
p. 8).
Il declino imperiale,
la casse vuote e lo spettro della catastrofe
L’impero fatiscente ha svuotato le
casse del Tesoro. Mentre il Congresso e la Casa Bianca si combattono
sul tetto del debito, il costo della guerra erode in modo aggressivo
ogni possibilità di mantenere standard accettabili per la classe
media e quella lavoratrice e innalza le disuguaglianza tra l’1% al
top e il resto del popolo americano. Le guerre imperiali erano basate
sul saccheggio del Tesoro USA. Lo stato Imperiale ha, tramite straordinarie
esenzioni per le imposte, concentrato la ricchezza nelle mani dei super-ricchi
mentre la classe media e quella lavoratrice sono state fatte arretrate,
visto che sono disponibili solo posti di lavoro mal pagati.
Nel 1974, l’1% di più ricco
percepiva l’8% del totale dei redditi nazionali, ma alla fine del
2008 ne guadagnavano il 18%. E gran parte di questo 18% è concentrato
nelle mani di un piccolissimo 1% dell’1%, ossia uno 0,01% della popolazione
statunitense, (FT 28 giugno 2011, p. 4 e 30 giugno 2011, p. 6).
Mentre i super-ricchi sbancavano il tesoro e intensificavano lo sfruttamento
del lavoro, il numero dei lavoro per la classe media è affondato: dal
1993 al 2006, più del 7% dei lavori con stipendi medi è scomparso
(FT 30 giugno 2011, p. 4). Anche se le disuguaglianza stanno aumentando
in tutto il mondo, gli USA hanno adesso le più grosse disuguaglianze
tra tutti i paesi capitalisti più avanzati.
Il peso di dover sostenere un impero
in declino, con la mostruosa crescita della spesa militare, è
caduto in modo sproporzionato sui contribuenti della classe media e
di quella lavoratrice e sui dipendenti a reddito fisso. Il saccheggio
dell’economia e delle casse del Tesoro da parte delle élite militari
e finanziarie ha messo in moto un rapido declino dei livelli di vita,
degli stipendi e delle opportunità lavorative. Tra il 1970 e il 2009,
mentre il PIL è più che raddoppiato, la paga media negli USA è rimasta
stagnante in termini reali (FT
28 giugno 2011, p. 4). Se aggiungiamo anche i costi fissi per le pensioni,
per l’educazione e la sanità, gli stipendi reali per i lavoratori
salariati, specialmente negli anni ‘90, sono calati drasticamente.
Ancora peggiori eventi sono attesi
per la seconda metà del 2011: mentre la Casa Bianca espande i
suoi interventi imperialisti in Pakistan, Libia e Yemen, aumentando
la spesa militare e quella dello stato di polizia, Obama deve riuscire
a raggiungere un accordo sul bilancio con i Repubblicani di estrema
destra, che vogliono attaccare i programmi sanitari del governo, come
MEDICARE e MEDICAID, così come la Social Security,
la struttura nazionale delle pensioni. Le guerre prolungate hanno spinto
il budget al punto di rottura, mentre il deficit impedisce
qualsiasi possibilità di rianimare l’economia mentre si avvia verso
una “recessione ripetuta”.
L’intero establishment politico
si dimentica in modo bizzarro del fatto che l’inseguimento da svariate
centinaia di miliardi di dollari di circa 50-75 fantomatici terroristi
di Al Qaeda in Afghanistan ha accelerato la scomparsa dei lavori
di medio reddito negli Stati Uniti.
L’intero spettro politico pende decisamente
verso destra e verso la destra estrema. Il dibattito tra Democratici
e Repubblicani è se tagliare quattro o più triliardi dai
resti dei programmi di assistenza del paese.
I Democratici e quelli di estrema destra
sono uniti nel portare avanti guerre multiple mentre cercano di ingraziarsi
favori e finanziamenti dallo 0,01% super-ricco, dai magnati della finanza
e dell’immobiliare le cui ricchezza sono cresciute esponenzialmente
durante la crisi!
Conclusione
Ma c’è un silenzioso e profondo
disappunto nella cerchia che conta del regime di Obama: i “migliori
e più brillanti” tra i suoi funzionari stanno tagliando
la corda, abbandonando la nave prima che affondi: i Guru degli Economisti,
Larry Summers, Rahm Emmanuel, Stuart Levey, Peter Orzag, Bob Gates,
Tim Geithner e altri, responsabili delle guerre disastrose, delle catastrofi
economiche, della concentrazione della ricchezza e dell’assalto ai
nostri standard di vita si sono tolti di mezzo o hanno annunciato
il loro “pensionamento”, lasciando che siano i sorridenti truffatori–
il Presidente Obama e il Vicepresidente “Joe” Biden – e i loro
“ultimi e ignari lealisti” a prendersi la colpa quando l’economia
affonderà e i programmi assistenziali verranno cancellati. Come si
possono spiegare altrimenti le loro men che coraggiose dipartite (per
“trascorrere più tempo con la famiglia”) di fronte all’incancrenirsi
della crisi? La frettolosa ritirata di questi alti funzionari è motivata
dal desiderio di evitare la responsabilità politica e di fuggire dalle
accuse della storia per il ruolo avuto nell’imminente debacle
economica. Sono impazienti di nascondersi dal giudizio futuro sui politici
e i leader e su quelle iniziative che hanno portato alla distruzione
della classe media e della classe lavoratrice americana, con i loro
buoni lavori, con le pensioni stabili, la Social Security, una
decente assistenza sanitaria e un posto dignitoso nel mondo.
Fonte: http://petras.lahaine.org/?p=1867
07.07.2011
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE
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