Di Maurizio Lucca per ComeDonChisciotte.org
1. Nota di lettura. 2. Premessa atemporale. 3. La sentenza. 4. Il fatto. 5. La parte resistente. 6. La sentenza n. 27/1998 della Corte Costituzionale. 7. La “memoria” del ricorrente. 7.1. Tempestività della domanda. 7.2. La ratio legis della legge n. 210/1992. 7.3. Il nesso di causalità. 7.4. Sulla sicurezza del vaccino Salk. 7.5. I limiti della sperimentazione. 7.6. La natura degli indennizzi. 7.7. Il criterio orientativo del giudizio. 7.8. Sintesi della richiesta. 8. La perizia del CTU. 9. Il pronunciamento del giudice. 10. Un ristoro ai danni. 11. Libertà di pensiero. 12. La “trasparenza” un fine del diritto. 13. Una manipolazione ingiusta anche in epoca Covid – 19. 14. Tradire la speranza.
Incipit: «I gioielli più preziosi che avrai al collo sono le braccia dei tuoi figli» (1): una storia di cruda verità.
1. Nota di lettura
Il presente approfondimento ricalca un precedente (2) con un’estensione di vividezza rapportabile al recente passato prossimo dove si presenta (si è presentato) un quadro analogo ad un altro avvenuto a più di sessant’anni di distanza (le vaccinazioni antipolio/antivaiolo), non tanto sul fatto che si possa (già) stabilire un nesso causale tra gli effetti della vaccinazione di massa anti Covid – 19 e i più frequenti “malori” (3), quanto il modo con il quale si è proceduto nella campagna di promozione della vaccinazione e nell’imposizione del suo obbligo, pena l’avversione alla capacità di espletare una professione (mancanza di un titolo, ossia la vaccinazione) o un lavoro, ovvero di impedire l’accesso ad una serie di servizi e prestazioni, anche di natura pubblica, senza green pass.
L’imposizione della vaccinazione a categorie professionali e agli ultra cinquantenni, senza il libero consenso informato, ovvero senza consentire una alternativa possibile, privando al singolo la vita sociale, gli affetti, e le libertà più elementari (tra le quali, quella di movimento e di assistere i malati), chiudendo le attività con un ingiustificato lockdown, non hanno impedito il proliferare dei contagi e ricontagi, tra vaccinati e non vaccinati, ossia la diffusione del virus, dimostrando tutti i limiti delle “privazioni” adottate, ma soprattutto senza fornire una valida informazione sugli effetti avversi (i c.d. malori), già presenti sin dalle prime vaccinazioni (4).
È noto, altresì, che gli effetti avversi da vaccinazione (come appreso nell’analisi dei fatti in commento) vengono indicati nella terminologia medica e nelle sentenze come “malori”, un esempio significativo si riscontra nel testo del giudice «un rapporto di causa ed effetto secondo un meccanismo di reazione allergica autoimmune al verificarsi del primo malore a pochi giorni dalla prima inoculazione del vaccino, facevano concludere che il complesso morboso in questione poteva essere ragionevolmente collegato alla somministrazione del vaccino» (5).
I “malori” sinonimo di una serie di effetti gravi, sino a giungere alle morti improvvise, per nascondere o, meglio, sostituire, con una parola meno impegnativa ma letale, gli effetti avversi dei vaccini: una riscrittura liberalista (nudge theory) della propaganda (la censura del c.d. mainstream) per assecondare e indurre un comportamento (spingere) alla “puntura” delle fasce indecise della popolazione rispetto ad altre, più propense al siero.
Il giudizio, da assecondare ex art. 21 Cost., non si compie sulla classifica di colui che è favorevole alle vaccinazioni o che ne è contrario, dovendo il giurista (l’amante del diritto o il libero pensatore) affrontare senza preconcetti l’analisi giuridica e proporre chiavi di lettura, a volte diverse dal “sentire” comune (la c.d. opinione pubblica), seppure – con aspre valutazioni e spirito critico – attenersi ai fatti, quei fatti che nel caso specifico di una sentenza di un tribunale di uno Stato (persona giuridica) ha emesso ed è passata “in giudicato” (il carattere immodificabile), una formula ordinaria che sta a significare che non è più possibile formulare appelli.
La vicenda, e il suo intimo contenuto, possono solo lasciare ferite profonde nei sentimenti di pietas, già presenti nel primo grande poema epico (magistralmente descritti nell’Iliade), percepire le difficoltà dell’uomo che ha ricercato giustizia (nelle qualificazioni e distinzioni presenti sin dalle prime dispute nel Fedone), un tentativo (riuscito) di aggiustare il diritto.
Coltivando una forza interiore capace di albergare solo nella “verità” (un legame ante tempus con il fine supremo della vita), proiettata a comprendere le motivazioni del proprio destino (o più semplicemente del proprio perduto benessere), un’impronta valoriale e stretto legame di ogni creatura con il proprio mondo, senza necessariamente pagarne un elevato prezzo.
2. Premessa atemporale
Una doverosa premessa di fondo, se il concetto di “valore” deriva dall’esperienza di chi si sente nella pienezza delle forze (in buona salute), e ad esso associamo, nel piano etico, la sua dimensione naturale dell’essere giusto (alterum non ledere), potremo affermare che la “scienza” (quella animatamente richiamata nelle recenti celebrazioni pandemiche, non del tutto sopite) persegue il “bene comune”, anche se a volte (in disparte), lascia (a distanza di anni) le sue crude verità: la certezza dell’incertezza, l’indifferente (in)fallibilità dell’essere umano, che ad essa fedelmente ha creduto (il c.d. principio dell’affidamento), passando da sana a malata.
Poniamo, ed è posta, la vita come bene supremo e sacro, alla cura della quale il diritto (dal mito delle XII Tavole ai comandamenti nel testo dall’Esodo) (6) ha costruito le sue fondamenta, quel diritto tiranno, capace di imporre inviti e comandi nel nome della tutela della “salute pubblica”, imponendo in nome dell’“ignoto irriducibile” le vaccinazioni di massa, senza conoscerne “scientificamente” gli effetti (avversi).
Ormai è sempre più frequente nella sua periodicità, sequenzialità, governare mediante emergenze (dpcm o decreti legge, rispetto al modo ordinario di legiferare), esautorare gli organi di rappresentanza diretta del popolo, confondere la sovranità con la soft law, demandando ad Autorità esterne (estere, pure) di regolamentazione, ed ai loro tecnicismi, la stesura di norme cogenti, affidare ad organismi internazionali (nominati non eletti), finanziati dalle stesse case di produzione dei vaccini (in non apparente e coassiale conflitto di interessi), le politiche mondiali sulla sanità, senza per questo alcuna indignazione, dando anche (rafforzativo) dei “negazionisti” ad eventuali oppositori.
Invero, si distribuisce la pace finanziando le industrie delle armi, si spinge sull’ecologia e si aumentano i costi dell’energia verde, si riconosce il diritto alle risorse idriche privatizzando il consumo dell’acqua (7), si promuove la famiglia distruggendone i riferimenti (naturali), si combatte la violenza domestica con il “codice rosso” liberando gli stupratori (8), si danno extraprofitti per manutentare i ponti che cadono senza responsabili apparenti, si imputa il surriscaldamento della terra all’effetto serra per fenomeni già avvenuti e presenti in natura (tralasciando la presenza, questa volta dell’uomo, su precipitazioni ed eventi climatici a richiesta) (9), si cambiano i titoli e i protagonisti delle pellicole per i minori (i c.d. cartoni animati), in armonia con la cancel culture (10), compresi i nomi dei biscotti per bambini (“Racconti di biodiversità”), una nuova forma di educazione dell’infanzia, convertita all’essenzialismo psicologico, un escamotage mentale per trarre, in via rapida, conclusioni sulle semplificazioni della “liquidità” (sin da piccoli: un sistema cognitivo nemico dell’accuratezza), per non offendere (discriminare) il gender fluid (11): in definitiva, si operano delle politiche che nulla hanno alla base di ragionamento scientifico, oltre che logico, ma anche con questo azzardo potrebbero suggerire che si va ben oltre il confine (del diritto di critica).
Ritornando al centro, è noto che il “metodo scientifico” (o empirico, secondo l’insegnamento del GALILEI) (12), si basa sull’osservazione e sulla sperimentazione, sulla misura, sulla produzione di risultati per generalizzazione (induzione) e sulla conferma di tali risultati attraverso un certo numero di verifiche (ripetibilità), sicché risulta di tutta evidenza (cioè senza incorrere il rischio di essere sconfessati) che tali “misure” di salvaguardia del bene comune (negli aspetti che si affronteranno e negli esempi appena elencati) non hanno alcuna radice di “scientifico” ma sono il frutto di scelte deliberate, di decisioni di opportunità politica, coerenti con una scia di insuccessi di coloro che pretenderebbero di risolvere i problemi senza affrontarli, governando (nella sua declinazione di “interessati a”) solo il “consenso”, con “mancette” e/o dirette social dai facili like, senza soluzione di continuità con l’Italietta dei tempi che furono.
Esemplare di questo brand, il quadro dipinto nella moderna cinematografia oltre oceano, «la soluzione c’è sempre… Siediti. Ragazzo! Seduto! La prima regola in diplomazia è che la verità non si deve basare sui fatti ma sul consenso generale… la seconda regola è tacere e ascoltare, e parlare, se è il caso, con criterio, altrimenti tiene le carte ben coperte… enfatizzare i benefici e minimizzare i difetti, non dico di mentire. No. Mentire mai. Ma devi scegliere gli eventi e verità con la massima cura» (13).
Altri, i più sostenuti su questa ultima riflessione, annotano, a braccia aperte, che ogni Comunità o Paese ha i politici che si merita, uno specchio (recentemente qualificato come bias) della società civile, nutrita di populismo e di facili scorciatoie, un usuale confronto della corruzione dei costumi, delle clientele imperanti, dei favoritismi: un distacco siderale da quei principi costituenti ricollegabili al diritto, alle virtù del giusto che amministra i beni (non propri) consegnati alla sua cura (ex art. 54 Cost.).
Si è sottoposto (e si pretende ancora di sottoporre) il “popolo” sovrano (fine ultimo dell’esercizio del potere costituito e della giustizia, “in nome del popolo”) non tanto (ed è già molto) alla profilassi sanitaria senza il “libero informato consenso” ma senza esporre consapevolmente, in trasparenza nella sua più genuina accountability, i rischi (pur sempre possibili) a cui si è sottoposti nel tempo (e nell’immediato) in presenza di un trattamento vaccinale: “i malori”.
3. La sentenza
Un bimbo sano (dell’età di due anni) è stato sottoposto a vaccinazione e, seppure a distanza di alcuni giorni, si sono presentati effetti negativi sulla sua salute, questi non sono stati addebitati (dalla scienza medica di allora) alle dosi somministrate: dopo sessant’anni, il Tribunale di Venezia (giudice lavoro), con la sentenza n. 332 resa nell’udienza del 16 maggio 2023, condanna il Ministero della Salute per i danni (menomazione permanente all’integrità psico-fisica) causalmente riconducibile alla vaccinazione antivaiolosa effettuata (allora, nel dicembre 1962 è stata somministrata la quarta dose di vaccino antipolio inattivato Salk (IPV) ed nel maggio 1963 gli è stata somministrata la prima dose di vaccino anti vaiolo); vaccinazione (pare corretto aggiungere) a cui è stato sottoposto in fede (della scienza) dai genitori, rispondendo all’invito dello Stato che ha raccomandato metodi vaccinali che – pur risultando efficaci per la comunità in generale – si sono dimostrati atti a provocare danni irreparabili per il resto della sua vita: da sano a irrimediabilmente non sano.
4. Il fatto
Nella sua essenzialità, il ricorrente presentava domanda di indennizzo, ai sensi della legge n. 210/1992, Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazioni di emoderivati (ex art. 1, Chiunque abbia riportato, a causa di vaccinazioni obbligatorie per legge o per ordinanza di una autorità sanitaria italiana, lesioni o infermità, dalle quali sia derivata una menomazione permanente della integrità psico-fisica, ha diritto ad un indennizzo da parte dello Stato, alle condizioni e nei modi stabiliti dalla presente legge) (14), in relazione all’aggravarsi dello stato di salute e alla sua accertata (a seguito di perizia medica) connessione tra lo stato di grave deficit motorio da “poliomielite” e la vaccinazione effettuata in tenera età: nel 1962, si sottoponeva a vaccinazione anti poliomielitica (quattro dosi) e, nel 1963, una quindicina di giorni dopo la vaccinazione anti vaiolosa, furono diagnosticati i sintomi (prima) e, successivamente al ricovero, della patologia della poliomielite, escludendo (allora) ogni connessione con la combinazione delle vaccinazioni.
Alla richiesta di indennizzo, le Autorità sanitarie (Ministero della Salute e AIFA) escludevano il nesso causale tra le vaccinazioni e la patologia, evidenziando la tardività dell’istanza: seguiva ricorso gerarchico avverso il verbale (della Commissione Medica Ospedaliera, CMO), donde il ricorso al Tribunale per accertare:
- la tempestività della domanda di indennizzo;
- la sussistenza del nesso di causa tra la vaccinazione antipolio, anche in combinazione con la vaccinazione antivaiolosa, e la patologia (poliomielite).
5. La parte resistente
Al ricorso si sono costituiti il Ministero della Salute e l’AIFA – Agenzia del Farmaco (difesi dall’Avvocatura dello Stato), eccependo da una parte, il difetto di legittimazione passiva dell’AIFA, dall’altra contestando la sussistenza del nesso causale e la tempestività della domanda, chiedendo (ovviamente) di rigettare il ricorso con vittoria di spese.
La comparsa di costituzione:
- gravava il difetto di legittimazione passiva di AIFA sull’imputabilità di avvenimenti accaduti in un’epoca precedente all’istituzione della stessa (avvenuta con d.l. 30 settembre 2003, n. 269, convertito in legge 24 novembre 2003, n. 326, intraprendendo la sua attività istituzionale soltanto nel luglio 2004);
- la domanda veniva presentata oltre il termine decadenziale (dies a quo), previsto dall’art. 3 della legge n. 210 del 1992, ovvero entro tre anni, decorrenti «dal momento in cui, sulla base delle documentazioni di cui ai commi 2 e 3, l’avente diritto risulti aver avuto conoscenza del danno», aderendo all’orientamento giurisprudenziale che assegna il momento della conoscenza o conoscibilità (usando l’ordinaria diligenza), del danno clinico correlato al vaccino, individuabile nella data di manifestazione dell’evento dannoso, ossia alla data del primo ricovero (1963) (15);
- di converso si sosteneva (il ricorrente) avrebbe potuto presentare domanda al momento della maggiore età, caratterizzata da una presunzione di capacità di intendere e di volere (ed in ogni caso, il risultato non muterebbe sulla sostanziale tardività).
L’insieme delle fonti legislative, a seguito dell’intervento della Corte cost. (sentenza n. 27/1998), portano a ritenere che l’ordinamento – a partire dal 1998 – abbia riconosciuto la possibilità di contrarre la poliomielite a seguito del vaccino, riconoscendo, conseguentemente, la tardività della domanda amministrativa presentata dal ricorrente, ben oltre vent’anni (al di là della data dell’evento) dal nuovo assetto normativo.
In termini diversi, anche volendo riconoscere la connessione diretta tra patologia e vaccinazione, i termini di legge per il riconoscimento dell’indennizzo risultano ex se scaduti (la domanda veniva presentata nell’anno 2020, rispetto al nuovo termine del 1998).
Appurata l’inesorabile tardività, si passa a denegare il nesso di causalità (nei termini che seguono):
- venendo meno la distinzione, ai fini dell’indennizzo (ex lege n. 210/1992) da quello ai fini del risarcimento del danno: in entrambi i casi, la sussistenza della causalità deve essere accertata non già alla stregua di un irrealistico rapporto di consequenzialità necessaria tra condotta ed evento, ma richiedendo che il secondo sia pur sempre «conseguenza altamente probabile e verosimile» (16) della prima, secondo la logica del «più probabile che non», appellandosi così allo standard valutativo della «ragionevole probabilità scientifica, … da ancorarsi non esclusivamente alla determinazione quantitativo-statistica delle frequenze di classe di eventi (c.d. probabilità quantitativa) ma riconducendone il grado di fondatezza all’ambito degli elementi di conferma disponibili nel caso concreto (c.d. probabilità logica)» (17);
- il precipitato postula che la pretesa (risarcitoria o indennitaria) non potrà che essere rigettata quando la somministrazione del vaccino costituisce solo un’ipotesi possibile del danno successivamente verificatosi e una semplice occasione del verificarsi dell’evento dannoso.
In parole più piccate:
- non potrà darsi corso all’indennizzo ove la patologia possa comunque essere addebitata alla vaccinazione ma al contempo possa farsi risalire ad altre cause, anche «di mera possibilità – e non già di rilevante probabilità scientifica» (18);
- non è, altresì, sufficiente una relazione di prossimità cronologica tra la condotta e l’evento dannoso (vaccinazione ed effetti), in quanto il criterio “post hoc propter hoc” è errato, posto che correlazione non significa causazione (19).
Sembra di comprendere (a primo commento), nella sua formulazione, che un neonato sano, il quale dopo una vaccinazione contrae una malattia invalidante per il resto della propria vita, non possa pretendere (una volta adulto, cogito ergo sum) un indennizzo dal Sistema Sanitario Pubblico (quello che invitava alla vaccinazione, come si annoterà in seguito) sulla qualità della sua esistenza in questo mondo, atteso che è pur sempre possibile in astratto un evento (nella sua imprevedibilità di “forza maggiore”) correlato all’evento dannoso, anche se sconosciuto nei fatti (estraneo alla condotta).
Ed in questo senso, si muove l’intervento (fondato sul criterio di “probabilità logica”) per negare l’asserito e presunto nesso eziologico, rifacendosi a valutazioni di carattere strettamente sanitario, tale da dimostrare (in scienza e coscienza) l’assenza di una correlazione tra inoculazione delle vaccinazioni e reazione avversa avvenuta in età infantile.
Viene evidenziato:
- l’attuale scenario in tema di vaccinazioni, con la presenza di due diversi vaccini autorizzati (un solo vaccino antivaiolo (Imvanex), a base di vaccino vivo modificato ed indicato per l’immunizzazione attiva contro il vaiolo negli adulti e un solo vaccino anti-poliomielitico a virus inattivati (Imovax Polio), indicato per la prevenzione attiva contro la poliomielite nei lattanti, nei bambini e negli adulti e per i successivi richiami), nonché la presenza di altri vaccini esavalenti e tetravalenti;
- chiarito che, al di là della descrizione degli specifici incidenti di produzione verificatisi negli Stati Uniti negli anni cinquanta del “Novecento”, non risultano evidenze epidemiologiche significative (ovvero, limitate alla descrizione di alcuni casi o piccole serie di casi);
- la maggior parte degli articoli citati da parte ricorrente risulterebbero assai datati o riferiti a tipologie diverse rispetto al caso trattato, rilevando, altresì, l’indimostrata natura “vaccinale” dell’agente virale responsabile del quadro clinico (vengono citati studi sulla popolazione e sull’efficacia della vaccinazione, anche con riferimento al periodo considerato);
- a fondamento della carenza del nesso di causalità si rinvia all’attività dell’Agenzia del Farmaco, in qualità di Autorità regolatoria preposta alla vigilanza ed al monitoraggio della sicurezza dei vaccini, nonché del vigente sistema basato sulla Rete Nazionale di Farmacovigilanza (RNF), attiva fin dal novembre 2001, dalla quale si esclude una tale evenienza tra i fattori di rischio (il caso oggetto del ricorso non risulta inserito), nel senso che non sono state individuate schede di segnalazione compatibili, né tantomeno sono emerse segnalazioni di simili reazioni avverse.
A conclusione, viene affermata l’irrilevanza probatoria delle perizie stragiudiziali (quella presentata dall’interessato), anche indiziaria, non potendo essere assimilate alla testimonianza stragiudiziale, in quanto proveniente da un esperto legato da un rapporto fiduciario con la parte (20), richiamando(si), tuttavia, ad una propria perizia di parte che escludeva la condizione di paraplegia (del tipo flaccida) con la vaccinazione antivaiolosa che la rende incompatibile con la tipologia di vaccino somministrata (si intendeva così di contrastare la perizia del CTU, affermando che pur misconoscendo la causa che ha determinato l’infermità questa non poteva essere inscritta fra le complicanze della vaccinazione antivaiolosa).
In effetti, anche questa citata valutazione del perito medico riconferma le argomentazioni poste: la vaccinazione non poteva condurre alla patologia oggetto di indennizzo: tutte argomentazioni palesemente sconfessate dalla sentenza che, sulla perizia affidata al CTU, motiva (fonda) la responsabilità e il nesso causale tra vaccinazione ed effetti invalidanti sulla salute del minore.
6. La sentenza n. 27/1998 della Corte Costituzionale
Pare giusto, soffermarsi sull’analisi giuridica fatta dalla Corte cost. a sostegno delle ragioni della parte ricorrente, con riferimento alla tardività dell’istanza a fronte di un quadro normativo che alimenta la possibilità dell’indennizzo entro il termine triennale dall’evento o dalla sua consapevolezza.
La sentenza si presenta di interesse perché descrive l’ambito temporale dell’evento (l’epoca della vaccinazione, gli anni sessanta del Novecento) e il rapporto tra Stato e politiche sanitarie in materia di vaccinazioni, in parte richiamate anche dal ricorrente per confutare il quadro difensivo proposto (dal Ministero della Salute ed AIFA).
Si annota che la vaccinazione antipoliomielitica «è stata resa obbligatoria con la legge 4 febbraio 1966, n. 51. Essa, insieme alle prescrizioni necessarie per realizzare l’obbiettivo della vaccinazione integrale della popolazione infantile, all’art. 3 stabilisce che le persone esercenti la patria potestà o la tutela sul bambino, ovvero il direttore dell’istituto di pubblica assistenza o l’affidatario nominato dall’istituto medesimo sono tenuti responsabili dell’osservanza dell’obbligo della vaccinazione e che il contravventore incorre in una sanzione penale»: un precetto cogente la cui violazione esigeva una pena, a fronte di un evidente annullamento della libera determinazione (o del c.d. libero consenso informato al trattamento sanitario, ex art. 1 della legge n. 219 del 2017).
Viene esposto che «anteriormente alla legge citata, la legge 30 luglio 1959, n. 695 (Provvedimenti per rendere integrale la vaccinazione antipoliomielitica) dettava norme per incentivare la pratica della vaccinazione. L’art. 3, primo comma, stabiliva che “per l’ammissione agli asili nido, alle sale di custodia, ai brefotrofi, agli asili infantili, alle scuole materne, alle scuole elementari, ai collegi, alle colonie climatiche ed a qualsiasi altra collettività di bambini, da quattro mesi a sei anni di età, è richiesta all’atto dell’iscrizione o della ammissione la presentazione dell’attestato” di “subita vaccinazione”. Il terzo comma prevedeva peraltro che “l’ammissione è tuttavia consentita qualora sia presentato un certificato medico da cui risultino le ragioni di salute per le quali il bambino non è in grado di subire la vaccinazione, oppure una dichiarazione, sottoscritta dall’esercente la patria potestà o la tutela, di non voler sottoporre il bambino alla vaccinazione”».
Questo quadro normativo ha condotto l’Autorità sanitaria all’adozione di numerose attività di «informazione, sollecitazione e responsabilizzazione delle famiglie relativamente ai rischi per la salute individuale e collettiva derivanti dalla mancata vaccinazione dei bambini» e «fin dal 1959, era in atto una pressante campagna pubblica di sensibilizzazione e persuasione diffusa. Pur non essendo previsto un obbligo giuridico (come sarà poi, dopo la legge del 1966), la sottrazione dei bambini alla vaccinazione li esponeva a conseguenze discriminatorie di notevole gravità, che potevano essere evitate soltanto ove si fosse adempiuto a un onere di certificazione medica o di dichiarazione di volontà contraria da parte dell’esercente la patria potestà o la tutela».
Fenomeno quest’ultimo che, nella sua intensità e vividezza, è stato riproposto tout court con l’indimenticabile green pass e la c.d. spinta gentile, per poi passare, con rigore scientifico, ad imposizioni obbligatorie (per legge) di vaccinazioni Covid – 19 per gli ultra cinquantenni o all’uso massiccio dei tamponi (per gli altri): misure draconiane quanto singolari e uniche che non hanno impedito il contagio (tra vaccinati e non vaccinati), giungendo, in aperta dissonanza con l’art. 1 Cost., all’espulsione dall’attività lavorativa (il c.d. sostentamento a se a alla famiglia, ex artt. 4, 35 e 36 Cost.) per i renitenti (21).
La sentenza richiama i precedenti (22) che hanno riconosciuto l’esistenza di un diritto costituzionale all’indennizzo in caso di danno alla salute patito in conseguenza della sottoposizione a vaccinazioni obbligatorie, rilevando l’incostituzionalità del mancato riconoscimento del medesimo diritto quando il danno sia derivato da vaccinazione che, pur non giuridicamente obbligatoria, veniva tuttavia programmata e incentivata nei termini sopra descritti: nel senso che seppure, all’epoca dei fatti oggetto di ricorso, la vaccinazione non risultava obbligatoria, questo non impedisce una responsabilità dello Stato in presenza di una vaccinazione facoltativa.
L’estensione trova un’applicazione naturale e necessaria nel principio che non è lecito, alla stregua degli artt. 2 e 32 della Costituzione, richiedere che il singolo si esponga a rischio la propria salute per un interesse collettivo, senza che la collettività stessa sia disposta a condividere (come è possibile) il peso delle eventuali conseguenze negative: «una differenziazione che negasse il diritto all’indennizzo in questo secondo caso si risolverebbe in una patente irrazionalità della legge. Essa riserverebbe infatti a coloro che sono stati indotti a tenere un comportamento di utilità generale per ragioni di solidarietà sociale un trattamento deteriore rispetto a quello che vale a favore di quanti hanno agito in forza della minaccia di una sanzione».
Pare giusto ribadire che la stessa legge n. 210/1992, a seguito dell’intervento della Corte Costituzionale (sentenza 23 – 26 febbraio 1998, n. 27), avvalora la tesi della copertura della medesima legge per l’ipotesi di poliomieliti Salk – correlate avvenuti dal 1959: se fosse vero che in Italia era impossibile la contrazione di una tale patologia allora non avrebbe avuto alcun senso il predetto intervento sia della Consulta prima, che del legislatore, poi (23).
7. La “memoria” del ricorrente
Nel ricorso viene riportato il momento (ubi consistam) nel quale l’interessato, rivolgendosi ad uno specialista, prospettava una domanda semplice quanto banale ma di forte intensità emotiva: una richiesta di chiarimenti sulla possibile eziologia della propria patologia invalidante che lo affliggeva dalla nascita, ricevendo, come risposta, l’invito ad acquisire il certificato vaccinale e la cartella clinica del primo ricovero.
Sottopose, successivamente, la documentazione all’esame di altro specialista medico, il quale, valutati i documenti, ha attestato, nella propria relazione clinico-patogenetica (documento articolato di studio degli effetti della vaccinazione sulla popolazione, e nello specifico del vaccino impiegato, pratica antivaiolosa sospesa nel 1977 e definitivamente abrogata nel 1981) (24), che l’origine eziologica della poliomielite insorta (al ricorrente) doveva individuarsi nella vaccinazione antipoliomielitica, verosimilmente in combinazione con la vaccinazione antivaiolosa.
Seguiva richiesta di indennizzo e diniego da parte della CMO, con conseguente ricorso gerarchico rimasto inevaso, da qui il ricorso al giudice ordinario (GO).
Nella memoria si annota:
7.1. Tempestività della domanda
Viene chiarito che se l’evento si manifestò nell’anno 1963 (epoca della vaccinazione), il decorso dei termini per la presentazione della domanda di indennizzo per danni da vaccinazione risulta, ai sensi dell’art. 3, comma 1, legge n. 210/92, di tre anni, decorrenti dalla data di “conoscenza del danno”, che presuppone la consapevolezza da parte del danneggiato di tutte le componenti del danno subito, ossia non solo della lesione subita, ma altresì della rapportabilità causale della patologia contratta con la somministrazione di vaccino subita, sulla base della documentazione, di cui al comma 2 del medesimo articolo: alias la scheda vaccinale (25).
Ne deriva (nel caso di specie) dalla documentazione prodotta che il ricorrente ha avuto la piena ed effettiva “conoscenza del danno”, quale richiesta dalla legge, al momento della chiamata dello specialista di acquisire la scheda vaccinale (tra 2019 e il 2020) e cartelle cliniche di ricovero, e dalla successiva relazione di altro medico specialista che, esaminata la documentazione, confermò la verosimile origine post-vaccinale della poliomielite da cui era affetto a causa della vaccinazione subita: i termini sono stati rispettati nella loro concretezza (rectius tempestività della domanda).
7.2. La ratio legis della legge n. 210/1992
La legge privilegia una natura assistenziale dell’indennizzo (26), risultando certamente giustificata l’interpretazione della norma che all’espressione “conoscenza del danno” va associata la consapevolezza del nesso causale, consapevolezza che non può essere fatta risalire al momento dell’iniezione del vaccino, né ad altro momento di doverosa informazione (previsto dalla legge n. 210/1992), quanto va fatta risalire al momento di piena cognizione con l’acquisizione della relazione medico specialistica.
Invero, la disciplina apprestata dalla legge n. 210 del 1992 opera su un piano diverso da quello in cui si colloca quella civilistica in tema di risarcimento del danno, compreso il cosiddetto danno biologico, al fine di evidenziare la distanza che separa il risarcimento del danno dall’indennità prevista dalla legge: basta rilevare che la responsabilità civile presuppone un rapporto tra fatto illecito e danno risarcibile e configura quest’ultimo, quanto alla sua entità, in relazione alle singole fattispecie concrete, valutabili – caso per caso – dal giudice, mentre il diritto all’indennità sorge per il sol fatto del danno irreversibile derivante dagli effetti della cura (caso di specie, epatite post-trasfusionale), in una misura prefissata dalla legge (27).
Ferma la possibilità per l’interessato di azionare l’ordinaria pretesa risarcitoria, il legislatore, nell’esercizio della sua discrezionalità, ha dunque previsto una misura economica di sostegno aggiuntiva, in un caso di danno alla salute, il cui ottenimento dipende esclusivamente da ragioni obiettive facilmente determinabili, secondo parametri fissi, in modo da consentire agli interessati – in tempi brevi – una protezione certa nell’an e nel quantum, non subordinata all’esito di un’azione di risarcimento del danno, esito condizionato all’accertamento dell’entità e, soprattutto, alla non facile individuazione di un fatto illecito e del responsabile di questo, soprattutto quando l’evento si è compiuto in un tempo lontano e sono mancate le adeguate informazioni (28).
7.3. Il nesso di causalità
Viene sostenuta la sussistenza del nesso di causa tra la poliomielite del ricorrente e la vaccinazione antipolio dallo stesso subita, in combinazione con la vaccinazione antivaiolosa, secondo il principio del “più probabile che non”, richiamando l’analisi medica effettuata dallo specialista.
Nella relazione medica:
- viene riportato, da principio, la letteratura sulla “poliomielite provocata”, con riferimenti a casi collegati ad eventi traumatici o in prossimità temporale con un’infezione da poliovirus, citando le epidemie da polio (nel 1959 a Los Angeles si è confermato che l’incidenza di poliomielite paralitica era maggiore nei bambini che avevano ricevuto iniezioni o altre vaccinazioni rispetto a quanto avveniva nei bambini che non avevano ricevuto alcun trattamento);
- viene affermato che la pericolosità del vaccino antivaiolo nel contrarre la poliomielite risulta ben documentata dalle osservazioni cliniche di numerosi autori francesi, italiani, svizzeri, tedeschi e cecoslovacchi;
- nel ricorrente, lo sviluppo (ha manifestato irrequietezza, febbre e paralisi agli arti) della poliomielite paralitica risulta avvenuto dopo quindici giorni dalla vaccinazione antivaiolosa, perfettamente in linea con quanto riportato nella letteratura italiana e internazionale (dove il rispetto del criterio cronologico tra tempo trascorso dalla somministrazione e la sua manifestazione è coerente con il tempo di incubazione della poliomielite post-vaccinazione antipolio nella particolare condizione di un soggetto parzialmente immune e con deficit immunologici);
- vi è il rispetto di tutti i criteri medico-legali ai fini dell’affermazione del nesso di causa: il criterio cronologico (relativo al lasso di tempo intercorso tra la vaccinazione e la sintomatologia neurologica è rispettato per i motivi appena esposti), il criterio dell’efficienza o idoneità lesiva (considerato quanto sopra esposto e la circostanza per cui la malattia è determinata dal medesimo virus del vaccino (poliomielite) ed è stata verosimilmente scatenata dalla iniezione per la vaccinazione antivaiolosa), il criterio di esclusione di altre cause (non esistendo nella storia clinica del neonato, sulla base della anamnesi e della documentazione sanitaria, fattori diversi dalla vaccinazione che possano costituire valide ipotesi alternative di contagio), il criterio di continuità fenomenologica (è, in questo caso, ampiamente rispettato).
7.4. Sulla sicurezza del vaccino Salk
Contrariamente a quanto affermato dalla CMO, esisterebbero casi di poliomielite Salk, dimostrando l’infondatezza delle tesi di una sua presunta sicurezza, aspetto disconosciuto e attestato da parte di altre Commissioni Mediche Ospedaliere e da parte di Tribunali e Corti d’Appello italiane dopo l’espletamento di CTU medico-legali, nonché dalla Corte di Cassazione (vengono citati e depositati i precedenti).
Viene precisato, contrariamente a quanto affermato dalla CMO, che la mancanza di una memoria storica in Italia sull’esistenza di un episodio che sia stato connotato da una specifica denominazione, quale il “Cutter Incident” americano, non deriva dall’inesistenza dei casi di contagio derivati dal vaccino Salk (che, invero, sono pacificamente esistiti, come dimostrato dalla documentazione di causa), bensì dal fatto che, in Italia, il sistema di sorveglianza per le reazioni avverse da vaccino è stato introdotto solo dopo la metà degli anni sessanta del Novecento.
Viene, altresì, osservato che risulta espressamente che era stato accertato ed addirittura ammesso dal Ministero che nei primissimi anni sessanta vi erano state delle irregolarità nell’allestimento industriale del vaccino Salk e che vi erano stati degli errori del processo di inattivazione del virus in formalina che avevano per l’appunto determinato casi di contagio (vengono ripotatati, in estratto verbali, della CMO, una nutrita batteria di sentenze riguardanti i casi di poliomielite da vaccino, un diagramma sulla somministrazione del vaccino Salk in Italia, ove si osserva che, dopo l’introduzione del vaccino Salk, si verificò il picco di casi di poliomielite, che furono alcune migliaia).
In questo senso, il legislatore ha esteso appositamente la legge n. 210/1992 anche ai casi di contagio da vaccino Salk – correlati non solo del tutto possibili, contrariamente alle affermazioni della CMO, ma effettivamente verificatisi dalla data della sua introduzione (dal 1959 in poi).
Questo trova conferma anche da recenti arresti giurisprudenziali (29), in merito alle vaccinazioni raccomandate, in presenza di diffuse e reiterate campagne di comunicazione a favore dei trattamenti vaccinali, dove è stato ribadito il naturale svilupparsi di un affidamento nei confronti di quanto consigliato dalle Autorità sanitarie, il che rende la scelta individuale, di aderire alla raccomandazione, di per sé obiettivamente votata alla salvaguardia anche dell’interesse collettivo, al di là delle particolari motivazioni che muovono i singoli: sul piano degli interessi garantiti dagli artt. 2, 3 e 32 Cost., è giustificata la traslazione in capo alla collettività, anch’essa obiettivamente favorita dalle scelte individuali, degli effetti dannosi che eventualmente da queste conseguano.
Infatti, il diritto all’indennizzo non deriva dall’essersi sottoposti a un trattamento obbligatorio in quanto tale ma risiede, piuttosto, nelle esigenze di “solidarietà sociale” che si impongono alla collettività, laddove il singolo subisca conseguenze negative per la propria integrità psicofisica derivanti da un trattamento sanitario (obbligatorio o raccomandato) effettuato anche nell’interesse della collettività.
Il precipitato degli orientamenti formatisi, impongono al giudice di riconoscere il diritto all’indennizzo dai danni da vaccino, di cui alla legge n. 210/1992, indipendentemente dall’anno di somministrazione e/o dalla tipologia di vaccino antipolio concretamente somministrato (Salk o Sabin), essendo entrambi idonei a trasmettere la poliomielite (30).
7.5. I limiti della sperimentazione
Tra i documenti del ricorso, la perizia di parte del ricorrente riporta alcune valutazioni sulla sperimentazione e la realizzazione dei vaccini (con lo scopo di esperire trattamenti profilattici di massa), esponendo il fatto oggettivo che è necessario del tempo per giungere alla certezza degli effetti voluti dal vaccino, nonché l’assenza di effetti collaterali gravi per la persona: un processo di produzione (in laboratorio) che richiede una costante verifica, proprio in ragione dei metodi seguiti, metodi che possono – a distanza di anni dal loro utilizzo – dimostrarsi pericolosi, ossia costituire essi stessi il “veicolo” del virus, ovvero essere portatori di altre patologie invalidanti, cioè nocive alla salute.
La componente tempo di produzione, vigilanza e metodologia non sono indifferenti sulla preparazione del vaccino, come si riporta infra.
Viene descritto che «nel 1954 Salk and Youngner svilupparono il primo vaccino antipolio costituito da virus riprodotto su cellule di rene di scimmia coltivate “in vitro” e poi inattivato chimicamente con formaldeide (Wilton et al., 2014). Alcuni autori, rivalutando le modalità con cui è stato introdotto questo vaccino nelle vaccinazioni di massa (Juskewitch et al., 2010), lo portano come esempio di una “introduzione troppo rapida” di un nuovo medicamento o di un farmaco, considerandone i possibili pericoli per l’individuo e per la comunità. Fanno rilevare che normalmente in medicina sono necessari 17 anni perché si passi dall’ideazione di un nuovo trattamento alla sua applicazione pratica».
Si viene a sapere che nell’aprile 1955, appena dopo la vaccinazione di massa iniziò negli Stati Uniti, una serie di segnalazioni riguardanti casi atipici di poliomielite paralitica; diversi casi di poliomielite paralitica furono segnalati in California in pazienti che avevano ricevuto il vaccino antipolio circa una settimana prima: ne seguì l’immediato ritiro.
Si tratta dei casi noti come “l’incidente Cutter” e “l’incidente Wyeth”.
Il vaccino non era sufficientemente inattivato con la formalina (prodotto necessario per la conservazione), portando a vivere in più di centomila dosi individuali, dimostrando da questi incidenti (si legge) la mancanza di supervisione e di salvaguardie messe in atto prima di rendere disponibile il vaccino.
Il Direttore dei National Institutes of Health, organo scientifico – tecnico del Ministero della Salute degli USA si dovette dimettere, mentre i responsabili delle aziende di produzione perdettero il posto di lavoro.
Questo, direbbero i cuori semplici, “è il minimo” a fronte di tali drammi, oggi non è così (!).
Legati a questi incidenti, seguirono un periodo di cause legali contro le ditte produttrici dei vaccini e di conseguenti risarcimento danni: «facendo riferimento a questo tipo di cause, nel 1955 un editoriale sulla rivista Yale Law Journal (Editorial, YLJ 1955) concludeva che “le aziende produttrici di beni per il consumo per l’uomo sono responsabili per i danni personali causati dai loro prodotti, non perché questi si siano dimostrati idonei a causare danno e neanche perché le aziende stesse avrebbero potuto metter in atto mezzi atti ad evitare il danno, ma in quanto le aziende produttrici sono nella posizione di poter ottimizzare la ridistribuzione degli inevitabili costi del danno su tutti gli utilizzatori finali [i vaccinati] che fruiscono dei prodotti dell’azienda stessa” (Editorial, Yale Law Journal, 1955). Successivamente la nota sentenza Gottsdanker v. Cutter Laboratories (1960) stabilì che “le aziende produttrici dei vaccini erano responsabili in solido per i loro prodotti anche se non vi fosse stata dimostrazione di negligenza nella produzione e/o nella progettazione di quei prodotti” (Offitt, 2005). Negli USA, questi ed altri eventi simili portarono all’istituzione (1986) e all’implementazione (1988) del National Vaccine Injury Compensation Program che dal 1988 al 2006 (cioè in 18 anni) ha deliberato risarcimenti di 902 milioni di dollari per 2542 casi di danno da vaccino (in media 354.000$ per caso; Edlich et al., 2007)».
Nel maggio del cinquantacinque, del secolo scorso, fu istituito un comitato tecnico sul vaccino che ha testato e rivisto tutti i lotti di vaccino e ha informato il Servizio Sanitario Pubblico in merito quali lotti dovrebbero essere rilasciati per uso pubblico, si annota che «la fiducia del pubblico nel nuovo vaccino miracoloso… è stata fortemente scossa dopo questi incidenti e i tassi di vaccinazione sono diminuiti a livello nazionale. Molti enti sanitari statali in realtà hanno lanciato campagne di pubbliche relazioni per rassicurare il pubblico e incoraggiare ancora una volta la vaccinazione antipolio» (traduzione del testo dall’inglese).
La perizia, sugli eventi seguiti dopo i citati incidenti, annota «ripercussioni sulla politica delle vaccinazioni si ebbero anche in Gran Bretagna, Nuova Zelanda, Australia (Day, 2009), Svizzera (Cramer, 1956), Germania (Prigge et al., 1956), Israele (Davies et al., 1960; Weiss e Dolev, 2019). Anche queste nazioni svilupparono vaccini propri e/o migliorarono i metodi di produzione e gli standard dei test di sicurezza adottati negli USA (Prigge et al., 1956; Swartz et al., 1998; Furesz e Contreras, 1993; Lycke, 2014)».
Nel metodo di produzione del vaccino, per ottenere un risultato positivo (assenza di virus infettante e conservazione del potere immunogeno) è stato «necessario un sapiente utilizzo della formaldeide per inattivare le preparazioni di virus», pur tuttavia questa sostanza, a volte, non ha operato l’effetto voluto.
Si scopre, dunque, che i vaccini antipolio «venivano prodotti in colture primarie di cellule renali di scimmia ed «è avvenuto che nelle colture delle loro cellule renali si sono propagati anche virus che erano casualmente presenti nelle scimmie (virus avventizi). Tra questi, il più noto è un virus tumorale della scimmia che fu denominato SV40. Tale virus era sconosciuto a quel tempo (Butel, 2012). Nelle colture cellulari potevano essere riscontrati anche altri virus già noti, quali il virus della coriomeningite linfocitaria (Prigge et al., 1956). In questi casi le colture cellulari venivano scartate e non utilizzate per produrre i vaccini. Siccome il virus SV40 risulta spesso presente nelle colture di rene di scimmia (Gunther et al., 1963 e 1964) ed è – per sua natura – molto meno sensibile alla formaldeide rispetto ai virus polio, questo virus rimane vivo e infettante nelle fiale di vaccino. In molte nazioni, l’industria ha prodotto vaccini IPV (tipo Salk) contaminati con SV40 fino al tutto il 1963. È anche noto che il vaccino OPV (tipo Sabin) prodotto in Russia (sempre su cellule di scimmia) è risultato contaminato con SV40 fino per tutti gli anni ‘70 (Butel, 2012) e quindi ha contagiato diverse generazioni».
La parte dedicata alla conoscenza degli effetti nocivi del vaccino si chiude con la seguente (allarmante) costatazione: «nel complesso, si stima che vaccini antipolio contaminati con SV40 siano stati somministrati a 98 milioni di persone (soprattutto bambini) negli USA e a moltissimi milioni di persone nelle altre nazioni (Curtis, 2004). Nei vaccinati il vaccino non solo ha introdotto i tre ceppi di virus polio, ma anche il virus tumorale SV40. Non sappiamo se la contaminazione da SV40 stia provocando tumori nell’uomo. Si sa tuttavia che il genoma virale di questo virus tumorale è stato ritrovato in molti tumori (linfomi, tumori cerebrali, mesotelioma e osteosarcoma; Butel, 2012)», ribadendo sulla necessaria vigilanza farmacologica degli effetti da vaccino (quello oggetto di interesse) che «Per avere una visione chiara degli effetti di questo virus sulla salute umana saranno necessari ancora altri anni (Curtis, 2004)».
L’insieme conferma che la produzione di un vaccino richiede una sperimentazione prolungata, non è esente da pericoli dovuti da una parte, da errore umano o scarsa preparazione nella sicurezza biologica (ad es. ambienti sterili e reagenti inattivi) o carenti controlli di qualità, dall’altra parte, del livello di conoscenza al momento stesso del confezionamento, avendo sempre la consapevolezza che gli effetti avversi si possono presentare anche lontano dalla data di inoculazione.
A margine e a conferma di quanta demagogia politica viene spesa per diffondere la bontà delle vaccinazioni e del metodo scientifico, l’ulteriore osservazione: «in sintesi, la storia dei vaccini antipolio ha avuto la tendenza a seguire le indicazioni dei politici e della stampa, più che risultare sempre sotto il controllo della scienza medica. In questa ottica, la storia del vaccino antipolio risulta molto diversa da quanto fu fatto in Germania per l’immunizzazione contro la difterite. Questo vaccino diventò pratica generale solo quando le sue basi e implicazioni medico/scientifiche furono perfettamente chiare e per questo la prevenzione antidifterica è del tutto sicura (Editoriale, British Medical Journal, 1958; Muraskin, 2012)».
Non è da aggiungere molto in presenza di questa ultima dichiarazione peritale: la scienza medica, quella libera e terza, esente da conflitti di interessi, si dimostra nella sua naturale conformazione dedita alla pratica del bene inalienabile della “salute”, asservita all’umanità, pronta ad assicurare, in modo neutro (senza imposizioni di parte) i benefici a fronte di un lavoro trasparente e ad un continuo controllo (c.d. sorveglianza passiva), sapendo che i risultati di oggi domani saranno superati dalla ricerca scientifica (31).
A sostenere l’appunto si potrebbe richiamare, ancora una volta, la perizia che cita un’autorevole letteratura medica nel settore delle vaccinazioni ove conclude che «per quanto riguarda i vaccini l’obiettivo sarebbe quello di avere un rischio pari a zero. Tuttavia, questo obiettivo non è raggiungibile per nessun preparato che sia attivo dal punto di vista farmacologico. Infatti, tutte le volte che un preparato ha un effetto benefico, questo sarà inevitabilmente accompagnato da un certo rischio di effetti avversi».
Questa è la verità e non dovrebbe essere nascosta.
Quando la politica si sostituisce alla scienza, ovvero quando la scienza si pone al servizio della causa, addomesticando a sé risultati non testati (che non sono risultati), nascondendo tutta la verità dei limiti di una “spiccia” (veloce) sperimentazione, non può che negare il suo stesso fine, quello della scienza e quello della polis, diventando un simulacro vuoto: un portatore di sventura.
7.6. La natura degli indennizzi
Gli indennizzi ed emolumenti da danni da vaccino hanno natura assistenziale, riconducibile al dovere di “solidarietà sociale”, di cui agli artt. 2 e 32 della Costituzione e – a differenza del risarcimento del danno – prescindono dalla colpa dell’Amministrazione sanitaria e sono, quindi, sempre dovuti, qualora ne sussistano i presupposti (32).
Per le ragioni sopra esposte, l’accertamento del rapporto di causalità, nell’ambito di una procedura volta ad ottenere la liquidazione dell’indennizzo non può avvenire secondo i rigidi criteri indicati dall’art. 2043 c.c., ma secondo parametri ben più elastici in considerazione della natura indennitaria e del fine assistenziale dell’assegno, a differenza di quanto avviene nell’ambito dei giudizi di risarcimento del danno ove si chiede l’integrale ristoro patrimoniale per l’ingiusto danno subito a seguito del fatto colposo dell’Amministrazione sanitaria, consentendo ai soggetti danneggiati di chiedere ed ottenere, celermente, dallo Stato un indennizzo, anche senza dare conto degli elementi che danno luogo alla responsabilità civile, specie in cui vi sia una impossibilità o difficoltà di prova non ricollegabile a negligenza del danneggiato, ma riconducibile alla negligenza delle stesse strutture sanitarie.
Il diritto all’indennizzo, ex lege n. 210 del 1992 e quello al risarcimento del danno, ex art. 2043 cod. civ., che l’ordinamento riconosce come concorrenti, presuppongono entrambi un medesimo fatto lesivo, ossia l’insorgenza della patologia, derivato dalla medesima attività, e l’azione di danno si differenzia da quella finalizzata al riconoscimento della prestazione assistenziale essenzialmente perché richiede anche che l’attività (vaccinazione o trasfusione) siano state compiute senza l’adozione di tutte le cautele ed i controlli esigibili a tutela della salute pubblica (33).
7.7. Il criterio orientativo del giudizio
Per rispondere ad un’effettiva tutela del diritto di difesa, di cui all’art. 24 Cost., nell’ambito del rispetto dei principi del giusto processo, di cui all’art. 111, secondo comma, Cost. e in coerenza con l’art. 6 CEDU, il giudice – ai fini del riconoscimento del nesso di causa, dovrà fare riferimento alla “probabilità logica” e non alla “probabilità statistica”: la prova a carico dell’interessato ha ad oggetto, a seconda dei casi, il verificarsi dei danni alla salute e il nesso causale tra la prima e i secondi, da valutarsi secondo un criterio di ragionevole probabilità scientifica.
Infatti, la regola della “certezza probabilistica” non può essere ancorata esclusivamente alla determinazione quantitativa – statistica delle frequenze di classe degli eventi (c.d. probabilità quantitativa), ma va verificata riconducendo il grado di fondatezza all’ambito degli elementi di conferma disponibili nel caso concreto (c.d. probabilità logica) (34).
Secondo gli orientamenti dalla Corte di Giustizia della Comunità Europea (35), in un caso di danno da vaccino, dopo avere chiarito che il vaccino, in quanto “prodotto”, è astrattamente suscettibile di essere difettoso, viene affermato che, al fine della prova del nesso causale tra vaccinazione e danno, il danneggiato non può vedersi costretto a fornire una prova certa tratta dalla ricerca medica: l’onere di provare che la sostanza somministrata ha causato il danno non richiede la dimostrazione che la ricerca scientifica abbia stabilito la nocività della sostanza in termini generali, laddove il danneggiato, come nel caso di specie, abbia allegato indizi gravi, precisi e concordanti a sostegno di un probabile nesso tra il difetto del vaccino e il danno subito.
Una valutazione secondo un criterio di ragionevole probabilità scientifica ispirato al principio “del più probabile che non” (36), da ancorarsi non esclusivamente alla determinazione quantitativo-statistica delle frequenze di classe di eventi – cd. probabilità quantitativa -, ma riconducendone il grado di fondatezza all’ambito degli elementi di conferma disponibili nel caso concreto – c.d. probabilità logica (37).
7.8. Sintesi della richiesta
Alla luce delle fonti normative che hanno esteso la platea dei “beneficiari” e dell’esegesi ermeneutica, dei fatti nell’eziologia dei danni da vaccinazione, viene di tutta evidenza dimostrato (si legge nel ricorso) il nesso causale: un bimbo sano proiettato ad uno sviluppo regolare, che a distanza di alcuni giorni dalla vaccinazione antipolio soffre di reazioni avverse (febbre, dolori agli arti, difficoltà deambulatorie) che portano ad una diagnosi di poliomielite.
Si deve ritenere che la stessa vaccinazione (vaccinazione antipolio inattivo Salk (IPV) in combinazione con la vaccinazione antivaiolosa) sia la causa della patologia, secondo un criterio logico – probabilistico, secondo la regola del “più probabile che non” o “della preponderanza dell’evidenza”, in assenza di dimostrati (da parte dell’Amministrazione convenuta) fattori alternativi di contagio (38): l’indennizzo è dovuto (contrariamente a quanto dedotto nel verbale della CMO), ai sensi dell’art. 1, comma 1, della legge n. 210/1992.
8. La perizia del CTU
Il Consulente Tecnico d’Ufficio (nominato dal giudice), dopo la visione della documentazione medica, annota, in qualità di medico legale, che il quesito posto verte su due limitate diverse ipotesi:
1. la riconducibilità dell’evento avverso alla vaccinazione antipoliomielitica cui è stata sottoposta la parte ricorrente “da sola o in combinazione con la vaccinazione antivaiolosa”;
2. “in subordine”, se la malattia sia da ricondurre alla “inadeguatezza della vaccinazione antipolio”.
Il perito, come preambolo, segnala di non dover precisare ulteriormente, in quanto ripetutamente esposto in numerosi tribunali italiani in casi consimili, sia le caratteristiche della vaccinazione antivaiolosa sia delle complicanze della stessa.
Ciò posto, osserva che la vaccinazione antipoliomielitica “in sé” non può garantire l’assoluta copertura contro la patologia e che la stessa viene (ed è stata) raggiunta attraverso la diffusione degli effetti della vaccinazione nella popolazione generale (c.d. immunità di gregge), ritiene di dover comunque sottolineare che eventuali eventi avversi da ricondursi alla vaccinazione stessa riconoscono, quale premessa causale “indefettibile”, la sollecita comparsa dopo la vaccinazione: gli effetti avversi sono quasi contemporanei alla somministrazione, sicché è deducibile che, sulla base di letteratura riconosciuta “a livello mondiale” possa inputarsi una qualche responsabilità (così come tale vaccinazione fosse stata priva di efficacia immunogenica protettiva appare “parimenti” sostanzialmente infondata; stesse conclusioni tra l’associazione tra vaccinazioni antipolio con una successiva somministrazione antivaiolosa a sei mesi di distanza).
Con riferimento, invece, agli eventi avversi riconducibili a vaccinazione antivaiolosa, a distanza di pochi giorni (quindici) dalla sua somministrazione le risultanze (visto il quadro clinico, già diagnosticato nel primo ricovero) si presentano fondate: gli effetti avversi sono in linea con la casistica e il quadro descritto (colpisce, perlopiù, bambini sino ai due anni di età).
È noto, si argomenta, che le caratteristiche della vaccinazione antivaiolosa è gravata da un numero significativo di eventi avversi (con frequenza che può essere annoverata in mille casi ogni milione di somministrazioni, sino al decesso del paziente), talché la medesima è stata abolita, una volta raggiunta la “liberazione” dal vaiolo, giacché la prosecuzione della stessa avrebbe verosimilmente comportato un rischio maggiore che non la patologia stessa (viene riportata un’ampia mole di riferimenti sull’argomento).
Si giunge, quindi, ad acclarare che la somministrazione di vaccinazione antivaiolosa appare evento totalmente “idoneo” all’insorgenza del quadro patologico a cui il ricorrente è incorso, ammettendo che sia da ricondurre “in vario modo” a complicanza della vaccinazione antipoliomielitica.
L’intervallo cronologico tra somministrazione di vaccinazione antivaiolosa ed insorgenza del quadro clinico, nelle sue caratteristiche porta il perito a ritenere quale certamente probabile se non “altamente probabile” la correlazione causale tra la malattia deficitaria, da cui fu colpito il ricorrente, e vaccinazione antivaiolosa cui fu sottoposto nell’anno millenovecentosessantre.
Aggiunge che il riconoscimento del nesso causale appare, altresì, rafforzato e determinato dalla natura indennitaria della norma giuridica dominante.
Al termine, si discosta in modo netto con le conclusioni a cui è pervenuto il consulente della parte resistente (Ministero della Salute), che riteneva non compatibile l’ascrivibilità della complicanza insorta a vaccinazione antivaiolosa, rilevando, anche, facendo riferimento ai più recenti richiami sulla “sorveglianza” delle complicanze neurologiche dopo vaccinazione antivaiolosa (smallpox), che i dati riportano in un determinato arco temporale ben duecentoquattordici eventi neurologici avversi, rilevando che i profili di differenziazione sono del tutto ininfluenti.
In definitiva, la perizia del CTU accerta il nesso causale tra somministrazione della vaccinazione e gli effetti avversi.
9. Il pronunciamento del giudice
La sentenza del giudice del lavoro nel definire la «sussistenza del nesso di causa tra la vaccinazione antipolio, anche in combinazione con la vaccinazione antivaiolosa, e la patologia (poliomielite) insorta nel ricorrente», affronta il percorso argomentativo con i seguenti momenti:
- rigetto dell’eccezione di difetto di legittimazione passiva dell’AIFA atteso che, a norma dell’art. 5 bis del d.l. 7 giugno 2017, n. 73, convertito con modificazioni dalla legge 31 luglio 2017, n. 119, «Nei procedimenti relativi a controversie aventi ad oggetto domande di riconoscimento di indennizzo da vaccinazione di cui alla legge 25 febbraio 1992, n. 210, e ad ogni altra controversia volta al riconoscimento del danno da vaccinazione, (…) è litisconsorte necessario l’AIFA» (comma 1), con applicazione della disposizione «nei giudizi introdotti in primo grado a partire dal trentesimo giorno successivo a quello della pubblicazione della legge di conversione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale» e, quindi, dal 4 agosto 2017, senza altra distinzione rispetto all’epoca del verificarsi del contagio o vaccinazione o danno;
- quanto alla tardività della domanda, la norma valorizza il momento della piena cognizione degli effetti collegati alla vaccinazione, «il termine di decadenza decorre dalla “conoscenza non solo della patologia ma anche della relativa eziologia” (ex plurimis da ultimo Cass. L. 9239/2021) e la decorrenza “va stabilita ricostruendo il momento in cui deve ritenersi maturata in capo all’interessato la conoscibilità del nesso causale tra la trasfusione e la patologia, sulla base di indici oggettivi e con alto grado di probabilità, alla luce delle nozioni comuni dell’uomo medio, eventualmente integrate da valutazioni mediche e secondo il parametro dell’ordinaria diligenza” (Cass. L., 29453/2020), posto che “conoscere una patologia e conoscerne l’origine etiologica sono cose diverse, specie quanto la malattia può derivare da più cause”»;
- in dipendenza di ciò, il ricorrente solo dopo l’acquisita relazione specialistica (ampiamente entro tre anni dall’evento) ha avuto piena conoscenza della eziologia della patologia, «dovendosi escludere che le conoscenze in tema siano alla portata dell’uomo comune» (39);
- l’analitica disamina svolta dal CTU, sul dimostrato nesso causale tra vaccinazione ed effetti avversi, annota il giudice, sono conclusioni interamente condivise «in quanto immuni da vizi logici e giuridici e supportate da ogni necessario ed opportuno approfondimento, e alla vasta bibliografia», e parte sostanziale del pronunciamento (un rinvio, quale onere motivazionale della decisione);
- viene, dunque, condannato il Ministero della Salute a corrispondere l’indennizzo, in una molteplicità di componenti, e le spese di lite.
Nella sua linearità e chiarezza, la sentenza viene pronunciata sulla base della documentazione prodotta dalle parti e dalle perizie, un corredo probatorio e un’analisi degli effetti prodotti dalle vaccinazioni, che oltre a sostenere le ragioni giuridiche, riporta (ed è questa una parte primaria e di interesse generale) uno spaccato temporale sull’approccio (delle politiche sanitarie) alle patologie che si intendevano contrastare con la somministrazione di dosi di vaccino (40).
10. Un ristoro ai danni
L’indennizzo costituisce una risposta al rapporto di questi effetti avversi, pur sempre possibili, in coloro che hanno confidato (loro malgrado) nell’utilità e beneficio della vaccinazione, pur dando per acquisita la risultanza statistica sull’esistenza di un bilanciamento rischi/benefici assolutamente accettabile e i danni conseguenti alla somministrazione del vaccino, aspetto non ammissibile in presenza del verificarsi di eventi gravi non rispondenti ad alcun criterio di “normalità statistica”.
In termini diversi, neppure l’indennizzo può ritenersi ammissibile (lecito) rispetto ai danni permanenti ove la “solidarietà sociale” non può essere intesa (estesa) nel ritenere ristorabile – in termini economici – una minore qualità della vita, il cui prezzo non potrà (può) essere monetizzato (quantificato in termini di valore economico), rendendo la vaccinazione una “scelta” e non un’imposizione, anche sotto forma di solerte raccomandazione, ove i rischi assumono una costante, anche isolata.
L’approdo valoriale da ingresso ad una considerazione (morale) di fondo, una sublimazione della coscienza ad un elevato credo: non può trovare cittadinanza nell’ordinamento giuridico il c.d. ignoto irriducibile per tollerare la vaccinazione, quando non si dispone di tutti i dati completi per valutare compiutamente il rapporto rischio/beneficio nel lungo periodo, anche in presenza di uno sforzo massimo della ricerca scientifica, specie ove il dato storico (quello ancorato all’esperienza e alla frequenza, sin da remoto) non può escludere effetti nocivi che sono congeniti in ogni tipo di “sperimentazione” medica che già ab origine presenta(va) limiti ed effetti avversi (41).
Non vi è dubbio che le finalità rivestivano e rivestono un interesse pubblico al perseguimento del c.d. diritto alla salute, pur tuttavia, gli esiti (effetti) che tali misure comportano, non sempre, si può affermare essere sconosciuti, o quanto meno conoscibili dall’uomo medio, il quale (come nella fattispecie) ne subisce (ne ha subito) le conseguenze (i danni) che la letteratura medica, l’esperienza dei fatti, i dibattiti in sede di adozione delle discipline normative (dei precetti o raccomandazioni), non potevano escludere, nel senso essere noti già in sede di somministrazione (in quel momento) (42).
L’affermazione di una collettiva consapevolezza degli effetti avversi, nella sua estesa verità, non può essere sconfessata, almeno se le sentenze dei giudici hanno un qualche valore giuridico, o, quanto meno, esprimono una valutazione dell’uomo giusto, di colui che amministra la giustizia (dal latino iustitia) e a cui SOCRATE pose ad essa la vita.
11. Libertà di pensiero
La sentenza è riferita ad un caso di danno da vaccinazione e del dovuto ristoro, ma dietro il costrutto giuridico vi è l’uomo che ha sofferto e soffre (il minore, divenuto adulto, che ha ricevuto un danno irreparabile e permanente), vi è una famiglia che ha confidato nella scienza, consegnando il figlio nelle sue mani, agendo in perfetta conformità alle leggi, quando ha aderito alle raccomandazioni ministeriali, con grande senso civico (di obbedienza, senza riserva), accettando «il rischio/beneficio con sottomissione ed diligenza esemplari» (43).
L’amore dei genitori verso i figli è infinito, «chi tra di voi al figlio che gli chiede un pane darà una pietra? O se gli chiede un pesce, darà una serpe?» (44), e questo immenso amore è stato tradito da un autorevole intervento esterno che poteva essere evitato, in seguito abrogato, inducendo una “falsa” credenza di utilità (beneficio), di sicurezza, di protezione dalla malattia che si è consumata nella fiducia riposta nel farmaco vaccinale e nelle battenti campagne promozionali: un errore fatale, in “buona fede”.
Per completezza espositiva, in epoca Covid – 19, alcuni tribunali si sono sostituiti ai genitori per consentire al minore di inocularsi il vaccino, nel senso che non fosse necessario il consenso di entrambi i genitori, sospendendo la capacità genitoriale di quello contrario (45), con un’inevitabile conseguenza (si immagina) di alimentare i conflitti all’interno delle relazioni familiari (altro aspetto di un periodo difficile e contraddittorio).
Il diritto non può fare a meno dei valori e i valori dovrebbero guidare le scelte non solo legislative (del sapiente), di cui ne costituiscono il fondamento, ma anche di coloro che operano per la salute pubblica, non potendo giustificare – in nome del progresso scientifico – ogni cura se si perde di vista il fine (e l’umanità), sia che sia la tutela della collettività, senza escludere ogni singolo che ad essa si affida, evitando una scelta tragica (46).
Molteplici sarebbero gli spunti per una riflessione, mi limiterò ad osservare una certa ritrosia (reticenza) delle argomentazioni utilizzate per contrastare la verità dei fatti, non ammettendo una serie di dati noti sugli effetti avversi delle vaccinazioni, nonché sul contesto di consapevolezza che il rischio è pur sempre presente e possibile, da parte dei cultori della scienza, pur non negando l’immenso bene che il progresso medico (della medicina) ha portato all’esistenza umana: la cura e l’avanguardia attenta del malato.
La lettura dei documenti del ricorso presentano informazioni medico – scientifiche (c.d. prove) che dimostrano le conoscenze degli effetti nocivi nei bimbi delle vaccinazioni effettuate allora, tale da escludere che si possa ignorare, aver ignorato, le evenienze avverse.
In parole diverse, sorprende (per dire poco) trovare evidenti “travisamenti dei fatti”, da parte del Ministero della Salute, ampiamente segnalati dal ricorrente ma anche del consulente del giudice, per sostenere il mancato collegamento con la vaccinazione, ovvero collocare gli effetti avversi in sfumature della definizione tipologica dell’effetto avverso, piuttosto che attenersi all’esperienza pratica, quella condizione giuridica che seppure, opera per la difesa del convenuto, non alteri la verità oggettiva.
Nel diritto rientra nel “giusto procedimento”, come segnalato, il c.d. contradittorio, e la difesa (anche d’ufficio) non può mancare se non in danno alla “giustizia”: la “bocca della legge” ha sentenziato (oggi) tra posizioni contrapposte, aderendo alla verità nel tentativo di alcuni di disconoscerla o ignorarla.
Questa strategia difensiva, se il processo ammette l’assistenza tecnica e professionale nel contraddittorio, quando una parte viene ad essere una Pubblica Amministrazione, contro un cittadino danneggiato dall’iniezione del virus (contenuto nel vaccino), ci si aspetterebbe il rispetto di quelle regole (aspettative) canonizzate in una serie di articoli costituzionali (quell’immagine o percezione di buon andamento e imparzialità, il fine è sempre l’interesse pubblico alla tutela della collettività, formata da singoli cittadini) in termini di correttezza, nel senso di riportare i fatti noti, senza omissione alcuna.
Più esplicitamente, i dati degli effetti avversi e la loro storicità sono stati dimostrati da anni, contestarne la validità nella sua percezione fenomenica se potrebbe essere ammissibile per altri, quando opera una PA, anche in sede processuale (nelle perizie), i dati epidemiologici dovrebbero essere acquisiti non contestati, visto che all’evidenza è stato appurato il contrario (e questo è grave!).
È ancora più grave, oltre che doloroso, quando viene operato da un soggetto pubblico che su questi dati statistici (la c.d. farmaco vigilanza) fonda la propria attività istituzionale, ma quello che più rende isolato il sentimento (di rifiuto) risulta l’insensibilità nell’affrontare l’accadimento (poi statuito dal giudice), senza considerare gli ostacoli e l’ostruzionismo che l’intera vicenda ha dovuto subire nel riportare alla luce la verità, tutti aspetti (cruenti) che sfuggono dal dibattimento ma che sono percepibili nello sfondo.
12. La “trasparenza” un fine del diritto
Il coinvolgimento dei destinatari delle vaccinazioni si allinea con il ruolo immanente della conoscenza (il c.d. diritto di conoscere o d’informazione) (47), assolvendo, allo stesso tempo, una funzione di difesa della cittadinanza attraverso l’allargamento della base informativa in vista dell’assunzione di decisioni, sia dalla parte pubblica, con la trasparenza procedimentale nell’assetto degli interessi coinvolti, sia dalla parte privata, con il consenso consapevole alla cura, in applicazione del principio democratico della partecipazione (di non facile attuazione) (48).
La “trasparenza” opera, ancor più con l’accesso civico generalizzato, introdotto nel corpus normativo del d.lgs. n. 33 del 2013 dal d.lgs. n. 97 del 2016, in attuazione della delega contenuta nell’art. 7 della legge n. 124 del 2015, come diritto di “chiunque”, non sottoposto ad alcun limite quanto alla legittimazione soggettiva del richiedente e senza alcun onere di motivazione circa l’interesse alla conoscenza: l’accesso civico generalizzato è dichiaratamente finalizzato a garantire il controllo democratico sull’attività amministrativa, nel quale l’interesse individuale alla conoscenza, è protetto in sé per trascendere verso una dimensione collettiva legata all’interesse dell’intera comunità di appartenenza ad avere cognizione delle attività e dei comportamenti delle Pubbliche Amministrazioni, in attuazione dei principi di trasparenza e di buon andamento, sempreché non vi siano contrarie ragioni di interesse pubblico o privato, declinate tra le eccezioni di cui all’art. 5 bis del d lgs. n. 33 del 2013 (49).
Si deve giungere alla conclusione che la regola della generale accessibilità è, dunque, temperata dalla previsione di eccezioni poste a tutela di interessi pubblici e privati che possono subire un pregiudizio dalla diffusione generalizzata di talune informazioni: non si comprendono, dunque, le motivazioni di escludere l’accesso ai dati sulle vaccinazioni, o ai contratti di fornitura dei vaccini, se da una parte, l’interesse è rivolto alla cura, dall’altro, l’esigenza di comprendere i costi sostenuti e le responsabilità in capo ai produttori dei vaccini rientra nello spirito della legge (50).
13. Una manipolazione ingiusta anche in epoca Covid-19
In questa prospettiva, a fronte di imposizioni di obblighi vaccinali (di un tempo lontano) che hanno prodotto danni all’uomo, ad una (parte di) generazione di infanti, la storia (maestra di vita) si ripete “commossa” (con la recente pandemia, in una narrazione aberrante e abnorme) nell’escludere lavoratori che si sono opposti alla vaccinazione obbligatoria, risultando – ancora una volta – spettatori di effetti avversi, i c.d. malori, dove parte della popolazione colpita rimane senza assistenza, senza difese, senza alcun riconoscimento: inesorabilmente “abbandonata” al proprio male, a volte senza cure efficaci e a costi insostenibili.
Anche in questo caso, come allora, vengono negati i nessi di causalità, si ripete che “doveva succedere”, o nelle diverse coniugazioni, quali “succedeva anche una volta” o “era già compromesso da una precedente malattia”, obliterando la verità, ossia il dovere di assistere e comprendere appieno quello che è accaduto, senza mettere nel mercato prodotti sperimentali (nel senso che non hanno concluso il ciclo di sperimentazione richiesta).
Ma hanno detto che sono stati autorizzati, vista l’emergenza.
Somministrare forzatamente all’intera popolazione dosi di vaccini, senza alcuna assunzione di responsabilità del produttore non può ritenersi ammissibile: i contratti di fornitura (quelli del Covid) sono stati segretati per assicurare la “riservatezza” della formula, o forse, l’eccesso della spesa rispetto ai costi (che sono gli utili per le case farmaceutiche, aumentati, per “loro”, a dismisura) (51).
Per non andare oltre a questa ultima dicitura (e recente passato), basti rilevare che l’economia, il danaro, i fondi di investimento e di ricerca dei vaccini creano ricchezza aggiuntiva, rispetto ad una cura possibile e meno redditizia (con farmaci a basso costo, ad es. i monoclonali), dimenticando “la tachipirina e la vigile attesa”, frutto non della scienza medica ma dei missionari della politica, incapace di affrontare qualsiasi crisi, segno di una continuità del “malgoverno”, anche dei migliori.
In questo girone infernale, entrano anche i sostenitori attivi delle vaccinazioni di massa che hanno sostituito al “credo” la “scienza”, confondendo i piani d’approccio, uno sulla “fede” cieca l’altro sull’“esperienza” matura, seminando, con l’aiuto della propaganda e della Realpolitik o “ragion di Stato” (prima nel GUICCIARDINI, poi canonizzata dal MACCHIAVELLI), il fascino dell’odio (una patologia della mente) (52), quell’assedio di solidarietà pagana nei confronti dei non vaccinati, etichettati quali riproposta di una “colonna infame” (53), o di un più recente conio sociologico: dei “complottisti” (54).
Questi pro vax, questi esaltati fruitori di aghi (booster), questi influencer della (fanta)scienza, “chiamati” alla salvifica iniezione (da una prima e unica dose con un richiamo, alla bellezza della quinta, ed oltre, to infinity and beyond) (55), dedicati – fuori tempo e con parsimonia impeccabile – ad una funesta missione di “caccia alle streghe”: un abominio, creato dai fluenti comunicatori (prezzolati) dal regime pandemico, un vulnus alle più elementari e naturali leggi di convivenza sociale e di solidarietà umana (senza umanità non vi è legge o pena), già nei primi esempi di HAMMURABI: «il sospetto è una cosa spaventosa, è farina del demonio. Niente nuoce di più di un sospetto» (56).
Ad aumentare la dissociazione dal contesto, abbiamo appreso (di prima mano) come alcune volte, nell’epoca della dissonanza della psiche collettiva da Covid – 19, gli operatori di settore sono stati solerti nell’aderire (con una vincente rettitudine inversa allo zelo professionale) a diffondere il “verbo” di vaccinarsi ad oltranza (“nonostante tutto”) (57), anche di fronte a risposte avverse nell’immediatezza della somministrazione della prima dose, reazioni che richiedevano (e hanno richiesto) accertamenti, invitando l’interessato (il vaccinato) ad una seconda dose programmata senza aspettare gli esiti della provocata allergia: un’evidente alterazione della condotta operosa, da parte di chi (i sanitari) dovrebbe non escludere quanto già noto, aspetto poi compreso, nella sua gravità, solo a seguito della “contestazione” del paziente.
In dipendenza di ciò, la “normalità” dell’emergenza è divenuto sistema (con la creazione del “nemico” nella persona di colui o coloro che ne contestano il fondamento), dove alla temporaneità delle discipline derogatorie si è passati al loro consolidamento, un meccanismo invasivo (ben collaudato in epoca Covid – 19) di controllo delle società, con il tracciamento dei movimenti e del denaro, per la sicurezza della salute pubblica o del sistema economico-finanziario (includendo riconoscimento facciale, screening oculare e vocale, telecamere e autovelox) (58), in nome di nuove schiavitù (del mercato del libero scambio di beni, merci e persone).
Il sintagma di questa melodia persuasiva (accettata supinamente dal “gregge”, seguendo una bandiera «sanza ’nfamia e sanza lodo») (59) di una obsolescenza programmata dei malori, porta a ritenere (con un certo grado di probabilità) che si è passati da una visione antropocentrica ad una visione olistica della moderna medicina, dove “altri” (gli illuminati del sapere) decidono per il singolo (i c.d. poteri forti, di solito esterni al sistema ordinamentale, da inquadrarsi nelle diverse lobby internazionali, quelle del NWO), con un approccio globale sulla salute, dove anche l’eutanasia risulta una medicina, se manca la “pecunia” per la cura (60), dove le vaccinazioni possono assicurare il costante afflusso di capitali e investimenti, saltando da un richiamo all’altro, escludendo modalità di guarigione alternative (terapie a basso costo), alimentando la salute cagionevole dall’inefficacia delle continue vaccinazioni (come, infatti, è avvenuto).
Una questione di soldi, quindi: prodotti da immettere nel mercato aperto, come una qualsiasi merce (?/!).
14. Tradire la speranza
In questa prospettiva, l’aver sottoposto alla vaccinazione un bimbo, senza informare adeguatamente i genitori, ma di più, senza tenere in causa gli effetti avversi (i c.d. malori) già riscontrati, non ha altro significato se non quello di non onorare la sacralità della vita, rigettando, specie nel caso di vaccinazioni obbligatorie, in modo scellerato la libertà di autodeterminazione del singolo nella sua più alta rappresentazione di dignità e coscienza.
Pretendere una giustificazione in nome di un principio di “solidarietà collettiva”, aggrava ulteriormente la posizione del decisore politico, che certamente non può invocare la scienza e la sua prudenza, non sarebbe coerente o leale con essa (il riferimento non va ad un’ideologia di “scienza assoluta”, quella che non pone domande e non ha dubbi: solo certezze) (61): colui, o coloro, che si arroga(no) tali (arbitrari) poteri non merita(no) alcuna compassione ma solo il giudizio della “Storia”, quella madre premurosa che opera secondo natura, portando l’anima al suo equilibrio.
Dobbiamo pretendere di richiamarsi alla “scienza” solo quella individuata secondo l’osservazione dei fenomeni, la replicabilità dei dati, la misurabilità oggettiva, la formulazione di una legge, la possibilità di porre il dubbio, proiezioni dell’essenza scientifica rinvenuti, oltre al cit. GALILEI, nel DA VINCI o nelle definizioni di BACON o nelle osservazioni di NEWTON, sino a giungere a EINSTEIN con la ricerca delle “invarianti”.
Tutte posizioni autorevoli che non hanno alcuna affezione (attinenza) con la “pseudo scienza”, quella che travisa volutamente la realtà, dando, appunto, una narrazione della “percezione” della stessa (che è altra questione), ben lontana dalla verità, ma funzionale a pubblicizzare e propagandare qualunque prodotto del potere (vaccini, auto elettriche, emissioni zero, e altro ancora), vendendo il suo contenuto con osservazioni distorte volutamente nel caos (il c.d. mascheramento, la dissimulazione e la simulazione), essenzialmente menzognere, frutto del momento, di quell’esigenza di distogliere l’attenzione secondo la convenienza del (nuovo) potere, quello finanziario, economico, tecnocratico, extraterritoriale: un nuovo dominio all’obbedienza (62).
Sessant’anni sono passati inutilmente se ancora viviamo in questa piramide di ipocrisia (peccato di ignoranza), se non ammettiamo i rischi congeniti in ogni cura, cura che non può garantire sempre e comunque una guarigione (magari, in senso ottativo, fosse possibile), ci sono margini incommensurabili di errore o di fallimento.
Di converso, un esperimento riuscito corrisponde altri destinati all’insuccesso, ma questo non esclude che la ricerca possa sconfiggere il male (il desiderio riposto in noi tutti), questo non esclude di essere sinceri (quid est veritas?) (63), leali sui rischi connessi ad ogni cura, specie se sperimentale, consentendo al singolo una decisione consapevole e libera, già dipinta da CARRACCI nella raffigurazione dell’Ercole al bivio, fra le alternative tra “vizio” e “virtù”, o in una delle prime speculazioni teologiche, nel libro della Genesi.
È giusto ricercarlo, qui non si è dibattuto sulla bontà della ricerca o delle vaccinazioni per la salvezza della specie umana, neppure soffermarsi sulla medicina dei talk show (onnipresente e onnisciente, dispensatrice di dogmi e perle di fede, in epoca Covid-19), quanto sul fatto che anche il “progresso” (da non confondere con i “progressisti”) può comportare dei rischi, i c.d. malori, ed è ingiusto nascondere queste realtà, omettendo di informare gli interessati, magari sottoponendoli, senza il loro consenso, ad un trattamento sanitario in nome del “bene comune”.
Capiamo l’esigenza di ricostruire il significato dei fenomeni nella loro interezza (das Ding an sich), al di là dell’interesse particolare dei pochi cultori della “nuova lingua”, che pretenderebbero di cambiare gli aggettivi, sostituendo nel più insensibile dei “malori” gli “effetti avversi dei vaccini”, piuttosto di cogliere la verità.
L’ambizione di disciplinare i nostri comportamenti in nome del “progresso scientifico” o in nome della “tutela della salute pubblica”, ci impegna a comprendere a quali condizioni sia possibile avere un “obbligo” e di subirne le conseguenze negative.
Quale “legge” può definirsi giusta se compromette il nostro modo di vivere, la nostra soggettività, il nostro habitus, quando l’obbedienza ci impedisce una normalità o ci può uccidere: sarebbe tradire noi stessi, le nostre speranze e le ragioni stesse di una vita, quel confine invalicabile di tutela dell’essere umano, singolo o in societas, base teorica di ogni dottrina giuridica, nata proprio in difesa di quel confine (64).
A distanza di sessant’anni, di una produzione normativa a favore degli indennizzi (e del suo contenuto solidaristico), di una moltitudine di studi e ricerche (non datate, ossia attuali) sugli effetti avversi dei vaccini (quelli di specie), di un orientamento giurisprudenziale coeso (consolidato) sulle modalità di valutazione del nesso di causalità, assistere ancora a queste “negazioni” sul merito non può che indurre ad una sensazione di sconforto, di solitudine, di perdita di umanità che segna (incide) sul significato di “bene comune”: quell’etica, o “quel giuramento”, a difesa della vita.
Explicit: «Solo la giustizia divina è gratis», quella terrena si paga (65).
Di Maurizio Lucca per ComeDonChisciotte.org
02.09.2023
Maurizio Lucca, avvocato e Segretario Generale presso Amministrazioni Locali. Ha svolto le funzioni di Direttore Generale in diversi Enti locali. Componente in Nuclei di Valutazione/OIV. Giornalista pubblicista. Formatore nelle tematiche della Pubblica Amministrazione. Docente in materia di diritto amministrativo e degli enti locali, trasparenza e prevenzione della corruzione. Scrive per diverse riviste giuridiche. Autore di oltre 1.100 pubblicazioni tra libri, formulari, saggi e articoli.
NOTE
1 Attribuita a MERMILLOD.
2 LUCCA, I danni da vaccini: sessant’anni di silenzio, LexItalia.it, 14 agosto 2023, n. 8.
3 In un’intervista, ad un noto professore a livello mondiale di cardiologia, si apprende che le dichiarazioni delle Autorità sanitarie sul fatto che la miocardite post vaccino era “lieve” risulta «un falso. Non è possibile dire a priori che una miocardite sia lieve, anche se i sintomi iniziali sono ridotti», rilevando anche che, statisticamente, non è il Covid che «fa aumentare il numero di miocarditi nei giovani. Uno studio israeliano… su un campione molto ampio di non vaccinati, 787.000 pazienti seguiti per diversi mesi, ha visto che la percentuale di miocardici è pressoché identica sia in chi ha avuto Covid sia in chi non lo aveva avuto. Ci sono, di contro, diversi studi che ci portano nella direzione che siano i vacchini a-Rna la causa di un aumento delle miocarditi». Nell’intervista si comprende che «la miocardite è al terzo posto tra le cause di morte improvvisa nei soggetti giovani che praticano sport», segnalando, a seguito di recente studio, che le «persone che avevano avuto la miocardite post vaccino un anno prima e si è visto che più del 50 % aveva una cicatrice significativa a livello del cuore, quindi una situazione che espone a morte improvvisa anche laddove non si sono sintomi», CAMUSO, Morti improvviste possibili anche a un anno dal vaccino, LaVerità, 14 agosto 2023, pag. 9.
4 Si rinvia, LUCCA, Gli obblighi abnormi di mascheramento e confinamento vaccinale: dal green pass all’uomo nuovo digitale, comedonchisciotte.org, 25 agosto 2021.
5 Cass. civ., sez. lavoro, Ordinanza, 11 settembre 2018, n. 22078.
6 Cfr. SALAMONE, Le “Virtù e la Legge” un mito sempre attuale: il diritto alla “bellezza” nella Costituzione, giustizia-amministrativa.it, 2023, la limpida analisi del testo costituzionale comprende una costatazione dove «la persona, quale soggetto di diritti, è un prius rispetto all’ordinamento: è in virtù̀ dell’esistenza della persona che l’ordinamento giuridico ha ragione di esistere come suo complesso di regole e istituzioni. Infatti, rispetto alla norma, l’essere umano ed i suoi valori si pongono sempre necessariamente come un prius e non già un posterius».
7 Cfr. LOUVIN, Aqua Æqua, Dispositivi giuridici, partecipazione e giustizia per l’elemento idrico, Torino, 2018, pag. 268, che auspica una nuova e diversa visione della legislazione idrica, andando «oltre la concezione patrimoniale del bene idrico che gli stati moderni hanno ereditato dall’Ancien régime e che hanno consacrato formalmente, nell’era delle moderne Costituzioni, con la loro sovranità sui territori e quindi sulle acque. Ma per questo occorre superare rapidamente lo schema oggi imperante della mercificazione spinta delle risorse idriche e ciò potrà avvenire solo con una operazione politico-culturale che porta ad un Water Law internazionale ecologicamente sostenibile e profondamente rinnovato, per evitare una Waterloo annunciata per l’intera umanità».
8 Vedi, ALLIVA, Urlava smettetela, ma il giudice assolve gli stupratori: «Valutarono male». Un’altra sentenza contro le donne, espresso.repubblica.it, 17 agosto 2023, dove si affrontano le motivazioni di non punibilità «per errore sul fatto che costituisce reato» la violenza su una donna: «lo stupro come errore di valutazione del consenso», annotando che «continuano nelle aule di giustizia le pronunce che colpevolizzano le vittime. Simbolo di una giustizia incapace di affrontare la violenza di genere. E il caso di Firenze è solo l’ultimo di una lunga lista».
9 Cfr. l’intervento tenuto dal Premio Nobel per la Fisica 2022, CLAUSER alla Conferenza Quantum Korea del 27 giugno 2023, ove si invita a porre la massima attenzione contro la «cattiva scienza» ricca «di abbagli, di disinformazione» con “esperti” che «usano la disinformazione scientifica a fini opportunistici: sono burocrati, politici, direttori di laboratorio di nomina politica, e simili, sono sommersi dalla disinformazione scientifica e a volte la creano ed alimentano», affermando la propria convinzione «che non vi sia alcuna crisi da cambiamento climatico» (Il discorso del premio Nobel: “Non c’è alcuna crisi climatica”, nicolaporro.it, 17 agosto 2023).
10 Un movimento di nuovi censori, una distorsione della verità storica, la cui idea alla base è «la puerile pretesa di rimuovere tutto ciò che non si conforma, in ogni suo aspetto o manifestazione, ai valori e ai modelli del presente, pagando il pedaggio a una dittatura dell’oggi assunto a letto di Procuste sul quale misurare – e se del caso, cioè quasi sempre, amputare – tutta la cultura del passato», LENTANO, Classici alla gogna. I Romani, il razzismo e la cancel culture, Roma, 2022, pag. 103.
(11) Nelle più articolate negoziazioni del politically correct, della schwa, per un linguaggio più inclusivo, emarginando ogni forma di “dissenso”, con una condanna senza appello verso coloro (o colui) che esprimono(me) opinioni personali “diverse”, negando, appunto, il concetto di “diversità” che rappresenta l’espressione massima dell’individualità di ogni essere umano (la c.d. personalità), altra cosa sono le discriminazioni. Emblematica, quanto significativa, la vicenda del “licenziamento” di un appartenente alle forze armate, «travolto dalle polemiche sul suo libro in cui esprime opinioni contro gay, femminismo e migranti, … sollevato dal comando e non è più a capo dell’Istituto geografico militare. Lo ha deciso lo Stato Maggiore dell’Esercito … resta a disposizione del comando delle forze operative terresti», segue commento dell’interessato «non mi aspettavo il polverone, replicherò solo nelle sedi opportune», MAFFETTONE, Destituito dal comando il generale Vannacci dopo la bufera sul libro, ansa.it, 19 agosto 2023.
12 L’insegnamento del “discorso” per Galileo «vuol dire ragionamento, e spesso ragionamento deduttivo. «Il discorrere è come il correre» … la rapidità, l’agilità del ragionamento, l’economia degli argomenti, ma anche la fantasia degli esempi sono per Galileo qualità del pensare bene», CALVINO, Lezioni Americane, Rapidità, Milano, 2016, pag. 45.
13PASHA, Backstabbing for Beginners, scritto e diretto da PER FLY, 2018.
14 L’indennizzo ha natura non già risarcitoria, bensì assistenziale in senso lato, riconducibile agli artt. 2 e 32 Cost. ed alle prestazioni poste a carico dello Stato sociale in ragione del dovere di solidarietà sociale, tant’è che esso è alternativo alla pretesa risarcitoria volta ad ottenere l’integrale risarcimento dei danni sofferti, ove sussista una colpa delle strutture del Servizio Sanitario Nazionale, Cass., sez. lavoro, 21 ottobre 2000, n. 13923.
15 Viene citata la sentenza della Corte cost., 23 – 26 febbraio 1998, n. 27, che ha esteso l’applicazione della norma sull’indennizzo, dichiarando l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, della legge n. 210/1992 «nella parte in cui non prevede il diritto all’indennizzo, alle condizioni ivi stabilite, di coloro che siano stati sottoposti a vaccinazione antipoliomielitica nel periodo di vigenza della legge 30 luglio 1959 n. 695 (Provvedimenti per rendere integrale la vaccinazione antipoliomielitica)», seguiva, infatti, la legge n. 362/1999 che ha espressamente stabilito che «l’indennizzo di cui al comma 1 dell’art. 1 della legge 25 febbraio 1992, spetta, alle condizioni ivi stabilite, anche a coloro che siano stati sottoposti a vaccinazione antipoliomielitica non obbligatoria nel periodo di vigenza della legge 30 luglio 1959, n. 695». L’intervento, si annota, per dare copertura legislativa ai casi di contagio di una poliomielite Salk avvenuti dal 1959.
16 Cass. civ., sez. II, 20 aprile 2012, n. 6275.
17 Cass. civ., sez. VI lavoro, Ordinanza n. 25119 del 24 ottobre 2019, sentenze n. 26875 del 14 novembre 2017 e n. 24959 del 23 ottobre 20177.
18 Cass. civ., sez. lavoro, Ordinanza, 3 febbraio 2021, n. 2474.
19 Cass civ., sez. III, Ordinanza, 3 febbraio 2022, n. 3285.
20 Cass. civ., sez. II, 24 agosto 2017, n. 20347; Cons. giust. amm. Sicilia, sez. giurisd., 20 novembre 2014, n. 640; Cass. civ., sez. lavoro, 10 dicembre 2002, n. 175556; Cass. civ., sez. III, 18 aprile 2001, n. 5687; Cass. civ. sez. II, 29 agosto 1997, n. 8240.
21 Una violazione soprattutto all’art. 25 della Dichiarazione universale dei diritti umani, del 10 dicembre 1948, approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, dove si declama, senza riserve, che «ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia».
22 Corte cost., sentenze n. 307 del 1990 e n. 118 del 1996. La sentenza n. 307/1990 precisa che l’esigenza di solidarietà verso gli altri può giustificare l’obbligo vaccinale, «restando così legittimamente limitata la sua autodeterminazione, a un dato trattamento sanitario, anche se questo importi un rischio specifico, ma non postula il sacrificio della salute di ciascuno per la tutela della salute degli altri», osservando che «l’imposizione del trattamento sanitario – implica il riconoscimento, per il caso che il rischio si avveri, di una protezione ulteriore a favore del soggetto passivo del trattamento. In particolare finirebbe con l’essere sacrificato il contenuto minimale proprio del diritto alla salute a lui garantito, se non gli fosse comunque assicurato, a carico della collettività, e per essa dello Stato che dispone il trattamento obbligatorio, il rimedio di un equo ristoro del danno patito».
23 Cfr. Cass., sez. lavoro, 1° agosto 2013, n. 18410, richiamando l’intervento della Corte Costituzionale cit., ha richiamato l’estensione della copertura della legge n. 210/1992 nel periodo di vigenza della legge n. 695/1959.
24 La perizia rammenta che nel millenovecento cinquantaquattro Salk and Youngner svilupparono il primo vaccino antipolio costituito da virus riprodotto su cellule di rene di scimmia coltivate “in vitro” e poi inattivato chimicamente con formaldeide, osservando che alcuni autori, rivalutando le modalità con cui è stato introdotto questo vaccino nelle vaccinazioni di massa, lo portano come esempio di una “introduzione troppo rapida” di un nuovo medicamento o di un farmaco, considerandone i possibili pericoli per l’individuo e per la comunità, facendo rilevare che normalmente in medicina sono necessari diciassette anni perché si passi dall’ideazione di un nuovo trattamento alla sua applicazione pratica. Si viene a conoscere che subito nel primo anno di uso si ebbero “l’incidente Cutter” e “l’incidente Wyeth”: nel 1955 l’azienda Cutter Laboratories produsse centoventimila dosi di vaccino IPV (tipo Salk) che contenevano poliovirus non totalmente inattivato e tra i bambini vaccinati, circa quarantamila contrassero una forma di poliomielite “abortiva”, cioè senza interessamento del sistema nervoso centrale, cinquantasei svilupparono poliomielite paralitica, sei morirono di poliomielite; altri si verificarono nelle famiglie e nelle comunità dei bambini infettati: centotredici persone paralizzate e cinque decessi (i responsabili dell’Azienda furono licenziati).
25 Cfr. Tribunale Venezia, sez. lavoro, sentenze n. 310/2003; n. 671/2015; n. 447/2016; Cass., sentenze n. 27101/2018; n. 21928/2017; n. 9406/2011.
26Cfr. Cass. civ., sez. lavoro, 9 maggio 2003, n. 7141, che conferma la natura assistenziale della disciplina de qua ed i suoi diversi presupposti rispetto all’azione di risarcimento danni.
27 Cfr. Corte cost., 16 ottobre 2022, n. 423.
28 Cfr. Corte cost., 16 ottobre 2022, n. 423.
29 Cass. civ., sez. lavoro, Ordinanza, 16 maggio 2019, n. 13208.
30 Cfr. Cass. civ., sez. lavoro, sentenze nn. 11339 e 27101 del 2018, n. 3132 del 2019.
31 Il progresso scientifico è fatto di fasi, dove ogni “riuscita” o “approdo” scientifico «comporta nuove «questioni» e vuole essere «superata» e invecchiare. A ciò deve rassegnarsi chiunque voglia servire la scienza», WEBER, La scienza come professione, Cles, 2006, pag. 19.
32 Cass. civ., sez. lavoro, 9 maggio 2003, n. 7141, idem Corte Cost., 16 ottobre 2000, n. 423.
33 Cass. civ., SS.UU., 6 luglio 2023, n. 6655.
34 Cfr. Cass. civ., SS.UU., 11 gennaio 2008, n. 581.
35 Sentenza emessa il 21 giugno 2017 (W. + altri c. Sanofi Pasteur + altri).
36 Cfr. ex multis, Cass. civ., sez. III, 8 luglio 2010, n. 16123; 11 maggio 2009, n. 10741; 16 gennaio 2009, n. 975.
37 Cass. civ., sez. lavoro, Ordinanza, 11 settembre 2018, n. 22078.
38 Cfr. Cass. civ., sez. III, 21 luglio 2011, n. 15991 e Cass. civ., sez. lavoro, 1° agosto 2013, n. 18410.
39 Mutuando la nozione di diligenza presente nell’art. 1176 del cod. civ., si impone al debitore di adempiere la propria obbligazione con diligenza, che rappresenta l’inverso logico della nozione di colpa: è in colpa chi non è stato diligente, là dove chi tiene una condotta diligente non può essere ritenuto in colpa: la pretesa responsabilità esige che chi ha commesso il danno l’abbia fatto violando norme giuridiche o di comune prudenza. Si ricava che le norme di “comune prudenza” dalla cui violazione può scaturire una colpa civile non sono uguali per tutti, rilevando che, al di fuori di un danno causato dallo svolgimento di un’attività professionale, si impone di assumere a parametro di valutazione della condotta del responsabile il comportamento che avrebbe tenuto, nelle medesime circostanze, il “cittadino medio”, ovvero il bonus paterfamilias: vale a dire la persona di normale avvedutezza, formazione e scolarità, Cass. civ., sez. III, 6 ottobre 2015, n. 19883.
40 In punto di sicurezza, quanto all’inesistenza, per chi è sottoposto al trattamento, di conseguenze negative le quali vadano oltre la normalità e la tollerabilità, si deve muovere anzitutto dal presupposto scientifico di ordine generale secondo cui il vaccino, come tutti i farmaci, non può essere considerato del tutto esente da rischi, Cons. Stato, sez. III, 20 gennaio 2021, n. 7045.
41 Cfr. FOÀ, Il nuovo diritto della scienza incerta: dall’ignoto irriducibile come noumeno al mutamento di paradigma, Diritto Amministrativo, 2022, fasc. 3, pagg. 814 ss., che, a commento della sentenza del Cons. Stato, sez. III, n. 7045/2021, sul rapporto tra diritto e scienza, per sostenere la legittimità delle misure assunte dal decisore pubblico in epoca Covid – 19 (obbligo vaccinale), annota che «siffatto “ignoto irriducibile” consisterebbe nell’impossibilità di ricondurre una certa situazione fattuale, interamente, entro una logica di previsione ex ante fondata su elementi di incontrovertibile certezza», rilevando che l’espressione usata dal giudice porta a giungere alla conclusione che «il principio di precauzione diviene quindi “contro-intuitivo” perché, in costanza di evidenze scientifiche incomplete e, parrebbe, “irriducibili”, suggerisce comunque di correre un rischio, che viene reputato non grave per effetto della valutazione rischi/benefici della somministrazione del vaccino», sostituendo il ragionamento giuridico con valutazioni sulle politiche del legislatore emergenziale, estendendo il supporto motivazionale «a valutazioni di politica del diritto e di sociologia comportamentale, lasciando emergere apprezzamenti di carattere etico, specie laddove unisce il “piano” scientifico a quello giuridico per condannare recisamente “il fenomeno della esitazione vaccinale”». Tutti aspetti che contraddicono la riserva di scienza che postula l’incertezza (No vaccine is perfect), segnando il correlato principio della “precauzione”, applicato in modo inverso, contraddittorio nella sostanza e significativo di una “debolezza” della costruzione giuridica.
42 Nella perizia della parte ricorrente, oltre ad osservare che «la storia dei vaccini antipolio ha avuto la tendenza a seguire le indicazioni dei politici e della stampa, più che risultare sempre sotto il controllo della scienza medica», si confrontano gli Atti Parlamentari (Camera dei Deputati, III Legislatura. LXXIX. Seduta di Mercoledì 26 Novembre 1958) dai quali emergono, «sul problema della poliomielite e sul prezzo del vaccino», allarmanti considerazioni «… chiede nella sua interrogazione se si sia a conoscenza di casi di poliomielite in bambini vaccinati. Purtroppo sì, e potrebbe essere questo un dibattito lungo e in parte anche doloroso, non tanto per quello che ne sappiamo noi in Italia, quanto per l’estero. Dai dati in possesso del Ministero, risulta che in Italia si sono verificati 18 casi di poliomielite in soggetti vaccinati nella presente stagione, con 6 decessi. In 5 casi era stata praticata una sola iniezione, in 6 casi due, nei restanti era stato completato il ciclo… Nella città di Detroit, quest’anno, nella popolazione, che è stata vaccinata quasi interamente, si sono avuti oltre 600 casi di poliomielite, cioè una ricorrenza press’a poco uguale a quella che si è avuta a Napoli quest’anno. È stata una cosa molto grave», nelle successive righe degli interventi si giunge alla conclusione della piena consapevolezza degli effetti avversi: «era noto che si potevano avere casi di poliomielite paralitica nei bambini vaccinati», che hanno imposto ex lege la tracciabilità dei trattamenti dall’anno successivo, proprio con il fine di garantire il monitoraggio di tali effetti nocivi.
43 Si legge nelle conclusioni della perizia presentata dal ricorrente.
44 MATTEO, Capitolo 7, Versetti 9, 11, nell’esegesi per descrivere il comportamento del Padre, paragonandolo a quello di un padre umano, che tratta con cura i propri figli.
45 Vedi, IODICE, Vaccini e minori, per i giudici non serve il consenso di entrambi i genitori, sanitainformazione.it, 1° settembre 2021, dove si precisa che «con il decreto emesso dal Tribunale di Ravenna il 30 agosto 2021, i giudici hanno effettivamente “sospeso” momentaneamente la capacità del padre, quale genitore contrario al vaccino, ed hanno autorizzato la madre ricorrente alla somministrazione del vaccino anti-Covid al figlio, attribuendole di conseguenza la facoltà di accompagnare il giovane presso un centro vaccinale e sottoscrivere il relativo consenso informato. Anche in assenza del consenso dell’altro genitore». Vedi, anche, SIAS, Covid, genitori contro genitori pur di far vaccinare i figli, editorialedomani.it, 23 dicembre 2021, ove si riporta che «un padre ha passato l’ultimo mese e mezzo in tribunale per poter vaccinare suo figlio minorenne contro il parere della madre No-vax, i giudici gli hanno dato ragione. E il suo non è l’unico caso».
46 Nel mondo alcune scelte ricadono su alcune persone piuttosto di altre, tuttavia «il critico dei valori sociali può opporsi strenuamente a quelle decisioni che la sua società considera assolutamente accettabili ed approvare, invece, senza riserve altre scelte che quella stessa società deve fare pur provando avversione per esse», CALABRESI – BOBBITT, Scelte tragiche, Milano, 2006, pag. 8.
47 Il riferimento va alle “libertà” e ai “diritti fondamentali” dell’individuo e «segnatamente nella “libertà personale”, nella “dignità” e nella “autodeterminazione” della persona, nonché nel “diritto alla vita” ed “alla salute”, tutti diritti che trovano protezione primaria negli artt. 2, 13 e 32 della Costituzione e negli artt. 1, 2 e 3 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea… oggi chiaramente affermato dall’art. 1 della legge 22 dicembre 2017, n. 219 (Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento), sulla scorta degli insegnamenti della Corte costituzionale (sentenza n. 438 del 23 dicembre 2008) e della Corte di Cassazione», BERTI, L’accesso civico generalizzato ed il diritto alla informazione sugli atti di gestione dell’emergenza sanitaria da Covid-19, giustizia-amministrativa.it, 19 novembre 2021.
48 Cfr. TAR Lombardia, Milano, sez. I, 7 febbraio 2022, n. 276, dove è stato parzialmente accolto il diritto di accesso alle richieste sulle modalità delle vaccinazioni obbligatorie di prevenzione del contagio da Sars-CoV-2 e del consenso informato alla somministrazione del vaccino. Vedi, anche, Cons. Stato, sez. III, 9 luglio 2021, n. 5213, dove è stata annullata la sentenza senza rinvio per l’accesso generalizzato, di alcuni deputati, al Piano nazionale emergenza per contrastare il Coronavirus, nella quale si “auspica” la forza espansiva del c.d. FOIA (Freedom of Information Act), introdotto con decreto legislativo n. 97 del 2016, una volta venute «meno le preminenti esigenze di riservatezza volte a preservare la salute quale interesse della collettività, l’interesse pubblico, sotteso all’accesso civico generalizzato, ad ottenere la massima trasparenza in ordine agli atti con i quali il Governo e le autorità sanitarie hanno inteso fronteggiare, sin dal principio, la diffusione della pandemia da Covid-19 e far luce, secondo il principio della “casa di vetro” che contraddistingue la trasparenza dell’azione amministrativa (v., su questo punto, la già citata sentenza di Cons. St., Ad. plen., 2 aprile 2020, n. 10), sui moduli decisionali, invero complessi e articolati, che hanno condotto, anche in una fase procedimentale istruttoria o meramente preparatoria, all’adozione di misure emergenziali fortemente incidenti sull’esercizio dei diritti fondamentali».
49 Adunanza Plenaria Consiglio di Stato, 2 aprile 2020, n. 10.
50 Cfr. TAR Campania, Napoli, sez. I, 8 agosto 2023, n. 4775.
51 Vedi, SESANA, Due anni di profitti record per le multinazionali farmaceutiche dei vaccini anti-Covid-19, altreconomia.it, 2 marzo 2023, ove si riporta che «tra 2021 e 2022 Pfizer, BioNTech, Moderna e Sinovac hanno realizzato utili per 90 miliardi di dollari. Un risultato possibile grazie a generosi finanziamenti pubblici per la ricerca e vantaggiosi (e opachi) accordi di pre-acquisto siglati dai governi. Il report del centro di ricerca Somo. Che lancia l’allarme sul prossimo accordo pandemico… la bozza di testo pubblicata all’inizio di febbraio è ben lontana dal rendere obbligatorie le condizioni su prezzi, margini di profitto e accesso equo. “Senza regole obbligatorie, cambierà ben poco. I colossi aziendali continueranno a ricevere finanziamenti pubblici incondizionati e a negoziare accordi perversi. I finanziamenti pubblici devono servire l’interesse pubblico, il che significa farmaci accessibili a tutti e sicuri, non superprofitti per Big Pharma”».
52 MANCUSO, Etica per i giorni difficili, Milano, 2022, pag. 244, ove si ritiene consistere «nel fatto che essa non è più in grado di reggere il conflitto che inerisce strutturalmente all’essere ma ne rimane imprigionata, assediata, ossessionata. Un conto infatti è avversare, un conto odiare».
53 Eretta sulle ceneri delle abitazioni degli “untori”, a futuro monito, «sacrificando l’orrore dei mali di un uomo solo sospetto reo in vista del ben generale della intera società… Anche i giudici che condannavano ai roghi le streghe e i maghi nel secolo passato credevano di purgare la terra da più fieri nemici, eppure immolavano delle vittime al fanatismo e alla pazzia», VERRI, Osservazioni sulla tortura, 1776, donde l’appendice al romanzo storico, MANZONI, Storia della Colonna Infame, che doveva essere un capitolo del Fermo e Lucia, ripercorrendo gli eventi, «l’ignoranza in fisica può produrre degl’inconvenienti, ma non delle iniquità; e una cattiva istituzione non s’applica da sé».
54 Vedi, POLIDORO, Le 10 teorie del complotto più assurde che circolano in rete, wired.it., 25 gennaio 2023, che analizza le teorie complottistiche, inserendo, ovviamente, quella da Covid-19. Cfr. PETROCELLI, Foa: «Così funziona la trappola del potere», lagazzettadelmezzogiorno.it, 25 novembre 2022, che riporta le dichiarazioni dell’ex presidente RAI, in occasione della presentazione di un suo ultimo lavoro: «quella del complottismo è una tecnica sperimentata con successo negli Usa per screditare chi confutava l’operato della Commissione Warren sull’omicidio di Kennedy. Si comprese che si tratta di un meccanismo efficacissimo per screditare l’interlocutore, costretto a ripiegare e difendersi».
55 Il celebre motto di vivacità, nella serie Toy Story, del protagonista BUZZ LIGHTYEAR, illuso di una realtà inesistente.
56 DÜRRENMATT, Il sospetto, Zurich, 1953, pag. 13.
57 Forse quella incomprensibile, quanto inadeguata, posizione si allineava all’intervento del Presidente del Consiglio al Parlamento Italiano, in data 22 luglio 2021, dove si pontificava il green pass, quale condizione per assicurare l’economia del Paese: un proclama all’obbedienza cieca: «invito tutti gli italiani a vaccinarsi e a farlo subito. L’appello a non vaccinarsi è un appello a morire sostanzialmente. Non ti vaccini, ti ammali, muori. Oppure fai morire: non ti vaccini, ti ammali, contagi, qualcuno muore». Non si ammettono fraintendimenti da simili “ordini” così espliciti e categorici, terrorizzando e criminalizzando i non vaccinati, «ma quella frase e in genere un’impostazione comunicativa radicale e ultimativa alimentavano la paura, che accentua il disorientamento e inibisce la razionalità della maggior parte delle persone, fino a impedire, anche a individui estremamente qualificati e intelligenti, di osservare con oggettività la realtà», specie ove si consideri che «pochi mesi dopo la dichiarazione di Draghi, i dati hanno dimostrato che l’assunto era falso», FOA, Il Sistema (in)visibile, Perché non siamo più padroni del nostro destino, Milano, 2022, pag. 130.
58 Si rinvia, LUCCA, Impronte digitali e microchip per la riforma della PA, segretaricomunalivighenzi.it, 29 agosto 2018, ove si formulavano alcuni dubbi e criticità sulla nuova “visione” del controllo sociale e dei dipendenti pubblici, sistema, quest’ultimo del rilevamento delle impronte digitali, poi abbandonato (era previsto dai commi 1 – 4, dell’art. 2, della legge n. 56/2019, c.d. concretezza, per estendere la rilevazione biometrica delle presenze, commi abrogati dall’art. 1, comma 958, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, a decorrere dal 1° gennaio 2021), dove si riteneva che la protezione dei dati personali, attraverso il controllo/tracciamento digitale, violava i diritti e le libertà fondamentali (avvenuto, poi, con la pandemia). Cfr. Cass. civ., sez. lav., 19 maggio 2023, n. 13873, sull’illegittimità del controllo biometrico dei lavoratori senza il loro consenso.
59 DANTE, Inferno, Canto III, 35 – 36.
60 Cfr. GROSSI GONDI, Eutanasia, in Canada è una questione di soldi, documentazione.info, 6 febbraio 2017, che nel riportare la legalizzazione dell’eutanasia in Canada, «sulla scia di una campagna di promozione dei diritti umani», annotando che «dal mondo sanitario… emerge un altro punto di vista: l’eutanasia può essere un grande risparmio per le casse dello Stato. Alcuni ricercatori dell’Università di Calgary hanno calcolato che se l’eutanasia si diffondesse ai livelli di Belgio e Olanda, il sistema sanitario nazionale risparmierebbe fino a 139 milioni di dollari canadesi ogni anno, avendo da curare 8.000 pazienti in meno ogni anno (nei primi sei mesi di eutanasia legale ci sono stati circa 800 casi di iniezioni letali). Sì, perché i costi di assistenza medica sono più alti per i malati terminali… E così cresce la pressione sui malati, sempre più spinti verso soluzioni sbrigative che facciano risparmiare tempo e soldi al proprio Stato e alle proprie famiglie». Vedi, anche, MEOTTI, In Canada in sei anni l’eutanasia è passata da illegale a fuori controllo, ilfoglio.it, 27 ottobre 2022, dove si legge che «in soli sei anni, il Canada è passato dal divieto totale a uno dei regimi di eutanasia più permissivi al mondo. L’eutanasia è ufficialmente denominata “assistenza medica alla morte” o “MAiD”. Quello che una volta era un crimine nel diritto è diventato qualcosa di distinto e progressista anche a causa della ginnastica linguistica», rilevando che la pratica si è estesa anche nei confronti dei “senzatetto”, riportando una testimonianza di una persona che «dipende dall’assistenza sociale e non riesce a trovare un alloggio a prezzi accessibili. “Non voglio morire, ma non voglio essere un senzatetto più di quanto non voglio morire”, ha detto. “Nelle mie attuali condizioni di salute, non sopravviverei comunque”. Un medico ha così già firmato la sua domanda per “MAiD”».
61 Trasformare l’informazione sulla realtà in propaganda, per indurre alla vaccinazione, con lo scudo della (non) scienza, non giova e non ha giovato – nei tempi – alla democrazia, dichiarare, più recentemente (poi), che il “lasciapassare verde” ha fondamento scientifico, oppure è una cura o una forma di protezione «è una misura politica che (mentendo) ci ha presentato come l’unica via per la libertà. Grazie al lavoro dei giornalisti e degli intellettuali, che hanno esercitato la critica, ciò che prima veniva nascosto ora è divenuto evidente: il green pass serve (è servito, ndr) a obbligare surrettiziamente le persone a vaccinarsi», BORGONOVO, Inquisizione. Cronache dal delirio sanitario. Silenzio parla lascienza, Borghetto Lodigiano, 2022, pag. 161.
62 Già la Corte costituzionale ha richiamato ai vincoli degli impegni dei Trattati esteri, con possibili conseguenze in termini di responsabilità internazionale dello Stato in caso di violazione, vincolo interno introdotto con la modifica dell’art. 117, comma 1 Cost., a seguito dell’art. 2 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione, disponendo «la conformità delle leggi ordinarie alle norme di diritto internazionale convenzionale», recuperando «uno degli elementi caratterizzanti dell’ordinamento giuridico fondato sulla Costituzione, costituito dalla forte apertura al rispetto del diritto internazionale e più in generale delle fonti esterne, ivi comprese quelle richiamate dalle norme di diritto internazionale privato», Corte cost., 24 ottobre 2017, n. 349. In effetti, i Parlamenti moderni si sono svuotati del potere legislativo, affidando le sorti fuori dai processi democratici di rappresentanza, con lo scopo di velocizzare le scelte, «la politica ha un ruolo subalterno, ancillare, o comunque riflesso: i luoghi decisionali sono migrati altrove, fra i poteri extraterritoriali e i vincoli internazionali», VENEZIANI, Scontenti. Perché non ci piace il mondo in cui viviamo, Venezia, 2022, pag. 23.
63 PILATO, presente nel Vangelo secondo SAN GIOVANNI, 18, 38, pronunciata durante l’interrogatorio a Gesù. Viene osservato che «la parola “verità” veicola uno dei concetti che si legano inscindibilmente alla nostra stessa ragion d’essere. Tutto il senso del nostro esistere gira intorno alla verità», ROMANO, E Pilato dice a Gesù: «che cos’è verità?», ilmantellodellagiustizia.it, 1° aprile 2021.
64 Il riferimento risiede nei principi generali, quel nucleo di valori su cui si regge ogni comunità democratica e libera che rispetti la vita, se la salute è un diritto acquisito, disseminato nell’humus delle norme, se i «principi costituiscono i pilastri su cui si regge un sistema normativo… costituiscono l’antidoto maggiore per limitare le malattie delle leggi… Il vincolo di coerenza consente la sanità delle leggi e quindi la mancanza di malattie gravi. Il complesso normativo deve essere un complesso normativo vivo, coerente e sano, non indebolito, appannato o sgretolato dalle malattie che minano la forza interna», ITALIA, Le malattie delle leggi, Milano, 2014, pagg. 52 – 53.
65 FRANCESCA GIOVANNA BRUNA ROMANA, Inedito, luogo ignoto, 16 dicembre 2022.